Falsificatori della storia – Traduzione dell’opuscolo sovietico redatto nel 1948 dal Informbjuro

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Nell’opuscolo sovietico vengono smontate le affermazioni anglo-americane, circa il presunto connubio Berlino-Mosca ai danni delle democrazie occidentali

A molti lettori de L’Antidiplomatico, questi temi risulteranno ben noti; altri, ne verranno forse a conoscenza per la prima volta. In entrambi i casi, questo lavoro deve essere diffuso il più possibile come tassello importante nella battaglia per la verità storica in vista di fondamentali anniversari che si celebreranno il 25 aprile e il 7 maggio prossimo. Prosegue la pubblicazione a puntate del pregevole lavoro editoriale di Fabrizio Poggi e oggi in uno dei passaggi più significativi del suo “Contro la falsificazione della storia ieri e oggi”, la traduzione dall’originale russo dell’opuscolo “Fal’sifikatory istorii. Istoriceskaja spravka” (“Falsificatori della storia. Informazione storica”), redatto nel 1948 dal Informbjuro del Governo sovietico per controbattere a “Nazi-Soviet Relations. 1939-1941”, divulgato nel gennaio dello stesso anno dal Dipartimento di Stato USA.


Nell’opuscolo sovietico vengono smontate le affermazioni anglo-americane, circa il presunto connubio Berlino-Mosca ai danni delle democrazie occidentali, di un “patto segreto tra URSS e Germania nazista per spartirsi tutta l’Europa orientale”, affermazioni che vanno oggi per la maggiore, non solo negli ambienti liberali.

Possono chiedere: come è potuto accadere che il Governo Sovietico sia arrivato a concludere un patto di non aggressione con simili mostri fedifraghi, quali Hitler e Ribbentrop? Non ha commesso un errore il Governo Sovietico? Certamente no! Un patto di non aggressione è un patto di pace tra due stati. Proprio un patto simile ci fu proposto dalla Germania nel 1939. Poteva il Governo Sovietico rifiutare una simile proposta? Penso che nessuno stato amante della pace possa rifiutare un accordo di pace con una potenza vicina, anche se alla testa di tale potenza ci sono tali mostri e cannibali come Hitler e Ribbentrop. E questo, ovviamente, a una condizione imprescindibile, cioè che tale accordo di pace non si ripercuota, né direttamente né indirettamente, sull’integrità territoriale, l’indipendenza e l’onore dello stato amante della pace. E’ noto che il patto di non aggressione tra Germania e URSS è proprio un patto di tal tipo”. (I.V.Stalin, Discorso alla radio del 3 luglio 1941. Opere, vol. 15; Mosca, Ed. Pisatel’, 1997)

a cura di Fabrizio Poggiù

Falsificatori della storia

(Informazione storica)

(Associazione degli editori di libri e riviste statali)

GOSPOLITIZDAT – 1948

Alla fine di gennaio, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, in collaborazione con i Ministeri degli esteri inglese e francese, ha pubblicato una raccolta di rapporti e appunti da diari di funzionari diplomatici hitleriani, dando alla raccolta l’enigmatico titolo di “Nazi-soviet relations. 1939-1941”.

Come si vede dalla prefazione a questa raccolta, i Governi di USA, Gran Bretagna e Francia avevano concordato già nell’estate del 1946 di pubblicare i materiali d’archivio del Ministero degli esteri tedesco dal 1918 al 1945, catturati in Germania dalle autorità militari americane e britanniche. Degno di nota, il fatto che nella raccolta pubblicata dal Dipartimento di Stato siano stati inclusi solo materiali relativi agli anni 1939-1941, mentre non vi sono stati inclusi i materiali relativi agli anni precedenti e, in particolare, al periodo di Monaco che, pertanto, rimangono nascosti all’opinione pubblica mondiale. Ovviamente, ciò non è casuale e persegue scopi che non hanno nulla a che fare con un atteggiamento obiettivo e coscienzioso verso la verità storica.

Per giustificare in qualche modo agli occhi dell’opinione pubblica l’unilaterale pubblicazione di questa raccolta di note di funzionari hitleriani, non verificate e arbitrariamente estrapolate, la stampa anglo-americana ha messo in circolazione una spiegazione artificiosa, secondo cui “i russi hanno respinto la proposta occidentale di pubblicare congiuntamente il rapporto completo sulla diplomazia nazista”.

Questa affermazione dei circoli anglo-americani non corrisponde al vero.

Di fatto, le cose stanno così. Dopo la comparsa sulla stampa straniera, nell’estate del 1945, di notizie circa preparativi per la pubblicazione in Inghilterra di documenti catturati in Germania, il Governo sovietico si rivolse al governo della Gran Bretagna, chiedendo che esperti sovietici partecipassero all’esame congiunto dei materiali tedeschi catturati dalle truppe anglo-americane.

Il governo sovietico giudicava inammissibile la pubblicazione di tali documenti senza un accordo generale e, allo stesso tempo, non poteva assumersi la responsabilità di pubblicare i documenti senza una verifica accurata e obiettiva, dato che la pubblicazione di tali materiali senza rispettare queste condizioni elementari, avrebbe potuto portare solo a un deterioramento dei rapporti tra gli Stati della coalizione anti-hitleriana. Tuttavia, il Ministero degli esteri britannico respinse la proposta sovietica, adducendo il fatto che fosse prematura la questione posta dal Governo sovietico circa lo scambio di copie dei documenti hitleriani catturati.

È noto anche che il 6 settembre 1945 la delegazione americana presso il Direttorato politico del Consiglio di controllo in Germania aveva presentato un progetto di direttive sulla gestione degli archivi e dei documenti tedeschi.

Tale progetto prevedeva di fissare una procedura di raccolta e conservazione degli archivi, uniforme per tutta la Germania, e anche il diritto di accesso ad essi da parte dei rappresentanti degli Stati facenti parte delle Nazioni Unite. Vi si prevedeva anche la possibilità di fare copie dei documenti e la loro pubblicazione. Questa proposta era stata esaminata in quattro riunioni del Direttorato politico, ma, su richiesta di britannici e americani, era stata accantonata con il pretesto della mancanza di istruzioni da parte loro e quindi, dopo la dichiarazione del rappresentante americano, secondo cui il Governo USA stava mettendo a punto una nuova proposta e chiedeva quindi di considerare non più valido il primo progetto, la questione era stata ritirata dall’ordine del giorno del Direttorato politico.

Dunque, l’affermazione secondo cui il Governo sovietico avrebbe rifiutato di partecipare alla preparazione della pubblicazione dei materiali d’archivio tedeschi è falsa.

Contemporaneamente alla pubblicazione della suddetta raccolta, negli Stati Uniti e nei paesi da loro dipendenti, come per un tocco di bacchetta magica, si è levata una nuova ondata di falsità e una campagna sfrenata di calunnie a proposito del patto di non aggressione firmato tra URSS e Germania nel 1939, diretto, a loro dire, contro le potenze occidentali.

Non ci sono pertanto dubbi sul vero scopo della pubblicazione in USA della raccolta sulle relazioni tra URSS e Germania nel 1939-1941. L’obiettivo non è quello di fornire un’oggettiva narrazione degli avvenimenti storici, ma è quello di distorcere il quadro reale degli eventi, diffamare l’Unione Sovietica, calunniarla e indebolire l’influenza internazionale dell’Unione Sovietica, quale combattente tenace e autenticamente democratico contro le forze aggressive e antidemocratiche.

Questa posizione sleale riflette la visione del carattere delle relazioni inter-alleate, tipica dei circoli dominanti nei paesi anglo-americani e consiste nel perseguire, invece di relazioni oneste e sincere tra gli alleati, loro reciproca fiducia e sostegno, una politica di utilizzo di qualunque possibilità, calunnie comprese, per debilitare il proprio alleato, usarlo per i propri meschini interessi e rafforzare a sue spese la propria posizione.

Non si può nemmeno dimenticare l’intento dei circoli governativi USA di minare, con la loro campagna di calunnie contro l’URSS, l’influenza degli elementi progressisti nel loro paese, che si esprimono per il miglioramento delle relazioni con l’URSS. L’attacco agli elementi progressisti negli Stati Uniti ha senza dubbio lo scopo di indebolire la loro influenza, in vista delle imminenti elezioni del nuovo Presidente USA, nell’autunno del 1948.

La raccolta è piena di documenti raffazzonati da funzionari diplomatici nazisti nei corridoi degli uffici diplomatici tedeschi. Già questa sola circostanza avrebbe dovuto mettere sull’avviso dall’uso e dalla pubblicazione unilaterali di documenti che si distinguono per parzialità e tendenziosità e che presentano gli eventi dal punto di vista del governo hitleriano e mirano a mettere quegli stessi avvenimenti sotto una luce favorevole agli hitleriani.

Proprio per questo, il Governo sovietico è stato a suo tempo contrario alla pubblicazione unilaterale dei documenti tedeschi catturati, senza una loro verifica comune preventiva e approfondita. Perfino l’agenzia governativa francese France Presse è stata costretta ad ammettere che la procedura di pubblicazione dei materiali da parte dei tre Governi, all’insaputa dell’Unione Sovietica, “non corrisponde del tutto alla normale procedura diplomatica”.

Ciononostante, il Governo britannico non è stato d’accordo con ciò. I Governi americano, inglese e francese hanno proceduto alla pubblicazione unilaterale di documenti tedeschi, senza fermarsi nemmeno di fronte alla falsificazione della storia, cercando di calunniare l’Unione Sovietica, che ha sopportato il peso principale della lotta contro l’aggressione hitleriana.

Con ciò stesso, quei Governi si sono presi l’intera responsabilità delle conseguenze di questo atto unilaterale.

Date queste circostanze, il Governo sovietico si considera a sua volta in diritto di pubblicare i documenti segreti sui rapporti tra Germania hitleriana e i Governi di Inghilterra, Francia e Stati Uniti, caduti nelle mani del Governo sovietico e che quei Governi avevano nascosto all’opinione pubblica. Hanno nascosto questi documenti, non vogliono pubblicarli. Ma, dopo quanto accaduto, noi riteniamo che quei documenti debbano essere resi pubblici, in modo che la verità storica possa essere ristabilita.

Il governo sovietico dispone di un’importante documentazione, catturata dalle truppe sovietiche nel corso della disfatta della Germania hitleriana, la cui pubblicazione aiuterà a far luce correttamente sull’effettivo corso della preparazione e dello sviluppo dell’aggressione hitleriana e della seconda guerra mondiale.

Risponde a questo obiettivo la pubblicazione, da parte dell’Ufficio informazioni sovietico presso il Consiglio dei Ministri dell’URSS, dell’informativa storica “Falsificatori della storia”.

I documenti segreti relativi a questo tema saranno pubblicati a breve.

I. Come iniziò la preparazione dell’aggressione tedesca

I falsificatori americani e i loro complici anglo-francesi cercano di dare l’impressione, che la preparazione dell’aggressione tedesca, sfociata poi nella seconda guerra mondiale, sia iniziata nell’autunno del 1939. Ma chi, al giorno d’oggi, tranne persone completamente ingenue, pronte a credere in qualunque esagerazione, può abboccare a quest’amo? Chi non sa che la Germania aveva iniziato i preparativi di guerra subito dopo l’ascesa al potere di Hitler? Chi non sa, che il regime hitleriano era stato creato dai circoli monopolistici tedeschi, con la piena approvazione del campo governativo di Inghilterra, Francia e Stati Uniti?

Per prepararsi alla guerra e dotarsi degli armamenti più moderni, la Germania doveva ricostruire e sviluppare la propria industria pesante e, principalmente, la metallurgia e l’industria militare nella Ruhr. Dopo la sconfitta nella prima guerra imperialista, la Germania, sotto il giogo del Trattato di Versailles, non era in grado di farlo in breve tempo con le proprie forze. L’imperialismo tedesco ricevette un potente sostegno dagli Stati Uniti d’America.

Chi non sa che le banche e i trust americani, di comune accordo con il Governo, nel periodo post-Versailles avevano investito nell’economia tedesca e fornito alla Germania crediti per miliardi di dollari, che andarono a ripristinare e sviluppare il potenziale militare-industriale della Germania.

È noto che il periodo post-Versailles fu caratterizzato in Germania da un intero sistema di misure volte a ripristinare l’industria pesante tedesca, in particolare il potenziale militare-industriale tedesco. In ciò, un ruolo enorme fu giocato dal cosiddetto piano di riparazioni Dawes, per mezzo del quale Stati Uniti e Inghilterra contavano di rendere l’industria tedesca dipendente dai monopoli americani e britannici. Il piano Dawes spianò la strada a un forte afflusso e penetrazione di capitale straniero, soprattutto americano, nell’industria tedesca.

Come risultato, già dal 1925 iniziò la crescita dell’economia tedesca, favorita da un intensivo processo di ammodernamento dell’apparato produttivo. Allo stesso tempo, crebbero rapidamente le esportazioni tedesche, raggiungendo nel 1927 il livello del 1913 e persino superandolo del 12% (a prezzi del 1913) per i prodotti finiti. In 6 anni, dal 1924 al 1929, l’afflusso di capitali stranieri in Germania ammontò a oltre 10-15 miliardi di marchi di investimenti a lungo termine e oltre 6 miliardi di marchi di investimenti a breve. Secondo alcune fonti, il volume degli investimenti fu significativamente maggiore.

Questo, portò a un gigantesco rafforzamento del potenziale economico e in particolare, militare, della Germania. In ciò, il peso più grosso fu quello degli investimenti americani, che ammontavano a non meno del 70% di tutti i prestiti a lungo termine.

È ben noto il ruolo svolto dai monopoli americani, in primo luogo le famiglie di Dupont, Morgan, Rockefeller, Lamont e altri magnati industriali statunitensi, nel finanziamento dell’industria pesante tedesca, nella creazione e nell’espansione dei più stretti legami tra le industrie americana e tedesca. I principali monopoli americani erano strettamente legati all’industria pesante tedesca, ai consorzi militari e alle banche. Il preminente consorzio chimico americano Dupont De Nemours, uno dei maggiori azionisti del trust automobilistico General Motors, e il trust chimico britannico (Imperial Chemical Industries) erano in stretti rapporti industriali con il consorzio chimico tedesco I.G. Farbenindustrie, con cui nel 1926 avevano stipulato un accordo di cartello per la divisione dei mercati mondiali della polvere da sparo. Prima della guerra, Amministratore delegato della società Rom e Haas di Filadelfia (USA), era il socio del capo di questa società a Darmstadt (Germania). Oggi, l’ex direttore di questo consorzio, Rudolf Müller, è impegnato nella “Bizone” [anglo-americana; ndt] e riveste un ruolo di primo piano negli ambienti dirigenti dell’Unione Cristiano-Democratica (CDU). Tra il 1931 e il 1939, il capitalista tedesco Schmitz, presidente del consorzio “I.G. Farbenindustrie” e membro del Consiglio di amministrazione di Deutsche Bank, controllava la società americana General Dyestuff Corporation. Dopo la Conferenza di Monaco (1938), il trust americano Standard Oil concluse un accordo con la I.G. Farbenindustrie, in base al quale quest’ultima partecipava ai profitti dalla benzina avio prodotta negli Stati Uniti e, in cambio di ciò, rinunciava con facilità a esportare la propria benzina sintetica, dal momento che la Germania la stava allora accumulando a scopi militari.

Tali legami sono tipici non solo dei monopoli capitalistici americani. Stretti rapporti economici, non solo di rilevanza commerciale, ma anche militare, esistevano, ad esempio, fino all’ultimo periodo prebellico, tra la Federazione industriale britannica e il gruppo industriale imperiale tedesco. Nel 1939, i rappresentanti di queste due unioni monopolistiche diffusero una dichiarazione congiunta a Düsseldorf, in cui, per inciso, si diceva che scopo dell’accordo era “la volontà di assicurare la massima cooperazione possibile tra i sistemi industriali dei loro paesi”. Questo, avveniva nei giorni in cui la Germania nazista divorava la Cecoslovacchia! Non sorprende che, a questo proposito, il londinese Economist scrivesse: “C’è forse qualcosa, nell’atmosfera di Düsseldorf, che induce le persone ragionevoli a perdere la testa [1]?”.

Un esempio caratteristico dell’intimo intreccio tra capitali americani e tedeschi, ma anche con capitali inglesi, è rappresentato dalla nota banca Schröder, in cui un ruolo direttivo era giocato dal trust tedesco dell’acciaio, la “Vereinigte Stahlwerke”, organizzato da Stinnes, Thyssen e altri magnati industriali della Ruhr, con centrali a New York e Londra. Un ruolo centrale negli affari di questa banca era quello di Allen Dulles, direttore a New York della “I.G. Schröder Banking Corporation”, con sedi a Londra, Colonia e Amburgo. Nella centrale newyorkese di quella banca, un ruolo di primo piano era svolto dal noto studio legale “Sullivan and Cromwell”, diretto da John Foster Dulles, attuale consigliere-capo del sig. Marshall; lo stesso studio legale era strettamente legato al trust petrolifero mondiale dei Rockfeller, “Standard Oil”, nonché alla banca più potente d’America, la “Chase National Bank”, che ha investito immensi capitali nell’industria tedesca.

Nel volume pubblicato a New York nel 1947, R. Sasuly sottolinea che nella Germania post-Versailles, non appena l’inflazione fu fermata e il marchio si rafforzò, nel paese si riversò letteralmente un profluvio di prestiti stranieri. Tra il 1924 e il 1930, il debito estero della Germania aumentò di oltre 30 miliardi di marchi.

L’industria tedesca, in particolare la “Vereinigte Stahlwerke”, fu ampiamente ricostruita e modernizzata con l’aiuto del capitale straniero, principalmente americano. Alcuni prestiti andarono direttamente alle imprese che svolsero poi un ruolo importante nel riarmo [tedesco] [2].

Insieme alla banca anglo-tedesco-americana Schröder, un ruolo direttivo nel finanziamento del trust tedesco dell’acciaio “Vereinigte Stahlwerke” fu svolto in quegli anni da una delle maggiori banche newyorkesi, la Dillon Reed & Co., di cui l’attuale Ministro della difesa Forrestal è stato per molti anni uno dei direttori [3].

Fu questa pioggia dorata di dollari americani a fecondare l’industria pesante della Germania hitleriana e, in particolare, l’industria bellica. Quei miliardi di dollari americani, investiti dai monopoli d’oltreoceano nell’economia militare della Germania hitleriana, ricostituirono il potenziale bellico tedesco e misero in mano al regime hitleriano le armi necessarie per le sue aggressioni.

In breve tempo, basandosi sul sostegno finanziario, principalmente dei monopoli americani, la Germania ripristinò una potente industria di guerra, in grado di produrre armi di prim’ordine in grande quantità: molte migliaia di carri armati, aerei, pezzi di artiglieria, navi da guerra dei più moderni esemplari e altri tipi di armi.

Tutto questo, i falsificatori della storia avrebbero voluto dimenticarlo, cercando di sottrarsi alla responsabilità per la loro politica, che ha armato l’aggressione hitleriana, ha aperto la strada alla seconda guerra mondiale e a una guerra catastrofica mai vista prima nella storia, costata all’umanità milioni e milioni di vittime.

Dunque, non si deve dimenticare che il primo e più importante presupposto dell’aggressione hitleriana fu la rinascita e il rinnovamento dell’industria pesante e dell’industria bellica della Germania, che a loro volta furono possibili solo in forza dell’ampio e diretto sostegno finanziario dei circoli di potere degli Stati Uniti d’America.

Ma non è tutto.

Un’ulteriore decisiva circostanza, che ha contribuito a dare mano libera all’aggressione hitleriana, è stata la politica dei circoli dirigenti di Inghilterra e Francia, nota come politica di “appeasement” con la Germania hitleriana, una politica di rinuncia alla sicurezza collettiva. Oggi dovrebbe essere chiaro a tutti che fu proprio questa politica dei circoli dominanti anglo-francesi, che si esprimeva nel rifiuto della sicurezza collettiva, nel rifiuto della resistenza all’aggressione tedesca, nell’indulgere alle pretese aggressive della Germania hitleriana, che condusse alla seconda guerra mondiale.

Passiamo ai fatti.

Già poco dopo l’andata al potere di Hitler, a seguito degli sforzi dei governi inglese e francese, nel 1933 fu firmato a Roma il “Patto di intesa e collaborazione” delle quattro potenze: Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia. Un patto che significava un complotto dei governi inglese e francese con il fascismo tedesco e italiano, che già allora non nascondevano le loro intenzioni aggressive. Un patto con gli stati fascisti che significava la rinuncia alla politica di consolidamento del fronte unito delle potenze amanti della pace contro gli stati aggressivi. Complottando con Germania e Italia, bypassando le altre potenze che partecipavano alla conferenza sul disarmo, in cui si discuteva la proposta sovietica per la conclusione di un patto di non aggressione e un patto che fornisse la definizione di “parte attaccante” (aggressore), Gran Bretagna e Francia sferrarono un colpo alla causa della pace e della sicurezza dei popoli.

Dopo di ciò, nel 1934, Inghilterra e Francia aiutarono Hitler a utilizzare l’ostilità della Polonia dei “pan”, loro alleata, contro l’URSS, che portò alla conclusione del patto di non aggressione tedesco-polacco, una delle tappe più gravi nella preparazione dell’aggressione tedesca. Quel patto serviva a Hitler per sconvolgere le file dei sostenitori della sicurezza collettiva e mostrare, con quell’esempio, che l’Europa non aveva bisogno di sicurezza collettiva, ma di accordi bilaterali. Ciò permetteva all’aggressione tedesca di decidere autonomamente con chi e quando concludere accordi, chi e quando attaccare. È indubbio, che il patto tedesco-polacco costituì la prima grave breccia aperta nell’edificio della sicurezza collettiva.

Fattosi ardito, Hitler adottò una serie di misure per l’aperta ricostituzione delle forze armate tedesche, il che non provocò alcuna opposizione da parte dei governanti britannici e francesi. Al contrario, ben presto, nel 1935, Ribbentrop arrivò a Londra, ove concluse un accordo navale anglo-tedesco, in forza del quale la Gran Bretagna acconsentiva alla ricostituzione della marina militare tedesca in una portata quasi uguale a quella della marina militare francese. Inoltre, Hitler ottenne il diritto a costruire sottomarini per un tonnellaggio totale pari al 45% della flotta sottomarina britannica. Sono di questo stesso periodo, anche gli atti unilaterali della Germania hitleriana, volti all’eliminazione di ogni altra restrizione alla crescita delle forze armate tedesche stabilita dal Trattato di Versailles, atti che non incontrarono alcuna opposizione da parte di Inghilterra, Francia e USA.

Ogni giorno di più crescevano gli appetiti degli aggressori fascisti, con la chiara connivenza di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. S’intende, non è un caso che all’epoca tanto la Germania quanto l’Italia riuscissero così facilmente a farla franca con i loro interventi militari in Abissinia e in Spagna.

Solo l’Unione Sovietica perseguiva conseguentemente e fermamente la propria politica di pace, sostenendo i principi di uguaglianza e indipendenza dell’Abissinia, allora membro della Società delle Nazioni, e il diritto del legittimo governo repubblicano in Spagna a ricevere il sostegno dei paesi democratici contro l’intervento tedesco-italiano.

“L’Unione Sovietica”, dichiarò V.M. Molotov il 10 gennaio 1936 alla sessione del CEC dell’URSS dedicata all’attacco italiano all’Abissinia, – “ha dimostrato alla Società delle Nazioni la propria fedeltà a questo principio, al principio dell’indipendenza statale e dell’eguaglianza nazionale di tutti gli stati, sull’esempio di un piccolo paese, quale l’Abissinia. L’Unione Sovietica ha utilizzato la partecipazione alla Società delle Nazioni, per mettere in pratica la propria linea nei confronti dell’aggressore imperialista” [4].

V.M.Molotov dichiarò allora che

la guerra italo-abissina dimostra che cresce sempre più la minaccia di guerra mondiale e sempre più coinvolge l’Europa” [5].

Cosa facevano invece all’epoca i Governi di USA, Gran Bretagna e Francia, sotto gli occhi dei quali i briganti fascisti sempre più sfacciatamente soggiogavano le loro vittime? Non alzarono un dito per frenare gli aggressori tedeschi e italiani, per difendere i diritti violati dei popoli, per preservare la pace e fermare l’incombente seconda guerra mondiale.

Solo l’Unione Sovietica fece tutto il possibile per bloccare la strada agli aggressori fascisti. L’Unione Sovietica iniziò e si fece paladina della sicurezza collettiva. Il 6 febbraio 1933, alla Commissione Generale per il Disarmo, il rappresentante dell’Unione Sovietica, M.M. Litvinov propose l’adozione di una dichiarazione sulla definizione di aggressione e di parte attaccante. Nel proporre la definizione di parte attaccante, l’Unione Sovietica partiva dalla necessità, nell’interesse della sicurezza globale e della ricerca di un accordo sulla massima riduzione degli armamenti, di definire nella maniera più precisa il concetto di “aggressione”, in modo da “prevenire qualsiasi pretesto per la sua giustificazione”. Tuttavia la conferenza, agendo sotto il comando di Inghilterra e Francia, respinse la proposta, favorendo così l’aggressione tedesca.

Conoscono tutti la lotta lunga e perseverante dell’Unione Sovietica e della sua delegazione alla Società delle Nazioni, sotto la guida di M.M. Litvinov, per la conservazione e il consolidamento della sicurezza collettiva. Durante tutto il periodo prebellico, la delegazione sovietica alla Società delle Nazioni aveva difeso il principio della sicurezza collettiva, levando la voce in difesa di questo principio praticamente in ogni seduta della Società delle Nazioni, in ogni commissione della Società delle Nazioni. Ma, come sappiamo, la voce della delegazione sovietica era rimasta una vox clamantis in deserto. Sono note al mondo intero le proposte della delegazione sovietica per le misure di consolidamento della sicurezza collettiva, indirizzate su incarico del Governo sovietico il 30 agosto 1936 al segretario generale della Società delle Nazioni, sig. Avenol, con la richiesta di discutere tali proposte alla Società delle Nazioni. Ma è anche noto che queste proposte sono rimaste sepolte negli archivi della Società delle Nazioni, senza fare un passo.

Era chiaro che Inghilterra e Francia, che all’epoca guidavano la Società delle Nazioni, rinunciavano alla resistenza collettiva all’aggressione tedesca. E vi rinunciavano, perché essa avrebbe impedito loro di perseguire la nuova politica da essi intrapresa del “appeasement” di fronte all’aggressione tedesca, politica delle concessioni all’aggressione hitleriana. Chiaro, che una simile politica non poteva che portare ad un accrescimento dell’aggressività tedesca, ma i circoli dirigenti anglo-francesi ritenevano che ciò non fosse pericoloso, dal momento che, soddisfacendo l’aggressione hitleriana con concessioni a Occidente, si sarebbe poi potuto indirizzarla verso Oriente, utilizzandola come strumento contro URSS.

Nel rapporto al XVIII Congresso del VKP(b), a marzo del 1939, illustrando le ragioni dell’intensificarsi dell’aggressività hitleriana, I.V. Stalin disse

“Il motivo principale consiste nella rinuncia della maggior parte dei paesi non aggressivi, principalmente Inghilterra e Francia, alla politica di sicurezza collettiva, alla politica di resistenza collettiva agli aggressori, nel loro passaggio a una posizione di non ingerenza, a una posizione di “neutralità” [6].

Per confondere il lettore e allo stesso tempo diffamare il Governo sovietico, il corrispondente americano Neil Stanford afferma che il Governo sovietico era contrario alla sicurezza collettiva, che M.M. Litvinov era stato rimosso dalla carica di Commissario del popolo agli affari esteri e sostituito da V.M. Molotov, perché perseguiva una politica di consolidamento della sicurezza collettiva. Difficile immaginare qualcosa di più stupido di questa fantasiosa affermazione. È chiaro che M.M. Litvinov non perseguiva una sua personale politica, bensì la politica del Governo sovietico. E, d’altra parte, è nota a tutti la lotta del Governo sovietico e dei suoi rappresentanti, compreso M.M. Litvinov, per la sicurezza collettiva, nel corso dell’intero periodo prebellico.

Per quanto riguarda la nomina di V.M. Molotov a Commissario del popolo agli affari esteri, è perfettamente chiaro come, nella difficile situazione in cui gli aggressori fascisti si preparavano alla seconda guerra mondiale ed erano spinti alla guerra contro l’URSS dalla diretta connivenza di Gran Bretagna e Francia, alle cui spalle stavano gli Stati Uniti d’America, fosse necessario avere a un posto di tale responsabilità, quale la carica di Commissario del popolo agli affari esteri, un politico più esperto e più popolare nel paese di quanto non fosse M.M. Litvinov.

Il rifiuto delle potenze occidentali al patto sulla sicurezza collettiva non era casuale. In quel periodo, era in corso una lotta tra due linee della politica internazionale. Una, era la linea della lotta per la pace, per l’organizzazione della sicurezza collettiva e per il contrasto all’aggressione per mezzo degli sforzi uniti dei popoli amanti della pace. L’Unione Sovietica seguiva questa linea, difendendo conseguentemente e fermamente gli interessi di tutti i popoli amanti della pace, grandi e piccoli. L’altra linea era quella del rifiuto all’organizzazione della sicurezza collettiva, del rifiuto a contrastare l’aggressione, il che inevitabilmente incoraggiava i paesi fascisti a intensificare la loro aggressività e contribuiva con ciò stesso allo scoppio di una nuova guerra.

Da tutto ciò, risulta chiaro che la verità storica è che l’aggressione hitleriana fu possibile, in primo luogo, per il fatto che gli Stati Uniti d’America aiutarono i tedeschi a creare in breve tempo la base militare-economica per l’aggressione tedesca e armarono in tal modo quell’aggressione; in secondo luogo, a causa del fatto che il rifiuto dei circoli di potere anglo-francesi alla sicurezza collettiva scompigliò le file dei paesi amanti della pace, disgregò il fronte unito di questi paesi contro l’aggressione, spianò la strada all’aggressione tedesca e aiutò Hitler a scatenare la seconda guerra mondiale.

Come sarebbe andata se gli Stati Uniti non avessero finanziato l’industria pesante della Germania hitleriana e Inghilterra e Francia non avessero rinunciato alla sicurezza collettiva, ma, al contrario, avessero organizzato, insieme all’Unione Sovietica, una resistenza collettiva all’aggressione tedesca?

L’aggressività di Hitler si sarebbe ritrovata senza sufficienti armamenti. La politica predatoria hitleriana sarebbe finita nella morsa del regime di sicurezza collettiva. Le possibilità per gli hitleriani di scatenare con successo la seconda guerra mondiale si sarebbero ridotte al minimo. E se gli hitleriani, nonostante queste condizioni a loro sfavorevoli, avessero comunque deciso di scatenare la seconda guerra mondiale, sarebbero stati sopraffatti già nel primo anno di guerra.

Tuttavia, non è andata così, purtroppo, come conseguenza della perniciosa politica condotta da Stati Uniti d’America, Inghilterra e Francia durante l’intero periodo prebellico.

Ecco chi sono i colpevoli del fatto che i nazisti poterono, non senza successo, scatenare la seconda guerra mondiale, durata quasi sei anni, che si è portata via milioni di vittime.

II.  Non lotta all’aggressione tedesca, ma politica di isolamento dell’URSS

L’ulteriore sviluppo degli avvenimenti ha mostrato ancor più chiaramente come i circoli di potere di Inghilterra e Francia, con le loro concessioni e indulgenze agli stati fascisti, unitisi nel 1936 nel blocco militare-politico noto come “Asse Berlino-Roma”, non avessero fatto che incoraggiare e spingere la Germania sulla strada delle invasioni.

Respingendo la politica di sicurezza collettiva, Inghilterra e Francia passarono alla posizione del cosiddetto non intervento, a proposito del quale I.V. Stalin disse

… la politica del non intervento potrebbe esser caratterizzata così: “che ogni paese si difenda dagli aggressori come vuole e come può, noi ci teniamo da parte e continueremo a commerciare sia con gli aggressori che con le loro vittime”. Di fatto, tuttavia, la politica di non intervento significa connivenza con l’aggressione, scatenamento della guerra e, di conseguenza, sua trasformazione in guerra mondiale” [7].

Nel contempo I.V.Stalin dichiarava che

… quel gioco politico grande e pericoloso, cominciato dai fautori del non intervento, può risolversi per loro stessi in un serio fallimento” [8].

Già nel 1937 era perfettamente chiaro che tutto andava verso un grande conflitto, scatenato da Hitler con la diretta connivenza di Gran Bretagna e Francia.

I documenti del Ministero degli esteri tedesco, catturati dalle truppe sovietiche dopo la sconfitta della Germania, rivelano la vera essenza della politica estera di Gran Bretagna e Francia in quel periodo. Come si può vedere dai documenti, la sostanza della politica anglo-francese consisteva non nell’unire le forze degli stati amanti della pace per una lotta comune contro l’aggressione, bensì nell’isolare l’URSS e nell’indirizzare verso Oriente l’aggressività hitleriana, contro l’Unione Sovietica, utilizzando Hitler quale strumento per i propri scopi.

Con tutto ciò che i leader di Inghilterra e Francia ben conoscevano le linee fondamentali della politica estera hitleriana, definita così da Hitler stesso:

Noi, nazional-socialisti, tracciamo consapevolmente una linea sotto gli indirizzi della nostra politica estera prebellica. Partiamo da dove ci eravamo fermati sei secoli fa. Interrompiamo l’eterna aspirazione dei tedeschi verso il meridione e l’occidente dell’Europa e volgiamo lo sguardo verso le terre a oriente. Rompiamo, infine, con le politiche coloniali e commerciali dell’epoca prebellica e passiamo alla politica territoriale del futuro. Ma allorché ora, in Europa, parliamo di nuove terre, non possiamo non pensare principalmente altro che alla Russia e agli stati confinari a lei sudditi. Il destino stesso sembra volerci indicare la strada” [9].

Fino agli ultimi tempi, era d’uso ritenere che l’intera responsabilità per la politica di tradimento di Monaco dovesse farsi ricadere sui circoli dominanti di Inghilterra e Francia, sui governi di Chamberlain e Daladier. Il fatto che il Governo americano si sia assunto l’onere della pubblicazione dei materiali d’archivio tedeschi, escludendo dalla raccolta i documenti relativi all’accordo di Monaco, testimonia dell’interesse del Governo USA a legittimare gli eroi del tradimento di Monaco e al tempo stesso cercare di riversare ogni colpa sull’URSS.

Il significato principale della politica di Monaco condotta da Inghilterra e Francia era già abbastanza chiaro anche prima. Tuttavia, i documenti dagli archivi del Ministero degli esteri tedesco, ora nelle mani del Governo sovietico, forniscono numerosi ulteriori fatti, che rivelano l’autentico significato della diplomazia delle potenze occidentali nel periodo prebellico, mostrando quale gioco sia stato condotto coi destini dei popoli, come si sia spudoratamente commerciato coi territori stranieri, come si sia segretamente ridisegnatala la carta del mondo, come si sia incoraggiata l’aggressività hitleriana e quali sforzi siano stati fatti per indirizzare a Oriente quella aggressività, contro l’Unione Sovietica.

Di ciò parla eloquentemente, ad esempio, un documento tedesco che riporta il resoconto del colloquio tenutosi all’Obersalzberg il 19 novembre 1937 tra Hitler e il ministro britannico Halifax, presente anche il ministro degli esteri tedesco von Neurath.

Halifax dichiara che

“egli (Lord Halifax) e altri membri del governo inglese sono consapevoli che il Führer abbia ottenuto molto, non solo in Germania, ma che, con la liquidazione del comunismo nel suo paese, egli abbia sbarrato la strada a quest’ultimo anche verso l’Europa occidentale, e che dunque la Germania possa di diritto esser considerata un bastione dell’Occidente contro il bolscevismo” [10].

A nome del primo ministro inglese Chamberlain, Halifax dichiarò in quell’occasione che c’erano tutte le possibilità di trovare una soluzione a problemi anche difficili, se Germania e Inghilterra avessero potuto raggiungere un’intesa anche con Francia e Italia.

Halifax affermò che

non dovrebbe crearsi un’impressione tale per cui l’asse Berlino-Roma o le buone relazioni tra Londra e Parigi abbiano a risentire per l’avvicinamento tedesco-inglese. Dopo che la convergenza tedesco-inglese abbia preparato il terreno, le quattro grandi potenze dell’Europa occidentale [11] dovranno gettare congiuntamente le basi su cui possa stabilirsi una pace duratura in Europa. Nessuna delle quattro potenze dovrebbe in ogni caso rimanere al di fuori di questa collaborazione, poiché, in caso contrario, non potrebbe mettersi fine all’attuale situazione di instabilità” [12].

È così che Halifax, a nome del Governo inglese, già nel 1937 proponeva a Hitler l’adesione dell’Inghilterra, e insieme ad essa, anche della Francia, all’Asse Berlino-Roma.

Tuttavia, in risposta a tale offerta, Hitler dichiarò che una tale intesa tra le quattro potenze sarebbe stata a suo avviso molto semplice, se si fosse trattato di buona volontà e di reciproci rapporti di cortesia, ma che la cosa si complicava, se la Germania non verrà considerata “quale stato che non porta più su di sé il marchio morale o materiale del Trattato di Versailles”.

Secondo i verbali, la risposta di Halifax fu

Gli inglesi sono realisti e, forse più di altri, sono convinti che gli errori del Trattato di Versailles debbano essere corretti. In passato, l’Inghilterra ha sempre esercitato la propria influenza in questo senso realistico. Egli sottolineò il ruolo dell’Inghilterra nella evacuazione anticipata della Renania, nella soluzione della questione delle riparazioni, e anche nella rioccupazione della Renania” [13].

Dal prosieguo della registrazione del colloquio tra Hitler e Halifax si evince che il Governo inglese approvava i piani hitleriani di “acquisizione” di Danzica, Austria e Cecoslovacchia. Discutendo con Hitler le questioni del disarmo e della Società delle Nazioni e osservando che esse necessitavano di ulteriori approfondimenti, Halifax dichiarò

Tutte le rimanenti questioni possono essere caratterizzate nel senso che riguardano cambiamenti dell’ordine europeo, destinati verosimilmente, prima o poi, a realizzarsi. Tra tali questioni ci sono Danzica, Austria e Cecoslovacchia. L’Inghilterra è interessata solo al fatto che questi cambiamenti avvengano attraverso un’evoluzione pacifica e che si possano evitare metodi forieri di ulteriori sconvolgimenti, che né il Führer né altri paesi desiderano” [14].

Come si vede, questo colloquio non era un semplice sondaggio, per tastare il polso all’interlocutore, come a volte è richiesto dalle necessità politiche, ma si trattava di un complotto, un accordo segreto tra il governo britannico e Hitler per soddisfare gli appetiti aggressivi di quest’ultimo a spese dei paesi terzi.

A questo proposito, va ricordata la dichiarazione fatta in parlamento il 21 febbraio 1938 dal ministro britannico Simon, secondo cui la Gran Bretagna non ha mai fornito speciali garanzie per l’indipendenza dell’Austria. Si trattava di una menzogna deliberata: tali garanzie erano state assicurate dai Trattati di Versailles e di Saint Germain.

Il primo ministro britannico Chamberlain dichiarò in quell’occasione che l’Austria non poteva contare su nessuna difesa da parte della Società delle Nazioni.

“Non dovremmo provare”, disse Chamberlain, “a indurci noi stessi in inganno, e a maggior ragione non dovremmo raggirare le nazioni piccole e deboli, con la speranza che la Società delle Nazioni le possa difendere dalle aggressioni e che si possa agire di conseguenza, dal momento che sappiamo che nulla del genere potrebbe essere intrapreso” [15].

È così che i leader politici britannici incoraggiavano Hitler nelle sue mire espansionistiche.

Negli archivi tedeschi sequestrati a Berlino dai soldati sovietici, c’è anche il verbale del colloquio del 3 marzo 1938, tra Hitler e l’ambasciatore britannico in Germania Henderson, presente anche Ribbentrop [16]. Fin dall’inizio, Henderson ne sottolineava il carattere confidenziale, stabilendo che il contenuto del colloquio non sarebbe stato comunicato né ai francesi, né ai belgi, né ai portoghesi o agli italiani, a cui sarebbe stato detto solo che esso si era svolto come continuazione dei negoziati tra Halifax e Hitler ed era dedicato alle questioni riguardanti Germania e Inghilterra.

Parlando a nome del Governo britannico, Henderson sottolineava che

“non si tratta di un affare commerciale, ma di un tentativo di gettare le basi per un’amicizia autentica e cordiale con la Germania, a partire dal miglioramento della situazione e terminando con la creazione di un nuovo spirito di amichevole comprensione” [17].

Senza eccepire in merito alla pretesa di Hitler di una “Europa unita senza la Russia”, Henderson ricordava che Halifax, allora diventato ministro degli esteri, aveva già dato l’assenso a quei cambiamenti territoriali che la Germania intendeva apportare in Europa e che “scopo della proposta inglese è la partecipazione a una composizione così ragionevole”.

Nello stesso colloquio, Henderson, come si evince dai verbali, dichiarò che Chamberlain “aveva mostrato grande coraggio allorché, senza guardare a nulla, aveva strappato la maschera a tali frasi internazionaliste quali sicurezza collettiva, ecc …” “Pertanto – aveva aggiunto Henderson – l’Inghilterra si dichiara pronta a eliminare tutte le difficoltà e chiede alla Germania se sia pronta a fare altrettanto” [18].

Quando Ribbentrop si intromise nel colloquio, attirando l’attenzione di Henderson sul fatto che l’inviato inglese a Vienna, in forma “drammatica”, aveva fatto una dichiarazione a von Papen sugli eventi austriaci, Henderson si affrettò a dissociarsi dalla dichiarazione del suo collega, affermando che “spesso lui stesso, Nevile Henderson, si era espresso a favore dell’Anschluss”.

Tale era la lingua della diplomazia inglese del periodo prebellico.

Dopo questo complotto, già il 12 marzo 1938, Hitler invadeva l’Austria, non avendo incontrato opposizione alcuna da parte di Inghilterra e Francia. In quel momento, solo l’Unione Sovietica levò la voce di ammonimento e tornò nuovamente a chiedere di organizzare la difesa collettiva per l’indipendenza dei paesi minacciati di aggressione. Il 17 marzo 1938, il Governo sovietico diramò una nota, in cui si dichiarava pronto “a iniziare immediatamente a discutere con le altre potenze, alla Società delle Nazioni o al di fuori di questa, le misure pratiche” che “avessero come obiettivo quello di fermare l’ulteriore sviluppo dell’aggressione ed eliminare il crescente pericolo di un nuovo macello mondiale” [19]. La risposta del Governo inglese alla nota sovietica testimoniava la riluttanza del Governo inglese a interferire con i piani aggressivi hitleriani.

In essa si affermava che una conferenza per l’adozione di

“azioni concertate contro l’aggressione, non necessariamente, a parere del governo di Sua Maestà, avrebbe avuto un effetto positivo sulle prospettive di pace europee” [20].

L’anello successivo della catena di aggressione tedesca e di preparazione alla guerra in Europa, fu l’occupazione della Cecoslovacchia da parte della Germania. E questo passo fondamentale verso lo scatenamento della guerra in Europa potè essere compiuto da Hitler solo con il diretto sostegno di Inghilterra e Francia.

Già il 10 luglio 1938, l’ambasciatore tedesco a Londra, Dirksen, informava Berlino che il Governo inglese

“ha fatto della ricerca di un compromesso con la Germania uno dei punti essenziali del proprio programma” e che il governo, nei confronti della Germania, mostra un tale massimo grado di comprensione, quale può esser mostrata da una qualsiasi delle possibili combinazioni politiche inglesi” [21].

Dirksen scriveva anche che il Governo inglese

“si è avvicinato alla comprensione dei punti più essenziali, tra le pretese fondamentali della Germania, per l’estraneazione dell’Unione Sovietica dalle decisioni sul destino dell’Europa, l’estraneazione, nello stesso senso, della Società delle Nazioni, e invece per l’opportunità di negoziati e trattative bilaterali”.

Dirksen riferiva anche a Berlino che il Governo inglese era disposto a grandi sacrifici in nome del “soddisfacimento delle altre giuste pretese della Germania”.

In tal modo, tra il Governo inglese e Hitler veniva raggiunto un accordo di lunga portata nei piani di politica estera, come Dirksen aveva riferito in modo così significativo nel suo rapporto a Berlino.

Non c’è bisogno di ricordare i ben noti fatti, direttamente collegati all’accordo di Monaco. Ma non si può dimenticare che il 19 settembre 1938, cioè 4 giorni dopo l’incontro di Hitler con Chamberlain, volato appositamente fino alla residenza di Hitler a Berchtesgaden, i rappresentanti dei Governi britannico e francese pretesero dal Governo cecoslovacco la cessione alla Germania delle regioni cecoslovacche abitate principalmente da tedeschi dei Sudeti. Motivarono la pretesa col fatto che, senza di ciò, a loro dire sarebbe stato impossibile mantenere la pace e garantire gli interessi vitali della Cecoslovacchia. I curatori anglo-francesi dell’aggressività hitleriana cercavano di nascondere il loro tradimento con la promessa di una garanzia internazionale dei nuovi confini dello Stato cecoslovacco, in qualità di “contributo alla causa della pacificazione dell’Europa” [22].

Il 20 settembre il Governo cecoslovacco rispondeva alle proposte anglo-francesi, dichiarando che “l’accettazione di proposte di tal tipo equivarrebbe alla piena e volontaria mutilazione dello stato sotto ogni rispetto”. Il Governo cecoslovacco attirava l’attenzione dei Governi inglese e francese sul fatto che “la paralisi della Cecoslovacchia porterebbe come risultato profondi cambiamenti politici in tutta l’Europa centrale e sud-orientale”.

“L’equilibrio delle forze in Europa centrale e nell’Europa in generale”, dichiarava il governo cecoslovacco nella risposta, “sarebbe andato distrutto; ciò comporterebbe conseguenze di lunga portata per tutti gli altri stati, ma in particolare per la Francia”.

Il Governo cecoslovacco faceva appello ai Governi di Inghilterra e Francia “con l’ultimo richiamo” a rivedere il proprio punto di vista, sottolineando che ciò era nell’interesse non solo della Cecoslovacchia, ma anche dei suoi amici, nell’interesse della “intera causa della pace e del sano sviluppo dell’Europa”.

I governanti anglo-francesi rimasero inflessibili. Il giorno successivo, il Governo britannico inviava una nota di risposta al Governo cecoslovacco con la proposta di ritirare la propria risposta alle proposte anglo-francesi iniziali e di “soppesarla velocemente e seriamente”, prima di creare una situazione per la quale il Governo britannico non avrebbe potuto assumersi la responsabilità. In conclusione, il Governo britannico sottolineava che esso non poteva credere che il progetto cecoslovacco di arbitrato fosse ora accettabile; non poteva supporre, sottolineava la nota inglese, che “il governo tedesco giudichi la situazione tale da poter essere risolta con un arbitrato, come invece ritiene il Governo cecoslovacco”.

In conclusione, la nota inglese, in tono minaccioso, avvertiva il Governo cecoslovacco che, nel caso di rigetto del consiglio inglese, il Governo cecoslovacco “deve ritenersi libero di intraprendere qualsiasi azione riterrà appropriata alla situazione, che potrebbe in seguito verificarsi”.

L’incontro del 29-30 settembre 1938 a Monaco tra Hitler, Chamberlain, Mussolini e Daladier, rappresentò la conclusione di quell’operazione vergognosa, che era stata pienamente concordata tra i principali partecipanti alla cospirazione contro la pace. Il destino della Cecoslovacchia fu deciso senza una sua qualsivoglia partecipazione. I rappresentanti della Cecoslovacchia furono invitati a Monaco solo per attendere rispettosamente i risultati del complotto tra gli imperialisti.

Tutto il comportamento dell’Inghilterra e della Francia non lasciava alcun dubbio sul fatto che l’inaudito tradimento da parte dei Governi inglese e francese nei confronti del popolo cecoslovacco e della sua repubblica non rappresentasse affatto un episodio occasionale nella politica di quegli stati, ma costituiva invece un anello fondamentale di quella politica, che perseguiva l’obiettivo di indirizzare l’aggressione Hitleriana contro l’Unione Sovietica.

L’autentico significato del complotto di Monaco fu smascherato, allora, da I.V. Stalin, il quale affermò che “ai tedeschi sono state cedute le regioni della Cecoslovacchia, quale prezzo per l’impegno a iniziare la guerra contro l’Unione Sovietica” [23].

L’essenza di tutta questa politica dei circoli dominanti anglo-francesi in quel periodo fu svelata da I.V. Stalin al XVIII Congresso del VKP(b.) nel marzo 1939

“La politica del non intervento”, disse I.V. Stalin, “significa connivenza con l’aggressione, scatenamento della guerra, e di conseguenza sua trasformazione in guerra mondiale. Nella politica di non intervento, traspare l’aspirazione, il desiderio di non impedire agli aggressori di compiere i loro sporchi affari, non impedire, diciamo, al Giappone di impegnarsi in una guerra con la Cina, e ancora meglio con l’Unione Sovietica, non impedire, diciamo, alla Germania di intricarsi negli affari europei, di coinvolgersi in una guerra con l’Unione Sovietica, far impantanare profondamente tutti i partecipanti alla guerra nel fango del conflitto, incoraggiarli segretamente a compiere tali passi, per lasciarli indebolire ed esaurirsi a vicenda, e poi, quando saranno sufficientemente indeboliti, fare la propria comparsa sulla scena con forze fresche, fare la comparsa, ovviamente, “nell’interesse della pace” e dettare le proprie condizioni ai belligeranti ormai esauriti” [24].

Nei circoli democratici di vari paesi, compresi Stati Uniti d’America, Gran Bretagna e Francia, l’accordo di Monaco fu accolto con indignazione e decisa condanna. Si può giudicare l’atteggiamento di quei circoli verso il tradimento di Monaco da parte dei governanti anglo-francesi, ricordando anche solo dichiarazioni quali, ad esempio, quelle contenute nel volume pubblicato in USA da Sayers e Kahn “La guerra segreta contro la Russia sovietica”. Ecco cosa scrivono gli autori a proposito di Monaco:

“I governi di Germania nazista, Italia fascista, Inghilterra e Francia firmarono l’accordo di Monaco – si avverava il sogno della “Santa Alleanza” antisovietica, che la reazione mondiale accarezzava dal 1918. L’accordo lasciava la Russia senza alleati. Veniva sepolto il patto franco-sovietico, pietra angolare della sicurezza collettiva in Europa. I Sudeti cechi divenivano parte della Germania nazista. Alle orde hitleriane venivano spalancate le porte verso oriente” [25].

Tra tutte le grandi potenze, solo l’Unione Sovietica, in tutte le tappe della tragedia cecoslovacca, intervenne attivamente in difesa dell’indipendenza e dei diritti nazionali della Cecoslovacchia. Cercando di giustificarsi agli occhi dell’opinione pubblica, i Governi di Inghilterra e Francia dichiararono ipocritamente di non sapere se l’Unione Sovietica avrebbe adempiuto ai propri impegni verso la Cecoslovacchia, derivanti dall’accordo di mutua assistenza. Ma essi mentivano deliberatamente, giacché il Governo sovietico aveva ribadito pubblicamente la propria disponibilità a intervenire in appoggio alla Cecoslovacchia contro la Germania, in conformità ai termini di quel trattato, che prevedeva il contemporaneo intervento francese a difesa della Cecoslovacchia. La Francia rifiutò però di adempiere al proprio dovere.

Nonostante tutto, alla vigilia della congiura di Monaco, il Governo sovietico ribadì che esso si pronunciava per la convocazione di una conferenza internazionale per prestare pratico sostegno alla Cecoslovacchia e adottare misure pratiche per il mantenimento della pace.

Quando l’occupazione della Cecoslovacchia divenne un fatto e i governi dei paesi imperialisti, uno dopo l’altro, dichiararono il riconoscimento del fatto compiuto, il Governo sovietico, nella nota del 18 marzo bollò l’invasione della Cecoslovacchia, compiuta dalla Germania hitleriana con la complicità di Inghilterra e Francia, come atto di arbitrio, violenza, aggressione. Nella stessa nota, il Governo sovietico sottolineava che le azioni della Germania avevano creato e aumentato la minaccia alla pace globale, “avevano violato la stabilità politica in Europa centrale, accresciuto gli elementi di allarme creati già in precedenza in Europa e avevano assestato un nuovo colpo al senso di sicurezza dei popoli” [26].

Ma la questione non fu limitata alla consegna a Hitler della Cecoslovacchia. I Governi di Inghilterra e Francia, in lizza tra loro, si affrettarono a firmare ampi accordi politici con la Germania hitleriana. Il 30 settembre 1938 fu firmata da Chamberlain e Hitler a Monaco, la Dichiarazione anglo-tedesca, in cui si diceva

Abbiamo continuato oggi la nostra conversazione e unanimemente siamo giunti alla conclusione che la questione dei rapporti tedesco-inglesi è di primaria importanza per entrambi i paesi e per l’Europa. Consideriamo l’accordo firmato ieri sera e l’accordo navale tedesco-inglese, come simboli del desiderio dei nostri due popoli di non fare mai più guerra l’uno contro l’altro. Siamo fermamente decisi ad affrontare anche altre questioni riguardanti i nostri due paesi, attraverso consultazioni e tendiamo per il futuro ad appianare qualsivoglia pretesto per disaccordi, in modo tale da contribuire così a garantire la pace in Europa” [27].

Era questa una dichiarazione anglo-germanica di reciproca non aggressione.

Il 6 dicembre 1938 fu firmata la Dichiarazione franco-tedesca Bonnet-Ribbentrop, analoga a quella anglo-tedesca. Nella dichiarazione si affermava che i governi tedesco e francese erano giunti alla conclusione unanime che relazioni pacifiche e di buon vicinato tra Germania e Francia sono uno dei presupposti essenziali per il consolidamento dei rapporti in Europa e il mantenimento della pace globale e che entrambi i governi applicheranno tutte le loro forze per assicurare il mantenimento di tali relazioni tra i loro paesi. La dichiarazione constatava che tra Francia e Germania non sussistevano più questioni controverse di natura territoriale e che il confine esistente tra i due paesi era definitivo. In conclusione, la dichiarazione affermava che entrambi i governi erano fermamente decisi, senza intaccare le proprie particolari relazioni con terze potenze, a mantenere contatti reciproci su tutte le questioni relative ai loro paesi e a consultarsi tra loro in caso l’ulteriore sviluppo di tali questioni possa condurre a complicazioni internazionali.

Era questa una dichiarazione franco-germanica di reciproca non aggressione.

In sostanza, la conclusione di questi accordi significava che sia l’Inghilterra che la Francia avevano firmato patti di non aggressione con Hitler.

In questi accordi con la Germania hitleriana, si scopre in maniera perfettamente chiara il desiderio dei Governi inglese e francese di allontanare da sé la minaccia di aggressione hitleriana, considerato che Monaco e altri accordi simili avevano già aperto le porte all’aggressione hitleriana a oriente, contro l’Unione Sovietica.

Erano così state create le condizioni politiche necessarie a una “Europa unita senza la Russia”. Si andava verso il completo isolamento dell’Unione Sovietica.

III. L’isolamento dell’Unione Sovietica. Il patto di non aggressione sovietico-tedesco

Dopo l’occupazione della Cecoslovacchia, la Germania fascista cominciò a prepararsi alla guerra in maniera del tutto smaccata sotto gli occhi del mondo intero. Hitler, incoraggiato da Inghilterra e Francia, smise di fare complimenti e di fingersi sostenitore di soluzioni pacifiche dei problemi europei. Iniziarono i mesi più drammatici del periodo prebellico. Già allora era chiaro che ogni giorno avvicinava l’umanità a un cataclisma bellico senza precedenti.

Quale era, allora, la politica dell’Unione Sovietica, da un lato, e di Gran Bretagna e Francia dall’altro?

Il tentativo di sottrarsi alla risposta a questa domanda, intrapreso in USA dai falsificatori della storia, testimonia solo della loro coscienza sporca.

La verità è questa: Inghilterra e Francia, con l’appoggio dei circoli dirigenti USA, anche nel periodo fatale della primavera-estate 1939, quando la guerra era alle porte, continuavano a seguire la linea precedente della loro politica. Era la politica del provocatorio incitamento della Germania hitleriana contro l’Unione Sovietica, coperta a scopo d’inganno non solo da frasi farisee sulla disponibilità a cooperare con l’Unione Sovietica, ma anche da alcune semplicistiche manovre diplomatiche tese a nascondere all’opinione pubblica l’autentico carattere del corso politico perseguito.

Tali manovre sono costituite, prima di tutto, dai negoziati del 1939, che Gran Bretagna e Francia decisero di avviare con l’Unione Sovietica. Per ingannare l’opinione pubblica, i circoli governativi anglo-francesi cercarono di presentare tali negoziati come un serio tentativo di ostacolare l’ulteriore estensione dell’aggressione hitleriana. Tuttavia, alla luce dell’intero corso ulteriore degli eventi, divenne del tutto chiaro che, per la parte anglo-francese, quei negoziati costituivano sin dall’inizio solo un’ennesima mossa nel loro doppio gioco.

E ciò era chiaro anche ai leader della Germania hitleriana, per i quali il significato dei negoziati intrapresi dai Governi di Inghilterra e Francia con l’Unione Sovietica, non rappresentava, ovviamente, alcun segreto. Ecco cosa scriveva al riguardo, ad esempio, l’ambasciatore tedesco a Londra Dirksen, in un rapporto al ministero degli esteri tedesco del 3 agosto 1939, come testimoniano i documenti venuti in possesso dell’Esercito sovietico dopo la sconfitta della Germania hitleriana

“L’impressione qui prevalente è che i legami creatisi negli ultimi mesi con altri stati costituiscano solo un mezzo di riserva per un’autentica conciliazione con la Germania e che questi legami debbano scomparire non appena sia stato raggiunto l’unico obiettivo importante e meritevole di sforzo, vale a dire l’intesa con la Germania”.

Tale opinione era fermamente condivisa da tutti i diplomatici tedeschi che analizzavano la situazione a Londra.

In un altro rapporto segreto inviato da Dirksen a Berlino era scritto

L’Inghilterra, per mezzo degli armamenti e l’acquisizione di alleati, ambisce a consolidarsi e portarsi al livello dell’Asse, ma, al tempo stesso, intende cercare, per mezzo di negoziati, di giungere a un accordo amichevole con la Germania” [28].

I calunniatori e falsificatori della storia cercano di nascondere questi documenti, che fanno luce sulla situazione degli ultimi mesi prebellici, senza una corretta valutazione della quale diventa impossibile comprendere i veri preludi della guerra. Avviando i negoziati con l’Unione Sovietica e dando garanzie a Polonia, Romania e alcuni altri stati, Inghilterra e Francia, con il sostegno dei circoli governativi USA, conducevano il doppio gioco, calcolato per un accordo con la Germania hitleriana, allo scopo di indirizzare a oriente la sua aggressività, contro l’Unione Sovietica. I negoziati tra Inghilterra e Francia, da una parte, e Unione Sovietica, dall’altra, iniziarono nel marzo del 1939 e si protrassero per circa quattro mesi.

L’intero corso dei negoziati dimostrò con piena evidenza che mentre l’Unione Sovietica si sforzava di raggiungere un accordo ampio e paritario con le potenze occidentali, in grado di impedire alla Germania, anche all’ultimo momento, di scatenare la guerra in Europa, i Governi di Inghilterra e Francia, contando sul sostegno negli Stati Uniti, si prefiggevano obiettivi completamente diversi. I circoli di potere anglo-francesi, abituati a toglier le castagne dal fuoco con le mani altrui, anche questa volta cercavano di imporre impegni all’Unione Sovietica, in forza dei quali l’URSS si sarebbe accollata l’intero onere dei sacrifici per respingere la possibile aggressione hitleriana, mentre Inghilterra e Francia non si sarebbero affatto vincolate con obblighi verso l’Unione Sovietica.

Se ai leader anglo-francesi la manovra fosse riuscita, si sarebbero avvicinati di parecchio al loro principale obbiettivo, che consisteva nel far giungere quanto prima Germania e Unione Sovietica a uno scontro frontale. Tale disegno fu tuttavia intuito dal Governo sovietico che, in ogni tappa dei negoziati, contrapponeva ai trucchi diplomatici e ai trabocchetti delle potenze occidentali le proprie proposte chiare e aperte, volte all’unico obiettivo della salvaguardia della pace in Europa.

Non è necessario ricordare tutte le peripezie di quei negoziati. È il caso però di tenere a mente alcuni dei momenti più importanti. Basti rammentare le condizioni avanzate nel corso dei colloqui dal governo sovietico: la conclusione tra Inghilterra, Francia e URSS di un valido patto di reciproca assistenza contro l’aggressione; la garanzia fornita da Inghilterra, Francia e URSS agli stati dell’Europa centrale e orientale, compresi tutti, senza eccezioni, i paesi europei confinanti con l’URSS; conclusione di un accordo militare specifico tra Inghilterra, Francia e URSS sulle forme e le misure di adeguata e immediata assistenza, sia reciproca che agli stati garantiti, in caso di attacco da parte di aggressori [29].

Alla terza sessione del Soviet supremo dell’URSS, il 31 maggio 1939, V.M. Molotov sottolineò che alcune delle proposte anglo-francesi, presentate durante i negoziati, non contenevano l’elementare principio di reciprocità e uguali impegni, doveroso in ogni accordo tra eguali.

“Essendosi garantiti”, disse V.M. Molotov, “da un attacco diretto degli aggressori, tramite patti di mutua assistenza tra di sé e con la Polonia, e assicurandosi l’aiuto dell’URSS nel caso di attacchi a Polonia e Romania, inglesi e francesi lasciavano aperta la questione se l’URSS, a sua volta, potesse contare sul loro aiuto in caso di attacco diretto da parte di aggressori; allo stesso modo, lasciavano aperta l’altra questione, se potessero garantire la sicurezza dei piccoli Stati confinanti con l’URSS, che coprono le frontiere nord-occidentali dell’URSS, nel caso questi non siano in grado di difendere la propria neutralità dagli attacchi degli aggressori. Ne risultava una posizione non paritaria per l’URSS”.

Anche quando i rappresentanti anglo-francesi iniziarono, a parole, a dirsi d’accordo col principio della mutua assistenza tra Inghilterra, Francia e URSS, sulla base della reciprocità, in caso di attacco diretto da parte di un aggressore, vi aggiunsero tali riserve, da rendere l’accordo fittizio.

Inoltre, le proposte anglo-francesi prevedevano l’assistenza da parte dell’URSS a quei paesi cui inglesi e francesi avevano promesso garanzie, ma quelle proposte nulla dicevano sull’aiuto anglo-francese ai paesi confinanti con le frontiere nord-occidentale dell’URSS – i Paesi baltici – nel caso venissero attaccati da un aggressore.

Sulla base di tali considerazioni, V.M. Molotov dichiarò che l’Unione Sovietica non poteva assumersi impegni nei confronti di certi paesi, senza che le stesse garanzie venissero fornite ai paesi situati ai confini nord-occidentali dell’Unione Sovietica.

È anche il caso di ricordare che quando il 18 marzo 1939, l’ambasciatore britannico a Mosca, Seeds chiese al Commissario del popolo agli affari esteri, quale sarebbe stata la posizione dell’Unione Sovietica nel caso di aggressione hitleriana alla Romania, dei cui preparativi gli inglesi avevano informazioni, e quando la parte sovietica domandò quale sarebbe stata la posizione inglese in tali circostanze, Seeds eluse la risposta, osservando che geograficamente la Romania è più vicina all’Unione Sovietica che all’Inghilterra.

Così che, già dai primi passi, appariva chiaro il desiderio dei circoli governativi britannici di vincolare l’Unione Sovietica con determinati impegni, rimanendo essi stessi in disparte. Lo stesso ingenuo approccio fu poi sistematicamente ripetuto di volta in volta nel corso dei negoziati.

In risposta a un quesito inglese, il Governo sovietico avanzò la proposta di convocare una riunione di rappresentanti degli stati più interessati, e precisamente: Gran Bretagna, Francia, Romania, Polonia, Turchia e Unione Sovietica. A parere del Governo sovietico, un tale incontro avrebbe dato maggiori possibilità di chiarire l’effettiva situazione e definire le posizioni di tutti i partecipanti. Il Governo britannico rispose tuttavia che considerava prematura la proposta sovietica.

Invece di convocare la conferenza, che avrebbe dato la possibilità di concordare misure concrete di lotta all’aggressione, il 21 marzo 1939 il Governo britannico invitò il Governo sovietico a firmare insieme a esso, a Francia e a Polonia, una dichiarazione in cui i governi firmatari si impegnavano a “consultarsi sui passi da intraprendere per una resistenza comune” in caso di minaccia alla “indipendenza di qualsiasi stato europeo”. L’ambasciatore britannico, dimostrando la plausibilità della proposta, sottolineava in particolare la circostanza che la dichiarazione era redatta in termini molto poco vincolanti.

Era perfettamente evidente che una simile dichiarazione non poteva servire da serio mezzo di lotta all’imminente minaccia da parte dell’aggressore. Ritenendo, tuttavia, che anche una dichiarazione così poco impegnativa potesse rappresentare almeno un piccolo passo avanti per frenare l’aggressore, il Governo sovietico acconsentì ad adottare la proposta inglese. Ma, già il 1 aprile 1939, l’ambasciatore britannico a Mosca annunciava che l’Inghilterra considerava non più attuale la questione della dichiarazione congiunta.

Dopo altre due settimane di lungaggini, il ministro degli esteri inglese Halifaxpresentava al Governo sovietico, tramite l’ambasciatore a Mosca, una nuova proposta per cui il Governo sovietico avrebbe dovuto dichiarare che, “in caso di atto di aggressione contro un qualsiasi stato europeo vicino all’Unione Sovietica, che opponesse resistenza, esso avrebbe potuto contare, se lo desiderasse, sull’aiuto del Governo sovietico”.

Il senso principale di tale proposta era che, in caso di aggressione da parte della Germania, contro Lettonia, Lituania, Estonia, Finlandia, l’Unione Sovietica sarebbe stata tenuta a prestar loro aiuto, senza obbligo alcuno da parte dell’Inghilterra di fornire assistenza, vale a dire che l’URSS avrebbe dovuto essere coinvolta, essa sola, in una guerra contro la Germania. Per quanto riguarda Polonia e Romania, cui l’Inghilterra aveva dato garanzie, l’Unione Sovietica avrebbe dovuto aiutarle contro l’aggressore. Ma, anche in questo caso, l’Inghilterra non voleva assumersi obbligo alcuno insieme all’Unione Sovietica, lasciandosi mani e campo liberi per qualsiasi manovra, per non parlare del fatto che, secondo tale proposta, Polonia e Romania, come pure i Paesi baltici, non assumevano alcun impegno nei confronti dell’URSS.

Il Governo sovietico, tuttavia, non voleva perdere nemmeno una sola opportunità di raggiungere un accordo con altre potenze per una lotta comune contro l’aggressione hitleriana. Senza perder tempo, esso presentò una controproposta al Governo britannico. La proposta consisteva in questo: in primo luogo, Unione Sovietica, Inghilterra e Francia si impegnavano reciprocamente a prestarsi ogni tipo di assistenza, mutua e immediata, compreso l’aiuto militare, in caso di aggressione contro uno dei tre stati; in secondo luogo, Unione Sovietica, Inghilterra e Francia si impegnavano a fornire tutto l’aiuto possibile, compreso quello militare, agli stati dell’Europa orientale, posti tra il mar Baltico e il mar Nero e confinanti con l’Unione Sovietica, in caso di aggressione contro questi stati. Infine, in terzo luogo, Unione Sovietica, Inghilterra e Francia dovevano impegnarsi a definire, nel più breve tempo possibile, entità e forme di assistenza militare da fornire a ciascuno di questi stati in entrambi i casi sopra menzionati.

Erano questi i punti più importanti della proposta sovietica. Non è difficile scorgere la radicale differenza tra la proposta sovietica e quella britannica: la proposta sovietica conteneva misure veramente efficaci di contrasto congiunto all’aggressione.

Per tre settimane, dal Governo inglese non arrivò risposta alcuna a questa proposta. Ciò suscitò una crescente preoccupazione nella stessa Inghilterra, a seguito della quale il Governo inglese si vide infine obbligato a concepire l’ennesima manovra per ingannare l’opinione pubblica.

L’8 maggio Mosca ricevette la risposta inglese, o più precisamente, le controproposte inglesi. Di nuovo, si invitava il Governo sovietico a fare una dichiarazione unilaterale, con cui esso si sarebbe “impegnato, in caso Gran Bretagna e Francia venissero trascinate in azioni di guerra, per adempiere agli impegni da esse sottoscritti” (nei confronti di Belgio, Polonia, Romania, Grecia e Turchia) “a fornire immediata assistenza, in caso questa venga richiesta; inoltre, genere e condizioni in cui tale assistenza dovrebbe venir fornita, sarebbero oggetto di intesa”.

Dunque, anche in questa proposta si parlava di obblighi unilaterali da parte dell’Unione Sovietica. Essa, doveva impegnarsi a fornire assistenza a Inghilterra e Francia, che, da parte loro, non si impegnavano in alcun modo nei confronti dell’Unione Sovietica, in rapporto alle Repubbliche baltiche. Così che, l’Inghilterra proponeva all’URSS di porsi in una posizione non paritaria, vale a dire inaccettabile e indegna per qualsiasi stato indipendente.

È facile capire come, di fatto, la proposta inglese fosse indirizzata non tanto a Mosca, quanto a Berlino. Si invitavano i tedeschi ad attaccare l’Unione Sovietica e si faceva loro capire che Gran Bretagna e Francia sarebbero rimaste neutrali, se solo l’attacco tedesco venisse portato attraverso gli Stati baltici.

L’11 maggio, i colloqui tra Unione Sovietica, Inghilterra e Francia si fecero ancor più complicati a causa della dichiarazione dell’ambasciatore polacco a Mosca, Wac?aw Grzybowski, secondo cui “la Polonia non ritiene possibile concludere un patto di mutua assistenza con l’URSS…”.

Chiaro, che tale dichiarazione del rappresentante polacco potesse esser stata rilasciata solo con la conoscenza e il benestare dei circoli dirigenti di Inghilterra e Francia.

Il comportamento dei rappresentanti inglesi e francesi nei colloqui di Mosca rivestiva un carattere talmente provocatorio che persino nell’area dirigente delle potenze occidentali ci fu chi criticò aspramente un gioco così grossolano. Così, nell’estate del 1939, Lloyd George pubblicò sul francese “Ce Soir” un brusco articolo contro i leader della politica inglese. Riferendosi alle ragioni di quelle infinite lungaggini, in cui si dibattevano i colloqui anglo-francesi con l’Unione Sovietica, Lloyd George scrisse che era possibile una sola risposta a quella domanda

Neville Chamberlain, Halifax e John Simon non desiderano alcuna intesa con la Russia”.

S’intende, che ciò che era chiaro a Lloyd George era non meno chiaro per i governanti della Germania hitleriana, che capivano perfettamente che le potenze occidentali, a concludere un serio accordo con l’Unione Sovietica, non ci pensavano nemmeno, ma perseguivano un obiettivo completamente diverso. L’obiettivo consisteva nello spingere Hitler a un attacco quanto più rapido possibile all’Unione Sovietica, prospettandogli come contropartita quella di creare le condizioni meno favorevoli all’Unione Sovietica in caso di guerra con la Germania.

Per di più, le potenze occidentali continuavano a trascinare all’infinito i negoziati con l’Unione Sovietica, cercando di sommergere le questioni sostanziali nella melma di piccoli emendamenti e innumerevoli varianti. Ogni volta che il discorso verteva su un qualsiasi impegno concreto, i rappresentanti di quelle potenze fingevano di non capire di cosa si trattasse.

A fine maggio, Inghilterra e Francia presentarono nuove proposte, che in qualche modo miglioravano la versione precedente, ma, come prima, lasciavano irrisolta la questione di importanza vitale per l’Unione Sovietica, vale a dire quella delle garanzie da fornire alle tre Repubbliche baltiche, al confine nord-occidentale dell’Unione Sovietica.

In tal modo, avallando, sotto la pressione dell’opinione pubblica dei loro paesi, alcune concessioni verbali, i leader di Inghilterra e Francia continuavano a ripiegare verso la loro solita linea, corredando le loro proposte con tali riserve che le rendevano deliberatamente inaccettabili per l’Unione Sovietica.

Il comportamento dei rappresentanti anglo-francesi durante i negoziati di Mosca fu così intollerabile che il 27 maggio 1939, V.M.Molotov dovette dichiarare all’ambasciatore britannico Seeds e all’incaricato d’affari francese, Payart, che il progetto di accordo da essi presentato per costituire in Europa un argine comune all’aggressore, non conteneva alcun piano per un’effettiva mutua assistenza tra URSS, Inghilterra e Francia, e nemmeno attestava un serio interesse dei Governi inglese e francese a un corrispondente patto con l’Unione Sovietica. Allo stesso tempo, si affermava chiaramente che la proposta anglo-francese portava a pensare che i Governi di Inghilterra e Francia fossero interessati non tanto al patto in sé, quanto piuttosto alle discussioni attorno a esso. È possibile che queste conversazioni fossero anche necessarie a Inghilterra e Francia per qualche scopo. Il Governo sovietico non conosceva però questi obiettivi. Il governo sovietico era interessato non alle conversazioni sul patto, bensì a organizzare un’effettiva mutua assistenza tra URSS, Gran Bretagna e Francia, contro l’aggressione in Europa. I rappresentanti anglo-francesi furono avvertiti che il Governo sovietico non intendeva partecipare alle conversazioni su di un patto, i cui obiettivi non erano a conoscenza dell’URSS, e che i Governi inglese e francese potevano condurre tali conversazioni con partner più adatti, che non l’URSS.

I colloqui di Mosca si trascinavano all’infinito. Le ragioni di tali inaccettabili lungaggini nei negoziati furono spifferare dal londinese Times, che scrisse: “Un’alleanza rapida e decisa con la Russia può interferire con altri negoziati…” [30]. Parlando di “altri negoziati”, il Times ovviamente aveva in mente i colloqui tra il ministro per il commercio estero Robert Hudson, e il dott. Helmut Wohlthat, consigliere economico di Hitler, sulla possibilità del prestito inglese di una grossa somma alla Germania hitleriana, di cui si dirà in seguito.

Inoltre, come è noto dalla stampa, il giorno in cui l’esercito hitleriano entrava a Praga, una delegazione della Federazione dell’industria britannica era a Düsseldorf per negoziare un ampio accordo con la grande industria tedesca.

Attirava l’attenzione anche la circostanza che i negoziati a Mosca per conto della Gran Bretagna fossero affidati a funzionari di secondo piano, mentre era stato Chamberlain in persona a volare in Germania per condurre i colloqui con Hitler, e anche più di una volta. È anche importante notare che il rappresentante inglese ai colloqui con l’URSS, Strang, non aveva l’autorità per firmare alcun accordo con l’Unione Sovietica.

Vista la richiesta dell’Unione Sovietica di passare a negoziati concreti sulle misure di lotta contro un possibile aggressore, i Governi di Inghilterra e Francia dovettero acconsentire a inviare le loro missioni militari a Mosca. Tuttavia, queste missioni impiegarono un tempo insolitamente lungo per arrivare a Mosca e, quando arrivarono, risultarono esser composte da ufficiali di rango ridotto, prive tra l’altro dell’autorità per firmare alcun accordo. In tali condizioni, i negoziati militari si rivelarono altrettanto infruttuosi di quelli politici.

Le missioni militari delle potenze occidentali mostrarono subito di non voler discutere seriamente di mutua assistenza in caso di aggressione da parte della Germania. La missione militare sovietica partiva dalla constatazione che, in caso di guerra, non avendo l’URSS frontiere comuni con la Germania, avrebbe potuto fornire assistenza a Inghilterra, Francia, Polonia, solo a condizione che alle truppe sovietiche venisse consentito di attraversare il territorio polacco. Tuttavia, il governo polacco dichiarò che non avrebbe accettato l’assistenza militare dell’Unione Sovietica, dimostrando così di temere di più il rafforzamento dell’Unione Sovietica, che non l’aggressione hitleriana. La posizione della Polonia era sostenuta sia dalla missione inglese, che da quella francese.

Durante i negoziati militari, fu sollevata anche la questione del numero di soldati che avrebbero dovuto essere immediatamente messi in campo dalle parti firmatarie dell’accordo, in caso di aggressione. Gli inglesi menzionarono una cifra  ridicola, affermando che avrebbero potuto schierare 5 divisioni di fanteria e 1 divisione meccanizzata. E lo fecero, nel momento in cui l’Unione Sovietica dichiarò di essere pronta a mettere in campo 136 divisioni, cinquemila cannoni, tra medi e pesanti, circa diecimila carri armati, tra pesanti e leggeri, oltre cinquemila aerei da combattimento, e altro. Già solo questo, dimostra l’atteggiamento poco serio del Governo britannico in rapporto ai colloqui per l’accordo militare con l’URSS.

I dati riportati sopra sono sufficienti per confermare quella conclusione che, d’altronde, si evince da sola e che è questa:

1 – per l’intero corso dei colloqui, il Governo sovietico, con eccezionale pazienza, cercò di giungere a un accordo con Gran Bretagna e Francia, per la mutua assistenza contro l’aggressore, che fosse paritario e a condizione che l’assistenza reciproca fosse effettivamente valida, cioè che la conclusione del trattato politico fosse accompagnata dalla firma di una convenzione militare che fissasse entità, forme e termini dell’aiuto, dal momento che tutto il precedente corso degli eventi aveva dimostrato abbastanza chiaramente che solo un tale accordo avrebbe potuto essere effettivo e avrebbe potuto ridurre alla ragione l’aggressore hitleriano, fino a quel momento crogiolatosi per molti anni nella completa impunità e connivenza delle potenze occidentali;

2 – il comportamento di Inghilterra e Francia nel corso dei negoziati con l’Unione Sovietica confermava in pieno che esse non stavano nemmeno minimamente pensando a un serio accordo con l’URSS, dato che la politica di Inghilterra e Francia era guidata da altri obiettivi, che non avevano nulla a che fare con gli interessi della pace e della lotta contro l’aggressione;

3 – il subdolo piano della politica anglo-francese consisteva nel far capire a Hitler che l’URSS non aveva alleati, che l’URSS era isolata, che Hitler poteva attaccare l’URSS, senza rischiare una reazione da parte di Inghilterra e Francia.

Dato tutto ciò, non è il caso di stupirsi che i colloqui anglo-franco-sovietici si fossero conclusi con un fallimento.

Un fallimento, ovviamente, non casuale. Diventava sempre più evidente come la rottura dei negoziati fosse stata pianificata in anticipo dai rappresentanti delle potenze occidentali, nel loro doppio gioco. Il fatto è che insieme alle trattative alla luce del sole con l’URSS, dietro le quinte gli inglesi stavano conducendo negoziati con la Germania, e proprio a questi ultimi essi attribuivano un’importanza incomparabilmente maggiore.

Se, con i colloqui di Mosca, i circoli governativi delle potenze occidentali tendevano prima di tutto ad assopire la vigilanza dell’opinione pubblica dei loro paesi e a ingannare i popoli che venivano trascinati in guerra, di tutt’altra natura erano i negoziati con gli hitleriani.

Il programma dei colloqui anglo-germanici fu formulato abbastanza chiaramente dal ministro agli esteri britannico Halifax, rivoltosi alla Germania hitleriana con appelli inequivocabili, nello stesso tempo in cui i suoi funzionari continuavano a condurre i colloqui a Mosca. Il 29 giugno 1939, intervenendo a un banchetto presso il Royal Institute of International Affairs, Halifax espresse disponibilità ad accordarsi con la Germania su tutte le questioni che “suscitano preoccupazione nel mondo”. Disse

“In tale nuova atmosfera, potremmo affrontare il problema coloniale, la questione delle materie prime, le barriere commerciali, lo “spazio vitale”, la limitazione degli armamenti e tutte le altre questioni che toccano gli europei” [31].

Se ricordiamo come, nel 1933, il quotidiano conservatore Daily Mail, vicino ad Halifax, avesse interpretato il problema dello “spazio vitale”, proponendo agli hitleriani di impadronirsi dello “spazio vitale” a spese dell’URSS, non rimane il minimo dubbio sul vero senso delle affermazioni di Halifax. Si trattava di una diretta proposta a mettersi d’accordo sulla spartizione del mondo e sulle sfere di influenza, indirizzata alla Germania hitleriana; una proposta per risolvere tutte le questioni senza l’Unione Sovietica e, cosa più importante, a spese dell’Unione Sovietica.

Già nel giugno del 1939, rappresentanti inglesi avevano iniziato colloqui strettamente segreti con la Germania, allorché era giunto appositamente a Londra l’incaricato di Hitler, nella persona del responsabile per il piano quadriennale Helmut Wohlthat. Si erano incontrati con lui il ministro per il commercio estero, Robert Hudson e il più stretto consigliere di Chamberlain, G. Wilson. Il contenuto dei colloqui di giugno è tuttora sepolto nelle segrete degli archivi diplomatici. Ma, è un fatto che, a luglio, Wohlthat si recò di nuovo Londra e i negoziati furono ripresi. I contenuti di questa seconda tornata di negoziati sono ora noti, dato che il Governo sovietico è in possesso dei documenti tedeschi catturati alla fine della guerra, che vedranno presto la luce.

Hudson e Wilson proposero a Wohlthat, e poi all’ambasciatore tedesco a Londra, Dirksen, di avviare negoziati segreti per un ampio accordo, che includesse un’intesa sulla divisione delle sfere di influenza su scala mondiale e sull’eliminazione della “deleteria concorrenza sui mercati comuni”. Vi si prevedeva anche il peso predominante dell’influenza tedesca nell’Europa sud-orientale. Nel rapporto al ministero degli esteri tedesco del 21 luglio 1939, Dirksen sottolineava che il programma discusso da Wohlthat e Wilson comprendeva paragrafi politici, militari ed economici. Tra quelli politici, un posto a parte era occupato, a fianco del patto di non aggressione, dal patto sul non intervento, che avrebbe dovuto includere “la demarcazione degli spazi vitali tra le grandi potenze, in particolare tra Inghilterra e Germania” [32].

Nella discussione delle questioni relative alla conclusione di questi due patti, i rappresentanti britannici promisero che, in caso di loro sottoscrizione, l’Inghilterra avrebbe recesso dalle garanzie appena assicurate alla Polonia.

Se l’accordo anglo-tedesco fosse stato concluso, gli inglesi erano disposti a lasciare che i tedeschi risolvessero faccia a faccia con la Polonia le questioni di Danzica e del corridoio polacco, impegnandosi a non interferire nella loro soluzione.

Inoltre – e anche questo è documentato dai rapporti di Dirksen, che verranno presto pubblicati – Wilson confermava che in caso di conclusione dei suddetti patti tra Inghilterra e Germania, la politica britannica delle garanzie sarebbe stata di fatto liquidata.

“Dunque la Polonia” – osservava Dirksen nel suo rapporto – “sarebbe stata, per così dire, lasciata sola, faccia a faccia con la Germania”.

Tutto ciò significava che i leader inglesi erano pronti a lasciar mano libera a Hitler nella lacerazione della Polonia; e questo, nel momento in cui non si era ancora asciugato l’inchiostro con cui erano state firmate le garanzie inglesi alla Polonia.

Dunque, in caso di conclusione di un accordo anglo-tedesco, sarebbe stato raggiunto l’obiettivo fissatosi da Inghilterra e Francia con l’avvio dei negoziati con l’Unione Sovietica, e si sarebbe ancor più facilitata la possibilità di accelerare lo scontro tra Germania e URSS.

Infine, si ipotizzava di integrare l’accordo politico tra Inghilterra e Germania con un’intesa economica che includesse una transazione segreta sulle questioni coloniali, la ripartizione delle materie prime, la divisione dei mercati, nonché un grosso prestito inglese alla Germania.

Così, di fronte ai governanti inglesi, si delineava il quadro allettante di un accordo duraturo con la Germania e il cosiddetto “incanalamento” dell’aggressività tedesca verso Oriente: contro la Polonia, appena di recente “garantita” da Londra, e contro l’Unione Sovietica.

Poca meraviglia, dunque, che i calunniatori e i falsificatori della storia tacciano accuratamente e cerchino di nascondere tali fatti, di importanza decisiva per la comprensione di quella situazione per cui la guerra diventava, in tal modo, inevitabile.

A quel punto, non poteva più sussistere alcun dubbio circa il fatto che Inghilterra e Francia non solo non intendessero intraprendere nulla di serio per impedire alla Germania hitleriana di scatenare la guerra, ma, al contrario, fecero tutto quanto dipendeva da loro, con metodi cospirativi e transazioni segrete, provocazioni di ogni tipo, per aizzare la Germania hitleriana contro l’Unione Sovietica.

Ma, nessun falsario sarà in grado di cancellare, né dalla storia, né dalla coscienza dei popoli, il fatto decisivo che, in quelle condizioni, la scelta che si parava di fronte all’Unione Sovietica fosse questa:

o accettare, a scopo di autodifesa, la proposta della Germania per la conclusione di un patto di non aggressione e, con ciò stesso, garantire all’Unione Sovietica la continuazione della pace per un determinato periodo, che avrebbe potuto esser utilizzato dallo Stato sovietico per una migliore preparazione delle proprie forze, per resistere al possibile attacco dell’aggressore,

oppure reclinare la proposta della Germania di un patto di non aggressione, e in tal modo consentire ai provocatori di guerra del campo delle potenze occidentali, di coinvolgere immediatamente l’Unione Sovietica in un conflitto armato con la Germania, in una situazione assolutamente sfavorevole per l’Unione Sovietica, nelle condizioni del suo completo isolamento.

In tale situazione, il Governo sovietico si vide obbligato a fare la propria scelta e concludere un patto di non aggressione con la Germania.

Si trattò di un passo saggio e lungimirante della politica estera sovietica, data la situazione allora creatasi. Questo passo del Governo sovietico predeterminò poi in larga misura l’esito della seconda guerra mondiale, favorevole per l’Unione Sovietica e per tutti i popoli amanti della libertà.

Sarebbe una rozza calunnia sostenere che la conclusione di un patto con gli hitleriani rientrasse nei piani della politica estera sovietica. Al contrario, l’URSS ha sempre teso a concludere accordi con gli stati occidentali non aggressivi contro gli aggressori tedesco-italiani, con l’obiettivo di garantire la sicurezza collettiva su un piano di parità. Ma un accordo è un atto reciproco. Se l’URSS cercava un accordo per la lotta contro l’aggressione, l’Inghilterra e la Francia lo respingevano sistematicamente, preferendo perseguire una politica di isolamento dell’URSS, una politica di concessioni agli aggressori, una politica volta a instradare l’aggressione verso Oriente, contro l’URSS. Gli Stati Uniti d’America non solo non si opponevano a una tale funesta politica, ma, al contrario, la sostenevano in ogni maniera. Per quanto riguarda i miliardari americani, essi continuavano a investire i propri capitali nell’industria pesante tedesca, aiutavano i tedeschi a incrementare la loro industria militare e gli armamenti, dar mano libera all’aggressione tedesca, come per dire: “Combattete, signori, europei, alla vostra salute; combattete con l’aiuto di Dio; mentre noi, umili miliardari americani, trarremo profitto dalla vostra guerra, guadagnando centinaia di milioni di dollari di sopraprofitti”.

È chiaro come, in questa situazione europea, non rimanesse all’Unione Sovietica che una sola opzione: accettare la proposta tedesca di un patto. Era questa in ogni caso la soluzione migliore tra tutte le possibili alternative.

Come nel 1918, di fronte alle politiche ostili delle potenze occidentali, l’Unione Sovietica si vide costretta a concludere la pace di Brest con i tedeschi, così anche ora, nel 1939, 20 anni dopo la pace di Brest, l’Unione Sovietica fu costretta a concludere un patto con i tedeschi, di fronte alla stessa politica ostile dell’Inghilterra e della Francia.

I discorsi di ogni sorta di calunniatori, circa il fatto che l’URSS non avrebbe dovuto permettersi di concludere un patto con i tedeschi, non possono che esser considerati ridicoli. Perché la Polonia, che pur disponeva di alleati quali Inghilterra e Francia, aveva potuto stringere un patto di non aggressione con i tedeschi nel 1934, mentre l’Unione Sovietica, in condizioni meno favorevoli, non poteva concludere un tale patto nel 1939? Perché l’Inghilterra e la Francia, che rappresentavano la forza dominante in Europa, avevano potuto giungere a una dichiarazione comune di non aggressione con i tedeschi nel 1938, mentre l’Unione Sovietica, isolata grazie alle politiche ostili di Inghilterra e Francia, non poteva stringere un patto con i tedeschi?

Non è forse un fatto che, tra tutte le grandi potenze non aggressive d’Europa, l’Unione Sovietica fu l’ultima potenza a stringere un patto coi tedeschi?

Naturalmente, ai falsificatori della storia e reazionari vari, dispiace che l’Unione Sovietica sia riuscita a utilizzare abilmente il patto sovietico-tedesco per il consolidamento delle proprie difese, che sia riuscita a spostare le proprie frontiere molto a occidente e precludere l’avanzata incontrastata dell’aggressione tedesca verso Oriente, che le forze hitleriane abbiano dovuto iniziare il loro attacco verso Oriente, non dalla linea Narva-Minsk-Kiev, ma da una linea di centinaia di chilometri più a ovest, che l’URSS non si sia dissanguata nella Guerra patriottica, ma sia uscita vittoriosa dalla guerra. Ma questo dispiacere si riferisce già al campo del rancore impotente dei politici falliti.

Il dispiacere risentito di questi signori può essere visto solo come una dimostrazione dell’indubbio fatto che la politica dell’Unione Sovietica era e rimane una politica corretta.  

IV. La costituzione del fronte “orientale”; l’attacco della Germania all’URSS; la coalizione anti-hitleriana e la questione degli impegni inter-alleati

Concludendo il patto di non aggressione sovietico-tedesco nell’agosto del 1939, l’Unione Sovietica non dubitava nemmeno per un momento che prima o poi Hitler avrebbe attaccato l’URSS. Tale convinzione dell’Unione Sovietica derivava dall’impianto politico e militare di base degli hitleriani; ed era confermata dalle azioni pratiche del governo hitleriano nell’intero periodo prebellico.

Per questo, il primo compito del Governo sovietico consisteva nel creare un fronte “orientale” contro l’aggressione hitleriana, realizzare una linea di difesa alle frontiere occidentali delle regioni di Bielorussia e Ucraina e organizzare in tal modo una barriera contro l’incontrastata avanzata delle truppe tedesche verso Oriente. Per far ciò, era necessario riunificare Bielorussia e Ucraina occidentali, sottratte dai pan polacchi nel 1920, alla Bielorussia e all’Ucraina sovietiche, e farvi avanzare le truppe sovietiche. Non si doveva tardare a farlo, dato che le mal equipaggiate truppe polacche non erano sicure, il comando e il Governo polacchi erano già in fuga e le truppe naziste, non incontrando alcun serio ostacolo, avrebbero potuto occupare le terre bielorusse e ucraine prima che vi giungessero le forze sovietiche.

Il 17 settembre 1939, per ordine del Governo sovietico, i soldati sovietici varcarono la frontiera sovietico-polacca d’anteguerra, occuparono Bielorussia e Ucraina occidentali e vi dispiegarono gli approntamenti difensivi lungo la linea occidentale delle regioni ucraina e bielorussa. In sostanza, si trattava della stessa linea, conosciuta dagli storici come “linea Curzon”, fissata dagli Alleati alla Conferenza di Versailles.

Pochi giorni dopo, il Governo sovietico sottoscriveva patti di mutua assistenza con gli Stati baltici, che prevedevano il dispiegamento di guarnigioni dell’Esercito sovietico in Estonia, Lettonia e Lituania, la realizzazione di aerodromi sovietici e di basi navali.

In tal modo, venivano gettate le fondamenta del fronte “orientale”.

Non era difficile capire che la creazione del fronte “orientale” costituiva un serio contributo non solo all’organizzazione della sicurezza dell’URSS, ma in generale alla causa comune degli Stati amanti della pace, che stavano combattendo contro l’aggressione hitleriana. Ciononostante, i circoli anglo-franco-americani, nella loro stragrande maggioranza, risposero a questo passo del governo sovietico con un’astiosa campagna antisovietica, qualificandolo come aggressione.

Ci furono d’altronde anche figure politiche, abbastanza dotate di intuizione da comprendere il senso della politica sovietica e riconoscere giusta la creazione del fronte “orientale”. Tra questi, il primo posto é occupato dal sig. Churchill, a quel tempo ancora ministro della Marina militare, che, intervenendo per radio il 1 ottobre 1939, dopo una serie di affondi ostili contro l’Unione Sovietica, dichiarò:

“Il fatto che gli eserciti russi dovessero trovarsi su quella linea era assolutamente necessario per la sicurezza della Russia contro la minaccia tedesca. Comunque sia, le posizioni sono occupate ed è creato il Fronte orientale, che la Germania nazista non osa attaccare. Quando il sig. von Ribbentrop è stato chiamato a Mosca la scorsa settimana, ciò è stato fatto affinché egli familiarizzasse con questo dato di fatto e riconoscesse che si debba metter fine ai piani nazisti nei confronti degli Stati baltici e dell’Ucraina”.

Se alle frontiere occidentali dell’URSS, significativamente lontane da Mosca, Minsk e Kiev, la sicurezza dell’URSS era più o meno soddisfacente, non si poteva dire la stessa cosa per i confini settentrionali dell’URSS. Qui, a una distanza di appena 32 chilometri da Leningrado, erano dislocate le truppe finlandesi, i cui comandi, per la maggior parte, erano orientati a favore della Germania hitleriana.

Il governo sovietico era perfettamente a conoscenza del fatto che gli elementi fascisti dei circoli governativi finlandesi, strettamente legati agli hitleriani e la cui influenza nell’esercito finlandese era molto forte, miravano a occupare Leningrado. Non si poteva considerare casuale il fatto che, nell’estate 1939, il Capo di Stato maggiore dell’esercito hitleriano, Halder, fosse arrivato in Finlandia per istruire i più alti ufficiali dell’esercito finlandese. Era difficile dubitare del fatto che i principali circoli finlandesi fossero alleati degli hitleriani e che volessero trasformare la Finlandia in una piazzaforte d’attacco della Germania hitleriana all’URSS.

Nessuna meraviglia, quindi, che rimanessero infruttuosi tutti i tentativi dell’URSS di trovare un linguaggio comune col Governo finlandese per migliorare i rapporti tra i due paesi.

Il Governo finlandese respinse una dietro l’altra tutte le proposte amichevoli del Governo sovietico, volte a garantire la sicurezza dell’URSS e, in particolare, di Leningrado, nonostante il fatto che l’Unione Sovietica venisse incontro alla Finlandia per soddisfare i suoi legittimi interessi.

Il Governo finlandese respinse l’offerta dell’URSS, di arretrare di alcune decine di chilometri il confine finlandese sull’istmo di Karelia, nonostante il Governo sovietico acconsentisse a dare in cambio alla Finlandia il doppio di territorio, nella Karelia sovietica. Il Governo finlandese respinse anche la proposta dell’URSS di sottoscrivere un patto di mutua assistenza, mostrando così che la sicurezza dell’URSS dalla parte della Finlandia restava non garantita.

Con queste e altri analoghi atti ostili e provocazioni alla frontiera sovietico-finlandese, la Finlandia scatenò la guerra contro l’Unione Sovietica.

I risultati della guerra sovietico-finlandese sono noti. I confini dell’URSS a nord-ovest e, in particolare, nella regione di Leningrado, furono portati in avanti e fu così rafforzata la sicurezza dell’URSS. Ciò ebbe un ruolo importante nella difesa dell’Unione Sovietica contro l’aggressione hitleriana, poiché la Germania hitleriana e i suoi complici finlandesi furono costretti a lanciare la loro offensiva nel nord-ovest dell’URSS non nell’area stessa di Leningrado, ma da una linea che si trovava a circa 150 chilometri a nord-ovest della città.

Nell’intervento alla sessione del Soviet supremo dell’URSS del 29 marzo 1940 V.M. Molotov disse

“…Avendo sconfitto l’esercito finlandese e avendo avuto la piena opportunità di occupare l’intera Finlandia, l’Unione Sovietica non lo ha fatto e non ha richiesto alcun contributo quale indennizzo per le proprie spese militari, come avrebbe fatto qualsiasi altra potenza, ma ha limitato le proprie richieste al minimo … Nel Trattato di pace non ci siamo prefissati altri obiettivi se non quello di garantire la sicurezza di Leningrado, Murmansk e della linea ferroviaria di Murmansk”.

Si deve notare che, nonostante il fatto che i circoli governativi finlandesi, con tutta la loro politica nei confronti dell’URSS, facessero il gioco della Germania hitleriana, i caporioni anglo-francesi alla Società delle Nazioni si schierarono immediatamente dalla parte del governo finlandese, facendo dichiarare l’URSS, attraverso la Società delle Nazioni, paese “aggressore” e, con ciò stesso, approvarono e sostennero apertamente la guerra lanciata dal governo finlandese contro l’Unione Sovietica. La Società delle Nazioni, che si era macchiata della connivenza e l’incoraggiamento degli aggressori giapponesi e tedesco-italiani, su ordine dei maneggioni anglo-francesi votò diligentemente una risoluzione contro l’Unione Sovietica, “escludendo” dimostrativamente l’URSS dalla Società delle Nazioni.

E non è tutto. Nella guerra scatenata dai reazionari finlandesi contro l’Unione Sovietica, Inghilterra e Francia aiutarono in ogni maniera il militarismo finlandese. I circoli governativi anglo-francesi continuarono a lungo ad aizzare il Governo finlandese perché proseguisse le ostilità.

I leader anglo-francesi rifornivano sistematicamente la Finlandia di armi e si preparavano attivamente all’invio in Finlandia di un corpo di spedizione di centomila uomini.

Secondo le dichiarazioni fatte da Chamberlain ai Comuni il 19 marzo 1940, nei tre mesi trascorsi dall’inizio della guerra, l’Inghilterra aveva fornito alla Finlandia centouno aerei, oltre duecento cannoni, centinaia di migliaia di proiettili, bombe aeree e mine anticarro. Allo stesso tempo, Daladier disse alla Camera dei deputati che la Francia aveva equipaggiato la Finlandia con 175 aerei, circa 500 cannoni, oltre cinquemila mitragliatrici, un milione di proiettili e bombe a mano, e altro vario armamento.

I piani dei Governi britannico e francese di quel periodo, possono essere valutati appieno, avendo in mente il memorandum trasmesso dagli inglesi agli svedesiil 2 marzo 1940, in cui era detto

“I governi alleati comprendono che la situazione militare finlandese sta diventando disperata. Dopo aver attentamente considerato tutte le possibilità, sono giunti alla conclusione che l’unico mezzo con cui possono fornire un’assistenza effettiva alla Finlandia, è quello dell’invio di forze alleate, ed essi sono pronti a inviare tali truppe in risposta a una richiesta finlandese” [33].

All’epoca, come dichiarato da Chamberlain il 19 marzo al parlamento inglese, “i preparativi per l’invio di unità di spedizione venivano effettuati con la massima velocità e, all’inizio di marzo, l’esercito di spedizione era pronto a partire … due mesi prima della data fissata dal feldmaresciallo Mannerheim per il suo arrivo”. Chamberlain aggiunse che gli effettivi di tali unità raggiungevano i 100.000 uomini.

Da parte sua, il Governo francese aveva preparato un primo corpo di spedizione di 50.000 uomini, da inviare in Finlandia via Narvik.

E una simile attività bellicosa veniva sviluppata dai governi anglo-francesi nello stesso momento in cui, contro la Germania hitleriana, Inghilterra e Francia non si mostravano in alcun modo attive e conducevano la cosiddetta “strana guerra” (“drôle de guerre”).

Ma l’aiuto militare alla Finlandia, contro l’Unione Sovietica, era solo una parte di un piano molto più vasto degli imperialisti anglo-francesi.

Nel già citato “Libro bianco” del ministero degli esteri svedese, è presente un documento del ministro degli esteri svedese Christian Günther, in cui si afferma che

“l’invio di questo contingente di truppe rientrava nel piano generale di attacco contro l’Unione Sovietica” e che, questo piano, “a partire dal 15 marzo, sarebbe stato messo in atto contro Baku e, ancora prima, attraverso la Finlandia” [34].

Nel suo libro “De Gaulle dictateur”, Henri de Kérillis ha scritto quanto segue

“Secondo quel piano, le cui principali caratteristiche mi sono state illustrate da Paul Reynaud [35] in una lettera che conservo, un corpo di spedizione motorizzato, passato in Finlandia attraverso la Norvegia, avrebbe rapidamente disperso le disorganizzate orde russe e si sarebbe diretto su Leningrado…” [36].

Il piano francese era stato messo a punto da Charles de Gaulle e dal generale Maxime Weygand, all’epoca comandante delle truppe francesi in Siria, che così si vantava

con pochi rinforzi e un paio di centinaia di aerei, avrebbe conquistato il Caucaso e sarebbe penetrato in Russia come “un coltello nel burro”.

Altrettanto noto, è il piano di operazioni militari anglo-francesi contro l’URSS, messo a punto dal generale francese Maurice Gamelin nel 1940, in cui particolare attenzione veniva prestata al bombardamento di Baku e Batumi.

La preparazione dei capi anglo-francesi per un attacco all’URSS marciava a pieno regime. I Quartier generali di Inghilterra e Francia stavano sviluppando con cura i piani di tale attacco. Invece della guerra contro la Germania hitleriana, quei signori volevano iniziare una guerra contro l’Unione Sovietica.

Ma quei piani non erano destinati ad avverarsi. In quel momento, la Finlandia era già stata sconfitta dalle truppe sovietiche e costretta a capitolare, nonostante tutti gli sforzi di Inghilterra e Francia per ostacolarne la resa.

Il 12 marzo 1940 veniva firmato il trattato di pace sovietico-finlandese.

In tal modo, la difesa dell’URSS contro l’aggressione hitleriana veniva perfezionata anche a nord, nella regione di Leningrado, con lo spostamento di 150 chilometri della linea difensiva, a nord della città di Leningrado, inclusa Vyborg.

Ma ciò non significava ancora la completa realizzazione del fronte “orientale”, dal mar Baltico al mar Nero. Erano stati conclusi i patti con gli Stati baltici, ma non erano ancora presenti truppe sovietiche, in grado di assicurare la difesa. Moldavia e Bukovina erano sì formalmente riunite all’URSS, ma anche là non c’erano ancora truppe sovietiche in grado di garantirne le difese. A metà del giugno 1940, le truppe sovietiche fecero il loro ingresso in Estonia, Lettonia e Lituania. Il 27 giugno dello stesso anno, i soldati sovietici arrivarono in Bukovina e in Moldavia, strappate dalla Romania all’URSS dopo la Rivoluzione d’Ottobre.

In questo modo, veniva completata la formazione del fronte “orientale”, dal mar Baltico al mar Nero, contro l’aggressione hitleriana.

I circoli governativi anglo-francesi, continuando ad accusare l’URSS di aggressione, per la creazione del fronte “orientale”, evidentemente non si rendevano conto che la comparsa del fronte “orientale” costituiva una svolta radicale nello sviluppo della guerra, contro la tirannide hitleriana e a vantaggio della vittoria della democrazia.

Non comprendevano che non si trattava di violazione o non violazione dei diritti nazionali di Finlandia, Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, ma di impedire, organizzando la vittoria sui nazisti, la trasformazione di questi paesi in colonie senza diritti della Germania hitleriana.

Essi non comprendevano che la questione era quella di creare una barriera contro l’avanzata delle truppe tedesche in tutte le aree dove ciò era possibile; era quella di costruire una forte difesa, e passare poi alla controffensiva, sconfiggere le truppe hitleriane e creare con ciò la possibilità per il libero sviluppo di questi paesi.

Essi non comprendevano che non c’erano altre strade per la vittoria sull’aggressione hitleriana.

Agì correttamente il governo inglese, schierando le proprie truppe in Egitto durante la guerra, nonostante le proteste degli egiziani e persino la resistenza di alcuni elementi in Egitto? Senza dubbio, agì correttamente! Era questa la soluzione principale per bloccare la strada all’aggressione hitleriana in direzione del Canale di Suez, proteggere l’Egitto dagli assalti di Hitler, organizzare la vittoria su Hitler e impedire così la trasformazione dell’Egitto in una colonia hitleriana. Solo dei nemici della democrazia o dei pazzi possono sostenere che le azioni del Governo britannico rappresentassero un’aggressione.

Agì correttamente il Governo degli Stati Uniti d’America, schierando le proprie truppe a Casablanca, nonostante le proteste marocchine e la diretta reazione militare del governo Pétain in Francia, la cui autorità si estendeva al Marocco? Senza dubbio, agì correttamente! Questo era un mezzo efficace per creare le basi della risposta all’aggressione tedesca, in diretta prossimità dell’Europa occidentale, per organizzare la vittoria sulle truppe hitleriane e creare in tal modo la possibilità di liberare la Francia dall’oppressione coloniale hitleriana. Solo dei nemici della democrazia o dei pazzi potevano considerare un’aggressione tali azioni delle forze americane.

Ma lo stesso si deve dire delle azioni del Governo sovietico, che nell’estate 1940 organizzò il fronte “orientale” contro l’aggressione hitleriana e schierò le proprie truppe quanto più possibile a ovest di Leningrado, Mosca, Kiev. Era questo l’unico mezzo per sbarrare la strada all’incontrastata avanzata delle forze tedesche verso Oriente, costituire una forte difesa e passare poi al contrattacco per battere, in comune con gli alleati, l’esercito hitleriano e impedire in tal modo la trasformazione, in colonie hitleriane, degli stati europei amanti della pace, compresi Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia. Solo dei nemici della democrazia o dei pazzi potevano considerare un’aggressione tali azioni del Governo sovietico.

Ma da ciò consegue che Chamberlain, Daladier e il loro entourage, avendo qualificato questa politica del Governo sovietico quale aggressione e avendo organizzato l’esclusione dell’Unione Sovietica dalla Società delle Nazioni, agirono da nemici della democrazia o come matti.

Da ciò consegue, inoltre, che gli attuali calunniatori e falsificatori della storia, che operano in collaborazione coi sigg. Bevin e Bidault e qualificano come aggressione la creazione del fronte “orientale” contro Hitler, agiscono anch’essi come dei nemici della democrazia o dei matti.

Cosa sarebbe accaduto, se l’URSS non avesse dato vita al fronte “orientale” prima dell’aggressione della Germania, di parecchio più a ovest delle vecchie frontiere dell’URSS, se quel fronte fosse passato non lungo la linea Vyborg-Kaunas-Belostok(Bia?ystok)-Brest-L’vov, ma lungo la vecchia frontiera Leningrado-Narva-Minsk-Kiev?

Ciò avrebbe dato la possibilità alle truppe di Hitler di guadagnare centinaia di chilometri di terreno, avvicinando di 200-300 chilometri il fronte tedesco a Leningrado-Mosca-Minsk-Kiev; avrebbe di molto accelerato l’avanzata tedesca in profondità nel territorio dell’URSS, avrebbe accelerato la caduta di Kiev e dell’Ucraina, avrebbe portato alla conquista di Mosca da parte dei tedeschi, alla conquista di Leningrado da parte delle forze riunite di tedeschi e finlandesi e avrebbe costretto l’URSS a passare a lungo sulla difensiva, il che avrebbe consentito ai tedeschi di sgombrare da est una cinquantina di divisioni, necessarie per lo sbarco sulle isole britanniche e per il consolidamento del fronte tedesco-italiano nell’area egiziana. Con molta probabilità, il Governo inglese avrebbe dovuto esser evacuato in Canada, mentre l’Egitto e il canale di Suez sarebbero caduti nelle mani di Hitler.

Ma non è tutto. L’URSS sarebbe stata costretta a trasferire una grossa parte delle proprie forze dalla frontiera con la Manciuria al fronte “orientale”, per consolidare la propria difesa e ciò avrebbe dato l’opportunità ai giapponesi di liberare 30 divisioni dalla Manciuria e rivolgerle contro la Cina, le Filippine, l’Asia sudorientale e, in fine dei conti, contro le truppe americane in Estremo oriente.

Tutto ciò avrebbe avuto come conseguenza che la guerra si sarebbe protratta come minimo per altri due anni, così che la seconda guerra mondiale sarebbe finita non nel 1945, ma nel 1947 o anche più tardi.

Così stavano le cose per quanto riguarda il fronte “orientale”.

Nel frattempo, gli eventi a Ovest seguivano il proprio corso. Nell’aprile 1940 i tedeschi occupavano Danimarca e Norvegia. A metà maggio le truppe tedesche invadevano Olanda, Belgio e Lussemburgo. Il 21 maggio i tedeschi arrivavano a La Manica e tagliavano gli alleati nelle Fiandre. A fine maggio, le forze inglesi evacuavano Dunkerque, lasciavano la Francia e tornavano in Inghilterra. A metà giugno cadeva Parigi. Il 22 giugno la Francia capitolava di fronte alla Germania.

In questo modo, Hitler calpestava ogni qualsivoglia dichiarazione di non aggressione con Francia e Inghilterra.

Era il completo fallimento della politica di appeasement, politica di rinuncia alla sicurezza collettiva, politica di isolamento dell’URSS.

Diveniva chiaro che, isolando l’URSS, Francia e Inghilterra avevano spezzato il fronte unito dei paesi amanti della libertà, si erano indebolite ed erano finite esse stesse nell’isolamento.

Il 1 marzo 1941 i tedeschi occupavano la Bulgaria.

Il 5 aprile l’URSS sottoscriveva il patto di non aggressione con la Jugoslavia.

Il 22 giugno dello stesso anno la Germania attaccava l’URSS.

Italia, Romania, Ungheria, Finlandia entravano in guerra contro l’Unione Sovietica a fianco della Germania.

L’Unione Sovietica iniziava la guerra di liberazione contro la Germania hitleriana.

Ambienti diversi d’Europa e d’America ebbero atteggiamenti differenti rispetto a questo avvenimento.

I popoli asserviti da Hitler tirarono un sospiro di sollievo, convinti che Hitler si sarebbe spezzato il collo tra due fronti, quello occidentale e quello “orientale”.

I circoli dominanti della Francia esultavano, persuasi che “la Russia sarebbe stata sconfitta” nel più breve tempo possibile.

Il membro di spicco del Senato degli Stati Uniti d’America, e attuale presidente USA, sig. Truman, il giorno dopo l’attacco tedesco all’URSS dichiarò:

“Se vedremo che la Germania vince, allora dovremmo aiutare la Russia, mentre se a vincere sarà la Russia, allora dovremmo aiutare la Germania e, in questo modo, lasciamo che si uccidano quanto più possibile” [37].

In Gran Bretagna, un’affermazione analoga fu fatta nel 1941 dall’allora ministro dell’industria aeronautica, John Moore-Brabazon, il quale dichiarò che, per quanto riguardava la Gran Bretagna, il miglior esito della lotta sul fronte orientale sarebbe stato quello del reciproco esaurimento di Germania e URSS, in seguito al quale l’Inghilterra avrebbe potuto assumere una posizione dominante.

Queste dichiarazioni rappresentavano senza dubbio un’espressione degli ambienti reazionari di USA e Gran Bretagna. Tuttavia, la stragrande maggioranza dei popoli inglese e americano aveva orientamenti favorevoli all’URSS, e chiedeva di unirsi all’Unione Sovietica per la vittoria nella lotta contro la Germania hitleriana.

Può considerarsi come un riflesso di questi sentimenti, la dichiarazione rilasciata il 22 giugno 1941 dal primo-ministro di Gran Bretagna, sig. Churchill, secondo cui

“il pericolo per la Russia è il nostro pericolo e anche un pericolo per gli Stati Uniti, così come la causa di ogni russo, che combatte per la propria terra e la propria casa, è la causa delle persone libere e dei popoli liberi in qualsiasi parte del globo terrestre”.

Una posizione simile nei confronti dell’URSS fu assunta in USA dal governo Roosevelt.

Con ciò si diede il via alla coalizione anglo-sovietico-americana contro la Germania hitleriana.

La coalizione anti-hitleriana si prefisse l’obiettivo di sconfiggere il regime hitleriano e liberare i popoli che la Germania hitleriana aveva ridotto in schiavitù. Nonostante le differenze di ideologia e sistema economico dei singoli stati alleati, la coalizione anglo-sovietico-americana divenne una potente intesa di popoli, che unirono le loro forze nella lotta di liberazione contro l’hitlerismo.

Naturalmente, anche allora, nel corso della guerra, su alcune questioni si manifestarono disaccordi tra gli alleati. È noto, ad esempio, quale significato abbiano assunto i disaccordi su questioni così importanti come quella dell’apertura del secondo fronte, quella degli impegni degli alleati, dei loro obblighi morali gli uni di fronte agli altri.

Attaccandosi a tali disaccordi, i falsificatori della storia e i calunniatori di ogni sorta cercano di “dimostrare”, nonostante l’evidenza, che l’URSS non era e non poteva essere un alleato fedele e sincero nella lotta contro l’aggressione hitleriana. Dal momento però, che la lotta congiunta contro la Germania hitleriana e la condotta dell’URSS in questa lotta non forniscono alcun materiale a favore di tale accusa, allora essi si rivolgono al passato, al periodo prebellico, sostenendo che durante i “colloqui” con Hitler a Berlino, nel 1940, i rappresentanti dell’Unione Sovietica si sarebbero comportati in modo infido, non da  alleati.

Essi attestano che durante i “negoziati” di Berlino fossero stati discussi e anche adottati sleali “piani per la spartizione dell’Europa”, pretese territoriali dell’Unione Sovietica sulle aree a “sud dell’Unione Sovietica, in direzione dell’Oceano Indiano”, nonché “piani” su Turchia, Iran, Bulgaria e altri “problemi”. A questo scopo, i calunniatori fanno ricorso ai rapporti degli ambasciatori tedeschi e di altri funzionari hitleriani, a ogni tipi di note e bozze tedesche di certi “protocolli” e altri “documenti” di genere simile.

Cosa si era verificato, in realtà, a Berlino? Bisogna dire che i cosiddetti “negoziati berlinesi” del 1940 costituivano in realtà nient’altro che la visita di risposta di V.M. Molotov ai due viaggi di Ribbentrop a Mosca. Nel corso di quei colloqui furono toccati, per la maggior parte, i rapporti sovietico-tedeschi. Hitler tentò di trasformarli in una base per un ampio accordo tra le parti tedesca e sovietica. Al contrario, la parte sovietica, li utilizzò per sondare, per tastare le posizioni tedesche, senza avere intenzione alcuna di concludere un qualsivoglia accordo coi tedeschi. In tali colloqui, Hitler si lasciò andare a considerazioni, del tipo che l’Unione Sovietica avrebbe dovuto acquisire uno sbocco sul Golfo persico, occupando l’Iran occidentale e le strutture petrolifere inglesi in Iran. Egli parlò inoltre del fatto che la Germania avrebbe potuto aiutare l’Unione Sovietica a sistemare le questioni in sospeso con la Turchia, finanche alla revisione della convenzione di Montreux sugli stretti; tra l’altro, ignorando completamente gli interessi dell’Iran, egli tutelava accuratamente gli interessi della Turchia, guardando chiaramente a essa come a un alleato, se non attuale, quantomeno futuro. Per quanto riguarda Paesi balcanici e Turchia, Hitler guardava a essi come sfera di influenza di Germania e Italia.

Da quei colloqui l’Unione Sovietica trasse le seguenti conclusioni: la Germania non teneva in alcun conto i legami con l’Iran; la Germania non era legata e non pensava di legarsi all’Inghilterra e ciò significava che l’Unione Sovietica poteva guardare all’Inghilterra come un sicuro alleato contro la Germania hitleriana; gli Stati balcanici, o erano già acquisiti e dunque già trasformati in satelliti della Germania (Bulgaria, Romania, Ungheria), oppure erano asserviti, come la Cecoslovacchia, oppure erano sulla via dell’asservimento, come la Grecia; la Jugoslavia era l’unico paese balcanico su cui si potesse contare come futuro alleato nel campo anti-hitleriano; la Turchia, o era già legata a doppio filo con la Germania hitleriana, oppure aveva intenzione di unirsi a essa. 

Traendo queste utili conclusioni, il Governo sovietico non tornò oltre a qualsivoglia colloquio su dette questioni, nonostante le ripetute insistenze di Ribbentrop.

Come si vede, dunque, si trattava di un sondaggio dell’Unione Sovietica, volto a tastare le posizioni del governo hitleriano; un sondaggio che non si concluse e non poteva concludersi, con un qualsivoglia accordo.

È ammissibile un sondaggio simile delle posizioni del nemico da parte degli Stati amanti della pace? Senza dubbio è ammissibile. E non solo ammissibile, ma in certi momenti costituisce una diretta esigenza politica. È solo necessario che il sondaggio si svolga non all’insaputa, ma con il consenso degli alleati e che i risultati vengano comunicati agli alleati. Ma, all’epoca, l’Unione Sovietica non aveva alleati, era isolata e, purtroppo, non poteva condividere con essi i risultati del sondaggio.

Si deve notare che un’analogo sondaggio, quantunque di cattivo gusto, delle posizioni della Germania hitleriana, venne poi condotto dai rappresentanti di Inghilterra e Stati Uniti d’America durante la guerra, dopo che si era già organizzata la coalizione anti-hitleriana tra Inghilterra, Stati Uniti d’America e URSS. Ciò risulta dai documenti catturati dalle truppe sovietiche in Germania.

Da quei documenti, si evince che nell’autunno 1941, come pure nel 1942 e 1943, a Lisbona e in Svizzera si svolsero negoziati, alle spalle dell’URSS, tra rappresentanti di Inghilterra e Germania e, successivamente, tra rappresentanti degli Stati Uniti d’America e Germania per la conclusione della pace con la Germania.

In uno di quei documenti – allegato al rapporto del viceministro degli esteri tedesco von Weizsäcker – si descrive il corso di quei negoziati a Lisbona nel settembre 1941. Si evince che il 13 settembre si era svolto un incontro del figlio di lord Beaverbrook, Aitken, ufficiale dell’esercito inglese, successivamente membro del parlamento inglese, in rappresentanza dell’Inghilterra, con l’ungherese Gustav von Koever, che agiva su incarico del Ministero degli esteri tedesco, come si può vedere da una lettera del console generale tedesco a Ginevra, Krauel, a von Weizsäcker.

Nel corso dei colloqui, Aitken pose direttamente la domanda, se “non sarebbe stato possibile utilizzare l’arrivo dell’inverno e della primavera per discutere dietro le quinte le possibilità di pace?”.

Altri documenti, testimoniano dei negoziati svoltisi tra rappresentanti dei Governi di USA e Germania nel febbraio 1943 in Svizzera. Da parte USA, tali negoziati furono condotti dal plenipotenziario speciale del Governo USA, Allen Dulles (fratello di John Foster Dulles), citato con il nome in codice “Bull”, forte “dell’incarico diretto e dei pieni poteri conferitigli dalla Casa Bianca”. La controparte tedesca era rappresentata dal principe M. Hohenlohe, vicino agli ambienti governativi della Germania hitleriana e presente in qualità di rappresentante hitleriano con lo pseudonimo di “Pauls”. Il documento in cui si illustrano tali negoziati proviene dai servizi di sicurezza hitleriani (S.D.).

Dal documento, risulta che durante i colloqui vennero toccate importanti questioni, riguardanti Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Romania, Ungheria e, cosa particolarmente importante, la questione della conclusione della pace con la Germania.

Nei colloqui, A. Dulles (Bull) affermava che “in futuro non sarà più ammesso che popoli come quello tedesco vengano costretti a disperati esperimenti e atti di eroismo, a causa dell’ingiustizia e del bisogno. Lo Stato tedesco deve continuare a esistere quale fattore di ordine e restaurazione. Di un suo smembramento o di una separazione dell’Austria non si deve nemmeno parlare”.

Per quanto riguarda la Polonia, Dulles (Bull) dichiarò che

… attraverso un allargamento a est della Polonia e la conservazione di forti Romania e Ungheria, si deve sostenere la creazione di un cordone sanitario contro il bolscevismo e il panslavismo” [38].

Più avanti nel verbale del colloquio si rileva che “Mr. Bull è più o meno d’accordo con l’organizzazione statale e industriale d’Europa, sulla base di ampi spazi, stimando che una Grande Germania federale (sul modello USA) con una Confederazione danubiana a essa allineata, sarebbe la migliore garanzia di ordine e restaurazione dell’Europa centrale e orientale” [39].

Dulles (Bull) dichiarò anche di riconoscere pienamente le pretese dell’industria tedesca a un ruolo dominante in Europa.

Non si può non rilevare che questo sondaggio fu fatto dagli inglesi e dagli americani all’insaputa e senza il consenso del loro alleato, l’Unione Sovietica, e inoltre nessuna informazione venne fornita al Governo sovietico sui risultati del sondaggio, nemmeno come informativa a cose fatte. Ciò poteva significare che i governi di Stati Uniti e Inghilterra avessero tentato in questo caso di intavolare negoziati con Hitler per una pace separata.

Chiaro, che tale comportamento dei governi di Inghilterra e Stati Uniti non può che essere considerato una violazione dei requisiti elementari degli impegni tra alleati e degli obblighi di alleanza.

Ne risulta, che i falsificatori della storia, accusando l’URSS di “slealtà”, cercano di scaricare sugli altri le proprie colpe.

È indubbio che questi documenti siano noti ai falsificatori della storia e calunniatori vari. E se li nascondono all’opinione pubblica, tacendo su di essi nella loro campagna di calunnie contro l’URSS, è perché temono la verità storica come la peste.

Per quanto riguarda i disaccordi sull’apertura del secondo fronte, vi ha influito una diversa interpretazione degli impegni tra alleati nei loro rapporti reciproci. Il popolo sovietico ritiene che se un alleato viene a trovarsi in difficoltà, lo si debba aiutare con ogni mezzo disponibile, lo si debba trattare non come un occasionale compagno di viaggio, bensì come un amico, rallegrandosi dei suoi successi, rallegrandosi per il suo consolidamento.

I rappresentanti degli inglesi e degli americani non sono d’accordo e giudicano ingenua tale morale. Partono dalla considerazione che un alleato forte, sia pericoloso, che il consolidamento dell’alleato non sia nel loro interesse, che sia meglio avere un alleato debole, piuttosto che forte, e se questo, nonostante tutto, si consolida, si debbano adottare misure per il suo indebolimento.

È noto a tutti, che nel comunicato anglo-sovietico, così come in quello sovietico-americano del giugno 1942, gli anglo-americani si erano impegnati ad aprire il secondo fronte in Europa già nel 1942. Si trattava di una solenne promessa, se volete, un giuramento, che avrebbe dovuto essere adempiuto secondo i termini, per alleggerire il peso che gravava sulle truppe dell’Unione Sovietica, le quali, nel primo periodo della guerra, avevano portato l’intero peso della resistenza al fascismo tedesco. Ma è altrettanto noto che quella promessa non fu mantenuta né nel 1942, né nel 1943, nonostante che il Governo sovietico avesse ripetutamente dichiarato che l’Unione Sovietica non poteva rassegnarsi al rinvio dell’apertura del secondo fronte.

La politica del rinvio del secondo fronte non era affatto casuale. Essa si nutriva delle aspirazioni di quegli ambienti reazionari in Inghilterra e negli Stati Uniti, che perseguivano propri obiettivi nella guerra con la Germania, obiettivi che non avevano nulla in comune con i compiti di liberazione nella lotta contro il fascismo tedesco. Nei loro piani non rientrava l’obiettivo della completa sconfitta del fascismo tedesco. Essi erano interessati a minare la potenza della Germania e, principalmente, a eliminare la Germania quale pericoloso concorrente sui mercati mondiali, basandosi sui propri stretti egoistici obiettivi. Ma nelle loro intenzioni non rientrava affatto quella della liberazione della Germania e di altri paesi dal dominio delle forze reazionarie, perenni portatori di aggressioni imperialiste e di fascismo, così come non vi rientrava l’attuazione di radicali trasformazioni democratiche.

Allo stesso tempo, contavano sull’indebolimento dell’URSS, il suo dissanguamento e sul fatto che, come risultato di una guerra estenuante, l’URSS avrebbe perso per molto tempo il proprio ruolo di grande e influente potenza e, dopo la guerra, sarebbe diventata dipendente dagli Stati Uniti d’America e dalla Gran Bretagna.

Chiaro che l’Unione Sovietica non possa considerare normali tali rapporti tra alleati.

La politica perseguita dall’URSS nelle relazioni interalleate è l’esatto opposto di tale politica. È una politica caratterizzata dall’adempimento sempre disinteressato, conseguente e leale degli impegni assunti, dalla costante disponibilità a fornire un aiuto solidale al proprio alleato. Nella passata guerra, l’Unione Sovietica ha dato esempi di simile atteggiamento da alleato nei confronti degli altri paesi, compagni di lotta nella battaglia contro il nemico comune.

Ecco uno di simili fatti.

È noto che, a fine dicembre 1944, le forze hitleriane lanciarono un’offensiva sul fronte occidentale, nella regione delle Ardenne, sfondarono il fronte e misero in una difficile posizione le truppe anglo-americane. Secondo gli alleati, i tedeschi, portando l’attacco su Liegi, contavano di sbaragliare la 1° armata americana, puntare su Anversa, tagliar fuori la 9° armata americana, la 2° britannica e la 1° canadese e riserbare agli alleati una seconda Dunkerque, per eliminare l’Inghilterra dalla guerra.

Fu così che il 6 gennaio 1945, W. Churchill indirizzò a I.V. Stalin un messaggio di questo contenuto

A Ovest sono in corso battaglie molto pesanti e, in qualsiasi momento, l’Alto Comando potrebbe dover adottare gravi decisioni. Voi stesso sapete, per Vostra esperienza, quanto sia allarmante una situazione, allorché si debba difendere un fronte molto ampio, dopo una temporanea perdita di iniziativa. Per il generale Eisenhower è molto desiderabile e necessario conoscere, nelle linee generali, cosa Voi intendiate fare, dato che questo, ovviamente, influirà su tutte le sue e le nostre decisioni più importanti. Secondo un messaggio che abbiamo ricevuto, il nostro emissario, Primo maresciallo dell’aria Tedder, era fermo al Cairo ieri sera, a causa di condizioni meteorologiche avverse. Il suo viaggio è stato di molto ritardato non per causa Vostra. Nel caso egli non sia ancora arrivato da Voi, io Vi sarei grato se poteste comunicarmi se noi possiamo contare su una grande offensiva russa sul fronte della Vistola o in qualche altro settore, nel corso del mese di gennaio, così come altre informazioni che Voi vorreste eventualmente menzionare. Per parte mia, non trasmetterò a nessuno tali informazioni oltremodo segrete, tranne che al feldmaresciallo Brooke e al generale Eisenhower, e alla condizione della più stretta segretezza. Considero la questione urgente”.

Il 7 gennaio 1945, I.V. Stalin indirizzò a W. Churchill la seguente risposta

Ho ricevuto il Vostro messaggio del 6 gennaio 1945, la sera del 7 gennaio. Purtroppo, il Primo maresciallo dell’aria, signor Tedder, non è ancora arrivato a Mosca. È molto importante sfruttare la nostra superiorità sui tedeschi in artiglieria e aviazione. Questo tipo di armi richiede tempo sereno per l’aviazione e assenza di nebbie basse che impediscano all’artiglieria di condurre un fuoco mirato. Ci stiamo preparando all’offensiva, ma le previsioni atmosferiche non sono per ora favorevoli. Tuttavia, tenuto conto della situazione dei nostri alleati sul fronte occidentale, il Gran quartier generale del Comando supremo ha deciso di completare i preparativi a ritmo accelerato e, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, avviare larghe operazioni offensive contro i tedeschi su tutto il fronte centrale, non più tardi della seconda metà di gennaio. Potete non dubitare, che faremo tutto quanto possibile per aiutare le nostre gloriose forze alleate”.

Nel messaggio di risposta a I.V. Stalin, W. Churchill scrisse il 9 gennaio

Vi sono oltremodo grato per il Vostro entusiasmante messaggio. L’ho trasmesso al generale Eisenhower solo per sua informazione personale. Che la Vostra nobile impresa sia accompagnata dal pieno successo!”.

Volendo accelerare l’aiuto alle forze alleate a ovest, l’Alto Comando Supremo delle truppe sovietiche decise di anticipare dal 20 al 12 gennaio l’offensiva contro i tedeschi sul fronte sovietico-tedesco. Il 12 gennaio iniziò la grande offensiva delle truppe sovietiche su un ampio fronte dal mar Baltico ai Carpazi. Furono messe in moto 150 divisioni sovietiche, con una grande quantità di artiglieria e aviazione, che sfondarono il fronte tedesco e respinsero indietro le truppe tedesche per centinaia di chilometri.

Il 12 gennaio, le forze tedesche sul fronte ovest, comprese le 5° e 6° armate corazzate, pronte per un nuovo attacco, interruppero l’offensiva e in 5-6 giorni furono ritirate dal fronte e trasferite a est – contro l’avanzata delle truppe sovietiche. L’offensiva tedesca a ovest fu bloccata.

Il 17 gennaio 1945 W. Churchill scriveva a I.V. Stalin

Vi sono molto grato per il Vostro messaggio e sono molto lieto che il maresciallo dell’aria Tedder abbia prodotto su di Voi un’impressione così favorevole. A nome del Governo di Sua Maestà e dal profondo del mio cuore, voglio esprimerVi la nostra gratitudine e le congratulazioni per la gigantesca offensiva che Voi avete lanciato sul fronte orientale. Indubbiamente, ora Vi saranno noti i piani del generale Eisenhower e fino a che punto la loro attuazione sia stata ritardata dalla sconvolgente offensiva di Rundstedt. Sono convinto che su tutto il nostro fronte le battaglie continueranno senza interruzioni. Il 21° corpo d’armata britannico, al comando del feldmaresciallo Montgomery, ha lanciato oggi un’offensiva nell’area a sud di Roermond”.

Nell’ordine del giorno indirizzato da I.V. Stalin alle truppe sovietiche nel febbraio 1945, a proposito di quell’offensiva delle forze sovietiche era detto

A gennaio di quest’anno, l’Esercito Rosso ha riversato sul nemico un colpo senza precedenti per la sua potenza, su tutto il fronte, dal Baltico ai Carpazi. Esso ha spezzato, lungo 1.200 chilometri, quella potente difesa tedesca che essi avevano costruito nel corso di vari anni. Nel corso dell’offensiva, l’Esercito Rosso, con azioni rapide e abili, ha respinto il nemico molto a ovest. I successi della nostra offensiva invernale hanno avuto come risultato, prima di tutto, che hanno frustrato l’offensiva invernale dei tedeschi a Ovest, che aveva come obiettivo la conquista del Belgio e dell’Alsazia, e hanno consentito agli eserciti dei nostri alleati di passare a loro volta all’offensiva contro i tedeschi e collegare con ciò le loro operazioni offensive a Ovest con le operazioni offensive dell’Esercito Rosso a Est”.

Così agiva I.V. Stalin.

Così agiscono i veri alleati nella lotta comune.

* * *

Questi sono i fatti.

Naturalmente, i falsificatori della storia e i calunniatori sono appunto definiti falsificatori e calunniatori perché non portano rispetto ai fatti. Preferiscono aver a che fare coi pettegolezzi e le calunnie. Ma non c’è motivo di dubitare che, in fin dei conti, questi signori dovranno comunque ammettere una verità a tutti ben nota, e cioè che i pettegolezzi e le calunnie soccombono, mentre i fatti rimangono.

Ufficio d’informazioni sovietico

Note

[1]Corwin D. Edwards, International Cartels in Economics and Politics, 1947.

[2] Richard Sasuly, «I.G. F?rben», Boni and Gaer, New York, 1947, ?. 80.

[3] Stock Exchange Year Book, London, 1925; Who’s Who in America; Who’s who in Finance, Banking and Insurance; Moody’s Manual of Railroads and Corporation Securities; Poor’s Manual, 1924–1939.

[4]V.M. Molotov, Articoli e discorsi 1935–1936, pag. 176.

[5] Idem, pag. 177.

[6]I.V. Stalin, Rapporto al XVIII Congresso sull’attività del CC del VKP(b), “Questioni del leninismo”, pag. 570.

[7] Rapporto stenografico del XVIII Congresso del VKP(b), OGIZ, 1939, pag. 13.

[8] Rapporto stenografico del XVIII Congresso del VKP(b), OGIZ, 1939, pag. 14.

[9]?. Hitler, Mein Kampf, ?onaco, 1936, pag. 742

[10] “Verbale del colloquio tra il Führer e il Cancelliere del Reich e Lord Halifax presente il Ministro degli Esteri del Reich, a  Obersalzberg 19. XI 1937 ”, dagli Archivi del Ministero degli Affari Esteri tedesco.

[11] Si intendono Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia

[12] ?onf. il già citato “Verbale del colloquio…”.

[13] “Verbale del colloquio…”.

[14] Idem

[15] The Times, 23 febbraio 1938, pag. 8.

[16] “Resoconto della conversazione tra il Führer (e il Cancelliere del Reich) e l’ambasciatore reale britannico, tenutasi alla presenza del sig. Reichsminister degli affari esteri von Ribbentrop il 3 marzo 1938 a Berlino “, dagli archivi del ministero degli affari esteri tedesco.

[17] “Verbale del colloquio…”.

[18]Idem.

[19] Izvestija del 18 marzo 1938.

[20] Nota del Ministero britannico per gli affari esteri del 24 marzo 1938.

[21] ??rrespondence respecting Czechoslovakia, September 1938, London 1938, ctd 5817, pagg. 8–9

[22] “Rapporto politico del 10 luglio 1938, supplemento al rapporto A n. 2589 del 10 giugno di quest’anno”, dall’archivio del Ministero degli affari esteri tedesco

[23] Rapporto stenografico del XVIII Congresso del VKP(b), ?GIZ, 1939, pag. 14. 

[24] Idem, pag. 13

[25] M. Sayers e A. Kahn, La guerra segreta contro la Russia sovietica. Boston 1946, pagg. 324–325.

[26] Izvestija del 20 marzo 1939.

[27] Archivio di politica estera e studi regionali, pag. 483 ( «Archiv für Aussenpolitik und Länderkunde», September 1938, S. 483).

[28] Nota di Dirksen, “Sullo sviluppo delle relazioni politiche tra Germania e Inghilterra durante la mia permanenza di servizio a Londra”, compilata nel settembre 1939.

[29] Cfr. Rapporto di V.M. Molotov alla III Sessione del Soviet supremo dell’URSS del 31 maggio 1939.

[30] M. Sayers e A. Kahn, La guerra segreta contro la Russia sovietica, Mosca 1947, pag. 371.

[31] “Discorsi di politica estera di lord Halifax”, Oxford, Londra 1940, pag. 296.

[32] Nota dell’ambasciatore tedesco in Inghilterra Dirksen del 21 luglio 1939, Archivio del ministero degli esteri tedesco.

[33] “Nota della missione britannica del 2 marzo 1940, “Libro bianco”, Ministero degli esteri di Svezia, Stoccolma 1947, pag. 120.

[34] “Note di Günther come memoria, 2 marzo 1940”, “Libro bianco”, Ministero degli esteri di Svezia, Stoccolma 1947, pag. 119.

[35] All’epoca, membro del Governo francese.

[36]  Henri de Kérillis, “De Gaulle dictateur”, Montreal 1945, pagg. 363–364.

[37] New York Times, 24 giugno 1941.

[38] “Colloquio Pauls-Mr. Bull”, dai documenti d’archivio tedeschi.

[39] Conf. Il documento sopra citato.