Yemen

sanaa bombardamentodi Albano Nunes* | da www.avante.pt

Traduzione di Marx21.it

“Dopo la lotta armata contro i colonialisti, sotto la direzione del nostro partito, la nostra indipendenza è stata conquistata nel 1967, dopo 129 anni di colonialismo. Raccogliamo una pesante eredità dai colonialisti. Nel 1969 siamo entrati in una nuova fase, dopo la presa del potere da parte dell’ala progressista del Fronte Nazionale. Abbiamo ottenuto da allora molti successi in campo economico, politico e sociale, con molti sacrifici del nostro popolo, grazie all’aiuto fraterno dei paesi socialisti e principalmente dell’Unione Sovietica”. Queste sono parole del rappresentante dell’Organizzazione Politica Unita – Fronte Nazionale dello Yemen alla tribuna dell’ottavo Congresso del Partito Comunista Portoghese nel 1976. La Rivoluzione di Aprile suscitava grande ammirazione e solidarietà e le relazioni dei comunisti portoghesi e dei rivoluzionari yemeniti, che nel frattempo avevano creato il Partito Socialista orientato al marxismo-leninismo, erano diventate molto strette. Nel 1980 il compagno Alvaro Cunhal, in un viaggio storico nel Medio Oriente aveva visitato la Repubblica Popolare Democratica dello Yemen. In un momento di avanzata rivoluzionaria il PCP accoglieva nel suo Congresso organizzazioni antimperialiste e progressiste di tutto il mondo e lo Yemen del Sud, protagonista della prima esperienza di orientamento socialista del mondo arabo, non poteva mancare.


Tuttavia, alla fine degli anni 80 il mondo ha fatto un enorme salto indietro. La scomparsa dell’URSS e del socialismo come sistema mondiale ha portato alla controffensiva dell’imperialismo che ha cercato di imporre al mondo un nuovo ordine mondiale totalitario. Il quadro internazionale è oggi completamente differente da quello in cui si era realizzata la rivoluzione portoghese ed era arrivata in Portogallo la prima delegazione dei rivoluzionari yemeniti. Di fronte alla resistenza dei lavoratori e dei popoli e alle prese con l’approfondimento della crisi strutturale del capitalismo, i settori più reazionari e aggressivi dell’imperialismo puntano sempre più apertamente sul fascismo e la guerra come “uscita” dalle proprie contraddizioni. Condotte dagli USA, dall’UE e dalla NATO si moltiplicano le guerre di aggressione che, come in Siria, provocano sofferenze infinite e distruggono paesi delle cui ricchezze il grande capitale transnazionale vuole impossessarsi, come avviene nel Medio Oriente dove si trovano le maggiori riserve mondiali di petrolio di cui, al servizio dell’imperialismo, l’Arabia Saudita è uno dei principali guardiani.

Ciò che accade nello Yemen si inserisce in un processo di sovversione generalizzato in cui l’imperialismo sfrutta sopravvivenze tribali e feudali, attizza conflitti etnici e religiosi, generalizza la corruzione e i traffici criminali, fomenta e strumentalizza il terrorismo, il grande alibi della sua strategia aggressiva. Non dobbiamo mai dimenticare che Al Qaeda, che l’aggressione dell’Arabia Saudita starebbe rafforzando nello Yemen, è stata una creazione degli USA alimentata dalla ripugnante élite saudita. Ma è importante anche non dimenticare la storia della lotta di liberazione del popolo yemenita contro il colonialismo e l’imperialismo che era culminata nella fondazione della RPDY. Dietro il groviglio di contraddizioni e i conflitti attizzati dall’aggressione straniera – la cui natura è ben espressa dai criminali bombardamenti delle città di Sana’a e Aden, senza che l’ “Occidente civilizzato” levi un dito di condanna – c’è la realtà della lotta di classe e, prima o poi, la certezza di una soluzione rivoluzionaria, che la reazione saudita e l’imperialismo tanto temono. La ruota della storia è andata indietro. Ma temporaneamente. Ci sono solide ragioni per confidare nel fatto che nello Yemen, come negli altri paesi che gemono sotto lo stivale imperialista, gli ideali di liberazione alla fine trionferanno.

* Albano Nunes è membro della Segreteria del Partito Comunista Portoghese (PCP)