Intervista a Loretta Napoleoni: “Usciamo dall’euro e rinegoziamo il debito”

di Chiara Pracchi | su www.articolotre.com

 

Napoleoni-lorettaNel suo ultimo libro, “Il Contagio”, l’economista italiana invoca una rivolta civile contro le caste che negli ultimi anni si sono arricchite alle nostre spalle


Chiara Pracchi, 20 settembre – “Negli ultimi vent’anni, senza che ce ne accorgessimo, le élite della globalizzazione hanno sequestrato la democrazia che oggi, ahimè, rappresenta loro e noi. E’ giunta l’ora di riprendersi ciò che è nostro …”

 

 

E’ un grido di battaglia il nuovo libro di Loretta Napoleoni, “Il Contagio”, edito dalla Rizzoli. Partendo dalle rivolte che hanno visito protagonisti i paesi a sud del Mediterraneo, le proteste degli Indignados madrileni alla Puerta del Sol, la ribellione dei giovani greci contro i diktat dell’Europa, fino alle razzie che hanno sconvolto la swinging London, Loretta Napoleoni analizza lo stato di crisi in cui siamo sprofondati, dopo che la nascita dell’euro ha ingrassato le élite europee. In Italia sono il 10 percento della popolazione e detengono il 45 percento del patrimonio nazionale.

 

Iniziamo dalla dedica. Perché un libro dedicato a una ragazza “che è lo stereotipo della precaria universitaria”?

 

Perché è un libro diretto a loro. E’ un libro che vuole spiegare loro la situazione, per invitarli a scendere in piazza e a protestare, come hanno fatto gli spagnoli, perché altrimenti non cambierà nulla.

 

E’ possibile rintracciare un momento in cui è scoppiata la bolla?

 

La crisi è inizia nel 2007 con la storia dei subprime. Attenzione, però, noi non ci troviamo in presenza di una bolla finanziaria. Noi oggi siamo davanti a uno stato che ha usato il debito per proseguire una politica di malgoverno. Basti pensare allo scandalo che occupa tutte le prime pagine in questi giorni: escort usate per aggiudicarsi degli appalti. Da dove sono usciti tutti quei soldi? Dal debito statale, che ora gli italiani devono pagare.

 

Nel suo libro parla di tecniche di occultamento del debito …

 

All’inizio erano state delle manovre fatte per entrare nell’euro e avevano dato un impulso all’economia. Poi, però, questi stratagemmi avrebbero dovuto essere abbandonati, invece sono diventati prassi.

 

Così come i privati truccano i bilanci, così ha fatto lo stato in tutti questi anni.

 

Sta dicendo che il nostro debito è aumentato da quando siamo entrati in Europa?

 

Assolutamente

 

Secondo lei l’Italia dovrebbe uscire dall’euro per gestire la situazione?

 

Si, io credo che l’Italia dovrebbe andare in un default pilotato, cosa che implica l’abbandono della moneta unica. L’uscita dall’euro permetterebbe una ripresa delle esportazioni e con esse una certa ripresa economica. Certo, c’è il rischio di importare anche l’inflazione, ma fra questo pericolo e quello costituito da una politica di austerità che porti agli stessi risultati della Grecia, un po’ d’inflazione mi sembra il male minore.

 

Ma non sarebbe la fine del sogno europeo?

 

No, perché? Uno può uscire dall’euro e restare dentro all’Europa. In Italia c’è stata una sorta di lavaggio del cervello sull’euro, che negli anni ’90 ci ha dato sicuramente una spinta e ci ha costretti a una disciplina che non avevamo mai avuto. Solo che poi l’abbiamo abbandonata. E quindi non siamo di fronte a un problema di tipo economico, ma di mala gestione da parte nostra.

 

Sarebbe replicabile, secondo lei, in Italia una rinegoziazione del debito come è avvenuto in Islanda?

 

Certo. Uno stato sovrano può fare quello che vuole. Noi, tra l’altro, abbiamo un avanzo primario che ci consentirebbe di assentarci, per un po’ dal mercato dei capitali. Però queste sono decisioni che vanno prese. Invece di stare lì a farci dire da Bruxelles quello che dobbiamo fare, siamo noi che dobbiamo imporre le condizioni.

 

Come giudica la mossa di avvicinamento al governo cinese nella speranza di vendergli parte del nostro debito?


E’ ridicolo. Noi abbiamo la terza riserva aurea più grande al mondo. Settanta famiglie gestiscono il 45 percento della ricchezza nazionale. Basterebbe una patrimoniale e vendere un po’ d’oro. Ma sono cose che non si sanno e l’informazione in Italia non informa. Oltretutto, qui si è deciso di mettere in vendita parte del paese senza chiedere il permesso ai legittimi proprietari, che siamo noi.

 

Quali sono secondo lei le prospettive per l’autunno? Se l’Europa non sarà in grado di garantire il debito di tutti i paesi Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) cosa succederà?

 

Si profilano due scenari a mio avviso: nel primo le banche centrali proseguiranno a stampare carta moneta per immettere liquidità continua. Sarà come carta straccia che andrà ad alimentare il mercato finanziario, senza influire sulla crescita economica. Al contrario, noi rimarremo a crescita zero, intrappolati dentro a una deflazione inesorabile che ci impoverirà lentamente. Sarà come morire di un cancro terminale dolorosissimo, invece che per un attacco di cuore. Ma potremmo anche scegliere la terapia d’urto e aggredire il male che ci affligge: quindi il default pilotato, l’uscita dall’euro, la rinegoziazione del debito. Sarebbe come un terremoto che potrebbe uccidere il paziente. Ma bisogna avere la consapevolezza che, in ogni caso, ci troviamo di fronte a un malato terminale. Altre soluzioni non sono date: scordiamoci che i tedeschi pagheranno il nostro debito. Questo non succederà mai.

 

E le conseguenze politiche di questo secondo scenario?

 

Se s’intraprenderà la strada del default pilotato questa classe politica verrà spazzata via. Non a caso questa è una soluzione che non viene prospettata dalla politica. E’ una soluzione che deve essere chiesta dal popolo, come è avvenuto in Islanda quando sono stati travolti dalla bancarotta. Con una differenza: noi dovremo decidere prima, perché facendo parte dell’euro, un’eventuale bancarotta ci travolgerebbe, con effetti simili a quelli che si sono avuti in Argentina.

 

Insomma, “uno spettro si aggira per l’Europa”?

 

Si, infatti il mio libro si apre proprio riprendendo il Manifesto del Partito Comunista. Siamo in un momento di grande svolta. L’autunno e il prossimo anno saranno durissimi. Basti vedere cosa non è successo negli ultimi tre mesi in termini di rivolte popolari.