E’ l’ora dell’opposizione di sinistra contro il governo Monti

di Fabio Nobile, Segreteria nazionale PdCI e segretario PdCI Roma

 

monti-w300La crisi sta accelerando tutti i processi a livello internazionale e nazionale. Soffiano di nuovo dopo la Libia i venti di guerra assieme alle politiche economiche che, in particolar modo in Europa, hanno natura antipopolare e recessiva. In tale quadro i provvedimenti e gli annunci della cosiddetta fase due tolgono ogni dubbio, per chi ne avesse avuti, sulla natura e gli obbiettivi del Governo Monti.

Dopo i tagli devastanti e la riforma delle pensioni, infatti, le liberalizzazioni insieme all’attacco agli ultimi livelli di difesa dei lavoratori, sono l’espressione della famelica volontà del Capitale italiano ed Europeo di continuare ad affrontare la crisi con le ricette neoliberiste che l’hanno aggravata. La cancellazione della democrazia, per come l’abbiamo conosciuta sino ad oggi, è la cornice politica dentro cui si dipinge la nuova Italia. Lo conferma la stessa ammissione di Monti quando afferma che può fare un buon lavoro in quanto “non deve rispondere a nessun consenso democratico”.

La stesso inserimento del pareggio di bilancio toglie alla politica la possibilità di svincolarsi dalle scelte imposte dal mercato. Accanto alla democrazia cancellata si producono fenomeni reazionari che, dalla pancia del tessuto sociale colpito dalla crisi, trovano linfa e nuovo vigore. Il blocco sociale berlusconiano, sulle cui contraddizioni è caduto il precedente governo e seppure ancora in forme frammentate e apparentemente isolate, rischia di esplodere in una collera diffusa che può divenire base di massa per un ulteriore spostamento a destra del Paese. In particolar modo le liberalizzazioni sono un detonatore mobilitante per una parte importante dei ceti medi(commercianti, tassisti, mondo delle professioni). I processi di proletarizzazione e impoverimento che innescano sono pericolosissimi e rischiano di rivolgersi contro la classe lavoratrice se non si pratica un’accorta politica di alleanze sociali.

E’ chiaro che il tentativo di Monti è quello di mettere a disposizione del mercato i più ampi settori economici ancora in mano pubblica, insieme all’ulteriore ridimensionamento dei diritti e del salario diretto, indiretto e differito dei lavoratori. Un tentativo che avviene nel quadro della spinta dei settori dominati tedeschi orientati a far pagare la crisi e l’eccedenza di capacità produttiva ad essa connessa ai Paesi del sud Europa.

L’altro obiettivo del Governo dei professori è ricostruire gli assetti politici e istituzionali del Paese, più funzionali alla gestione della situazione. Lo stesso quadro politico nel 2013 si presenterà probabilmente in maniera fortemente mutata. La spinta del Presidente Napolitano per cambiare la legge elettorale sta aprendo a scenari che, probabilmente, rischiano di rendere tante discussioni sulle alleanze o primarie roba da archeologia politica.

E’ chiaro, quindi, che siamo in un’altra fase e nulla sarà come prima dopo il Governo Monti.

Di fronte a tale probabile scenario, che ridisegna le stesse forze politiche, il primo compito dei comunisti e della sinistra è quello di indicare un orientamento nettamente distinto dalle politiche neo liberiste e con esso autodefinirsi sul piano locale e nazionale. Questo non significa indicare opzioni elettoralistiche, impossibili da definire senza la consapevolezza di quale sia la legge elettorale con la quale si affronteranno le prossime elezioni. Significa altresì definire un campo e aprire un dibattito su chi sta dove. Per rendere possibile questo è necessaria l’iniziativa. E questo riguarda direttamente noi del PdCI e della Federazione della sinistra. I ritardi nell’unificazione dei Partiti (PdCI e PRC) e la permanente competizione che li caratterizza rischia alla luce dei compiti immani di essere esiziale. Il patto di consultazione a sinistra proposto dalla fds è necessario ma non sufficiente, vista l’ostilità degli interlocutori. Recuperare il nostro protagonismo è centrale.

E’ necessario impostare una campagna di massa nazionale e locale della FDS, contro privatizzazioni, attacco al salario e ai diritti di tutti i lavoratori. Una campagna in grado di rendere intellegibile un’alternativa credibile che parli di democrazia, estensione dei diritti, di un nuovo e massiccio intervento pubblico economia e nei servizi. E’ importante essere nel corteo dell’11 febbraio della Fiom, altrettanto necessario è puntare all’indizione di una manifestazione politica contro Monti e l’Europa delle banche sollecitando tutta la sinistra a farlo. Se permane la difficoltà a realizzarla unitariamente promuoviamone una della FDS. Non offrire questo spazio e la netta distinzione della sinistra lascerebbe la CGIL, la FIOM e la stessa USB da soli, condannandoli alla capitolazione. Si rende necessario per la FDS interloquire con più forza con quanto è avvenuto a Napoli nel Forum dei comuni per i beni comuni dove, ricordiamocelo, l’esperimento si è reso possibile anche grazie alla FDS e al suo sostegno organico a De Magistris sin dalla prima ora. Alla nostra destra e alla nostra sinistra dobbiamo contribuire proporre un programma che attorno ai contenuti costruisca l’unità. Le stesse contraddizioni nel PD non possono essere lasciate inerti senza nessuna sollecitazione esterna, sul piano nazionale con il sindacato, su quello locale con i paletti programmatici a partire da quelli espressi nel Forum di Napoli. Questi sono mesi in cui il respiro strategico dell’iniziativa deve prevalere su quello tattico, lo è per la borghesia, lo deve essere anche per noi. Tracciare un sentiero chiaro è indispensabile, lo spazio per farlo è enorme, non coprirlo sarebbe un crimine.