Stupro di gruppo e articolo 18: una relazione pericolosa

di Delfina Tromboni, direzione nazionale PdCI

 

donne corteoL’ultima notizia viene dalla FIOM: nella discussione (puramente ideologica) sull’articolo 18, tra le cause che la nostrana “razza padrona” porta a sostegno della cosiddetta “flessibilità in uscita” (detta in parole povere e comprensibili, è la pura e semplice libertà di licenziare) c’è l’assenteismo. Niente di nuovo sotto il sole, dirà chi ha la memoria più lunga e già ha fatto le sue battaglie, negli anni settanta, contro l’uso di classe di questa categoria. Certo, niente di nuovo. Nemmeno nel tentativo, spudorato, di inserire tra le assenze prolungate cause di assenteismo anche l’assenza per maternità, tutelata da una legge dello Stato, nonché i congedi parentali che – conquista più recente e ancora pochissimo praticata – possono essere richiesti anche dai nuovi padri. Chi ha la memoria lunga anche per le “cose da donne” (come un tempo brutalmente si diceva, in fedeltà alla pratica politica che contraddistingueva le varie formazioni…), cioè una comunista femminista quale io penso di essere, sa bene che non è la prima volta che il padronato nostrano ci prova. Oggi, però, le reazioni del mondo politico, anche a sinistra, sono o assenti o – come dire? – soft…Politically correct in tempi di governo “tecnico”? Francamente me ne infischio. Del governo tecnico. Della rilevanza europea e internazionale di Monti, assurto con la sua apparizione sulla copertina di Time a salvatore dell’Europa. Della presenza di tre ministre in posizione chiave che ha fatto – all’inizio, ma soltanto all’inizio – ben sperare sulla possibile ottica “di genere” in settori fondamentali come la sicurezza interna, la giustizia, il welfare, il lavoro… Toccare il diritto delle madri e dei padri di stare accanto ai loro bambini piccolissimi, toccare la possibilità per le donne di assentarsi dal lavoro due mesi prima e tre mesi dopo il parto, con possibilità di prolungare l’assenza dal lavoro produttivo per poter fare quello riproduttivo almeno fino al primo anno di vita del bambino, è una schifosa barbarie. Chi non lo sostiene, almeno a sinistra (ma non era la destra l’alfiere della famiglia???), merita tutte le insolenze che le donne sapranno trovare nel loro in genere forbito vocabolario e merita che in forma organizzata gli si chieda di dimettersi subito e di lasciare la politica, quella vera, a qualcun altro. Più capace di stare al proprio tempo, di sapere quali sono i valori dell’oggi indisponibili allo scambio.

Scambio politico sul corpo delle donne. Parole non nuove. Abbiamo dovuto assistervi e fronteggiarlo più volte nel corso delle nostre vite, noi femministe comuniste. Le più giovani, quelle che si affacciano oggi alla vita e alla politica e riempiono con i loro corpi colorati le piazze, le strade, le valli, ripensando associazioni tradizionali di donne come l’UDI (oggi: Unione donne in Italia) o inventandosene altre a cui danno nomi fantasiosi e per nulla allusivi come le “Male Fiche”, nemmeno immaginano, forse, che la cosa sia possibile. Nemmeno sanno, forse, cosa vuol dire. Uno scambio politico sul corpo delle donne? Che vuol dire? Vuol dire, per esempio, che si accetta con il silenzio lo scambio tra traghettamento fuori dalla crisi alle condizioni del Governo Monti e possibilità di stare con i propri bambini piccoli o malati anche se si è lavoratrici (e lavoratori) dipendenti (subordinati, direbbe più propriamente Gramsci). Oppure, che ci si scandalizza appena un poco, ma senza farne una questione dirimente, che ci sia chi pensa possibile alleggerire la pena per lo stupro, se lo stupro stesso è commesso non da un singolo ma da un gruppo. Il branco. La corte di Cassazione, eh? Mica l’ultimo giudice dell’ultimo tribunale di provincia… Gente che nemmeno va al cinema, ho pensato sulle prime, forse per difendermi dal dolore. Altrimenti ricorderebbe la stupenda Jodie Foster vittima e vindice di uno stupro di gruppo… In rete l’abbiamo chiamata, quella sentenza orribile, in vari modi. Il 2 X 3 dello stupro è quello che mi viene in mente al momento. La massima offesa al corpo di una donna viene considerata quasi nulla da uomini che hanno il potere di giudicare e pensano soltanto al proprio sesso (gli stupratori) e non a quello della vittima (la stuprata). Lo scambio politico su quel corpo stuprato sta nel non fare di quella ignobile sentenza materia di offensiva politica. Vorrei che il mio partito, i partiti che si dicono comunisti, quelli che si richiamano alla sinistra, quelli che immaginano un centro e perfino una destra democratica e non succube del maschilismo più becero che ancora tiene in piedi i residui di patriarcato che attraversano la nostra società, tappezzassero le città e invadessero il web con manifesti indignati contro quella sentenza, chiedendo un intervento diretto del Ministro della giustizia. Una donna. Che, per una volta, invaderebbe forse il campo di un potere parallelo e la cui indipendenza va sicuramente difesa, ma per ristabilire una giustizia ed una verità a misura di esseri umani, di donne e di uomini degni di questo nome: insomma un valore che sta al di sopra della distinzione formale tra poteri dello Stato che i nostri padri e le nostre madri costituenti hanno sancito, certo non pensando che potesse essere impugnata per consentire l’obbrobrio di sentenze come questa.

Chiedo troppo? Ho una visione della politica fuori dal mondo, dal mio tempo, dalla storia? Lo chiedo prima di tutto agli uomini e alle donne del mio partito, il PdCI, della cui Direzione nazionale faccio parte. E lo chiedo alla Federazione della sinistra, del cui coordinamento nazionale ristretto faccio parte. E aggiungo: è vero che la crisi morde e che si avvicinano le elezioni amministrative, ma se la politica non serve a capire e a spiegare che le politiche confindustriali alla Marchionne e alla Marcegaglia (thò, un’altra donna…) sono possibili anche per il legame perverso che il capitalismo (oggi selvaggio quant’altri mai) ha con il patriarcato (oggi inselvatichito quant’altri mai) a che serve? A che serve? Non è più il tempo del “sol dell’avvenire”: i semi del comunismo come lo intendiamo noi, comunisti e comuniste del terzo millennio, del XXI secolo, dobbiamo seminarli oggi. E curarli quotidianamente, come fanno le donne con i loro bambini, con i figli grandi e piccoli, con gli anziani, con i malati, con i portatori di handicap, con tutti quelli che, per vivere, hanno bisogno di cura. Cura quotidiana. Amore, Ma anche lavoro riproduttivo. Se mettiamo davanti all’aggettivo “riproduttivo” , il sostantivo “lavoro”, che tanto sta a cuore ai comunisti e alla sinistra, qualcuno in più riuscirà finalmente a capire?

Non lo so. So che vorrei vedere, sotto questa mia politicissima (ma, forse, per i parametri dell’oggi impolitica) lettera, fiorire le firme dei miei compagni e delle mie compagne, e vorrei che in qualche modo questo mio atto politico uscisse dalla ininfluenza del gesto personale e assumesse il significato e la valenza di un gesto politico pubblico.