In occasione della scomparsa di Hans Heinz Holz (11/12/2011)

da Hans Heinz Holz, Sconfitta e futuro del socialismo, Vangelista, Milano,1994

Trascrizione e pubblicazione a cura del CCDP


Sconfitta e futuro del socialismo Capitolo II

hans heinz_holzQuestioni fondamentali della teoria marxista

1. Alcune questioni ovvie da ricordare

Vi sono alcuni tratti che autorizzano una persona intellettualmente impegnata a definirsi comunista; pensarla altrimenti su questo punto non è, ovviamente, dequalificante (anche se falso, dal punto di vista che qui sostengo) e vi sono certamente altri e diversi motivi – sempre stimabili ed accettabili – che guidano il comportamento. Anche tra i comunisti capita che concezioni scientifiche circa le leggi generali della storia coesistano con passionale indignazione contro lo sfruttamento, l’oppressione e la disumanizzazione; ovvero che a quelle concezioni scientifiche si associ pure l’angoscia per il destino tragico che sembra prospettarsi per l’umanità o, almeno, per la civiltà.

Poiché i comunisti rispettano – talora anzi condividono – le motivazioni morali, religiose, psicologiche della lotta contro le condizioni negative del mondo, essi possono promuovere unioni politiche per il perseguimento di obiettivi comuni, senza con ciò pretendere di sottoporre al loro dominio quelle stesse unioni. Naturalmente, ciò che i comunisti si attendono è che, in simili unioni, vengano rispettate anche le loro motivazioni.

Ma ciò che caratterizza i comunisti come tali è che possiedono un criterio, razionale e sistematicamente articolato, di spiegazione del mondo, all’interno del quale collocano anche il loro orientamento politico. Si tratta di un criterio di spiegazione che, certo, non si affida per la propria legittimazione a nessun fondamento extraterreno o inconoscibile.

Questo criterio di spiegazione è la filosofia e l’economia marxiste-leniniste, è la visione del mondo del socialismo scientifico: tutto ciò è oggetto di aperta e razionale discussione con chiunque. Sulla comune base di questa teoria, i comunisti discutono fra loro, assicurandole cosi un ulteriore sviluppo.

Va da sé che discussioni e sviluppi si svolgono lungo una traccia fondamentale, che permane la stessa: se accadesse altrimenti, non si avrebbe sviluppo di una visione del mondo, ma piuttosto la sua sostituzione con un’altra.

Indicherò sinteticamente, sotto forma di tesi, alcune evidenze, le quali – non occorre dirlo – danno del ricco contenuto teorico del marxismo solo una visione rapida e parziale; le considerazioni che svolgerò successivamente, hanno in queste tesi il loro punto d’avvio.

Dieci tesi per la teoria marxista-leninista

1) I comunisti si distinguono dagli altri sostenitori del socialismo, perché basano le loro concezioni circa l’ordine sociale futuro su una teoria della storia; analogo fondamento danno anche alle loro concezioni circa i modi di pervenire a quell’ordine futuro.

La teoria che fa da fondamento è il materialismo storico, il cui nucleo sostanziale fu elaborato da Marx, Engels e Lenin.

Il marxismo-leninismo è una teoria volta alla realizzazione politica e arricchita dalle esperienze di lotta del movimento operaio, a partire dalla metà del XIX secolo.

Nella teoria marxista-leninista tale sviluppo si rispecchia con tutte le sue contraddizioni e controversie; il contenuto reale della teoria consiste nella capacità dimostrata di ricavare posizioni conseguenti da quelle lotte, a volte anche posizioni sbagliate che è stato necessario correggere, mai però elaborate senza un fondamento e che perciò offrono insegnamenti, per quanto erronee.

2) In quanto teoria della storia (basata sulla comprensione complessiva del processo naturale e della connessione fra storia e natura – la dialettica della natura e il materialismo dialettico), il marxismo-leninismo, per essenza propria, non ha carattere dogmatico, sì piuttosto di una teoria che rielabora in sé i mutamenti storici. Trasformato in dogma, rapidamente il marxismo-leninismo perde i contatti con la realtà; l’incapacità di sviluppo teorico creativo porta in sé decisioni e svolgimenti pratici erronei. Il movimento comunista ha prodotto sia dogmatizzazione, con le conseguenze che sappiamo, sia sviluppi creativi della teoria.

3) Sviluppi di una teoria non significano disponibilità a modifiche quali che siano. Ad es., amputato della tesi per cui la storia è storia di lotte di classi, il marxismo-leninismo non sarebbe più se stesso. È parte essenziale della sua valutazione dei processi, che fattore decisivo per la storia sia lo sviluppo delle forze produttive in corrispondenti rapporti di produzione; e anche la tesi per cui lo sviluppo continuo delle forze produttive finisce col trovarsi in contraddizione con le istituzioni sociali in cui prendono corpo i rapporti di produzione. La possibilità di analizzare una situazione sociale e politica esistente e di individuare la strategia politica ad essa adeguata, si fonda proprio su questo punto di vista.

Le due tesi menzionate presuppongono, anche, la comprensione del fondamento generale di una formazione sociale, della sua struttura essenziale, dei suoi meccanismi d’equilibrio e delle sue contraddizioni.

Per il marxismo-leninismo è anche irrinunciabile la dialettica, nel suo duplice aspetto di principio universale dell’interconnessione reale, pur attraverso dinamiche e contraddizioni; e quale modo per rappresentare questi stessi dinamismi e contraddizioni. Insomma, la realtà è un’unità di molteplici, sottoposta a modificazioni continue; il suo dinamismo deriva dall’agire l’un sull’altro di elementi contraddittori; in tale dinamismo, dall’accumularsi di cambiamenti quantitativi si genera qualcosa di qualitativamente nuovo.

Infine, per il marxismo-leninismo è basilare che sia l’essere sociale il fattore che determina la coscienza; le stesse posizioni che gli uomini assumono, in quanto individui, si costruiscono all’interno di queste contraddizioni, per la mediazione di interessi, tradizioni, esperienze e conoscenze.

Tesi fondamentale per il marxismo-leninismo è che vi sono contraddizioni fondamentali, le quali assumono la forma di condizioni di classe, in cui individui e gruppi vengono a trovarsi.

4) Lo svolgimento effettivo della storia non è un destino, che irrevocabilmente incomba sugli uomini; al contrario, sono sempre gli uomini stessi i soggetti attivi della storia.

Il loro agire, però – anche se, di primo acchito, guidato da interessi privati e da motivazioni particolari – è definito da strutture sociali che non si lasciano cogliere immediatamente, ma che ne trasformano gli esiti finali, per così dire, dietro le spalle degli attori stessi. Ecco perché, se si vuoi cambiare il mondo, non basta la buona volontà.

La semplice volontà morale buona non è un principio politico: tanto poco lo è, quanto poco la carità può estirpare le cause della miseria nel mondo. Solo con l’ausilio d’una teoria che comprenda quali sono i rapporti tra individuo e società, il mondo può essere cambiato. È sempre per tutti questi motivi che un movimento politico teso a trasformare il mondo secondo un progetto, non può risultar vittorioso se affida strategia ed azioni soltanto ad accordi realizzabili tra opinioni individuali. Credere che ciò sia possibile, significa accettare gli errori della prospettiva democratico-borghese.

Il mutamento finalizzato della società – sia mediante riforme programmate, con l’obiettivo finale d’una trasformazione rivoluzionaria; sia col rovesciamento rivoluzionario, dandosene le condizioni – ha bisogno dunque d’una organizzazione teoricamente orientata, d’un partito politico sostenuto dalla volontà comune dei suoi aderenti.

Perché la volontà di tutti possa, seriamente, divenire capace di un comune operare, bisogna che i singoli pongano le ragioni dell’organizzazione al di sopra di quelle loro particolari: alla condizione, ovviamente, che ognuno abbia partecipato al processo di costituzione di costituzione della volontà comune. È questo il principio della disciplina, che rappresenta per ogni partito rivoluzionario una condizione elementare d’efficacia e di continuazione.

5) La contraddizione fondamentale d’ogni società classista, quale che sia la forma dei rapporti di produzione, è quella dell’appropriazione privata d’una ricchezza che è, invece, sociale.
Finora nella storia, ogni cambiamento dei rapporti di produzione si è risolto nel trasferimento dell’appropriazione e utilizzo della ricchezza sociale da una classe ad un’altra. Nello stesso tempo, i meccanismi dello sfruttamento si sono fatti sempre più astratti e sfuggenti.

Con il capitalismo – specie nelle sue forme sviluppate di capitalismo monopolistico di Stato e multinazionale – questa astrattezza ha raggiunto un’estensione tale, che la grande maggioranza dell’umanità risulta esclusa dall’appropriazione e dalle decisioni sull’uso del plusvalore. I meccanismi d’accumulazione capitalistica, di produzione del plusvalore e del suo reinvestimento si ergono nella loro autonomia anche di contro a coloro che avrebbero la possibilità di decidere. L’interesse di quella classe che paga i costi d’una valorizzazione della ricchezza sociale basata sul suo asservimento, coincide con il cambiamento dei rapporti di proprietà. E poiché questa è l’unica classe che si contrapponga alle strutture dell’appropriazione, essa ha una missione storica, che coincide con l’instaurazione d’un nuovo ordine sociale: obiettivo, questo, che è effettivamente alla sua portata. Nella contrapposizione tra capitale e lavoro, la classe che è nella condizione di superare il rapporto capitalistico si definisce classe operaia. (Ciò è indipendente dal modo in cui le diverse caratteristiche dell’attività lavorativa influiscono via via sull’appartenenza di classe di gruppi di lavoratori).

Per realizzarsi in quanto classe (non solo, dunque, come mera somma di individui), per elevarsi a soggetto di questa missione storica, è necessario che assuma coscienza della condizione in cui si trovano gli uomini in generale e i lavoratori in particolare: questa coscienza è la coscienza di classe. Va da sé che la coscienza di classe si costruisce a partire da diversi terreni d’esperienza, ma certo non si costruisce né in primo luogo, né solamente, mediante la teoria: richiede sempre l’intreccio di teoria e lotta di classe.

6) Nella rivoluzione tecnico-scientifica, si manifesta una condizione di sviluppo delle forze produttive qualitativamente nuova. Da un lato, scienza e tecnica sono in condizione di garantire un alto livello di benessere generalizzato, a patto che esistano istituzioni sociali garanti di un’appropriazione e di una ripartizione giuste. Ma da un altro lato, scienza e tecnica danno anche la possibilità di annientare il genere umano e buona parte della natura: perché sicuramente l’umanità dell’uomo è messa in pericolo dalla manipolazione genetica e psicofìsica. La forma capitalistica dei rapporti di produzione, che rende legge della vita sociale l’accumulazione del capitale e il dominio privato nell’appropriazione ed uso della ricchezza, non può risolvere questa contraddizione. Quella forma capitalistica cresce piuttosto sulla miseria di massa di centinaia di milioni di uomini nel Terzo mondo, su pericoli di guerra che vanno continuamente aggravandosi e sull’immiserirsi progressivo delle possibilità umane di sviluppo libero e razionale (immiserimento mentale). Solo una società socialista offre la prospettiva di un futuro degno dell’umanità dell’uomo.

7) Nella prospettiva del comunismo convergono le leggi oggettive della storia – che sono poi quelle che presiedono alla riproduzione delle condizioni di vita per l’uomo – e le aspirazioni soggettive di ognuno alla realizzazione di sé e alla felicità.

Tuttavia, non è pensabile una realizzazione di sé ottenuta prescindendo dagli altri, nell’indifferenza per gli altri.

La realizzazione di sé non è il diritto individuale alla felicità, quali che ne siano i costi per gli altri; al contrario, suo fondamento è la consapevolezza che il singolo può essere se stesso solo nella solidarietà con gli altri.

Solidarietà e coscienza della socialità dell’uomo; dunque, una morale socialista. Questi sono i presupposti a cui si ispira l’obiettivo programmatico del Manifesto dei comunisti: «che il libero sviluppo di ognuno sia la condizione per il libero sviluppo dì tutti».

Nelle società capitalistiche, l’impegno per un nuovo modo di vivere si realizza nella lotta per il socialismo; nelle società socialiste, nella lotta per la costruzione del socialismo stesso. In entrambi i casi, questa lotta deve darsi una forma organizzata.

Comprensione teorica dei processi politico-sociali del presente e progetto di scopi futuri debbono risultare da un’elaborazione collettiva all’interno di quella forma organizzativa per essere poi tradotti in pratica, sempre in forma collettiva.

Questa organizzazione è il partito comunista: al suo interno si realizza tutto ciò, beninteso con tutti gli errori che prendere delle decisioni può comportare nella realtà. Il partito comunista è l’avanguardia della classe operaia (anche in un periodo non rivoluzionario), in quanto sede in cui vengono elaborati il futuro socialista e anche la strategia per giungervi, a partire dalle condizioni effettivamente esistenti,

8) La missione storica della classe operaia ed i compiti del partito comunista, dunque, presentano due aspetti: in primo luogo, realizzare il superamento della proprietà privata dei mezzi di produzione e, con ciò, dell’appropriazione privata del plusvalore. Si tratta di modifiche nei rapporti di produzione che sono divenute necessarie perché, a seguito della rivoluzione tecnico-scientifica, lo sviluppo delle forze produttive non può più essere governato dagli interessi della valorizzazione privata. Ciò che si richiede, piuttosto, è una pianificazione sociale. In secondo luogo, la classe operaia – nella sua lotta per l’autodeterminazione, contro lo sfruttamento, l’oppressione e l’ingiustizia – realizza l’obiettivo di una società di liberi e di uguali, che assicuri alla personalità uno sviluppo completo, integrale. Il rispetto dei «diritti umani» viene garantito solo in una siffatta società, la società comunista.

9) Anche dopo l’abbattimento dei rapporti capitalistici di proprietà, la costruzione del socialismo, e poi del comunismo, affronta un processo lungo e ricco di contraddizioni. Anche una volta instaurate istituzioni socialiste, per il lungo periodo di molte generazioni permangono forme di coscienza e di comportamento di tipo pre-socialista. Le posizioni di classe non si dissolvono di un colpo: al contrario, la lotta di classe continua, in particolare la lotta per una visione del mondo socialista. In quest’ambito il lavoro teorico e la chiarezza ideologica giocano un grande ruolo. Ciò è tanto più vero, in quanto la strada per il socialismo non avanza, in tutto il mondo, negli stessi tempi e forme. Infatti date le condizioni di concorrenza dei due ordinamenti, singoli paesi socialisti sono costretti a giungere a livelli di attività economica in cui la metropoli capitalistica occupa ancora posizioni di dominio.

Essenzialmente, la costruzione del socialismo è legata alla condizione che il partito comunista giochi, nello sviluppo sociale dei paesi socialisti, un ruolo dirigente e di orientamento per le altre forze sociali. La sua funzione dirigente non deve, però, degenerare in burocratismo (pericolo cui i partiti comunisti, in ogni momento, rimangono esposti); tale funzione dirigente deve, tuttavia, tradursi in un corrispondente potere politico.

10) Non va dimenticata la tesi di Marx, secondo cui «una formazione sociale non scompare, prima di aver sviluppato tutte le forze produttive di cui è capace». Nell’attuale sviluppo delle forze produttive il capitalismo produce oggi eccezionali contraddizioni, fino al limite di una possibile scomparsa dell’umanità, perché porta in seno la possibilità del passaggio al socialismo. Tuttavia il capitalismo è ancora in grado di garantire, all’interno delle proprie istituzioni, lo sviluppo delle forze produttive pur se al prezzo d’un continuo peggioramento delle prospettive di sopravvivenza. Ciò significa che, ancor oggi, la lotta contro il capitalismo è, sul piano mondiale, il compito principale dei comunisti.

Unità, pluralità, pluralismo

Un’obiezione che si può muovere è la seguente: è plausibile che i fondamenti teorici del marxismo-leninismo siano ancora validi, data la svolta epocale che le società hanno conosciuto? È un fatto che il Manifesto dei comunisti fu scritto 140 anni fa e la teoria leniniana dell’imperialismo da oltre 70 anni. Né Marx, né Engels e neppure Lenin hanno potuto prevedere l’esplosività che avrebbero assunto quei problemi che noi oggi diciamo «globali». I fatti hanno mostrato che il capitalismo può fare affidamento su risorse e strategie, che gli consentono di trovare i mezzi per la propria sopravvivenza anche nella crisi generale e priva di sbocchi in cui si trova.

Alla teoria marxista è posta la sfida di reagire all’attuale situazione storica, e trovare risposte ai nuovi problemi economici, politici, sociologici e psicologici. Molte di queste risposte saranno, dapprima, solo tentativi di fare i conti con nuove idee, per poi affrontare la verifica e i correttivi della pratica: la conoscenza non si sviluppa solo con la scoperta di nuove verità, ma anche mediante errori e la loro correzione. Una pluralità di impostazioni contribuisce al progresso del sapere; ma le convinzioni della maggioranza non sono, tutte, corrette e realizzabili nella stessa misura: la verità non è qualcosa di arbitrario, che possa risultare dai punti di convergenza tra opinioni contrastanti.

Verità è, piuttosto, la corretta rappresentazione mentale della realtà e delle sue interne possibilità. Per questo il pluralismo in ambito di conoscenza teoretica è un controsenso, anche se è invece necessaria la pluralità delle opinioni circa la strada da percorrere per giungere al vero.

Lo sviluppo del marxismo oggi si realizza – ed è cosa indispensabile – attraverso nuove ricerche, diverse e perfino contrastanti, e che vanno approfondite. Questo non significa però ricominciare da zero. La conoscenza scientifica si sviluppa in modi molteplici, all’interno di un paradigma (per dirlo con la lingua degli epistemologi), cioè all’interno di un modello esplicativo e ordinativo della realtà.

Questo modello ordinativo, per il marxismo-leninismo, è definito da una serie di concetti-base, di cui le nostre dieci tesi hanno cercato di esprimere succintamente il nocciolo. Anche i più recenti sviluppi della storia non offrono motivi per abbandonare questi concetti basilari.

Il ricambio organico dell’uomo con la natura – ovvero il sostentamento e sviluppo del genere umano – si realizza non solo con il consumo, ma anche con la produzione. Per questo motivo, il dispiegarsi delle forze produttive ed il loro organizzarsi in rapporti di produzione costituisce il fattore determinante della storia. Dopo la dissoluzione della comunità primitiva i rapporti di produzione, all’interno della vita sociale, risultano determinati dalla divisione di classe e, per conseguenza, la storia politica si snoda come lotta di classe.

A sua volta, la lotta di classe assume la forma di scontri effettivi, ma anche quella delle visioni del mondo: è per questo che i problemi teorici non si riducono ad astratte questioni intorno alla verità, ma sono sempre, anche, problemi di classe.

Storicamente, la verità è dalla parte della classe apportatrice di sviluppo sociale. E non si può essere apportatori di progresso sociale, se non in forma organizzata.

L’organizzazione politica della lotta di classe operaia è il partito comunista, che pertanto diviene lo spazio in cui si costruisce e realizza la verità sociale. La costruzione della verità richiede una pluralità di aspetti; la sua realizzazione invece, richiede l’unità dei comportamenti e coordinati indirizzi. Ne consegue che in un partito che punta all’unità di teoria e prassi, non c’è posto per il pluralismo.

Questa serie di proposizioni è costruita in modo tale, per cui ognuna consegue logicamente dalla precedente. Ne risulta un sistema dal quale non è certo facile sottrarre questo o quell’elemento. Chi ritiene – con buone ragioni – che le prime proposizioni in cui è riassunto un modello esplicativo della storia, siano valide e che perciò il «paradigma» marxista non è superato, deve anche accettare il concetto di verità, la concezione dell’organizzazione e della azione politica che ne derivano logicamente.

Un rinnovamento della teoria e del partito potranno avvenire solo sul terreno di questi fondamenti marxisti-leninisti e all’interno di questo modello; altrimenti, in quanto comunista, il partito sarà distrutto. Nessuno può impunemente sottrarsi al rigore logico di una conoscenza sistematica. La capitolazione politica dei partiti socialdemocratici ed il loro adeguarsi meramente riformistico al sistema, costituisce un esemplare ammonimento: seguendo questa via, non furono impedite né le guerre mondiali, né il fascismo.

Quanto ho scritto non ha intenti polemici, bensì l’unico scopo di mostrare in cosa si configuri l’identità di un Partito comunista.

Per lungo tempo, all’interno del capitalismo, anche una politica comunista può risolversi in nulla più che la richiesta di riforme. Non sono i «piccoli passi» o i «miglioramenti parziali», in sé, il male. Al contrario, sono il contenuto e la ricompensa del quotidiano impegno politico. Ciò che si raggiunge con tali conquiste parziali ha effetti positivi anche per il raggiungimento degli obiettivi strategici, i quali non debbono certo essere ben escogitate utopie, ma possibilità reali, concretizzabili.

Senza la consapevolezza che il sistema capitalistico, pur con tutte le riforme, non perde il carattere disumano, sfruttatore e foriero di crisi – perché questa è la sua intima costituzione -, senza questa consapevolezza, la lotta politica quotidiana, con i suoi piccoli successi, termina nell’opportunismo e nella rassegnazione. Le illusioni non pagano. Chi non prende atto del costituirsi in Europa delle più grandi fabbriche d’armamenti, nello stesso momento in cui si attendono accordi di disarmo per garantire la pace, costui ha perso ogni criterio di valutazione realistica. In realtà egli si lascia ingannare da piccoli progressi – che pure sono importanti -, da accordi parziali: e cancella, invece, dal proprio sguardo le perduranti tendenze fondamentali, pregne di pericoli. Questo valga solo come esempio dell’importanza, per la capacità di giudizio e di orientamento pratici, di saper analizzare la situazione del momento dal punto di vista di una conoscenza che colga le connessioni e le articolazioni dell’insieme. Saper ricondurre la molteplicità dei fenomeni alla loro unità nel contrasto, questo è il metodo della dialettica. Questo è il cuore della teoria marxista-leninista, che riconduce ad un ritmo unitario la pluralità dinamica delle esperienze, delle generalizzazioni, delle dimensioni, impedendo che si distruggano l’una con l’altra, nella prospettiva di un castrante pluralismo.

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