Živadin Jovanovic: «L’aggressione NATO contro la Jugoslavia del 1999 fu un modello delle nuove guerre di conquista»

da www.horizons-et-debats.ch | Traduzione di Anna Migliaccio per Marx21.it

zivadin-jovanovic-2«Interventi umanitari: pretesti per lo stazionamento delle truppe americane>

Intervista a Živadin Jovanovic, già ministro degli Affari Esteri della Repubblica federale di Jugoslavia, oggi presidente di Belgrade Forum for a World of Equals.

In senso lato, si deve considerare come l’aggressione della NATO abbia segnato un cambiamento strategico nell’essenza dell’Alleanza atlantica: essa ha abbandonato la politica di difesa ed ha introdotto una politica offensiva (aggressiva), autorizzando sé stessa ad intervenire in qualunque momento ed in qualunque punto del globo. L’ONU e il suo Consiglio di sicurezza sono stati cortocircuitati, il diritto internazionale e la giustizia violate. 


Dibattiti e Orizzonti:

Signor Jovanovic, potrebbe presentarsi brevemente ai nostri lettori e dirci qualcosa di sé stesso e della sua carriera?

Živadin Jovanovic: Nel 1961, ho terminato i miei studi alla Facoltà di Diritto dell’Università di Belgrado, dal 1961 al 1964 ero nell’Amministrazione del distretto della città di Novi Belgrade; dal 1964 al 2000 ho servito presso il servizio diplomatico della Repubblica Federale socialista di Yougoslavie (a partire dal 1992 Repubblica federale di Yugo­slavia, dal 1988 al 1993 sono stato ambasciatore a Luanda/Angola, dal 1995 al 1998 ministro degli affari esteri supplente e dal 1998 al 2000 ministro degli affari esteri). Dal 1996 al 2002 sono stato vice presidente dl Partito socialista della Serbia per gli affari esteri; nel 1996 membro del Parlamento serbo e nel 2000 del Parlamento della Repubblica federale di Yugoslavia. I libri che ho scritto sono: «The Bridges» (2002); «Abolishing the State» (2003); «The Kosovo Mirror» (2006).

Živadin Jovanovic: Nel 1961, ho terminato i miei studi alla Facoltà di Diritto dell’Università di Belgrado, dal 1961 al 1964 ero nell’Amministrazione del distretto della città di Novi Belgrade; dal 1964 al 2000 ho servito presso il servizio diplomatico della Repubblica Federale socialista di Yougoslavie (a partire dal 1992 Repubblica federale di Yugo­slavia, dal 1988 al 1993 sono stato ambasciatore a Luanda/Angola, dal 1995 al 1998 ministro degli affari esteri supplente e dal 1998 al 2000 ministro degli affari esteri). Dal 1996 al 2002 sono stato vice presidente dl Partito socialista della Serbia per gli affari esteri; nel 1996 membro del Parlamento serbo e nel 2000 del Parlamento della Repubblica federale di Yugoslavia. I libri che ho scritto sono: «The Bridges» (2002); «Abolishing the State» (2003); «The Kosovo Mirror» (2006). 

Dopo aver lasciato il Ministero degli affari esteri nel 2000, siete stato legato al «Belgrade Forum for a World of Equals». Attualmente siete il Presidente di questa associazione. Quali sono i vostri obiettivi essenziali? 

Gli obiettivi essenziali sono il contributo alla pace, alla tolleranza e la collaborazione sulla base dell’eguaglianza tra gli individui, le nazioni e gli Stati. Noi ci impegniamo per il rispetto del diritto internazionale. Dei principi alla base della relazioni internazionali e del ruolo delle Nazioni Unite. Il ricorso alla violenza o la minaccia di utilizzarla non sono affatto mezzi appropriati per la soluzione dei problemi internazionali. Siamo dell’avviso che non esistono guerre “umanitarie”. Tutte le aggressioni a cominciare da quella della NATO contro la Serbia (RFY) del 1999 furono, a prescindere dalle dichiarazioni formali ed ufficiali, delle guerre di conquista, condotte per ragioni geo -strategiche altre per profitti economici. Noi sosteniamo i diritti dell’uomo secondo la Carta dell’ONU – ivi compresi i diritti sociali economici e culturali e i diritti alla salute, al lavoro, e altri diritti umani. 

Cerchiamo di raggiungere i nostri obiettivi per mezzo di dibattiti pubblici, conferenze, e tavole rotonde, seminari su scala nazionale e internazionale. Il Forum coopera con diverse associazioni che perseguono obiettivi simili – in Serbia, nella regione e a livello mondiale. 

Abbiamo visto qualche libro molto interessante edito dal Belgrado Forum. Come fate a sostenere la vostra attività di editori? 

Il Forum ha pubblicato circa 70 libri su diversi argomenti, nazionali ed internazionali, sulla politica dello sviluppo nelle condizioni di crisi, sullo statuto di Kosovo e Métochie e sul tribunale dell’Aia concernente la politica NATO nei Balcani, sulla politica estera della Serbia, sul terrorismo internazionale e sul ruolo degli intellettuali. Alcuni nostri libri sono stati diffusi in un gran numero di paesi su tutti i continenti. C’é, per esempio: «Nato Aggression – the Twilight of the West». A causa degli scarsi mezzi finanziari purtroppo solo pochi dei nostri libri sono apparsi in altre lingue. .

Solo in quest’ultimo mese abbiamo pubblicato tre nuovi libri – uno dedicato al grande filosofo e membro dell’Accademia Mihailo Marcovic, che è stato uno dei cofondatori del Belgrade Forum; il secondo reca il titolo di «Da Norimberga a La Haye» e il terzo «Dall’aggressione alla secessione».* La presentazione dei libri nelle diverse città della Serbia ed hanno avuto notevole successo.Tutte le nostre attività di scrittura e pubblicazione poggiano su lavoro volontario. Non abbiamo mai avuto e non abbiamo nessuno che sia remunerato tra i quadri del Forum. L’auto finanziamento dei membri e le donazioni dopo la diaspora serba sono le ricette principali del Forum. 

Avete citato la promozione della pace come uno dei vostri temi principali. Ma i popoli della vostra regione sono stati vittime di guerre nell’ultimo decennio del XX secolo. 

E’ vero. I popoli dell’ex –Yugoslavia hanno sofferto enormemente, prima per le guerre civili in Bosnia e in Croazia (dal 1992 al 1995), poi seguite dall’aggressione della NATO (1999), seguita dalle sanzioni e dall’isolamento ecc. Gran parte della popolazione soffre tutt’oggi. Pensate per esempio alla vita di quasi mezzo milione di rifugiati ed espatriati che vivono solo in Serbia ai quali non è consentito tornare alle loro case in Croazia o in Kosovo e Métochie. Le conseguenze sono tutt’ora dolorose e lo saranno ancora in futuro. Che dire delle conseguenze delle bombe con proiettili all’uranio impoverito che la NATO ha utilizzato nel 1999 e mietono ancora numerose vittime e le mieteranno ancora nei secoli. La storia ci darà la prova che i popoli della ex – Yugoslavia sono stati le vittime della concezione del Nuovo ordine mondiale che poggia in realtà sul potere e l’espansione.

Pensa esistano fattori locali frammisti ad altri venuti dall’esterno responsabili della frammentazione della Yugoslavia?

L’influenza delle popolazioni locali non può essere trascurata. Queste hanno evidentemente le loro responsabilità di essersi prestate a compromessi. Ma le analisi dominanti paiono non prestare alcuna attenzione al ruolo negativo dei fattori esterni Abbiamo oggi sufficienti prove che certe potenze avevano progetti fin dal 1976 e 1977 su come i territori della Repubblica federata socialista di Yugoslavia dovevano essere riorganizzati, in altri termini smantellati e spartiti in funzione dei loro interessi. Dopo la morte di Tito hanno incoraggiato nazionalismo e separatismo tra le diverse Repubbliche Yugoslave, ma anche il separatismo e il terrorismo nella provincia serba del Kosovo e Métochie, politicamente, finanziariamente e con la logistica e la propaganda. Più tardi certe potenze sono intervenute nelle guerre civili, sostenendo una parte contro l’altra. Questi paesi hanno sostenuto apertamente la separazione della Slovenia e della Croazia e hanno armato la Croazia e la Bosnia anche durante l’embargo dell’ONU e hanno favorito l’ingresso di mercenari tra cui i Moudjahidin. D’altra parte la Serbia e il Monténégro sono stati isolati, sanzionati e stigmatizzati. Li hanno trattati come se fossero i soli responsabili della guerra civile. Ciò non è fondato sui fatti ed è stato propizio ad estendere il conflitto. 

Le conseguenze? Invece di uno Stato ne hanno sei, non certo solidi dal punto di vista economico. Degli Stati marionette ed un settimo che sarà creato a breve. 18 governatorati, sei eserciti sei servizi diplomatici etc. La spesa pubblica nel 1990 per tutta la RFSY era di 13,5 miliardi è aumentata fino al 2012 a oltre 200 miliardi di euro! Alcuni di tali stati sono divenuti totalmente dipendenti dal punto di vista finanziario. A chi giova tutto questo? Fino al 1990,non esisteva nella regione una sola base militare straniera.. Oggi ne esistono una serie, tutte degli USA delle quali Camp Bondsteel è la più grande d’Europa.2 Per che farne? A che servono? A 18 anni dagli accordi di Dayton, la Bosnia non è tutt’ora in grado di funzionare; l’antica Repubblica yugoslava di Macedonia (FYROM, Former Yugoslav Republic of Macedonia) non è in grado di funzionare, dieci anni dopo gli Accordi quadro di Ohrid e continua ad essere attraversata da divisioni e tensioni etniche profonde. 14 anni dopo la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, lo statuto di Kosovo e Métochie è senza soluzione. Sali Berisha di Tirana e Hashim Thaci di Pristina applaudono pubblicamente alla creazione di una così detta Grande Albania. Altri problemi pressanti sono la disoccupazione tra il 30% e il 70%, la povertà di centinaia di migliaia di rifugiati e di espatriati, la criminalità organizzata internazionale, fondata sul commercio di organi umani, le droghe, le armi, gli immigrati, dando un’immagine di insicurezza della Yugoslavia. Chi dunque ha tratto profitto dalla sua frammentazione? 

Ha menzionato l’intervento della NATO. Che opinione se ne è fatta a distanza di 14 anni?

La mia opinione non è mutata. E’ stato un attacco criminale, illegale, immorale, contro uno Stato europeo sovrano. Illegale, perché ha violato tutti i principi fondamentali del diritto internazionale, tanto della Carta dell’ONU, quanto degli Accordi di Helsinki e molte altre convenzioni internazionali. E’ stata eseguita senza il mandato del Consiglio di sicurezza. Criminale perché si è abbattuto anzitutto sulle popolazioni e le infrastrutture civili e con armi vietate come quelle chimiche, le bombe caricate con sotto munizioni di proiettili di uranio impoverito. Immorale perché fondata su pretesti falsi e faziosi. I dirigenti della NATO sono responsabili della morte di 4.000 persone e 10000 feriti civili. I danni materiali ammontano a 100 miliardi di dollari. L’aggressione della NATO non ha portato soluzioni ma ha creato nuovi problemi. E’ stata una guerra di conquista e non un “intervento umanitario”. 

Potrebbe precisare?

Ho già menzionato alcune conseguenze dirette. In senso più ampio occorre considerare che l’aggressione della NATO segna un cambiamento strategico nell’essenza dell’alleanza: essa ha abbandonato la sua politica di difesa ed ha introdotto una politica offensiva (aggressiva) autorizzandosi ad intervenire in ogni momento su ogni punto del globo. L’ONU, più precisamente il Consiglio di sicurezza, è stato corto circuitato e il diritto internazionale e la giustizia violati. 3 E’ stata la prima guerra lungamente preparata sul suolo europeo dopo la Seconda Guerra mondiale. E’ stata la dimostrazione del potere degli Stati Uniti in Europa, l’espansione verso l’Est, una giustificazione per le ambizioni della NATO, anche dopo la fine del Patto di Varsavia ed un precursore di interventi futuri (Afghanistan, Iraq, Libia). E’ stata una guerra orchestrata e diretta da una potenza extra europea con la conseguenza che essa resterà a lungo sul suolo europeo. L’aggressione ha inoltre segnato un cambiamento della politica tedesca dopo la Seconda Guerra Mondiale. Partecipando attivamente all’aggressione della NATO contro la Serbia, la Germania si è allontanata dalla propria Costituzione ed ha aperto le porte per facilitare la militarizzazione e giocare un ruolo nei conflitti che si svolgono ben lontano dal suo territorio.

Oggi abbiamo sul suolo europeo un numero di basi militari molto maggiore che durante la Guerra fredda. Dopo l’aggressione della NATO contro la Serbia le basi militari sono sorte ovunque. Come si spiega l’esportazione della democrazia e nel contempo l’esportazione delle basi militari? Fino ad ora non ho trovato spiegazioni convincenti e mi pare che qualcosa non quadra.

Qual è la sua opinione sul futuro della Bosnia?

La Bosnia Herzégovina in quanto era una tra le dieci repubbliche RFSY, fu basata sull’eguaglianza costituzionale di tre popoli avendo ciascuno un diritto di veto – Musulmani , les Serbi e Croati. E’ la ragione per cui si chiamava la «Piccola Yougoslavia». Quando nel 1992 il principio costituzionale del consenso è stato violato perché musulmani e croati si sono pronunciati a favore della separazione hanno ignorato l’opzione dei serbi di restare nell’alveo della Yugoslavia, la guerra civile è scoppiata. L’accordo di pace di Dayton non è stato un successo semplicemente perché ha confermato nuovamente quel principio di eguaglianza dei tre popoli costituenti, l’uguaglianza delle due unità (la Fédérazione musulmano-croata e la Répubblica Srpska) e il principio del consenso.4 > Questi principi fondamentali sono stati inscritti nella Costituzione che rappresenta parte integrale dell’Accordo.

La fonte principale della crisi attuale è nello sforzo dei dirigenti musulmani di Sarajevo di abolire il principio del consenso e creare uno Stato unitario sotto la loro supremazia. Inoltre, essi vogliono cambiare la ripartizione ddel territorio garantita dalla’accordo di Dayton secondo il quale la Fédérazione musulmano-croata controlla il 51% e la Répubblica Srpska il 49% di tutto il territorio. Per render il problema ancora più difficile, i musulmani continuano a beneficiare per le loro esigenze, evidentemente contenute negli Accordi di Dayton, del sostegno di qualche centro decisionale, in primo luogo di Washington e Berlino. Sul perché vogliano indebolire la Répubblica Srpska e rafforzare i Musulmani, preferisco non fare commenti. Questi centri mettono del pari sotto pressione i dirigenti serbi affinché essi disciplinino I dirigenti di Banja Luka affinché essi accettino contro il proprio interesse una revisione di Dayton e della Costituzione. La Serbia, come garante degli Accordi di Dayton non ha affatto il potere di influenzare i dirigenti della Répubblica Srpska e secondariamente non è interesse della Serbia destabilizzare la Répubblica Srpska provocando così tensioni interne ed una nuova spirale etniche o anche conflitti armati nel suo vicinato. Credo si debba lasciare alla Bosnia Herzégovina il compito di trovare una soluzione politica che corrisponda agli interessi dei tre popoli costitutivi e delle due unità eguali nei diritti. L’Accordo di Dayton non è perfetto. Ma probabilmente non esiste un compromesso migliore. Bruxelles ritiene che una centralizzazione del potere a Sarajevo migliorerebbe l’efficacia dell’amministrazione statale. I sostenitori di tale opinione paiono non vedere che è il principio del consenso e della decentralizzazione che hanno condotto al ristabilirsi della pace e al mantenimento dell’integrità statale e che ha rianimato un sentimento di libertà e di democrazia. Finalmente, ritengo, l’Ufficio dell’Alta Rappresentanza dopo avere accentrato in sé per 17 anni potere legislativo, esecutivo e giudiziario è diventato un anacronismo che deve essere dissolto. La Bosnia Herzégovina è il solo membro dell’ONU (e nel contempo del Consiglio di sicurezza) de l’OSCE e di altre organizzazioni dove l’Alta Rappresentanza legifera e nomina Presidenti, Primi ministri e Ministri. La Serbia è un piccolo paese che ama la pace e non ha una storia imperiale né ambizioni imperialiste, e deve a nostro avviso restare neutrale come la Svizzera. Per quanto concerne i diritti umani, lottiamo per la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’ONU del 1948, la quale esige il rispetto di tutti i diritti incluso quello alla cooperazione. 

I miei colleghi di «Horizons et débats» hanno dichiarato un giorno che la Serbia è stata una spina nella coscienza di tutto il mondo occidentale. Che ne pensa?

Ciò che posso dire è che i dirigenti e i politici di certi paesi europei sono stati lungi dall’essere neutrali, costruttivi e moralmente corretti durante la crisi yugoslava e kosovara. Qualcuno ha partecipato attivamente all’aggressione della NATO, e ha provocato seri problemi per tutta l’Europa. Come gli Stati Uniti, conoscevano il finanziamento, il traffico d’armi dei terroristi albanesi e dei separatisti del Kosovo e Métochie da parte dei loro Stati. Documenti del Consiglio di sicurezza lo confermano.5 Nemmeno io sono imparziale, ma sono certamente sincero. A mio avviso di poche cose del loro ruolo in Europa possono andare fieri la Serbia e i serbi negli ultimi vent’anni. Sono stato sorpreso dall’ampiezza delle deformazioni, dei doppi standard e delle prese di posizione immorali da parte di certi politici europei che rappresentano i valori e la civiltà europea. Oggi sarebbe superfluo parlarne se non si potessero trarre lezioni dal passato. Sfortunatamente, i nuovi politici di questi paesi perseguono la medesima politica e con gli stessi metodi disonesti verso la Serbia. I Governi dei grandi paesi occidentali iniziano una campagna di propaganda abominevole contro la Serbia fondata su pregiudizi, invenzioni menzognere o banali menzogne. Mi riferisco per esempio all’invenzione di sana pianta del così detto «Piano a Ferro di cavallo» del ministro tedesco della difesa Rudolf Scharping.6 Il così detto massacro di civili di Raçak, che servì da giustificazione all’inizio dell’aggressione militare che si rivelò falso. Il rapporto stilato da un’equipe internazionale di esperti di medicina legale sotto la direzione del medico finlandese, Helen Ranta, la quale agiva sotto il controllo dell’UE non è mai stato pubblicato. Pare si sia smarrito da qualche parte a Bruxelles!7 

Quali lezioni può trarre, per sé, e per il mondo dall’aggressione della NATO?

L’aggressione della NATO contro la Repubblica federale di Yugoslavia del 1999 è stato un modello di nuova guerra di conquista sotto lo slogan di «intervento umanitario». E’ stata una guerra di conquista per prendere alla Serbia le sue province del Kosovo e Métochie e per stazionare, per ragioni strategiche, delle truppe degli Stati Uniti. E’ stato un precedente, cui sono seguiti altri. A mio avviso è attualmente del tutto inaccettabile esportare il sistema della società capitalista fiondato unicamente sulla dottrina di Washington, comme quella che nel corso degli anni 1960 concerneva l’esportazione del sistema socialista, fondato sulla dottrina di Mosca. La libertà di scelta dovrebbe essere sovrana in ogni paese. Non è giusto dividere i popoli, come se Dio avesse donato a qualcuno l’arbitrio di decidere ciò che è bene per tutte le nazioni del mondo. La storia ci insegna, almeno in Europa, che una simile ideologia è fonte di enormi danni. 

I problemi del Kosovo e Métochie sono vecchi come il mondo e profondamente radicati. Le province dello stato Serbo sono la culla della cultura serba così come della religione e della sua identità nazionale. Vi si trovano ancora circa 1300 conventi e chiese medievali alcune dichiarate patrimonio dellumanità dall’UNESCO. Oltre 150 sono state distrutte dai vandali e dagli estremisti. Sarebbe troppo semplice pretendere che I problemi di fondo si situassero nel dominio dei diritti umani degli albanesi. Per risolvere i problemi essenziali, che stanno a mio avviso nella volontà di espansione territoriale degli albanesi sostenuta dai paesi occidentali – in primo luogo gli Stati Uniti, la Germani e la Gran Bretagna –occorrerebbe qualche saggezza da parte degli attori politici, ma anche una visione a lungo termine e della pazienza, qualità particolarmente deficitarie. Resto persuaso che esiste una soluzione fondata su un compromesso basato sulla Risoluzione 1244 del Consigli odi sicurezza del 10 giugno 1999. Questa risoluzione, come altre precedenti, garantisce la sovranità e l’integrità della Repubblica federale yugoslava (distaccata dalla Serbia) e l’autonomia del Kosovo e Métochie in seno alla Federazione yugoslava e della Serbia. Nel tempo sono stati commessi numerosi fatti gravi, da parte di quel che chiamiamo comunità internazionale, ivi compresa l’UE, come da parte delle autorità serbe. Si possono considerare questi errori come gravi deviazioni dalla Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Nel marzo 2008, i dirigenti albanesi a Pristina hanno dichiarato la secessione unilaterale ed illegale della provincia dalla Serbia ed hanno proclamato la pretesa Répubblica del Kosovo. Mentre la provincia si trova tutt’ora sotto il mandato del Consiglio di sicurezza dell’ONU, quest’ultimo non ha reagito. Gli Stati Uniti, la Germania, la Turchia, e la Gran Bretagna hanno riconosciuto immediatamente la separazione. Presenti 22 dei 27 membri dell’UE8 hanno seguito il movimento. La Serbia non ha riconosciuto la separazione del 17% del proprio territorio, e ritengo non lo farà in futuro. La gran parte dei membri dell’ONU, dei quali due dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, la Russia e la Cina, non l’hanno riconosciuta. L’anno scorso un dialogo tra rappresentanti di Belgrado e Pristina concernente qualche aspetto concreto che tocca la vita quotidiana della popolazione è stato avviato sotto l’egida dell’UE. Può essere un bene, nella misura in cui non costituisca pregiudizio negativo per il problema principale – le statuto della provincia come previsto nella Risoluzione 1244. Personalmente auspico che il dialogo verta su un calendario che assicuri il libero ritorno dei 250’000 Serbi e gli altri Non-Albanesi nelle loro terre, poiché vivono attualmente in condizioni miserevoli in diverse città di Serbia e Monténégro. Sfortunatamente tale questione non trova posto nell’ordine del giorno vuoi per l’assenza di interesse da parte di Pristina, ma anche a causa della politica dei due pesi e due misure dell’Occidente. Una soluzione imposta alla Serbia con la forza o l’inganno non è possibile. Io credo che “il mercato” di cui parlano certi paesi occidentali non abbia diritto di cambiare il territorio (Kosovo) contro l’adesione all’UE (della Serbia) a svantaggio di investimenti stranieri – che sarebbe logico, visto lo stato di degradazione dell’economia serba – si avviasse. Sarebbe disonesto, non equilibrato, inaccettabile per i serbi, conoscendone la storia e la fierezza. 

Quali sono le relazioni tra Serbia e l ’UE? 

L’UE è tradizionalmente il principale partner economico della Serbia. Le relazioni storiche sociali e culturali restano molto forti. Centinaia di migliaia di serbi e loro discendenti vivono e lavorano nei paesi membri del’UE. La Serbia è candidata per l’adesione all’UE. Questo si riflette nella politica “del bastone e della carota” nei confronti della Serbia in una lista infinita di condizioni mai poste ai candidati. L’UE esige che «la Serbia normalizzi le sue relazioni con il Kosovo». Finché Belgrado reagisce, dichiarando di non accettare di riconoscere il Kosovo, i commissari di Bruxelles pretendono che l’UE non chieda che il sistema di controllo delle frontiere integrato (Integrated Border Management IBM) ai confini del, la sigla di un accordo di buon vicinato, il cambio delle diplomazie, che la Serbia non impedisca l’adesione del Kosovo all’ONU, etc.! Rimarchiamo la portata di tale ipocrisia. Si esige attraverso note diplomatiche o altre prese di posizione scritte concernenti un riconoscimento, ma delle relazioni tali e quali tra stati sovrani! Io sostengo una stretta cooperazione tra la Serbia e l’UE in tutti i campi ove siano interessi comuni, senza ostacoli: la libera circolazione delle merci dei capitali delle persone e delle informazioni. Considerato il fatto che l’UE non tratta la Serbia come un partner sovrano, la Serbia dovrebbe adottare una politica di buon vicinato con l’UE e mettere da parte la politica attuale, che definisce adesione all’UE come unica soluzione. Non è nell’interesse della Serbia lasciare troppo per ricevere meno. Uno spirito di apertura e cooperazione senza ostacoli amministrativi, invece che relazioni di buon vicinato tra Serbia e UE sarebbero una base sensata per il futuro a medio termine. 

Come la Germania, la Svizzera e altri paesi europei potrebbero contribuire a migliorare le sorti del vostro popolo?

La via migliore per sostenere la Serbia ma insieme la mutua assistenza in Europa e addivenire ai veri valori della nostra civiltà, consiste nel dire sempre la verità, opponendosi ad ogni forma di deformazione, di mezze verità e immoralità. La Serbia e la nazione serba sono parte integrante dell’Europa, della sua cultura e del suo sviluppo e civilizzazione. E’ così e resterà così in futuro. I popoli hanno radici profonde ed una statura che non può trasformarsi dalla mattina alla sera. Dal canto mio sarei felice si smettesse di considerare la Serbia attraverso i pregiudizi e le caratterizzazioni parziali e rimpiazzarle con analisi equilibrate ed imparziali. 

Abbiamo appreso che il «Belgrado Forum» sarà parte di una importante conferenza internazionale a Belgrado nel marzo prossimo.

Questo forum ed altre associazioni indipendenti e prive di pregiudizi in Serbia organizzano una conferenza internazionale sotto il titolo «Aggressione, militarizzazione e crisi planetaria» che avrà luogo il 22 e 23 marzo 2014 à Belgrado. Questa conferenza ed altri eventi dello stesso tipo celebrano il 15° anniversario del’attacco della NATO contro la Serbia e servirà ad onorare la memoria delle vittime. Ci prefiggiamo di invitare scienziati ed intellettuali d’Europa ma anche di altri paesi che tratteranno di interventi militari aumento delle spese militari e militarizzazione delle decisioni politiche e della crisi nel mondo, che non è a nostro avviso solo una crisi finanziaria ed economica ma una crisi dell’ordine mondiale. 

Signor Jovanovic, La ringraziamo di questo incontro. 

Note 

1 Solo la Bosnia e l’Herzégovina hanno un governo centrale, due governi, uno per ciascuna entità, e 10 governi cantonali in seno alla Federazione della Bosnia-Herzégovina.
2 «La guerra contro la Repubblica Federale di Yugoslavia fu condotta per correggere un errore strategico del generale Eisenhower durante la Seconda Guerra mondiale. Per ragioni strategiche, occorreva stabilizzare lo stazionamento delle truppe americane in quella regione.» citazione dalla lettera di Willy Wimmer, indirizzata al cancelliere tedesco Gerhard Schröder il 2 maggio 2000.
3 «La forza deve primeggiare sul diritto. Là dove il diritto internazionale sbarra la strada, occorre eliminarlo.» ibidem.
4  L’Accordo di Dayton mette in campo simultaneamente due entità – la Federazione della Bosnia Herzégovina (Musulmani e Croati) e la Repubblica Srpska – rimettendo loro ogni diritto costituzionale ed ogni responsabilità fondamentale.
5 Il Consiglio di sicurezza «decide che tutti gli Stati devono interdire il possesso di armi a fini terroristici nella regione» (Kosovo e Métochie, precisazione dell’autore); cfr. risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU n. 1160 del 31 marzo 1998. Il medesimo Consiglio di sicurezza «prega gli Stati di assumere tutte le misure conformi al proprio diritto interno e alle disposizioni pertinenti al diritto internazionale, per impedire che dei fondi raccolti sul loro territorio servano a scopi contrari alla risoluzione 1160 (1998)»; cfr. Risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 23 settembre 1998, art. 12.
6  Il ministro della difesa tedesco Rudolf Scharping presenta durante una conferenza stampa il 7 aprile 1999 il presunto piano delle forze armate yugoslave per la pulizia etnica degli albanesi in Kosovo e Métochie. I servizi segreti tedeschi non hanno affatto confermato l’esistenza di un simile piano e finalmente hanno affermato che era un falso.
7 E’ accaduto qualcosa di simile con il rapporto di Yasushi Akashi, rappresentante speciale per la Bosnia ed Herzégovina del maggio 1992. Quel rapporto metteva in evidenza due aspetti importanti: principalmente che la gran parte dell’esercito yugoslavo era stata ritirata e che, secondariamente, l’immagine che la Bosnia offriva dell’esercito croato non era mai esistita. Tuttavia quel rapporto non fu distribuito ai membri del Consiglio di sicurezza fino al 30 maggio 1992, giorno in cui la risoluzione n. 757 del Consiglio di sicurezza decideva gravi sanzioni contro la Répubblica fédérale yugoslava (cfr.rapporto del segretario generale S24049 del 30 maggio 1992, paragrafi  6 e  9) 
8 La Spagna, la Romania, la Repubblica slovacca, la Grecia e Cipro non l’hanno riconosciuto.

* «De Nuremberg à La Haye» ISBN 978-86-83965-7-3 [en serbe]
«De l’agression à la sécession» ISBN 978-86-83965-9-7 [en serbe]