America Latina. Verso l’egemonia post neoliberista

acn banderas mercosurdi Emir Sader* | da alainet.org

Traduzione di Marx21.it

L’America Latina è stata la prima vittima del neoliberismo. La nostra regione è stata quella con il maggior numero di governi neoliberisti più radicali.

Basti pensare a ciò che era lo stato sociale cileno, tra i più avanzati del continente, e come tali conquiste sono state distrutte, da processi di mercantilizzazione di diritti conquistati dai cileni nel corso di decenni. O vedere come l’Argentina autosufficiente sul piano energetico, abbia avuto la sua impresa statale privatizzata e consegnata a corporazioni multinazionali.

Proprio per questo, l’America Latina si è affermata come il continente dove sono apparsi e sviluppati governi che cercano di superare il neoliberismo, un fenomeno unico nel mondo di oggi. Non è possibile mettere in dubbio il fatto che tali governi abbiano rappresentato la forma più efficace di risposta alla crisi del neoliberismo. Basta guardare a come hanno reagito questi governi e i risultati che hanno ottenuto e paragonarli a paesi del continente che non lo hanno fatto – come il Messico – o all’Europa, che insiste con le risposte neoliberiste alla crisi neoliberista, buttando benzina sul fuoco e sprofondando in una crisi che non vede uscita all’orizzonte.

I governi anti-neoliberisti dell’America Latina – Venezuela, Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Ecuador, in ordine di apparizione – hanno resistito al neoliberismo e dato vita al processo di costruzione di alternative, con governi che chiamiamo post neoliberisti. Che attaccano tre assi portanti del neoliberismo: la priorità dell’aggiustamento fiscale, dando priorità alle politiche sociali; la priorità dei Trattati di Libero Commercio con gli Stati Uniti dando priorità ai processi di integrazione regionale e all’interscambio Sud-Sud; la centralità del mercato, attraverso il riscatto del ruolo attivo dello Stato come agente della crescita economica e della distribuzione del reddito.

Sono forme di resistenza al neoliberismo, ma che non costituiscono ancora il modello del suo superamento. Perché il modello neoliberista è fallito, è stato sconfitto politicamente in questi paesi, ma ha lasciato una pesante eredità. E’ avendo presente questa eredità, le debolezze prodotte dal neoliberismo, che questi governi devono resistere e costruire alternative.

C’è stato un primo periodo in cui le politiche di redistribuzione del reddito, più i prezzi elevati dei prodotti per l’esportazione e la domanda da parte della Cina, hanno rappresentato fattori di recupero per le economie di questi paesi, che a loro volta hanno generato l’esteso appoggio di ampi strati della popolazione. Questa fase ha trasformato la fisionomia sociale di queste società, diminuendo la disuguaglianza, la povertà, la miseria e l’esclusione sociale, mentre nel mondo tutti questi aspetti continuano a crescere. Ha fatto si che, uniti, questi paesi abbiano sviluppato politiche estere sovrane e solidali, recuperando la capacità dello Stato di agire di fronte alla crisi recessiva internazionale.

Ma ciò non è sufficiente per disegnare un modello di superamento del neoliberismo. Sono state attuate strategie difensive nei confronti del contesto internazionale. Da un lato il modello di sviluppo economico con distribuzione del reddito è una conquista irreversibile. Però, dall’altro, conservare livelli di crescita economica dipendendo dall’esportazione di prodotti primari, nel mezzo di una prolungata recessione internazionale, assediati dai capitali speculativi dall’interno e dall’estero, pone limiti evidenti a un nuovo ciclo espansivo delle nostre economie.

Il modello del superamento del neoliberismo comporta la costruzione di una forza regionale, in cui si possa individuare nuove nicchie per il processo di crescita dell’industrializzazione, facendo leva sulle risorse naturali di cui disponiamo, sulla capacità tecnologica accumulata, sulle risorse proprie del finanziamento, non solo per resistere al neoliberismo, ma per costruire l’egemonia post neoliberista nell’insieme dei nostri paesi. Il che significa la volontà politica forte di dare priorità ai meccanismi di integrazione regionale – tra cui menzioniamo in particolare Mercosur, per il grado della sua omogeneità – da parte dei governi che si propongono di costruire un mondo che vada oltre il neoliberismo.

*Emir Sader è coordinatore del Laboratorio di Politiche Pubbliche dell’Università Statale di San Paolo