Siria, esempi di manipolazione mediatica recente

di Marinella Correggia

giornali ukIl retroterra della campagna per l’intervento militare in Siria nelle analisi e nelle indagini di una reporter che, come un dejavu, segue l’escalation della situazione internazionale: dopo la Libia, la Siria.

Ha due teste in lotta fra loro e due siti con “notizie” divergenti il “Syrian Observatory for Human Rights” (Sohr), basato in Gran Bretagna, che da mesi e mesi è la fonte pressoché unica e a senso unico dei media internazionali e perfino dell’Onu – nei rapporti degli esperti del Commissario per i diritti umani. I due siti sono www.syriahr.org e www.syriahr.net. Il primo si definisce “sito ufficiale dell’Osservatorio”. Il secondo…anche, precisando di essere “l’unico sito ufficiale”.
 

Su www.syriahr.org è in bella evidenza dal 17 gennaio una lettera collettiva che “sconfessa” Rami Abdul Rahman, da sempre citato come “direttore” dell’Osservatorio stesso. Scusandosi con i lettori per la possibile “confusione”, gli altri membri del Sohr affermano che non esiste una persona con quel nome, che era giusto la sigla di tutti gli articoli firmati dai fondatori. C’è poi un certo installatore di antenne basato a Coventry e di nome Osama Ali Suleiman che ha lavorato per l’Osservatorio firmandosi Rami Abdul Rahman. Ma i suoi articoli erano considerati sospetti perché egli scriveva anche di vittime fra le forze di sicurezza nazionali e altre notizie “non verificabili” oltre a non dare i nomi dei morti. Quindi in agosto gli altri oppositori gli hanno chiesto di lasciare e hanno avviato un loro sito. Suleiman ha comunque continuato con il proprio. Anche a proposito degli ultimi scontri la Bbc ha citato come fonte Rami, alias Suleiman (e l’Ansa l’ha ripresa). In entrambi i casi si attribuiscono sempre i morti ai colpi dell’esercito e della polizia e mai a bande armate di oppositori o del cosiddetto Esercito siriano libero. Il copione è “repressione di manifestanti pacifici”. Anche se sono armatissimi. La stessa confusione fra civili e armati che ha caratterizzato tutta la guerra alla Libia.

Mère Agnès-Mariam de la Croix, superiora palestinese del monastero siriano di San Giacomo, che sta diffondendo dal canto suo liste di vittime delle bande armate, continua a denunciare la poropaganda a senso unico e la “crudeltà della disinformazione mediatica che usa i morti a scopo di propaganda”. Un caso recente che ha fatto il giro del mondo è la mattanza nel quartiere Nasihine di Homs di dodici membri della famiglia Bahadour fra cui vari bambini. A opera, racconta ai media un vicino che avrebbe visto tutto praticando un buco fra i muri, “di sette uomini in divisa, lealisti del regime, che poi hanno lasciato protetti dai cecchini dell’esercito e sono saliti su un blindato”. Ma la religiosa si è messa in contatto con la famiglia: “Abdel Ghani Bahader era fratello di Ghazouan Bahader, autista dell’ufficio del governatore di Homs. Egli ci ha riferito quanto segue: ‘Siamo una famiglia sunnita che lavora per lo stato. Vogliamo essere neutri. Ma gli insorti ci hanno attaccati più volte tanto che mio fratello voleva spostarsi altrove dopo aver rifiutato l’invito a unirsi all’Esercito siriano libero. Ma non ha fatto in tempo. Le bande armate hanno voluto punire in modo esemplare chiunque fra i sunniti rifiuti di lavorare nell’opposizione”. Poi è facile dare la colpa al governo. Il quale ha chiesto a qualunque organizzazione di andare a Homs a verificare”.

Intanto il direttore della scuola superiore di Jasim (in provincia di Daraa) Nayf Al Danyfat ha negato quanto diffuso dal canale Al Jazeera, secondo cui la scuola era stata presa d’assalto dalle forze di sicurezza e due persone erano state uccise. Giorni prima la mamma della bambina di quattro mesi che secondo l’opposizione era morta di tortura in carcere (dove si trova il padre) ha spiegato che sua figlia è morta in ospedale e di malattia.

Il giovane blogger Sami A., di Homs, confessa ad Arabi Press la sua delusione, da oppositore pacifico della prima ora, per la piega terrorista che hanno preso gli eventi. Syriascope, un gruppo di giovani siriani, cerca di diffondere le informazioni raccolte dal Syrian Observatory on Violence, Victims and Terrorism (www.sovvt.sy): notizie e foto di vittime delle bande armate, persone rapite, torturate e uccise. Ma questo Osservatorio non ottiene alcuna audience presso i media internazionali. Fidel Castro chiama questo “dittatura mediatica”.

Negli ultimi giorni gli scontri hanno fatto molti morti dalle due parti; a Deraa (dove sono iniziate le proteste antigoverno) la battaglia ha lasciato sul terreno soprattutto forze governative, secondo i residenti. Ma i titoli suggeriscono sempre l’idea di una repressione governativa contro civili inermi.

Mentre il Times riporta l’intervista di un esponente dell’opposizione (definito “importante” e che rimane anonimo) secondo il quale Qatar e Arabia Saudita finanziano l’Esercito liobero; mentre la Turchia si incarica di favorire il contrabbando delle armi all’interno del paese.

L’agenzia governativa Sana riferisce l’uccisione di diversi soldati, e a Homs di Amal Isa, agronoma e funzionaria. E parla di cospirazione arabo-occidentale e reclutamento di mercenari e terroristi, verificato secondo il giornale libanese Al Diyar da un ufficiale iracheno, che faceva parte della delegazione di osservatori della Lega Araba. La missione è stata bruscamente interrotta grazie alle pressioni di Qatar e Arabia Saudita.