Dall’organizzazione alla criminalizzazione della povertà

da www.tribunodelpopolo.it

Riceviamo e pubblichiamo come contributo alla discussione

C’è stato un tempo finito qualche decennio fa in cui la povertà non era una cosa brutta di per sè. Anzi, si cercava di organizzarla per provare insieme a costruire un futuro migliore per tutti. Oggi anche solo la costruzione di questo mondo viene negata e la povertà stessa è diventata qualcosa da criminalizzare, respingere, isolare. 

“Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene.” Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio….”

Questa citazione è fatta dal film “L’Odio” che raccontava le peripezie di un gruppo di giovani del sottoproletariato parigino alle prese della quotidianeità in un contesto di degrado periferico nel quale i giovani di molte metropoli occidentali non possono che riconoscersi. Un degrado che non è più solo incarnato da case simili ad alveari umani e dall’oggettiva bruttezza dei luoghi, ma che è sempre più incarnato anche da un vuoto siderale che si arricchisce della mancanza del senso di una vita condotta ai margini, “sotto il tappeto” della società contemporanea. 

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