Gli Stati Uniti e la loro “sicurezza nazionale”

marines smalldi Néstor García Iturbe* | da www.alainet.org

Traduzione di Marx21.it

Il governo degli Stati Uniti, abbastanza di frequente, porta avanti azioni, molte delle quali punitive, adducendo come giustificazione a quanto sta attuando il fatto che sarebbe minacciata la sicurezza nazionale.

Queste azioni potrebbero consistere sia nell’invasione di un paese, nel rovesciamento di un governo, nell’assassinio di un gruppo di persone, che nell’imposizione di sanzioni economiche a un paese e a qualcuno dei suoi cittadini.

Nel mese di febbraio del 2015, il Premio Nobel della Pace ha firmato un documento intitolato Strategia della Sicurezza Nazionale, in cui si stabilisce non solo che gli Stati Uniti definiscono la propria Sicurezza Nazionale, ma si prendono in considerazione le azioni che sono disposti a realizzare per garantirla.

E dal momento che recentemente, sempre il Premio Nobel della Pace ha presentato e firmato un decreto in cui si stabilisce che la repubblica nostra sorella, il Venezuela, rappresenta una minaccia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, ritengo che sia opportuno affrontare l’analisi di ciò che il “gigante delle sette leghe” considera propria Sicurezza Nazionale.

Il primo concetto che emerge nel documento è che la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti occorre assicurarla attraverso il dominio mondiale, che non deve avere leaders diversi dagli Stati Uniti,

Il documento recita testualmente: “La Strategia della Sicurezza Nazionale permette agli Stati Uniti di garantire i propri interessi nazionali mediante una leadership forte e sostenibile. Ciò è quanto stabiliscono i principi e le priorità che indirizzano il potere degli Stati Uniti e la sua influenza nel mondo…”

Nel documento, a proposito della Sicurezza Nazionale, si parla di garantire gli interessi nazionali degli Stati Uniti, non solamente quelli presenti sul territorio di questa nazione, ma anche quelli che essa si arroga il diritto di difendere in altri paesi del mondo… “La domanda non è quando gli Stati Uniti saranno leader, ma come è che opereremo come leader in vista del futuro”.

Secondo costoro, la leadership degli Stati Uniti risulta indispensabile nel mondo, è evidente, per mantenere la loro presenza e l’approvvigionamento delle risorse di altri paesi in questi tempi complicati, in cui alcune nazioni hanno preso le distanze dall’orbita di influenza statunitense. Viene  riconosciuta così l’evidenza della perdita di leadership dal momento che alcuni si domandano quando gli Stati Uniti saranno leader, mentre l’idea che si sviluppa nel documento di Obama è che già essi sono i leader e devono operare pensando al futuro. Un pensiero che rende evidente un procedere egemonico e prepotente, che non rispetta la sovranità delle altre nazioni.

“Noi procederemo utilizzando tutti gli strumenti del potere degli Stati Uniti. La nostra influenza è maggiore quando combiniamo tutta la nostra superiorità strategica. I nostri militari saranno sempre pronti a difendere il nostro interesse nazionale, mentre occorre dare un livello adeguato alla nostra diplomazia”.

Ciò che propone il documento non è nulla di nuovo, è la ratifica della strategia utilizzata per anni allo scopo di scatenare le guerre di rapina degli Stati Uniti, in cui si combinano tutti gli strumenti su cui può contare l’impero, militari, economici, politici, la sovversione e la menzogna.

Il riferimento ai militari e alla loro permanente disponibilità a combattere, qualcosa che tutti conosciamo, è il modo con cui si giustifica la grande quantità di denaro che questo paese destina al mantenimento delle forze armate e delle operazioni militari che conduce in ogni parte del mondo.

Quello del livello adeguato della diplomazia è un avvertimento a far si che l’agire dei militari non sia tanto inumano e criminale, che permetta ai diplomatici di difendere e giustificare le azioni che essi compiono.

“Gli Stati Uniti utilizzeranno la loro forza militare, unilateralmente se sarà necessario, quando i nostri interessi lo richiedano: quando i nostri cittadini si vedano minacciati, quando il nostro modo di vita si trovi in pericolo e quando la sicurezza dei nostri alleati sia in gioco”.

In realtà questa è la continuazione della cosiddetta Dottrina Bush, fondata sull’attaccare senza essere attaccati. E’ una dichiarazione in cui si omette ogni tipo di consultazione o decisione da parte degli organi corrispondenti delle Nazioni Unite. Attaccheranno unilateralmente quando i loro interessi lo richiedano. Inoltre sarebbero loro a determinare le circostanze che giustifichino l’attacco, vale a dire che il “quando” non è accompagnato da una decisione collettiva o avallato da un organismo internazionale.

Ciò offre una giustificazione ai propositi interventisti degli Stati Uniti. Tutti ricordiamo che nel caso di Grenada, gli USA ritennero che un gruppo di statunitensi si trovavano in pericolo, fecero sbarcare le loro forze e non solo “salvarono” gli statunitensi, ma senza esitazione rovesciarono il governo in carica e ne installarono un altro al posto suo.

Il modo di vita negli Stati Uniti si è visto minacciato, secondo il governo di questa nazione, quando qualche paese produttore di petrolio ha cercato di assumere una posizione indipendente e a vantaggio dei propri cittadini. Tutta una serie di avventure militari si sono basate su pretesti, come nel caso dell’Iraq e delle armi di distruzione di massa, che non sono mai esistite, per rovesciare governi, assassinare i loro leader e instaurare un governo che operi in accordo con gli interessi degli Stati Uniti.

Se leggiamo il proclama del 9 marzo, firmato anche dal Premio Nobel della Pace, in cui si dichiara che il Venezuela rappresenta un pericolo per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, vediamo che  argomenta la presa di posizione con un riferimento alla “erosione delle garanzie dei diritti umani, la persecuzione degli oppositori politici, la restrizione della libertà di stampa, l’uso della violenza e le violazioni dei diritti umani in risposta alle proteste contro il governo, gli arresti arbitrari e la detenzione di chi protesta contro il governo…”

Nessuno di questi argomenti appartiene alla Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, in accordo con il contenuto del documento del febbraio 2015, fatto salvo che lo stesso non contenga un annesso segreto o una clausola che non appare nel testo.

Il proclama del 9 marzo è una dimostrazione ulteriore dell’ingerenza statunitense negli affari interni di un paese, con la fabbricazione di pretesti e con la strumentalizzazione di situazioni che loro stessi si sono incaricati di creare utilizzando i loro stipendiati.

La risposta del popolo venezuelano, dei popoli dell’America Latina e dei popoli del Mondo è la prova che i tempi sono cambiati e che l’impunità con cui aveva operato il governo degli Stati Uniti è passata a miglior vita.

“Gli alberi devono essere messi in fila, per far sì che non passi il gigante delle sette leghe!” José Martí (Nuestra America)