L’inchiesta su Gramsci e il quaderno ritrovato

quaderni del carcere-lL’INCHIESTA SU GRAMSCI
E IL QUADERNO RITROVATO

di Ruggero Giacomini

È uscito presso l’Accademia University Press di Torino il libro Inchiesta su Gramsci. Quaderni scomparsi, abiure, conversioni, tradimenti: leggende o verità?, a cura di Angelo d’Orsi, frutto di un’iniziativa originale promossa dallo stesso d’Orsi e dalla redazione della rivista “Historia magistra”. Gli storici di varie tendenze che in Italia si occupano di Gramsci sono stati invitati a rispondere a dodici domande, riguardanti i punti controversi della biografia di Gramsci, i suoi rapporti con le sorelle Schucht, Sraffa, Togliatti e in generale il mondo comunista, le vicende delle Lettere e dei Quaderni del carcere. Dai contributi di ventisei studiosi che hanno risposto emerge una interessante rassegna di opinioni, e puntualizzazioni, con un largo confronto sui temi proposti, di cui il curatore cerca di tirare le fila nel saggio di presentazione.

Tra coloro che hanno accolto l’invito ci sono anch’io, e c’è il professore di filosofia del linguaggio dell’Università di Palermo Franco Lo Piparo, asceso a mediatica notorietà per la tesi secondo cui esisterebbe un quaderno di Gramsci, che non è stato reso noto da Togliatti per celare al mondo la conversione finale liberal-capitalista dell’esponente comunista.

Rispetto agli altri contributori, a Lo Piparo che lo ha chiesto è stato offerto il singolare privilegio di poter leggere prima le risposte altrui. Avviene così che nel suo scritto mi trovi personalmente chiamato in causa per quanto scritto, facendovi egli esplicito riferimento. Ciò che mi obbliga perciò a una replica.

Si tratta in breve di questo. Avevo richiamato l’attenzione che sulla copertina di un quaderno fino ad ora non considerato, il n. 6 dell’edizione critica di Gerratana, Tania ha apposto un’etichetta con su scritto: <Completo da pg. 1 a 79/VIII>, mentre all’interno le pagine scritte da Gramsci sono 156. Per cui se si assume la logica di Lo Piparo – ho sostenuto – si dovrebbe supporre l’esistenza di un altro quaderno scomparso, di 79 pagine. Lo Piparo mi corregge: che le pagine effettivamente scritte da Gramsci non sono 156 ma 157; ed assicura che non si può parlare in questo caso di scomparsa di quaderno, in quanto Tania ha solo commesso un piccolo errore, scrivendo pagina (“pg”) ma intendendo fogli, per cui le pagine da Lei contate sono la metà di quelle effettive. E cogliendo in me dell’ironia, mi invita ad un confronto serio.

Cosa che faccio, sottolineando che il criterio adottato da Lo Piparo per sostenere la tesi del quaderno scomparso non è sostanzialmente diverso da quello da me adottato paradossalmente. Qual è infatti la prova per Lo Piparo, che egli anche ripropone qui nel suo contributo? Il fatto che nel quaderno 12, sempre dell’edizione critica di Gerratana, risulta una etichetta apposta da Tania con su scritto <Incompleto XXXII/ da p. 1 a 26>. In proposito egli afferma: “Questo quaderno XXXII scritto da pagina 1 a 26 non lo possediamo” (p. 81). E dunque la sua tesi del quaderno rapito.

Ora questo quaderno 12 di pagine scritte non ne contiene effettivamente 26, ma solo… 24! Una imprecisione di conteggio, da parte di Tania, di due pagine in più. Come Tania ha sbagliato nel quaderno 6, scrivendo 79 pagine invece di 157, errore che Lo Piparo riconosce e spiega, allo stesso modo si è sbagliata nel quaderno 12 contando un po’ frettolosamente ed annotando due pagine in più.

Di qui, per sostenere, come egli ha fatto, che Tania abbia voluto lasciare un messaggio circa l’esistenza di un quaderno scomparso ci vuole molta fantasia. Dei due quaderni si può dire dunque che nessuno è scomparso, sono entrambi lì, a disposizione.

Lo Piparo deve essersi reso conto della fragilità della propria posizione, dal momento che alfine ripiega in una strana asserzione difensiva, secondo cui allo stato “non è possibile escludere categoricamente e ideologicamente l’assenza di uno o due quaderni”. Non solo, ma “il contenuto ciascuno può immaginarlo secondo i propri desideri ideologici ma si tratta, per l’appunto, di immaginazione” (p. 84).

Dunque ritorniamo nel campo dell’ignoto, dove nulla si può escludere, tanto meno “categoricamente e ideologicamente”. E quanto al contenuto immaginario del preteso quaderno mancante, l’unico ad “anticiparlo” è stato lui. Dunque ora Lo Piparo ammette di fatto di essersi lasciato trascinare dai “propri desideri ideologici”.

Concludendo, credo sia ormai dimostrato che i vari argomenti su cui via via si è voluta appoggiare la tesi del quaderno o dei quaderni mancanti sono inconsistenti. Per maggiori dettagli su “quanti erano i quaderni del carcere di Gramsci” rinvio a un mio scritto precedente, disponibile su marx21.it.