In memoria di Salvador Allende

salvator allende 00001di Federico La Mattina per Marx21.it

Chi c’ha la forza e non la ragione
si affida solo al cannone

(Fausto Amodei, “Al Compagno Presidente”)

Sono passati 43 anni da quel tetro 11 settembre 1973, giorno dell’infame colpo di Stato contro il Cile del Presidente Allende, patriota internazionalista, simbolo ed eroe della lotta di emancipazione latinoamericana. E’ importante ricordarlo per rendere omaggio alla figura di Allende e alle migliaia di vittime della brutale repressione cilena. Oggi, nel 2016, di fronte ai tentativi di golpe istituzionali o di piazza contro i governi progressisti e socialisti latinoamericani, ricordare l’esperienza cilena assume un significato di forte attualità. Se da un lato è impossibile leggere ancora le vicende latinoamericane all’interno delle dinamiche da “guerra fredda”, l’America Latina – in un mondo che si orienta verso il multipolarismo – non ha certamente fatto pienamente i conti con il proprio passato: élite oligarchiche in complicità spesso con gli interessi nordamericani minacciano lo stato democratico e l’indipendenza della “Patria Grande” latinoamericana.

Negli anni sessanta e settanta si ebbe una svolta autoritaria in America Latina in cui militari, addestrati e sostenuti per molti anni dagli Stati Uniti, presero il potere (Brasile 1964, Cile e Uruguay 1963, Argentina 1966-1976) e vennero sperimentate dottrine repressive di “sicurezza nazionale”. La politica estera del duo Nixon/Kissinger (1969-1974) era approntata al principio della realpolitik e in America Latina accentuò i dettami della dottrina Mann (indifferenza per il tipo di governo – dittatoriale o democratico – e “strenua opposizione al comunismo”).

Pur cercando di evitare un intervento militare diretto, gli Stati Uniti supportarono destabilizzazioni e golpe in cui le forze armate svolsero un ruolo di prim’ordine e si impegnarono ad opporsi in ogni modo alla “propagazione del comunismo” nell’emisfero occidentale (nei fatti significò ostilità verso i governi riformisti o – peggio ancora – marxisti come nel caso del Cile di Allende). Il pragmatismo e il realismo politico nella politica estera di Nixon significò quindi la volontà di mantenere a tutti i costi l’America Latina sotto l’egemonia statunitense, lottando contro la “minaccia comunista”. Gli Stati Uniti temevano che il governo Allende potesse influenzare la politica non soltanto nell’emisfero occidentale ma anche in Europa: un marxista non poteva vincere le elezioni e soprattutto non poteva farlo in un’area sotto egemonia nordamericana. Insomma non si poteva tollerare un “secondo Castro” quand’anche fosse stato eletto democraticamente.

La CIA, fin dal 1963, aveva cominciato a dare supporto in Cile ai leader e alle forze politiche che riteneva utili contro il “pericolo rosso”. Dopo l’elezione democratica di Allende, gli Stati Uniti –ostili alla politica di nazionalizzazioni portata avanti dal Presidente cileno – organizzarono una vera e propria guerra economica al Cile fatta di «sabotaggi, accaparramento di cibo (per provocarne scarsità), speculazione monetaria, dollari di mercato nero, oltre a una serie di scioperi di camionisti, ingegneri, dottori e avvocati, tutti istigati dalla CIA e a cui le masse si opposero con fermezza»; Kissinger sosteneva che «bisognava fare urlare l’economia». Allende dovette fronteggiare continuamente le oligarchie politiche ed economiche, i militari, le multinazionali e Washington. Il Pentagono mantenne stretti contatti con i militari cileni (le Forze Armate cilene ricevettero cospicui finanziamenti) e senza i fondi della CIA non ci sarebbero stati così tanti scioperi e sabotaggi economici [Nieto 2005, p. 284]. L’11 settembre 1973 il generale Augusto Pinochet guidò un colpo di stato contro Allende, segnando l’inizio di una terribile dittatura militare, con estremo compiacimento e soddisfazione del duo Nixon-Kissinger [vedi Galgani 2007, pp. 52-54]. Il golpe cileno seguiva quello brasiliano e le Forze Armate nel loro insieme assumevano il potere in molti paesi latinoamericani, inaugurando una buia e sanguinosa stagione di dittature militari.

Il Cile di Augusto Pinochet divenne subito un solido partner di Washington e diede origine ad una brutale repressione. Venne decretato lo stato di guerra e i militari «abrogarono le libertà civili, diedero alla polizia mano libera per trattenere gli arresti, interrogare, giudicare e giustiziare “allendisti” e simpatizzanti di sinistra, oltre a istituire la tortura (proibita dalla legge cilena) ed esecuzioni extra-giudiziarie» [Nieto 2005, p. 286]. Furono chiusi gli organi mediatici allendisti, annullati il diritto di sciopero e associazione, messi al bando i partiti dell’Unità Popolare. Vennero estorte confessioni sotto tortura e lo stadio di Santiago (dove venne giustiziato anche il cantante Victor Jara) divenne un enorme campo di concentramento e di sterminio. Alla fine del 1973 la giunta militare creò la DINA (Directorio Nacional de Inteligencia), che allestì centri di detenzione clandestina, il cui scopo era «lo sterminio totale del marxismo» [Nocera 2009, p. 170].

La politica economica cilena, neoliberista e monetarista, venne gestita dall’equipe dei Chicago Boys che seguivano le teorie di Milton Friedman. Le politiche adottate dalla giunta cilena furono caratterizzate da:

– Centralità del ruolo del mercato
– Riduzione del ruolo dello Stato nell’economia
– Privatizzazioni
– Riduzione della spesa pubblica e taglio alle spese sociali
– Liberalizzazione del mercato del lavoro, riduzione dei salari reali, soppressione dei diritti sindacali per facilitare gli investimenti stranieri

Gli esiti apparentemente positivi delle ricette neoliberiste in Cile (il cosiddetto “miracolo economico cileno”) produssero a lungo andare un indebolimento delle industrie nazionali, molte attività di piccole e medie dimensioni fallirono e si assistette ad una significativa polarizzazione della ricchezza nel paese. Prima della fine del 1980 il debito estero cileno era di 1,82 miliardi di dollari mentre nel 1977 ammontava a 481 milioni [Nieto 2005, p. 289].

Riferimenti bibliografici:

Galgani 2007 = P. F. Galgani, America Latina e Stati Uniti. Dalla dottrina Monroe ai rapporti tra G. W. Bush e Chávez, Milano, FrancoAngeli, 2007.
Nieto 2005 = C. Nieto, Gringos, Cento anni d’imperialismo in America Latina, San Lazzaro di Savena (Bo), Nuovi Mondi Media, 2005.
Nocera 2009 = R. Nocera, Stati Uniti e America Latina dal 1823 a oggi, Roma, Carocci editore, 2009.
Il testo di questo articolo – pur non coincidendo precisamente in alcune sue parti – è in buona parte ripreso da: F. La Mattina, Stati Uniti e America Latina, transizione egemonica, imperialismo statunitense e riscossa latinoamericana, in “MarxVentuno”, n. 1 2015, pp. 75-99.