La crisi economica capitalistica e i suoi effetti sulla condizione delle donne

 

da http://www.oltre-confine.it

 

Intervento di Milena Fiore, delegata dell’AWMR (Donne della Regione Mediterranea) alla Conferenza europea della FDIF-Widf (Federazione democratica mondiale delle donne) sul tema: “La crisi economica capitalistica e i suoi effetti sulla condizione delle donne” (Atene, 10 – 11 settembre 2011).

 

Il video dell’intervento

 

La “liquidità mondiale della moneta (nelle sue forme più varie) ha raggiunto livelli stratosferici superiore di 12 volte il Pil mondiale”. La crisi economica è in realtà un problema di accumulazione di capitali in mano a pochi grandi lobbies finanziarie.

Questa situazione crea  pressioni fortissime sull’Italia che sono sfociate in un duro attacco del governo agli interessi delle grandi masse lavoratrici e democratiche, e delle donne in primo luogo.

la crisi economica attuale è molto diversa dalle precedenti e una delle differenze più marcate è che il peso della recessione risulta maggiormente suddiviso tra donne e uomini, per i cambiamenti intervenuti nel tasso di occupazione femminile, nella composizione del budget familiare, e nella ripartizione dell’impatto della crisi tra i diversi settori dell’economia.

La crisi economica attuale è molto diversa dalle precedenti e una delle differenze più marcate è che il peso della recessione risulta maggiormente suddiviso tra donne e uomini, per i cambiamenti intervenuti nel tasso di occupazione femminile, nella composizione del reddito familiare, e nella ripartizione dell’impatto della crisi tra i diversi settori dell’economia.

Un’accurata analisi di dati statistici relativi al tasso di occupazione smentisce le enfatiche dichiarazioni del Ministero del Lavoro italiano su una sostanziale tenuta dell’occupazione femminile in tempi di crisi.

Sono tre gli aspetti da rilevare.

In primo luogo, il tasso di occupazione femminile a livello nazionale è stato lo scorso anno pari al 46,4%, vale a dire al di sotto di 13,6 punti percentuali rispetto all’obiettivo comunitario, fissato dalla strategia di Lisbona, che prevedeva una percentuale del 60% di donne con un lavoro entro il 2010. Va considerata oltretutto la percentuale di donne meridionali che sono impiegate nel lavoro sommerso, la quale testimonia che le politiche sin qui intraprese per emersione, regolarizzazione, maggiore occupazione, si sono rilevate nella maggior parte dei casi inefficaci.

In secondo luogo, la percentuale delle donne senza un lavoro è stata del 9,3%, con un incremento dello 0,7% rispetto all’anno precedente. Non solo, dunque, il tasso di occupazione femminile è sensibilmente più basso rispetto a quello maschile nel nostro Paese, ma anche il tasso di disoccupazione è maggiore del 2,5% fra le donne nei confronti degli uomini.

Un terzo e ultimo elemento da segnalare riguarda la permanenza delle donne nei contratti atipici, che ha effetti devastanti sia sui salari, sia sulle tutele. Va messo in evidenza che la flessibilità è troppo spesso non voluta, soprattutto pensando che l’utilizzo di più rapporti di lavoro nell’arco di appena tre mesi significa che le donne sono costrette non di rado a passare da un contratto atipico a un altro.

Infine, il Ministero del Lavoro “dimentica” di segnalare un altro dato preoccupante: la crescita del numero di donne inattive. Secondo le cifre rese note dall’Istat relativamente a marzo 2010, oggi in Italia ci sono nove milioni e 679mila donne che non lavorano e non studiano, e il tasso di inattività tra le donne è giunto al 45,8%. La metà delle donne inattive sarebbe disponibile a occuparsi, se fossero loro offerti servizi adeguati di cura e misure efficaci di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Nel corso del 2009, secondo l’Istat, la discesa dell’occupazione femminile ha interessato tutte le figure presenti sul mercato del lavoro: le dipendenti a termine, le collaboratrici, le autonome, fino a coinvolgere le occupate a tempo indeterminato. L’occupazione a termine si riduce costantemente, e a tale discesa si accompagna quella delle collaboratrici.

Non viene messo poi in alcun rilievo il dato sulle povertà : In Italia, su un totale di 8.078.000 individui relativamente poveri nel 2008, 4.208.000 sono rappresentati da donne, e ben il 61,4% delle povere si colloca nella classe di età attiva ed ancora su di 2.893.000 di persone assolutamente povere, 1.550.000 sono rappresentate da donne (il 5,1% del totale delle donne).

Il discorso, però, non riguarda solo l’occupazione. I tagli allo stato sociale, ai servizi pubblici (scuole, asili, sanità, assistenza agli anziani) si ripercuote innanzitutto sulle donne, che vedono accrescersi enormemente il loro carico di lavoro di cura rivolto alla famiglia.

Nel nostro paese, inoltre, a causa del modello culturale imposto da Berlusconi, dalle sue televisioni e dal suo governo, dobbiamo registrare un pesante regresso sul piano culturale per quello che riguarda la concezione della donna e del suo ruolo nella società, sempre più mercificato, spettacolarizzato, strumentalizzato.

Tuttavia negli ultimi mesi si sono avute delle prime risposte di massa, politiche e sociali contro questa involuzione. Il 13 febbraio scorso le donne hanno dato una forte spallata al corrotto regime di Berlusconi, dando vita a una grande manifestazione del movimento “Se non ora, quando?”, nel quale sono impegnate anche molte protagoniste del mondo della cultura.

Quattro mesi più tardi, il 12 e il 13 giugno, dopo i risultati positivi nelle elezioni amministrative (che hanno visto la sinistra e il centrosinistra vincere a Milano, Napoli, Torino e molte altre città), la vittoria del referendum per l’energia pulita, per la difesa dell’acqua come bene pubblico ha rappresentato il sigillo più bello al vento del cambiamento che soffia forte ed è iniziato con le lotte degli operai e dei disoccupati, degli studenti e dei lavoratori precari, con il nuovo protagonismo del movimento delle donne, che stanno tornando a riprendersi la parola e a difendere la propria dignità. Si è rotta cioè quella logica dominante dell’indifferenza e del consenso creato dai grandi mezzi d’informazione pubblici e privati che sembravano regnasse sovrani. Le masse, e le donne e i giovani innanzitutto, non si sono lasciate imbrogliare e hanno reagito con intelligenza e orgoglio.

Si tratta di primi segnali, importanti, di una ripresa di consapevolezza e di mobilitazione che sarà necessario portare avanti e sviluppare nei prossimi mesi. Ci auguriamo quindi che le lavoratrici e le donne del nostro paese riescano a raccordarsi meglio alle lotte delle altre donne nel mondo; e in questo il ruolo della Federazione mondiale delle donne e di iniziative come questa può essere molto importante.

 

DICHIARAZIONE DELL’INCONTRO REGIONALE EUROPEO DELLA WIDF


Noi donne delle Organizzazioni Europee aderenti alla WIDF abbiamo tenuto una riunione in Atene nel settembre 10-11/2011 e dopo una discussione svoltasi con amicizia e solidarietà, abbiamo deciso quanto segue.

La crisi capitalistica verificatasi contemporaneamente nei centri imperialisti è attribuita ai profitti in eccesso che non possono essere investiti per produrre profitti ancora maggiori; alla sovrapproduzione di beni che non possono essere venduti in modo tale da garantire un tasso di profitto soddisfacente per i capitalisti. Questo accade perché la legge e la forza trainante del capitalismo è il capitale, il profitto. La crisi porta alla distruzione parziale del capitale e di forza-lavoro. Ciò è dovuto, da un lato, alla chiusura delle aziende e alla usura delle macchine e, dall’altro all’esistenza di migliaia disoccupazione dei lavoratori.

La propaganda sulla “crisi del debito” nasconde deliberatamente la verità circa il carattere della crisi nascondendo la sua reale sostanza.

Nel nostro incontro abbiamo concluso che la strategia dell’Unione Europea è quella di  assicurarsi forza lavoro più economica al fine di sostenere e di rafforzare la competitività del capitale europeo contro le altre potenze imperialiste.

Le donne lavoratrici e appartenenti agli strati popolari sono costituite da forza-lavoro ausiliario, a buon mercato e flessibile. Esse sono obbligate a lavorare fino alla fine della loro vita, e su di loro incombe anche l’onere della cura per i bisogni familiari, e a  pagare per i servizi sociali in settori chiave della loro vita.

L’organizzazione europea WIDF rivendica senza compromessi:

• posti di lavoro permanenti e stabili per tutte le donne.

• nessuna discriminazione salariale nei confronti delle donne.

• l’età pensionabile femminile a 55 anni. Mantenimento di 5 anni di differenza dell’età pensionabile per uomini e donne per il riconoscimento minimo del ruolo sociale della maternità.

• protezione della maternità. Il rispetto dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne per ciascuna di esse e per tutte le generazioni. Gravidanza, maternità e allattamento, servizi sociali, permessi, dovranno essere gli stessi e uguali per le donne che lavorano nel settore pubblico come in quello privato, per le lavoratrici autonome e quelle agricole.

• scuole materne e campi estivi gratuiti per tutti i bambini.

• assistenza sanitaria e stato sociale assolutamente gratuiti.

• istruzione totalmente gratuita per tutti.

Tuttavia, è molto difficile ottenere obiettivi a livello individuale, se la lotta non è rivolta verso cambiamenti “radicali”. Quindi, dobbiamo abbattere le cause che creano tutti i “mali” dei lavoratori, soprattutto delle donne che subiscono lo sfruttamento di classe e l’oppressione doppia; per essere più precisi, al giorno d’oggi la lotta deve essere diretta contro i monopoli e il loro potere in Europa e in tutto il mondo. Oggi una maggiore cooperazione e coordinamento del movimento anti-monopolista e antimperialista a livello nazionale e internazionale è più che mai necessario. La lotta coordinata del movimento delle donne con il movimento dei lavoratori, il movimento antimperialista, per la pace, e ancora con il movimento sindacale, con il movimento giovanile, con i contadini poveri e coi lavoratori autonomi a livello nazionale, nonché il coordinamento della Federazione internazionale democratica delle donne (WIDF), della Federazione sindacale mondiale (FSM), del Consiglio mondiale della pace (WPC) e della Federazione mondiale della gioventù democratica (WFDY) a livello internazionale aprirà la strada alla società del 21° secolo. Una società senza sfruttamento dell’uomo sull’uomo porterà l’uguaglianza per le donne e l’emancipazione della classe lavoratrice e degli strati popolari!

Tutti i partecipanti hanno dichiarato la loro ferma decisione a esercitare ogni possibile sforzo per il successo del 15° Congresso della WIDF.