“Come si comanda il mondo” (Galli & Caligiuri)

galli comesicomandailmondo[Le righe che seguono sono tratte da G. Galli & M. Caligiuri, Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci, Rubbettino, Catanzaro 2017, pp. 75-80; il presente estratto costituisce l’Introduzione alla seconda parte dell’opera e lo si ritiene utile per far conoscere i temi e i contenuti di un prezioso libro, passato ingiustamente inosservato]

Chi governa davvero il mondo? È questo un tema di straordinaria attualità e lo sarà ancora di più nel prossimo futuro. Sono sempre più numerosi i testi che approfondiscono l’argomento e il nostro contributo intende coniugare la riflessione teorica con le ricerche empiriche in modo da individuare le tendenze destinate a condizionare il presente e il futuro del mondo. In effetti, siamo governati da pochi, come è sempre stato, tuttavia questa caratteristica è diventata più evidente in un’epoca in cui metà della popolazione mondiale è collegata a Internet. Norberto Bobbio non a caso, richiamandosi a Gaetano Mosca, sosteneva che «in ogni società, di tutti i tempi, e a tutti i livelli di civiltà, il potere è posseduto da una minoranza, non vi è altra forma di potere che quella oligarchica». Noam Chomsky sostiene che l’1% detiene le leve del potere sostanziale nel mondo 3, anzi è proprio questa minoranza che, secondo una lettura sempre più diffusa, cospira contro le moltitudini.

Da qui il successo della teoria del complotto, che individua, dietro ai più significativi accadimenti politici ed economici, gli interessi di pochi ai danni della maggioranza. Da tali premesse, nasce l’idea di questo libro che intende confermare la tesi secondo la quale il potere sia concentrato nelle mani di poche persone, individuando anche quali. I risultati ai quali giungiamo potrebbero dimostrare che, lungi dall’essere in presenza di un complotto planetario, siamo probabilmente di fronte alla decadenza delle élite pubbliche.

Una ricerca di Stefania Vitali, Stefano Battiston e James Glattfelder del Politecnico di Zurigo dal titolo The Network of Global Corporate Control 4 ha individuato come alcune multinazionali, attraverso una serie di partecipazioni azionarie incrociate, orienterebbero le sorti dell’economia mondiale. Lo studio è uno dei primi lavori scientifici che dimostrano, attraverso l’uso di una serie di algoritmi, come una parte rilevante del mercato globale sia controllata da un piccolo e saldo nucleo di istituzioni finanziarie. Utilizzando il database Orbis 2007, i ricercatori hanno individuato una lista di 43.060 multinazionali 7 selezionate in un campione di circa 37 milioni di operatori economici. Dall’analisi risulta che 1.318 società si trovano al centro del mercato globale, rappresentando circa il 50% degli utili di tutte le multinazionali. Inoltre, emerge che 147 società formano un nucleo ancora più ristretto che viene definito una «super entità» che controlla circa il 40% delle multinazionali. Raffinando ulteriormente l’analisi, lo studio è stato poi circoscritto a 50 società globali, appartenenti al settore bancario e assicurativo. In cima alla classifica, si trova la banca inglese Barclays, seguita dal gruppo d’investimento statunitense Capital Group Companies e dai servizi finanziari della fmr Corporation, anch’essa statunitense. Inoltre, tra i principali gruppi assicurativi e bancari presi in esame ci sono anche le banche svizzere ubs e Credit Suisse, oltre che Deutsche Bank, Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, bnp Paribas. Come gruppo italiano è presente al 43° posto soltanto UniCredit.

Queste società sono il punto di partenza del nostro saggio per indagare i reali rapporti di potere a livello mondiale. Un sistema così interconnesso, infatti, potrebbe avere delle implicazioni negative sulla concorrenza e sulla stabilità finanziaria, e inevitabilmente tende ad averle. Non a caso, gli studiosi del Politecnico di Zurigo, pur non affermando che all’origine di tale organizzazione vi sia un complotto, e cioè un’azione intenzionale, preordinata e concordata, per decidere i destini dell’economia planetaria, mettono in guardia rispetto ai pericoli che possono derivare da un mondo in cui le relazioni finanziarie sono così strettamente legate le une alle altre.

Cosa fare, dunque, per contenere lo strapotere di queste multinazionali? La concentrazione di potere nelle mani di pochi individui può comportare un collasso dell’economia globale, così come è accaduto durante la crisi finanziaria del 2008, anticipata dallo scoppio della bolla della new economy? E da ciò quali possono essere le conseguenze per la qualità della democrazia? Un sistema nel quale le decisioni vengono assunte da un numero ristretto di persone è in contrapposizione alla teoria del libero mercato, che presuppone un’effettiva concorrenza e dunque un numero elevato di operatori economici. A ciò si aggiunga la pressione diretta e indiretta da questi esercitata sul sistema democratico, guidato da élite sempre più deboli in un contesto di complessiva decadenza della sfera pubblica.

Il nostro lavoro ha come punto di partenza l’individuazione delle varie relazioni esistenti tra gli appartenenti ai consigli di amministrazione di queste 50 società e governi, editoria, università e superclub planetari. Prima di tutto daremo un nome e un volto a presidenti e amministratori delegati di queste società. Sono le persone che assumono le decisioni, condizionando la vita economica del pianeta e quindi quella di ciascuno di noi. I loro nomi sono sconosciuti al grande pubblico eppure sono quelli che contano di più.

Analizzeremo, quindi, se ci sia un nucleo «roccioso» attorno al quale si concentra in modo sostanziale gran parte di questo variegato mondo finanziario, e, infine, esamineremo i finanziamenti ai candidati alla presidenza della Casa Bianca da parte delle 50 società globali, con riscontri e conferme alquanto significativi.

Bisogna poi chiedersi se le commistioni tra pubblico e privato non alterino in qualche misura il libero gioco democratico, anche esaminando il fenomeno delle porte girevoli tra consigli di amministrazione e ruoli pubblici, verificando i curriculum dei vertici delle banche private mondiali, come Goldman Sachs, JP Morgan, UBS, Morgan Stanley e altre. A ciò si aggiunga l’appartenenza dei membri dei board finanziari a organizzazioni quali Trilateral Commission, Gruppo Bilderberg, Council on Foreign Relations e, in una certa misura, associazioni di natura goliardica come la Skulls and Bones oppure le ipotetiche Ur Lodges massoniche. La condivisione dell’orizzonte culturale è fondamentale nelle relazioni tra le persone e quindi risulta significativa l’individuazione dei luoghi dove hanno studiato i componenti dei consigli di amministrazione, per giungere alla domanda: esistono atenei che formano in modo prevalente le élite economiche e finanziarie? Inoltre, sebbene non compaia nella ricerca del Politecnico di Zurigo, non si può non affrontare nel gioco del potere mondiale l’incidenza del fondo BlackRock, così come il ruolo dei giganti del web oppure di multinazionali come Coca-Cola e Amazon.

Durante questo lavoro abbiamo analizzato l’ambito dei paradisi fiscali, e incrociato diverse società che hanno originato il nostro studio, come ha confermato il caso dei Panama Papers, che descrive come uno studio legale si sia adoperato per aiutare super ricchi, politici o addirittura criminali con la costituzione di società offshore in paradisi fiscali, dove l’economia legale diventa indistinguibile da quella illegale. Il potere può incontrare ostacoli imprevisti. WikiLeaks è stato uno di questi e per molti aspetti ha avuto un impatto rilevante per governi e multinazionali. In questo quadro, abbiamo verificato se nella documentazione diffusa da Julian Assange si facesse riferimento ad alcune delle 50 società globali, constatando che erano sia vittime che carnefici delle battaglie economiche in atto.

Nell’economia mondiale le agenzie di rating svolgono un ruolo decisivo in quanto valutano l’affidabilità e il rischio dei vari Paesi e delle varie aziende, per cui i loro giudizi influenzano i mercati incidendo sul valore delle imprese e sulla sovranità nazionale.

Abbiamo quindi esaminato se ci fossero rapporti tra le multinazionali oggetto del nostro studio e le agenzie di rating, rilevando con facilità circostanze sconvolgenti, in quanto i controllati addirittura controllano i controllori, poiché la proprietà delle agenzie di rating è in parte delle società di cui le agenzie verificano l’affidabilità. Sulle distorsioni del mercato legate alle valutazioni delle agenzie di rating, e le inevitabili conseguenze sociali e politiche, nel nostro Paese sono state avviate indagini giudiziarie che hanno coinvolto le agenzie di rating Standard & Poor’s e Fitch, insieme alla Deutsche Bank, la quale risulterebbe essere tra le banche più indebitate al mondo senza che questo ne pregiudichi l’operatività. Il processo di primo grado per manipolazione di mercato si è concluso con l’assoluzione dei manager delle agenzie di rating, ma ancora non conosciamo né le motivazioni della sentenza né se la sentenza sarà appellata.

Abbiamo provato a ragionare anche sul debito pubblico: esso si forma per accrescere il benessere dei cittadini o per favorire gli interessi delle società economiche? A tale riguardo ci siamo soffermati sul deficit degli USA, dove risiede la maggior parte delle 50 aziende oggetto del nostro studio. Anche in questo caso, la realtà sotto i nostri occhi desta stupore, così come il ruolo dei fondi sovrani cinesi, russi e norvegesi, per non dire di quelli arabi, tutti determinanti per sostenere il sistema finanziario e bancario mondiale. Nella parte finale del volume, abbiamo ampliato l’orizzonte, approfondendo il ruolo delle élite nazionali che rischiano di soccombere sotto i colpi delle forze finanziarie, oltre che di quelle criminali e terroristiche. Inoltre, abbiamo approfondito la funzione dell’intelligence statale, ipotizzando una ridefinizione degli equilibri di potere tra pubblico e privato.

Il clima culturale all’interno del quale si collocano le nostre analisi è fortemente segnato dalle teorie del complotto che nella società della disinformazione vengono amplificate, rendendo indistinguibile il vero dal falso. Non a caso nel 2016 una delle parole più usate è stata quella di «post verità», per definire la scomparsa della realtà e una generica equivalenza delle opinioni nel dibattito pubblico, rendendo indistinguibile un fatto vero da una menzogna.

In conclusione, si è esaminato il peso delle mafie e dell’illecito nell’economia globale in una fase in cui gli Stati non riescono, per rinuncia o incapacità, a governare la globalizzazione, finendo per favorire le organizzazioni criminali che vanno ad assumere la funzione di protezione delle piccole e medie imprese, sullo sfondo di un rapporto ambiguo tra grande criminalità e grande finanza. I temi fin qui esposti sono solo semplicemente indicati e siamo consapevoli che avrebbero bisogno di essere approfonditi con ricerche ancora più sistematiche. Infatti, l’obiettivo di questo libro è quello di collegare una serie di elementi, teorici e pratici, che spesso viaggiano scollegati, essendo confinati nella cronaca senza un inquadramento di ordine generale. In una società dove aumenta sistematicamente la complessità, c’è bisogno di individuare gli elementi che ci aiutino a capire le reali dinamiche sociali. Questo studio intende offrire, per quanto possibile, un contributo di comprensione della realtà. Infatti, quello che sembra emergere è che il disordine mondiale non è il disegno di forze oscure che agiscono nell’ombra in una congiura perenne contro i popoli, oppure il frutto della globalizzazione impazzita o degli sviluppi delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale, bensì il risultato delle decisioni di una ben individuata élite transnazionale che, attraverso i suoi molteplici intrecci, orienta l’economia mondiale.