Un poliedrico educatore al servizio della libertà

di Donatello Santarone | da il Manifesto del 19 febbraio 2013

manacordaL’accesso al sapere e alla conoscenza come viatico di un processo di emancipazione La formazione, la scuola e la pedagogia hanno costituito il filo rosso della sua opera.

È morto a Roma Mario Alighiero Manacorda. Tra i maggiori intellettuali marxisti del Novecento, i suoi interessi spaziavano dalla storia dell’educazione a quella della chiesa, dalla letteratura alla lingua italiana, dalla filologia del testo marxiano alla dimensione culturale e storica dello sport. 

Non è semplice dare conto in questo momento doloroso delle innumerevoli ricerche di Manacorda. Da sottolineare è il suo fondamentale contributo ai temi relativi al rapporto tra marxismo e educazione, un rapporto che Manacorda ha indagato attraverso il ricorso puntuale alle fonti marxiane e gramsciane, studiandone i riferimenti espliciti ed impliciti ai temi educativi e restituendoci una visione autonoma e originale del marxismo pedagogico, fondata sul concetto di «uomo onnilaterale» opposto all’unilateralità a cui la rigida divisione del lavoro della società capitalistica costringe i singoli, sullo stretto rapporto tra istruzione e lavoro, in polemica con quanti considerano il lavoro un aspetto solo degradante e privo di ricche implicazioni culturali e formative.

Nella sua opera, occupano un posto rilevante la dialettica tra spontaneità e coercizione nei processi di apprendimento, l’universalità della formazione. L’educazione, quindi, come uno dei fattori fondamentali per il superamento della mercificazione e dell’alienazione dell’essere umano in vista di uno sviluppo completo delle sue qualità fisiche e intellettuali.

I luoghi della critica

Il pensiero di Marx (e di Gramsci) rappresenta di conseguenza per Manacorda lo sfondo cognitivo entro cui leggere anche i fenomeni educativi. Uno sfondo cognitivo attraverso cui comprendere, ad esempio, le caratteristiche delle istituzioni educative, il loro essere deposito e trasmissione delle idee delle classi dominanti e, insieme e dialetticamente, luogo di critica e di elaborazione di un sapere libero e non mercantile. Forte nella sua riflessione era la convinzione che, attraverso Marx, è quindi possibile comprendere che l’educazione, nella sua autonomia apparente, è legata alla società e alla storia, di cui è una delle espressioni simboliche, culturali, ideologiche. Il capitale, infatti, non è solo un processo economico, ma un dispositivo complesso di relazioni produttive, sociali, culturali, educative, psichiche. 

Per Manacorda, l’educazione può essere pensata come un processo di liberazione dal dominio del capitale teso a consentire il godimento dei più alti prodotti dell’intelletto. Da qui, la possibilità di una educazione «onnilaterale» che consenta ai singoli di porsi, se non come produttori, come fruitori di tutti i superiori godimenti umani, consentendogli di accedere ai massimi livelli del sapere, secondo l’antico insegnamento di Comenio di «insegnare tutto a tutti».

I nessi dialettici che Manacorda individua nei testi di Marx sono quelli tra teoria della persona come teoria dell’emancipazione dell’uomo, realtà pedagogica e critica dell’economia politica. Tutto ciò implica la conoscenza dell’analisi marxiana dell’economia, «anatomia della società civile», perché, per restare nella metafora di Marx, solo così è possibile comprendere il resto del corpo, cioè la società, la politica, la cultura, l’educazione, l’arte, la religione, il diritto, la scienza, la tecnica ecc. Non per schiacciare in modo deterministico queste su quella, ma per comprendere come ciò che viene elaborato dalla mente umana non sia puro spirito disincarnato ma origini da concrete e storiche condizioni materiali di produzione e riproduzione dell’esistenza.

Un rigoroso umanesimo

In questo lavoro di restituzione filologicamente e storicamente fondata dell’opera di Marx, va infine ricordato l’ultimo lavoro dell’autore, Quel vecchio liberale del comunista Karl Marx, scritto con la freschezza e la passione di un ventenne mista all’erudizione e alla saggezza di un novantenne. Il libro è anzitutto la restituzione di Marx alla storia del pensiero occidentale, dalla rivoluzione scientifica del Cinque-Seicento all’Illuminismo, da Bacone a Kant, fino ai grandi esponenti del pensiero ottocentesco, Hegel in primo luogo. Senza trascurare le fonti classiche greco-latine, i continui riferimenti alle grandi letterature, che fanno dell’opera di Marx un condensato critico di umanesimo e rigore scientifico. Polemizzando con le tante falsità della vulgata su Marx, Manacorda ci ricorda quanto fosse importante per il filosofo di Treviri la dimensione individuale, soggettiva della vita. Non è vero, come si va dicendo, che Marx fosse il teorico del «collettivismo». Al contrario, sostiene Manacorda testi alla mano, egli scrive, nel Capitale, che «il modo appropriazione capitalistico, che nasce dal modo di produzione capitalistico, e quindi la proprietà privata capitalistica è la prima negazione della proprietà privata individuale fondata sul lavoro personale». Di conseguenza, argomenta Manacorda, «come il comunismo si oppone al capitalismo, così individuale si oppone non a collettivo, come in genere si ciancia accusandolo di collettivismo, bensì a privato». 

Questi e altri innumerevoli esempi presenti nel libro portano Manacorda a sostenere che la più alta finalità della teoria e della prassi di Marx è consistita, direbbe Brecht, nel restituire l’uomo all’uomo, nel far sì che l’uomo si riappropri della sua più alta essenza. «Lo studio dell’economia politica – scrive Manacorda – non è stato il suo scopo in quanto tale, ma una ricerca su ciò che in primo luogo condiziona il destino dell’uomo, ed egli solo seppe ragionarne con sottili intuizioni dialettiche (buona eredità hegeliana), capaci cioè di scorgerne le intrinseche contraddizioni e di svelarne la nuda realtà sotto le fallaci apparenze. Se non si capisce questo, non si capisce niente di lui».

I funerali di Mario Alighiero Manacorda sono mercoledì 20 alle ore 10 presso il tempietto egizio del cimitero Verano di Roma.