Grieco non era una spia fascista

di Rossana Platone

dibattitosugramsci thumbHo letto con fastidio sul “Manifesto” del 17 giugno la recensione di GI.FA. all’ultimo libro di Luciano Canfora, Gramsci in carcere e il fascismo, che il recensore giudica “molto preciso e nuovo, curatissimo nei dettagli”. Ora in questo libro molto preciso si insinua pesantemente che Ruggero Grieco fosse un spia della polizia fascista, senza affermarlo a chiare lettere “perché non ci sono prove definitive”. Ma Gi.Fa. non ha bisogno di prove, perché tutto lascia sospettare che nel PCI ci fosse una spia ad altissimo livello. Perché non Grieco,dunque, visto che Gramsci in carcere lo giudicava “irresponsabilmente stupido” e capace di atti “scellerati”? È noto che questo giudizio trae origine dalla famosa lettera che Grieco mandò in carcere a Gramsci, Terracini e Scoccimarro nel febbraio 1928. Non starò a ricostruire la storia di questa lettera che chiunque si sia occupato anche sporadicamente di Gramsci ben conosce.

Ciò che oggi risulta assodato è che questa lettera non ebbe nessuna influenza sull’esito del processo e sulla condanna di Gramsci, e non ne ebbe neppure sul fallito tentativo di liberare Gramsci con la mediazione del Vaticano. Quando la lettera fu scritta il tentativo era già fallito per volontà di Mussolini, non di Grieco o di Togliatti. Non conoscendo ancora questo esito, “Gramsci, a proposito della trattativa e della lettera di Grieco, prese un abbaglio”, scrive Giorgio Fabre (sempre Gi.Fa., suppongo) sulla stessa pagina del “Manifesto”. Il giudizio di Gramsci, in questo caso, era infondato, ma il sospetto nei confronti dei suoi compagni continuò a tormentarlo per tutta la vita, certamente non solo a causa della “strana lettera”. L’altro grande capo di accusa nei confronti di Grieco è l’appello ai fratelli in camicia nera scritto nel 1936 e concordato col gruppo dirigente del momento. Documento certamente discutibile, che non dà in alcun modo adito a sospetti di una vocazione spionistica o filofascista dei suoi estensori. La grave scorrettezza di Canfora, non di Gi.Fa., sta proprio nel porre, nel testo e nell’appendice del suo volume, come se fossero documenti della stessa natura, un appello politico e una serie di infami calunnie, formulate da Taddei, contro singoli dirigenti comunisti e contro il PCI nel suo complesso. Mi fermo qui. Mi limito a osservare che una lettura superficiale del libro di Canfora induce facilmente a prendere per buone e dimostrate le indimostrate insinuazioni dell’autore e che la riscrittura della storia “sacra” del PCI, auspicata dal recensore, è in atto nel nostro paese da molto anni. Ha portato, in alcuni casi, alla scoperta di nuovi documenti, a un reale arricchimento delle conoscenze o a una reinterpretazione di conoscenze che si davano per acquisite, ma il più delle volte si è tradotta in pura denigrazione di singole persone (di preferenza il perfido Togliatti) o dell’intero PCI. Avrei preferito che almeno Canfora non si avvicinasse a questa fortunatissima corrente storica.


La riposta di Rossana Rossanda

Rossana Platone ha certamente ragione. Non resta che chiederle scusa a nome del giornale. La pagina di domenica su Gramsci è uscita senza che la direzione lo sapesse, a prova di quanta confusione regni in via Bargoni in questi mesi difficili. Desidero aggiungere in via personale che gli scritti di Luciano Canfora, preziosi quando parla d’altro, sono assai disinvolti quando si occupa di comunisti. Forse sarebbe bene che consultasse, oltre che gli archivi, qualche loro residuo ancora in circolazione. Io sono fra questi, ho conosciuto Ruggero Grieco e non posso accettare che non sia definibile come una spia fascista soltanto perché “non ci sono prove”. C’è tutta la sua vita. Scrivere con questa leggerezza in tempi di anticomunismo non è innocente.  Rossana Rossanda