L’emancipazione della donna si realizzerà solo con il socialismo

donne fascismo cccpdi Maria Muñoz

Traduzione di Roberto Lesignoli per Marx21.it

Riceviamo la riflessione della compagna Maria Muñoz, militante del Partito Comunista di Spagna,  e pubblichiamo come contributo alla discussione

Il capitalismo è un regime di disuguaglianza. Esiste una disuguaglianza economica, motivata dal fatto che mentre alcuni possiedono i mezzi di produzione (fabbriche, centri di lavoro, commercio, terre, ecc…) altri devono vendere l’unico che possiedono, la propria forza-lavoro, se non vogliono morire di fame.

Questa disuguaglianza si estende inoltre al terreno dei diritti nella società capitalista: mentre i membri della classe dominante godono di tutti i diritti che derivano dalla loro posizione di dominazione di classe, l’unico diritto di cui godono gli altri è di servire come mano d’opera per produrre maggiori guadagni al padrone. Anche nella più democratica repubblica borghese, in un regime di democrazia borghese, i diritti degli operai non smettono d’essere formali e non reali e la borghesia potrà sempre eliminarli in un sol colpo se le necessità di sviluppo del capitalismo  le richiedono.

Pertanto in regime di capitalismo, che si basa sulla diseguaglianza tra le classi non potrà che osservarsi una diseguaglianza tra l’uomo e la donna: nell’economia, nei diritti, ecc… Ma sempre in una prospettiva di classe. Cioè, la donna nel capitalismo è, come ci diceva Lenin, doppiamente oppressa: per essere donna e per essere operaia.

Il femminismo borghese, a causa del suo carattere di classe, prescinde dalla seconda di queste contraddizioni ed descrive unicamente la oppressione della donna basata sul sistema patriarcale. Tale assurdo è conseguenza della lotta ideologica tra le posizioni borghesi e quelle proletarie, che è uno dei tre pilastri della lotta di classe insieme con la lotta economica e politica. Così la borghesia  da alcuni decenni a questa parte promuove un eclettico e interclassista movimento di “emancipazione” delle donne che combatte i postulati marxisti e operai sull’uguaglianza reale e la liberazione della donna proletaria. Questi movimenti di carattere piccolo-borghese negano la essenza di classe dell’oppressione della donna lavoratrice e pongono sullo stesso piano in una società ancora divisa in classi la donna operaia e quella borghese.

Riflettiamo: per caso Alicia Koplowitz, Condoleezza Rice, Hillary Clinton o Angela Merkel sono donne oppresse dal capitalismo o invece esercitano indistintamente la loro dominazione di classe su uomini e donne operai? La risposta è molto semplice, e ci mostra che il problema dell’emancipazione della donna è una questione di classe che non si può separare dalla lotta per il socialismo, una lotta dove la donna ricopre un ruolo fondamentale. Tuttavia la lotta dei comunisti per la liberazione della donna non è una lotta paternalistica, bensì conseguentemente rivoluzionaria.

Il compito dei comunisti è includere la donna all’interno della lotta per il socialismo, per il rovesciamento del modo di produzione capitalista e per il conseguimento del socialismo. L’emancipazione della donna è cioè un compito rivoluzionario legato alla lotta per il socialismo che si inserisce in una cornice della lotta ideologica: Ideologia proletaria contro ideologia borghese. La donna nel lottare contro la dominazione ideologica della borghesia sul terreno della sua emancipazione come componente di una determinata classe sociale, la classe operaia, combatte anche la sua propria situazione di oppressione di genere dato che senza la donna operaia non può esserci il socialismo, e viceversa.

L’inclusione della donna nella lotta politica per il socialismo deve prodursi in una forma semplice e in modo pedagogico, educando in maniera rivoluzionaria le donne lavoratrici alla scienza del marxismo-leninismo. Noi comunisti siamo esattamente uguali agli altri lavoratori, e se noi abbiamo imparato ad armarci col socialismo scientifico può farlo anche il resto degli elementi della nostra classe. In questo senso, è essenziale la creazione di quadri comunisti femminili che assumano l’ideologia proletaria e la facciano penetrare tra i nostri fratelli di classe. L’inclusione in massa delle donne nel mondo del lavoro, non per gli avanzamenti nell’”uguaglianza” borghese bensì per le necessità del modo di produzione capitalista, fornisce una fonte alla quale il Partito Comunista deve accedere per conquistare alla sua causa donne lavoratrici. Lo sviluppo del Partito Comunista, che conti tra le sue file il maggiore numero possibile di donne, è l’arma fondamentale per il trionfo della lotta di classe e per l’emancipazione della donna lavoratrice.

La donna lavoratrice nel capitalismo è sottoposta a diversi livelli di oppressione. Sul piano economico il salario della donna normalmente è minore di quello dell’uomo e la secolare reclusione domestica fa sì che molte nostre sorelle lavoratrici siano totalmente dipendenti dell’uomo economicamente, condizione che ostacola ogni tentativo di emancipazione. Ricevendo peggiori salari le donne generano maggiore plusvalore per l’imprenditore, col risultato che, come abbiamo detto prima, l’accesso sempre maggiore delle donne al mondo del lavoro sia il risultato di una necessità del sistema e non della distruzione di barriere di genere. Cioè, quello che ci è stato presentato da parte del femminismo borghese come “emancipazione” economica della donna non è altro che il chiaro esempio di schiavitù salariata dentro il sistema capitalista che le donne lavoratrici subiscono in misura maggiore rispetto agli uomini.

Solo il socialismo spezzerà la disuguaglianza economica tra la donna lavoratrice e l’uomo. In una società senza classi, in cui il sistema ha come missione assicurare i bisogni della classe operaia, le relazioni di dipendenza della donna dall’uomo si distruggono. Unicamente nel socialismo si può dunque avere l’emancipazione economica della donna: non essendo legata né alla minaccia della disoccupazione né al mantenimento da parte dell’uomo, la donna è realmente libera di sviluppare la sua vita come desideri. Ma questa è la conseguenza delle nuove relazioni di produzione nel socialismo, dove la classe operaia controlla il potere politico ed economico dello Stato che gli serve per continuare a distruggere gradualmente tutte le aberrazioni dell’antica società capitalista. Pertanto è il socialismo quello che garantirà l’uguaglianza reale e l’emancipazione della donna operaia. Il socialismo determinerà la fine della disuguaglianza tra l’uomo e ladonna in tema di salari, da qui la necessità che ha la donna lavoratrice di lottare doppiamente contro il capitalismo: come lavoratrice e come donna.

Allo stesso modo il ruolo patriarcale, cioè, il ruolo della donna dentro la famiglia è una delle chiavi che spiegano la sottomissione della donna lavoratrice. Il lavoro domestico è un’ulteriore forma di schiavitù lavorativa, tuttavia non è remunerato né gode del necessario riconoscimento sociale. Il Partito deve lottare pertanto risolutamente contro la svalutazione del lavoro domestico e per educare in modo rivoluzionario gli operai e le operaie nella lotta contro il patriarcato e le sue recrudescenze. Perché senza eliminare questo tratto ideologico della società borghese non potremo mai costruire una società socialista sviluppata e senza lottare contro questa contraddizione non potremo contribuire all’emancipazione di una parte molto importante dalle masse operaie: le lavoratrici.

La povertà e la marginalità femminili, la cui massima espressione è la prostituzione, devono essere combattute senza quartiere dal Partito Comunista e dalla classe operaia. La donna lavoratrice privata di sostento economico si vede obbligata nella società borghese a ricorrere a queste attività per assicurare la sua esistenza, assicurando inoltre una fonte di lucro per elementi borghesi di ogni tipo. Il Partito deve lottare per lo sradicamento di questa attività, per la dignità delle donne che sono cadute tra gli artigli miserabili di questa professione perché sono vittime del modo di produzione capitalista e della società borghese. Nel socialismo, oltre ad essere proibita questa attività, la donna non dovrà essere umiliata per poter continuare la sua esistenza, perché lo Stato e la società socialista garantiscono la sua piena emancipazione economica.

La donna inoltre, deve godere di pieni diritti sul proprio corpo. Nel capitalismo, i borghesi necessitano di quello che denominiamo “eserciti industriali di riserva”, cioè lavoratori che siano disposti a litigare tra di loro per un posto di lavoro in modo che i salari siano più bassi. Inoltre hanno bisogno della riproduzione di questa forza di lavoro e che sia sempre di più numerosa, perché quanto più cresce la disoccupazione tanto più potranno agitare la bandiera della paura della disoccupazione forzata e pagare ogni volta salari inferiori per ottenere più plusvalore.

Sulla questione del controllo delle nascite e dell’aborto, nel socialismo la donna ha assoluto diritto sul proprio corpo ed è lo Stato socialista quello che deve garantirle le migliori condizioni per esercitarlo. 

La lotta per questa doppia emancipazione della donna sul terreno di classe e quello di genere deve essere opera delle lavoratrici stesse. Queste lotte sono inseparabili e quella sul terreno di genere non si può trasformarsi in una lotta parziale funzionale al rafforzamento dell’ideologia borghese, e all’indebolimento del movimento di classe. La lotta per il socialismo è dunque la lotta per la liberazione della donna, perché entrambe sono dialetticamente parte della stessa lotta.

Le lavoratrici devono essere chiamate ad unirsi alle file del loro partito, il Partito Comunista, al fine di crescere come quadri e contribuire alla lotta per il socialismo. Una lotta, la lotta per il socialismo, che è l’unica garanzia per la donna della propria emancipazione come membro di una classe sociale determinata e come donna. All’interno del sistema capitalista non ci può essere nessuna reale uguaglianza né nessuna emancipazione per la donna lavoratrice e, per quanti diritti formali abbiano le donne, sotto il sistema capitalistico continueranno ad essere sottomesse alla schiavitù salariale.

Urge dunque buttare il capitalismo e il patriarcato nella discarica della storia.