I grandi assenti del 20 agosto al Senato

salvini conte 20agostoPubblichiamo come contributo al dibattito

da aginform.org

Contemporaneamente al dibattito al Senato sulla crisi di governo, nelle strade adiacenti si sono svolte manifestazioni di consenso ai protagonisti dello scontro, ma in assenza quasi completa di quei settori che si pongono il problema di difendere i lavoratori, i precari, i disoccupati, i nuovi schiavi immigrati dopo l’ ‘accoglienza’, i quali pure dovrebbero avere qualcosa da dire su quello che sta succedendo. Qualcuno forse c’era, confuso tra i supporter di Conte, ma senza quella autonomia politica e programmatica che invece doveva essere rappresentata in quel momento. 

Questo fatto fotografa purtroppo lo stato di confusione e di degenerazione di chi in questi anni ha cercato di rappresentare esigenze di giustizia sociale ed è finito invece per essere una versione casareccia del sorosismo o di un improvvisato ‘sovranismo’ di sinistra. 

Cerchiamo di spiegare meglio la questione cercando anche di uscire da modelli interpretativi che sono stati introiettati dalla propaganda del nostro nemico di classe e imperialista. La prima cosa da dire – e che abbiamo ripetuta più volte nonostante gli attacchi dei radicali sorosiani – è che la sconfitta dei liberal-imperialisti del PD apriva una nuova fase politica in Italia e che nelle contraddizioni che si aprivano dovevano indirizzarsi le forze di coloro che da decenni conducono una opposizione a questo sistema di potere. Che le nuove contraddizioni non fossero cosa da poco è dimostrato da come hanno reagito le forze legate al sistema di sfruttamento in Italia e alla centrale europea di Bruxelles. Questo non è stato capito dai ‘radicali’ italiani che hanno invece subito il fascino sorosiano (e piddino) su immigrazione e azione del governo invece di impegnarsi nello sfruttare la contraddizione tra Italia e UE, tra programma sociale 5 Stelle e liberismo e infine tra politica internazionale atlantista e necessità di nuove relazioni, in particolare con Cina,Venezuela e Russia. 

Ma ora, detto questo, con la crisi governo come stanno invece le cose, quali sono le ragioni di questa crisi e come ci dobbiamo collocare? 

La crisi del governo gialloverde dipende senza ombra di dubbio dalla Lega di Salvini, per il semplice motivo che il leader leghista, sostenuto dai risultati elettorali favorevoli ottenuti con una demagogia reazionaria sulla sicurezza, spinto dai ceti ‘produttivistici’ italiani, a partire dal TAV e dal regionalismo nordico, e non trovando disponibili i 5 Stelle ha tentato l’affondo provocando la crisi. Ora, per nascondere la realtà dei fatti, Salvini ricorre alla declamazione antieuropeista sostenendo che all’origine della crisi di governo ci sarebbe l’UE, come sarebbe dimostrato dal fatto che Conte, contrariamente alla Lega, ha votato per la nuova presidente della Commissione Ursula von der Leyen. 

Senza voler prendere la difesa di Conte, sarebbe il caso di analizzare meglio come sono andate le cose, [per esempio qui] ma questo non può interessare i neosovranisti gruppettari che guardano a Salvini, o meglio ai suoi guru Bagnai, Rinaldi e Borghi e per lo più sorvolano sul fatto evidente che la linea pretesa antieuropeista di Salvini è simile al trumpismo e pesantemente ipotecata dalla subordinazione all’imperialismo USA e ha una ben precisa connotazione di classe. Si può condurre la lotta alla UE in questa compagnia? 

La crisi pone anche il problema di come si andranno a definire le cose sull’altro versante, quello dei 5 Stelle. L’aver accettato l’idea, da parte loro, che si possa fare un nuovo governo con l’appoggio del PD non è cosa che ci possa far piacere, ma il problema è politico. La domanda è: che cosa è disponibile ad appoggiare il PD, obtorto collo, pur di assicurarsi un possibile rilancio futuro? Questo ora non è ancora ipotizzabile, ma su questo valuteremo il futuro dei 5 Stelle, rispetto ai quali manteniamo comunque la nostra autonomia di giudizio. 

Detto questo si tratta di vedere come una forza di classe dovrebbe posizionarsi, usando un metodo comunista di analisi, rispetto ai nuovi avvenimenti. L’analisi, va detto, per ora è puramente virtuale visto che dalla palude – sorosiana o sovranista che sia – non si è ancora usciti, e i rigurgiti di queste nicchie tenderanno a riprodursi ancora. 

Riteniamo però che un punto fermo vada mantenuto e che consista nel riprendere la bandiera del rinnovamento contro l’Europa di Bruxelles e sulla politica sociale antiliberista di cui si è parlato molto in questi mesi e che bisogna continuare ad agitare. Come? 

Noi abbiamo condensato questa esigenza nell’indicazione del Fronte politico costituzionale basato dall’indipendenza dell’Italia dalle decisioni UE/NATO in economia come sulle questioni militari, dando un senso non equivoco al concetto di sovranità nazionale e ancorando un costituendo nuovo movimento ad alcuni principi costituzionali che oggi sono di estrema attualità: il rifiuto della guerra, il quadro sociale in cui deve avvenire lo sviluppo economico del paese, i diritti sociali dei lavoratori e dei cittadini. Queste esigenze hanno bisogno però che diventino un fattore di massa in cui gli italiani e in particolare i lavoratori si riconoscano e questo passaggio richiede una maturazione politica che, nonostante gli sviluppi della crisi, non è ancora all’orizzonte. Su questo bisognerà discutere nei prossimi mesi, dialettizzando questa discussione con le vicende del governo.

Aginform

21 agosto 2019