L’unità latinoamericana come progetto storico

hermandad-pueblos-latinoamericanosdi Monica Bruckmann*
da 
ALAI, America Latina en Movimiento

Traduzione di Marx21.it

*Monica Bruckmann è Dottoressa in Scienze Politiche, Professoressa del Dipartimento di Scienza Politica dell’Università Federale di Rio de Janeiro, Brasile. Direttrice di Ricerca della Cattedra UNESCO sull’Economia Globale e lo Sviluppo Sostenibile-REGGEN. Membro del Consiglio di ALAI.

La congiuntura latinoamericana contemporanea è caratterizzata da grandi avanzate nei progetti e nei processi di integrazione. Mai nella storia, la regione ha avuto una così intensa e dinamica attività diplomatica e un insieme così ampio e diversificato di meccanismi di interscambio e azione politica congiunta. Alla dinamica complessa dell’integrazione delle nazioni, si accompagna anche l’integrazione dei popoli e dei movimenti popolari, con un crescente potere della pressione sociale e la partecipazione nell’elaborazione delle politiche pubbliche che sono espressione dell’affermazione del potere democratico. In questo contesto, un principio che acquisisce sempre maggiore centralità è quello della sovranità, e della capacità di autodeterminazione degli Stati, delle nazioni, dei popoli e delle comunità.

Il dibattito attuale attorno all’integrazione regionale e alle sue prospettive ha forti precedenti che dimostrano la profondità dell’unità latinoamericana come progetto storico. Senza soffermarci sullo sviluppo complessivo di questi precedenti, proviamo a presentare alcuni esempi di ciò che costituisce il fondamento dottrinario dell’attuale processo di integrazione regionale. Questa focalizzazione dimostra, soprattutto, i limiti del tentativo di trasformare tale processo di integrazione in un semplice scambio commerciale.

Integrazione regionale e progetto strategico

La geopolitica dell’integrazione regionale latinoamericana è profondamente condizionata dalla disputa di interessi con il progetto egemonico degli Stati Uniti, che si esprime in una strategia complessa di dominazione e appropriazione delle risorse naturali considerate “vitali, il che trasforma l’accesso a tali risorse, che si trovano essenzialmente fuori dal territorio continentale e di oltremare degli Stati Uniti, in una questione di “sicurezza nazionale” per questo paese. D’altro lato, si sviluppano processi di integrazione regionale eredi delle lotte continentali per l’indipendenza nel corso del XIX secolo, che trovano nel rinnovamento del bolivarianismo il progetto di affermazione sovrana che è avanzato e si è approfondito negli ultimi anni.

Naturalmente, il rafforzamento dell’integrazione regionale esige una nuova visione strategica elaborata a partire da un’ampia discussione sulla dinamica e le tendenze del sistema mondiale, l’emergere di nuove potenze a livello globale, lo sviluppo di una visione geopolitica che inquadri gli interessi in gioco e la conformazione di nuove territorialità a partire da un vasto movimento sociale “dal basso verso l’alto”. Questo momento di elaborazione del pensiero regionale ha come sfide la costruzione di una strategia di riappropriazione sociale delle risorse naturali e della loro gestione economica e scientifica, il che richiede una profonda messa in discussione della stessa nozione di sviluppo, del concetto medesimo di sovranità e della posizione dell’America Latina nella geopolitica mondiale.

L’analisi delle diverse dimensioni che implica il conflitto globale per le risorse naturali considerate strategiche, richiede un bilancio della storia mondiale recente che ha un elemento fondamentale nell’emergere della Cina nel sistema mondiale. La nuova centralità della Cina nell’economia e nella politica mondiale ci conduce ad evidenziare l’importanza di una prospettiva di lunga durata (secondo la lezione di Braudel) e dei processi di civiltà nella costruzione degli strumenti teorico-metodologici per l’analisi della congiuntura. In questo contesto, e da un punto di vista che si sforzi di focalizzare la complessità del mondo contemporaneo, la questione strategica trascende ampiamente l’ambito della politica di sicurezza e della difesa nazionale, per inserirsi nell’analisi dei processi storici di lunga durata e della dimensione di civiltà delle visioni strategiche.

L’America Latina ha, in relazione alla Cina, l’opportunità storica di sviluppare una cooperazione strategica di lungo termine, orientata a rompere la relazione di dipendenza che ha segnato il suo inserimento nel sistema mondiale. Spetta alla regione di approfittare di questa opportunità o di riprodurre la logica della dipendenza e la dinamica dell’esportazione delle materie prime di basso valore aggiunto, che ha come base la logica del cosiddetto estrattivismo che, estraneo a qualsiasi progetto nazionale, restringe il nostro orizzonte economico agli interessi delle economie centrali e delle imprese transnazionali che si costituiscono in agenti economici di tali interessi.

Dall’egemonia unipolare all’egemonia condivisa

Durante l’ultimo decennio, il dibattito teorico e politico è stato profondamente segnato dalla crisi dell’egemonia unipolare e dalla configurazione di uno spazio globale con egemonia condivisa, o multipolare. La crescente importanza economica e politica delle potenze emergenti, i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e, recentemente, Sudafrica), presenta elementi nuovi di considerazione della dinamica economica e politica di un mondo multipolare, in cui i progetti e i processi di integrazione regionale si trasformino in meccanismi necessari per la divisione del potere mondiale e regionale e per il rafforzamento dei progetti di sviluppo da e per il Sud.

La collaborazione sud-sud trova la sua ispirazione più profonda nell’affermazione della lotta anticoloniale del terzo mondo e nell’apparizione dei paesi non allineati. La Conferenza di Bandung, celebrata nell’aprile del 1955, ha significato uno dei momenti più importanti di questo processo. Quella riunione, a cui parteciparono 23 paesi asiatici e 5 africani, fece leva sui principi della lotta coloniale e antimperialista, elaborando un vasto appello all’autodeterminazione e allo sviluppo dei popoli basato sulla solidarietà e la cooperazione economica e culturale e cercando di creare uno spazio politico indipendente rispetto ai blocchi militari e al confronto tra Stati Uniti e Unione Sovietica durante il periodo della Guerra Fredda. L’accento era posto sulle lotte nazionali per l’indipendenza, lo sradicamento della povertà e lo sviluppo economico, attraverso organizzazioni regionali e politiche economiche di cooperazione tra i paesi del terzo mondo.

Lo spirito di Bandung permise di creare un ampio consenso tra i principali leader e popoli di Asia, Africa e America Latina in relazione all’affermazione della pace e dei principi di coesistenza pacifica, nel momento in cui il mondo stava vivendo una situazione di estrema tensione e minaccia di guerra: l’invasione del Guatemala organizzata dagli Stati Uniti per rovesciare il presidente Jacobo Arbenz, la dislocazione della Settima Flotta degli Stati Uniti nel Mar della Cina, la sostituzione delle truppe francesi con le statunitensi nella regione sud del Vietnam, dopo la sconfitta francese a Dien Bien Phu nel 1954 e la guerra di Corea (1950-1953).

I cinque principi della coesistenza pacifica, proposti dal primo ministro cinese Chou En-lai e ratificati dal premier hindù Jawaharlal Nehru nel 1954: non aggressione, non intervento negli affari interni di altri Stati, uguaglianza e mutuo vantaggio e coesistenza pacifica, furono assunti dalla Conferenza di Bandung come parte dei dieci principi generali, che comprendono:

– Rispetto dei diritti fondamentali in accordo con la Carta dell’ONU del 1948;
– Rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutte le nazioni;
– Riconoscimento dell’uguaglianza di tutte le razze e le nazioni, indipendentemente dalle dimensioni;
– Non intervento e non ingerenza negli affari interni di altri paesi;
– Rispetto dei diritti di ogni nazione a difendersi, individualmente o collettivamente in accordo con la Carta dell’ONU;
– Rifiuto di partecipare ai preparativi di difesa destinati a servire gli interessi particolari delle superpotenze;
– Astensione da ogni atto o minaccia di aggressione o impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di altri paesi;
– Soluzione pacifica dei conflitti internazionali, in accordo con la Carta dell’ONU;
– Promozione degli interessi mutui di cooperazione;
– Rispetto della giustizia e degli obblighi internazionali.

Il movimento dei non allineati diede contenuto politico, nell’ambito delle Nazioni Unite, alle sue linee di azione. Sotto influenza latinoamericana è creata la United Nations Conference on Trade and Development-UNCTAD. Nascono anche espressioni radicali della lotta politica rivoluzionaria, come l’organizzazione Trilateral, creata all’Avana nel 1973. L’emergere di governi come quello di Velasco Alvarado in Perù, Juan José Torres in Bolivia, Omar Torrijos a Panama, Salvador Allende in Cile, e il ritorno di Peron in Argentina, conducono a iniziative statali che si esprimono nella trasformazione di ALALC in ALADI (Associazione Latinoamericana di Integrazione). E’ creato anche il Sistema Economico Latinoamericano e dei Caraibi (SELA) nel 1975, destinato allo studio dell’integrazione regionale e alla formulazione delle sue politiche. Naturalmente, l’organizzazione interstatale più forte è creata nel 1960 con l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEP). In quello stesso momento, la votazione della “Carta dei Diritti e dei Doveri Economici degli Stati”, nel 1972, promossa dal presidente messicano Luis Echeverria, consacra i principi del non allineamento nelle Nazioni Unite.

Sono varie le iniziative internazionali che fanno parte di questa offensiva del terzo mondo, che ha nella vittoria della rivoluzione vietnamita e nella liberazione di Laos e Cambogia l’epopea della lotta antimperialista mondiale. La risposta del centro imperiale a questa offensiva comincia ad articolarsi attorno alla formazione della Commissione Trilateral (Trilateral Commission) nel 1973, che riunisce Stati Uniti, Europa e Giappone in una strategia di recupero del potere mondiale. Tale strategia otterrà i suoi risultati nel decennio del 1980, durante i governi di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, e si esprime nella instaurazione dell’egemonia del pensiero unico che riesce anche a trasformare la Glasnost e la Perestroika, iniziate dai sovietici, nello scioglimento dell’Unione Sovietica.

Durante il decennio del 1990, hanno inizio forti movimenti di ristrutturazione dell’offensiva dei governi e movimenti del terzo mondo, che con il successo economico di Cina e India e, in parte, del Brasile all’inizio del secolo XXI, ricercano forme istituzionali che diano espressione a questa nuova situazione.

Se nel decennio del 1970 si era creato il Gruppo dei 7 principali paesi sviluppati, nel decennio del 2000, insieme all’incorporazione della Russia, sono inclusi anche vari paesi emergenti fino a formare il Gruppo dei 20. Si consacra così il principio dell’egemonia condivisa quale successore dei disastri causati dalla politica dell’unilateralismo che si è imposta con il governo di Bush figlio [1].

L’eredità storica delle lotte del terzo mondo si rivela di grande utilità per una strategia di affermazione di un sistema multipolare e per orientare, dal punto di vista strategico, il processo di integrazione latinoamericana e il suo impatto nella geopolitica mondiale contemporanea.

L’America Latina e la costruzione dell’unità continentale

Proprio in questo momento l’America Latina sta vivendo un processo attraverso il quale la diplomazia regionale acquisisce una rilevanza fino ad ora sconosciuta. Un insieme di nuove relazioni si traduce in istituzioni sub-regionali, regionali e continentali che trasformano il processo di integrazione in una complessa realtà che coinvolge capi di Stato, ministeri delle relazioni estere e varie altre agenzie nazionali, il che contemporaneamente è accompagnato da un processo di integrazione dei popoli e dei movimenti sociali, compresi i sindacati e i movimenti contadini e studenteschi che già possedevano una certa tradizione di integrazione regionale.

Sul piano delle scienze sociali, si è sviluppato un processo crescente di integrazione regionale con nuove istituzioni di studio, università e reti accademiche che permettono di fare passi in avanti nello studio della problematica regionale, rafforzando una visione di insieme. Tra gli esempi più rimarcabili di questo processo c’è il Consiglio Latinoamericano di Scienze Sociali (CLACSO), la cui prima sessione ebbe luogo a Lima, nel 1968; o la Facoltà Latinoamericana di Scienze Sociali (FLACSO), creata nel 1954 in Cile, e in seguito in Argentina, Messico, Brasile, Ecuador e America Centrale.

Nell’abito della ricerca furono creati, dopo la Commissione Economica per l’America Latina (CEPAL), il Centro Latinoamericano e Caraibico di Demografia (CELADE), in Cile (1957); la Escolatina, nell’area dell’economia (Cile); l’Istituto Latinoamericano di Pianificazione Economica e Sociale (ILPES); la Maestria Latinoamericana di Amministrazione Pubblica della Fondazione Getulio Vargas, in Brasile; il Consiglio Superiore Universitario Centro Americano (CSUCA), che coordina le università di questa sub-regione; il Coordinamento delle Università del Cono Sud e, più recentemente, il Foro Universitario del Mercosur (FOMERCO) e l’Università dell’Integrazione Latinoamericana (UNILA), con sede nella città della triplice frontiera, Foz de Iguaçú (Brasile). Tra le varie associazioni professionali che si sono costituite nel corso degli ultimi decenni risaltano l’Associazione degli Economisti dell’America Latina e dei Caraibi (AELCA) e l’Associazione Latinoamericana di Sociologia (ALAS). Ciò dimostra che si stanno creando le condizioni per l’integrazione a lungo termine attraverso una rete di istituzioni che permettano la cooperazione e lo scambio in diversi ambiti della conoscenza.

Un bilancio storico mostra la crescente rilevanza dell’integrazione regionale, al contrario di ciò che sostengono i difensori del panamericanismo, che svalutano sistematicamente i progressi di questo processo.

Anche i parlamenti latinoamericani del Mercosur, della Comunità Andina, del Patto Amazzonico, sono meccanismi di allargamento del processo di integrazione. Questo sempre più importante ambito istituzionale apre la strada al dibattito su una strategia comune sudamericana e latinoamericana, con la possibilità di trasformarsi in politiche concrete. Il rafforzamento del Mercosur e la seguente creazione dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA); il crescente impatto sub-regionale della Comunità e Mercato Comune dei Caraibi che attualmente porta il nome di Caribe-Caricom e più recentemente la creazione dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) e della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC), sono espressione della crescente rilevanza e dinamismo dell’integrazione regionale, al contrario di ciò che sostengono i difensori del panamericanismo, che squalificano sistematicamente i progressi di questo processo e che persistono nei loro tentativi di destabilizzare e indebolire il progetto storico di unità dei popoli della regione che si rivela, in ultima analisi, come un progetto storico di lunga durata.

Tratto dal n° 500 del dicembre 2014 della Revista America Latina en Movimiento

[1] SANTOS, Theotonio. The future of geopolitical alignments. En: The Ritsumeikan Journal of International Relations, Kyoto, Vol 4, N°3, marzo de 1992, p. 1-32 y Unipolaridad ou hegemonia compartilhada, En: Os impasses da globalização: Hegemonia e contra-hegemonia (Vol. 1) Loyola: São Paulo, 2003, p. 46-106.