La strada della lotta

brics-flagsdi Luis Carapinha | da “Avante”, settimanale del Partito Comunista Portoghese

Traduzione di Marx21.it

Si moltiplicano i focolai di instabilità, il caos e la guerra nel mondo. E’ la punta dell’iceberg della crisi strutturale del sistema capitalista dominante, che si approfondisce. Le aggressioni militari sul terreno si aggiungono alle non meno distruttive campagne di manipolazione informativa e guerra ideologica. Le multidimensionali guerre in corso hanno tanto di crudo quanto di sofisticato. La perversione mediatica si è trasformata nell’elemento centrale del tentativo di naturalizzazione della barbarie e di accettazione di putrefatte tendenze e vie fascistizzanti. Su piani differenti, è così a Gaza e in Palestina devastata dai crimini mostruosi del terrorismo dello stato sionista di Israele, in Iraq “nelle mani” del tenebroso Stato Islamico (che gli USA e l’UE hanno ora eletto a “grande minaccia”, dopo averla incentivato insieme ad altre forze terroriste nella guerra di aggressione contro la Siria) e in Ucraina, dove la giunta liberal-nazional-fascista che ha preso il potere a Kiev cinque mesi fa conduce una guerra crudele e pericolosa nel Donbass, reprime atrocemente il pensiero dissidente e prepara la messa fuori legge del PCU, situazione che rimane in gran misura sotto silenzio da parte dei grandi media.

Immerso in una spirale di indebitamento insanabile e incapace di sbarrare il passo a una riaggregazione delle forze che prende forma nel globo, l’imperialismo nordamericano agisce come un piromane. Il mantenimento dell’egemonia e gli imperativi di un’agenda geopolitica che si situa agli antipodi delle aspirazioni e prospettive di emancipazione e progresso dei popoli del mondo, dettano il ricorso alla promozione del caos e dell’instabilità, alla scalata dell’interventismo militare e alla politica della terra bruciata del grande capitale. L’esasperazione, negli ultimi mesi, della campagna che mira all’isolamento e all’indebolimento della Russia, acquisisce un rilievo centrale nella presente congiuntura. Con le sanzioni e le minacce contro Mosca che crescono con l’avanzata verso Est, Washington non esita anche a fare pressioni sui “partner” europei allo scopo di mantenere l’ordine nelle file transatlantiche, colpendo gli interessi di potenze come la Germania e la Francia e contribuendo all’approfondimento della crisi in cui continua ad essere coinvolta l’UE.

E’ chiaro che eventi come il vertice dei BRICS in Brasile, l’approfondimento delle relazioni strategiche tra la Cina e la Russia e l’annuncio da parte di Russia, Bielorussia e Kazakistan della costituzione dell’Unione Economica Eurasiatica influiscono sul rapporto fondamentale delle forze e non possono che figurare sullo di sfondo dell’attuale mappa delle ostilità mondiale alimentate dall’imperialismo, con gli Stati Uniti in testa.

Va notato che tra le decisioni del vertice di luglio dei BRICS ospitato a Fortaleza dalla presidente Dilma Rousseff (a cui è seguita la realizzazione degli incontri BRICS-UNASUR e Cina-CELAC) c’è la creazione della Nuova Banca di Sviluppo e di un Fondo di Riserva di divise dei cinque paesi che fanno parte dell’organizzazione: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Nella dichiarazione finale allo stesso tempo si esorta il FMI ad accelerare la riforma del sistema di quote di questa organizzazione di Bretton Woods, la cui approvazione si trova bloccata al Congresso nordamericano. Pur non potendo di per sé essere considerata come la panacea per i grandi problemi e contraddizioni che affliggono il mondo, l’inedito processo di cooperazione multilaterale dei BRICS – che rappresentano più del 40% della popolazione mondiale – costituisce più che un segno del polso della storia e una finestra aperta ad alternative di sovranità, e ad obiettivi di un nuovo ordine economico mondiale, più giusto e umano. L’imperialismo farà di tutto per indebolire, assorbire e disarticolare i BRICS, e in primo luogo per impedire la resistenza, la sovranità e la cooperazione dei popoli, anche a costo della pace mondiale. Occorre essere vigilanti. Nella certezza che saranno le lotte e le energie trasformatrici dei lavoratori e dei popoli che finiranno di costruire una nuova società e ordine internazionale.