“La schiavitù del capitale” di Luciano Canfora

schiavitudi Federico La Mattina per Marx21.it

Luciano Canfora, filologo classico, professore emerito dell’Università di Bari, autore di moltissimi saggi storici – molti dei quali abbracciano anche la contemporaneità – ha scritto un pamphlet di poco più di cento pagine dal titolo “La schiavitù del capitale” (il Mulino, 2017). Canfora ci propone una riflessione di ampio respiro sul “movimento permanente della storia”. Chi sfrutta ha temporaneamente vinto la partita contro chi è sfruttato ed è necessario trovare le forme adatte per capovolgere la temporanea “sentenza della storia”,  “nella convinzione, condivisa da ogni essere pensante, che nella storia non esistono sentenze definitive” (p. 9). E’ evidente la critica a qualsiasi teleologia, sia essa di matrice rivoluzionaria o reazionaria. Il brusco risveglio che ha seguito il crollo dell’esperimento socialista alla fine del secolo scorso ha visto, secondo Canfora, il trionfo del modello capitalistico “in tutte le sue proteiformi manifestazioni” sulla gran parte del pianeta. Gli sfruttati si trovano divisi di fronte ad un “capitale internazionalista” che ha ripristinato forme di dipendenza di tipo schiavile, non solo nei mondi dipendenti ma anche all’interno delle aree più avanzate.

Canfora mette in luce la complessità e la mutevolezza della definizione di “Occidente”, facendo riferimento alle  riflessioni di diversi autori tra i quali Voltaire, Julius Schvarcz (secondo il quale la democrazia è una prerogativa della “razza bianca”) e Gabriel García Márquez, critico del “fondamentalismo democratico” dell’odierno mondo euro-atlantico. Canfora si chiede cosa voglia dire “Occidente”, mettendo in luce “la onnilateralità e perciò la difficoltà che si incontra a maneggiare ragionevolmente questo concetto” (p. 35), affrontando le problematicità di tale definizione in una dimensione storica (da Carlo Magno, all’Occidente euro-atlantico, passando per quello delle potenze coloniali e quello dell’Europa a guida hitleriana, intenzionata a sconfiggere americanismo a ovest e bolscevismo ad est). In merito alla “controversa nozione di Occidente” è emblematico il caso della Russia: alleata di Inghilterra, Prussia e Austria contro la Francia di Robespierre e Napoleone e successivamente di Clemenceau e Lloyd George contro Germania ed Austria nel corso del primo conflitto mondiale; è stata  nemica sia dell’Europa hitleriana (trovandosi a salvare una parte dell’Occidente contro l’altro), sia dell’Europa atlantica degli anni cinquanta. Oggi gli Stati Uniti sono interessati a mantenere il proprio predominio sull’Europa, dettando praticamente la politica estera europea attraverso la Nato.

Canfora abbonda con i riferimenti a Lenin ed evidenzia come la Russia sovietica – falliti i tentativi rivoluzionari in Europa – si sia proiettata verso Oriente; fa opportunamente riferimento al risveglio dell’Africa e dei popoli coloniali dall’egemonia occidentale e ai numerosi contraccolpi reazionari dell’Occidente, che continuano tuttora. Viene dato risalto anche al contesto mediorientale, al fallimento dei socialismi e dei nazionalismi arabi e al rafforzamento dell’estremismo islamico, su cui l’Occidente ha spregiudicatamente fatto leva. Un Occidente che legge il pianeta a forma di piramide, dove il primo mondo – umanità “primae classis” – si riserva il primato in ogni ambito, persino riguardo al foscoliano “onore dei pianti”.

Il libro di Luciano Canfora  prova a fornire una chiave di lettura del divenire storico, rifuggendo occidentalismi ed eurocentrismi e ricordandoci che “la storia procede a spirale”, andando faticosamente in avanti anche quando sembra tornare indietro. Troppo spesso si sente parlare improvvidamente di “difesa dell’Occidente”, si rinuncia a leggere il presente e i suoi conflitti in una prospettiva storica o si accetta la vulgata dominante a partire dal 1989. Il volumetto di Canfora spinge alla riflessione storico-critica in un mondo in cui la cosiddetta “tecnocrazia” pretende di possedere verità inossidabili e in cui la dimensione storica delle disuguaglianze Nord/Sud (figlia dello “sviluppo ineguale”) viene taciuta o lenita attraverso la pratica degli “aiuti”,  permanendo però i meccanismi di sfruttamento capitalistico.