La verità (che li spaventa) sui minibot

euro feticismodi Piemme | da sinistrainrete.info

Martedì 28 maggio il Parlamento ha approvato all’unanimità una mozione che impegna il governo a rendere possibile il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese creditrici con titoli di Stato di piccolo taglio, altrimenti denominati MiniBoT.

Contro i MiniBoT è giunta fulminea la scomunica di Draghi — «O sono moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito e quindi lo stock sale. Non vedo altra possibilità» — si sono scatenati contro, oltre a Moody’s, non solo i suoi mastini di guerra — a cominciare dal ministro Triacon piddini, berluscones e giornalisti al seguito — ma pure comunisti presunti, gli improbabili economisti di Coniare Rivolta, e neofascisti in pectore come l’avvocato (del diavolo) Marco Mori.

Ma andiamo con ordine

Cosa sono infatti i Buoni ordinari del Tesoro (BoT)? Spiega il Mef:

«Sono titoli a breve termine, ovvero con durata non superiore a un anno, privi di cedole; il rendimento infatti è dato tutto dallo scarto d’emissione».

Detto in parole semplici: chi compra un BoT presta i suoi euro allo Stato in cambio di un titolo, ma non incasserà alla scadenza alcun interesse, otterrà un guadagno solo ove il valore d’emissione sia inferiore a quello nominale — può evidentemente accadere il contrario. Ogni anno lo Stato lancia dei BoT e li mette all’asta. Per la cronaca: l’ultima asta, che c’è stata proprio ieri (BoT con scadenza al 12 giugno 2020) ha avuto una domanda per quasi 10 miliardi di euro.

Un “MiniBoT” (salvo “sorprese”, che più avanti vedremo) è un BoT come gli altri, niente di più niente di meno. Il suffisso “mini” sta ad indicare, così recita la mozione parlamentare, che con la liquidità ottenuta lo Stato non va a finanziare il debito pubblico (in essere o futuro) ma ci rimborsa le aziende che per lo Stato hanno prestato dei servizi. Come mai una misura tanto modesta, del tutto lecita e tutt’altro che eversiva (non a caso votata, salvo patetici mea culpa successivi in modo bypartisan) sta suscitando tutto questo grande casino?

Perché la posta è tutta politica, simbolico-politica: si tratta di stabilire se lo Stato italiano, privato da tempo della sua sovranità in merito alla politica monetaria ed economica, possa o no aggirare le stringenti norme che derivano dal “vincolo esterno” e dall’appartenenza all’eurozona. Lassù, ovvero dalle parti di Francoforte e Bruxelles temono che questo “aggiramento” posa diventare “raggiramento”, “imbroglio”; ovvero che questi MiniBoT possano diventare una moneta nazionale complementare all’euro.

Torniamo dunque al monito di Draghi: «O sono moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito e quindi lo stock sale. Non vedo altra possibilità».

Draghi ha formalmente ragione, ma…

Sul piano formale non c’ alcun dubbio che Draghi ha ragione. Dalla sua ha il Trattato di Lisbona — Articolo 105 A che tratta della politica monetaria — che stabilisce in modo inequivocabile che soltanto la “BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità”.

E, sempre sul piano formale, non ha torto nemmeno sul fatto che l’emissione di MiniBoT per rimborsare aziende creditrici della Pubblica amministrazione — quindi non solo lo Stato, ma regioni, comuni, ecc — sia ulteriore debito —secondo i calcoli più recenti sono circa 53 i miliardi che le amministrazioni pubbliche debbono al settore privato. Anche qui Draghi si appoggia alle regole ed ai criteri europei, precisamente aiCriteri di convergenza di Maastricht che stabiliscono una distinzione tra il “debito pubblico allargato” ed il “debito pubblico”. In base a questi criteri il “debito della pubblica amministrazione” è da considerarsi un aggregato più ampio rispetto al “debito pubblico”, ovvero del settore statale. Per “debito pubblico” si intende infatti solo l’ammontare dei mezzi finanziari per ogni periodo che il settore pubblico destina alla copertura del proprio fabbisogno. “Mezzi finanziari” sono appunto i titoli di stato. Mele e pere, dice Draghi, non si sommano: un conto sono i debiti verso il mercato finanziario, un altro quelli verso privati che hanno fornito servizi per la pubblica amministrazione. Per fare un esempio: com’è noto il Comune di Roma ha un debito monstre di circa 12 miliardi. Nel “Decreto crescita” il governo se lo è caricato sulle spalle, ricorrendo quindi all’emissioni di titoli di stato. Va da sé che se invece avesse lasciato andare il Comune in default (come alcuni liberisti han chiesto), quei 12 miliardi non sarebbero diventati “debito pubblico”.

Quindi sì, se io trasformo crediti del settore privato verso la pubblica amministrazione in titoli, formalmente essi costituiscono “debito aggiuntivo”. Ed è anche vero, come spiega causticamente Massimo Famularo su Il Sole 24 Ore dell’altro ieri, che non si tratta di una procedimento di mera cartolarizzazione,che in effetti è un diverso dispositivo rispetto alla trasformazione di debito in obbligazioni di stato.

… occorre badare al nocciolo della questione

Ma andiamo al nocciolo, evitando di restare impigliati in formalismi e/o diavolerie finanziarie — come già affermato dal Comitato centrale di P101, i debiti dell’amministrazione pubblica restano pur sempre debiti, anche ove non siano trasformati in titoli. La guerra dichiarata ai MiniBoT non è per questioni formali ma sostanziali. Il fatto è che tra le pieghe della mozione parlamentare c’è una frase sibillina che allude a quello che lorsignori temono potrebbe accadere, ovvero che i MiniBoT diventino una moneta parallela all’euro. Recita testualmente la mozione approvata (segnaliamo la frase che mette in allarma lorsignori):

«Premesso che la legge di bilancio 2019 ha previsto un meccanismo di anticipazione di tesoreria per gli enti locali e le regioni, con il coinvolgimento di banche, intermediari finanziari, Cassa depositi e prestiti S.p.a. e le istituzioni finanziarie dell’Unione europea, volto proprio all’ulteriore smaltimento dei debiti maturati alla data del 31 dicembre 2018,impegna il Governo:a dare ulteriore seguito al processo di accelerazione del pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, come evidenziato in premessa, anche valutando di assumere iniziative per l’ampliamento delle fattispecie ammesse alla compensazione tra crediti e debiti della pubblica amministrazione, oltre che la cartolarizzazione dei crediti fiscali, anche attraverso strumenti quali titoli di Stato di piccolo taglio, implementando l’applicazione di tutte le misure adottate nella legge di bilancio 2019, relative anche alle anticipazioni di tesoreria, per garantire il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni ed uscire, così, dalla procedura d’infrazione che la Commissione europea ha avviato contro l’Italia sull’attuazione della direttiva sui ritardi di pagamento».

Qui si dice dunque che “oltre alla cartolarizzazione”, per saldare i debiti della pubblica amministrazione potranno essere utilizzati ed emessi anche “titoli di Stato di piccolo taglio”, i MiniboT appunto.

Lorsignori ritengono dunque che questa mossa dei MiniboT sia uno stratagemma per prepararsi all’uscita dall’euro, una tessera quindi di un disegno eversivo, altrimenti detto “Piano B”. Ecco quel ha scrittoAndrea Boda su IL SOLE 24 ORE del 31 maggio subito dopo l’approvazione della mozione parlamentare (consigliamo di leggere per intero il suo allarmato articolo):

«Negli ultimi giorni, probabilmente corroborata dal successo elettorale alle europee, la Lega sembra aver fatto uno scatto nel progetto mai troppo nascosto di uscita dell’Italia dall’euro (o quantomeno di minaccia dell’uscita) attraverso un “piano B” che spesso sembra essere a tutti gli effetti un “piano A” che prevede una serie di mosse che finiscono per creare le condizioni per un irreversibile sentiero di uscita dal sistema monetario unico, visto da alcuni come una gabbia che non consente al paese di crescere».

Quindi, andando al succo che preoccupa gli euristi, aggiunge:

«Si tratta, in sostanza, dell’autorizzazione a procedere all’emissione di “MiniBOT”: di fatto banconote del Tesoro di piccolo taglio (in euro) sotto forma di titoli al portatore che sarebbero garantiti dalle entrate fiscali. “BoT” è l’abbreviazione di un buono del tesoro italiano, e la piccola denominazione li rende mini. I BoT convenzionali sono titoli elettronici di libri contabili, ma i mini-BoT verrebbero stampati, secondo quanto riferito, utilizzando le presse dei biglietti della lotteria statale, e i progetti sarebbero già stati selezionati».

Ciò che li spaventa non è tanto il fatto che il governo metta in circolazione dei MiniBoT per saldare i debiti della pubblica amministrazione, quanto invece che essi possano diventare una moneta parallela (quindi adoperata accanto all’euro come mezzo di scambio e di pagamento) in vista di un “piano B” di uscita dall’euro.

Il nostro, dopo aver segnalato che “il voto unanime della mozione renderà più complicato anche per il Quirinale opporsi ai prossimi passi del governo”, citando quanto ha dichiarato recentemente da Salvini, fa uno più uno, e teme che il governo abbia in effetti un “piano B” che tra le altre misure preveda:

«…di trasformare parte dei saldi di conti correnti privati in MiniBoT a pari importo *nominale* (per poter asserire di non aver fatto alcuna “patrimoniale”, che è un provvedimento a costo politico molto elevato) cercando, con la più ampia diffusione possibile, di rendere “liquido” il MiniBoT riducendo al massimo la possibilità che si svaluti rispetto al nominale e generando quindi una mossa descrivibile (populisticamente) come “a impatto zero”».

Ciò che lorsignori scongiurano, noi auspichiamo

E’ fin troppo noto che c’è nel Paese una massa enorme di liquidità che giace intrappolata e ristagna nella sfera bancaria, sarebbe non solo lecito ma necessario che il governo adotti ogni necessaria misura per mobilitarla. Il problema, delle due l’una, è che questa mobilitazione può avere due scopi diversi e opposti: può essere utilizzata per andare incontro all’eurocrazia, ovvero ridurre debito e deficit, oppure messa in circolazione per spezzare la spirale austeritaria, creare lavoro per dare una scossa potante al ciclo economico. E’ la seconda via che l’Unione europea non può tollerare in quanto aumenterebbe debito e deficit, ed è per impedirlo che ha preventivamente lanciato il siluro della “procedura d’infrazione”.

Vedremo nei prossimi mesi, in vista della legge di bilancio 2020, se il governo, come ci auguriamo, vorrà fare il bene del Paese, o se invece, tenterà di barcamenarsi dando una botta al cerchio e una alla botte. Se vorrà fare il bene del Paese, forte del consenso di cui gode ed anche della mozione parlamentare, tra le altre cose, emetterà i MiniBoT e aumenterà la spesa pubblica in deficit.

Per concludere: ciò che gli euristi scongiurano noi invece auspichiamo. Come ha dichiarato il Comitato centrale di P101:

«Se i Minibot funzionassero, e noi siamo convinti che funzionerebbero, essi potrebbero infatti trasformarsi all’occorrenza (ad esempio di fronte ad una restrizione di liquidità della Bce per piegare il governo italiano) in una vera e propria moneta parallela, normale mezzo di pagamento nelle transazioni commerciali. Uno strumento dunque utilissimo per far uscire l’Italia dalla prigione della moneta unica. Proprio per questo, come Programma 101, vediamo con grande favore l’emissione dei Minibot: un primo passo verso la liberazione dalla gabbia eurista».

Non siamo sicuri che i “tuttosubisti” che frignano e sbraitano da ogni lato che questa dei MiniBoT sarebbe poco più di una pagliacciata si chiederanno a questo punto come mai l’eurocrazia ed i suoi vessilliferi contro i MiniBoT stanno sparando a palle incatenate. Sparano non solo perché temono questo atto sovrano di disobbedienza, lo fanno perché sanno che non sarà facile, né sul piano politico né su quello giuridico, impedire l’eventuale atto sovrano del governo giallo-verde.

NB

Marx diceva della merce che era “cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezze metafisiche e di capricci teologici”. Ciò vale a maggior ragione per la moneta. Non è questa la sede per addentrarci nella stratosfera metafisca del denaro e delle sue variopinte forme e metamorfosi. Basti dire che anche a Francoforte sanno bene, parlando di moneta, cosa siano gli “aggregati monetari”; che cioè possono valere, come mezzi di intermediazione e di scambio, non solo le banconote che essi monopolisticamente creano dal nulla (M1 oliquidità primaria), ma pure gli strumenti finanziari della cosiddetta “liquidità secondaria” (M2 ed M3), e tra questi anche i Buoni ordinari del Tesoro, così come tutte le obbligazione statali emesse con una durata inferiore ai due anni. Leggere per credere la definizioni di moneta del SEBC (Sistema Europeo della Banche Centrali).