Movimento politico o diciannovismo da operetta?

costituzione principiRiceviamo e pubblichiamo come contributo al dibattito

di Aginform

Tutti ricorderanno la definizione di diciannovismo attribuita al movimento di lotta che con molta drammaticità si sviluppò in Italia subito dopo la prima guerra mondiale. Si trattava, appunto, del 1919 quando operai e braccianti conducevano scontri durissimi con i padroni del vapore e con gli agrari perché, dopo il massacro della guerra, le condizioni di lavoro – quando c’era – si dimostravano insopportabili.


La questione all’epoca non era la mancanza di combattività dei lavoratori, ma la mancanza di direzione politica delle lotte e di chiarezza sugli obiettivi. Il massimalismo socialista era un misto di demagogia e opportunismo e ci volle la scissione di Livorno per tentare di raddrizzare la deriva. La parola giusta è appunto ‘tentare’ di raddrizzare, perché ci vollero una dittatura di vent’anni e una nuova guerra mondiale per cambiare le cose.

La drammaticità di quegli avvenimenti fu altissima e produsse, com’è noto, una sorta di guerra civile che si concluse con la vittoria del 

Perché dunque richiamare il 1919? Ci troviamo oggi di fronte a una situazione dello stesso tipo? E’ evidente che non si può fare un parallelo, ma alcuni elementi della situazione politica odierna richiamano quell’epoca storica, anche se si ripresentano più come farsa che come tragedia. 

Partiamo innanzitutto dal quadro politico. E’ indubbio che la destra in Italia è diventata una forza incombente e con la sua articolazione rivendica di essere maggioranza nel paese. Questo fatto non è da sottovalutare, anzi va tenuto ben presente se si vuol definire, senza retorica, una strategia di lotta al fascismo. Non ci sono solo i partiti che formano la coalizione di destra. Se consideriamo anche come si collocano, salvo rare eccezioni, gli organi di stampa e televisivi e molti degli ‘esperti’ istituzionali che vengono scomodati per dire la loro, lo schieramento è ben più ampio e trasversale. La destra, quella politica e quella rappresentata dalle forze liberiste, è ben viva e si salda anche con un vasto movimento internazionale che è emerso nella crisi prendendo il nome di sovranismo: da Trump alla Le Pen, dalla Brexit a Salvini, la Meloni e la Confindustria di Bonomi in Italia.

Per impostare dunque una battaglia antiliberista, che riteniamo sia il punto unificante di uno schieramento di cui ci sentiamo parte, dobbiamo innanzitutto valutare le forze in campo e come si dislocano. Per questo nel corso dell’ultima tornata di elezioni amministrative abbiamo sostenuto che non era affatto indifferente che le regioni in ballo andassero, ad esempio, a Fitto anziché ad Emiliano. Nessun appiattimento, ma considerazione degli equilibri politici che, in un senso o nell’altro, pesano sulle prospettive. C’è voluta la cialtroneria di Di Battista per tentare di confondere le acque, ma il tentativo per fortuna non ha avuto grandi effetti, come si è visto anche nei ballottaggi per i comuni.

La prima questione da dirimere nei prossimi mesi dunque sta nel definire con estrema chiarezza, e con una battaglia politica a sinistra, la collocazione politica del movimento antiliberista. Su questo ci siamo espressi chiaramente. Dobbiamo però sciogliere altri due nodi: la questione della costruzione di una forza popolare e progressista che si ponga l’obiettivo di dislocare la situazione politica (e noi l’abbiamo indicata con la costruzione di un Fronte politico per l’attuazione della Costituzione) e fare i conti con quello che qui chiamiamo diciannovismo da operetta e liquidarlo.

Sul primo punto si deve essere ben coscienti che si tratta di mettere in moto un processo politico molto ampio, che ponga le sue radici in profondità nella società italiana e coaguli e consolidi una forza sociale che si ponga l’obiettivo di cambiare i caratteri della società italiana. Esistono le condizioni per farlo?

Se consideriamo come sono andate le cose in questi decenni dovremmo dire che no, non esistono e tutto si è limitato a questioni superficiali che non hanno intaccato i rapporti di forza. Se andiamo a vedere però i processi politici che sono avvenuti in questi anni in rapporto alla crisi economica e internazionale, sotto la crosta del modo in cui i cambiamenti si sono manifestati sul terreno elettorale si evidenziano esigenze e aspettative che possono avere sbocchi negativi ma anche positivi. Positivo consideriamo il fatto che si sia messa in moto una situazione che ha incrinato il vecchio equilibrio ultraliberista – quello alla Monti per intenderci – ma d’altra parte ha creato anche una forza di destra e falsamente sovranista (nazionalista in realtà) che raccoglie una parte consistente della spinta che viene dalla società. Di qui la necessità di misurarci con questa contraddizione e di scioglierla a favore di un’ipotesi progressista e antiliberista. Di qui la proposta anche di un dibattito politico che ci faccia uscire dall’impasse in cui ci troviamo oggi.

E’ necessario – ci chiediamo – porsi il problema di una forza politica che entri in ballo per contribuire a una svolta effettiva e che sia in grado di sconfiggere e demolire la costruzione liberista che ha condizionato la vita politica e sociale dell’Italia, sia all’interno del paese che sul piano europeo e internazionale?

Ovviamente riteniamo che sia necessario e anche urgente, perché gli attuali equilibri governativi non garantiscono il futuro, nonostante i riconoscimenti che si possono dare al governo Conte, ai 5 Stelle e allo stesso PD che, obtorto collo, ha avuto con Zingaretti la capacità di adeguarsi alla nuova situazione.

La condizione però affinché si riesca a lavorare alla formazione di una nuova forza politica che assolva a questo compito è che ci si sbarazzi da quel diciannovismo da operetta che ci accompagna da decenni ed è il residuo dei fallimenti ‘strategici’ delle ipotesi sessantottine. Il rito della ‘protesta’ che non è in grado di decollare verso un progetto politico-sociale serve solo a qualche cacicco per darsi un ruolo, abbastanza miserabile peraltro, nel piccolo palcoscenico delle velleità. Non è un caso se, sbagliando completamente la lettura della situazione, i diciannovisti da operetta sono diventati (a loro insaputa?) la ‘sinistra per Salvini’.