La voce operaia. Due lettere dalla Valle Ufita ed una nota sul senso della lotta

da www.clashcityworkers.org

 

operaio davide irisbus 320Ripubblichiamo due toccanti lettere dalla Valle Ufita, dove dopo quattro mesi di lotta dura dei lavoratori – anche contro gli stessi sindacati che li hanno traditi – è stato chiuso lo stabilimento Irisbus del gruppo FIAT. 658 lavoratori in Cassa Integrazione straordinaria per un massimo di due anni, nessuna certezza di reindustrializzazione del sito. Noi abbiamo provato in questi mesi a far conoscere quella vertenza, a dargli voce: gli operai sono venuti spesso a Napoli, hanno parlato con gli studenti, hanno portato materialmente la loro solidarietà fino all’Alenia ed a Pomigliano. abbiamo provato a far capire a tutti gli aspetti importantissimi di questa lotta: la volontà di andare oltre i ricatti della FIAT e i compromessi al ribasso dei sindacati, la capacità da parte dei lavoratori di capire che facciamo parte della stessa classe, e che ci possiamo salvare solo da noi, che dobbiamo iniziare a coordinarci, confrontarci etc.

 

Ora vogliamo ancora una volta farvi sentire come si esprime oggi la voce operaia, anche nella sconfitta, anche nel più amaro fallimento. Perché chi lotta non deve avere paura di perdere: l’unica battaglia che si perde davvero è quella che non si combatte. Già all’epoca di Marx lo si sapeva e lo scriveva nel Manifesto: “Ogni tanto vincono gli operai; ma solo transitoriamente. Il vero e proprio risultato delle lotte non è il successo immediato, ma il fatto che l’unione degli operai si estende sempre più… E basta questo collegamento per centralizzare in una lotta nazionale, in una lotta di classe, le molte lotte locali che hanno dappertutto uguale carattere. Ma ogni lotta di classi è lotta politica”…

 

Una lotta crea connessioni, solidarietà, rete di rapporti umani, un calore unico, che questa società della competizione, della merce e dell’arraffo non può nemmeno lontanamente immaginare. Ed è da questo tessuto, che prima non esisteva, da questo nucleo forte come una roccia, da questa presa di coscienza senza ritorno che si può ripartire. Se non ci credete, leggete le due lettere che vi incolliamo qui sotto. Sono lettere amare, ma sono anche parole di una dignità senza fine, che testimoniano di un affetto e di un ardore di cui abbiamo tantissimo bisogno, nei prossimi mesi, nei prossimi anni, per rifare daccapo questo mondo. Questo è il filo di una “tradizione degli oppressi”, filo che non si deve mai spezzare!

 

Vi lasciamo alla lettera di Rossella Iacobucci, che ci dice cosa significa lottare: “l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé”. Forse non lo sa, ma qualcosa di simile, di altamente umano, diceva il poeta Fortini negli anni Settanta: “nel comunismo la padronanza di sé è negli altri”. Non sappiamo immaginare pensiero più alto, più umano, più diverso dalla barbarie in cui viviamo. La lettura è altamente consigliata la lettura ad un pubblico giovane: avessimo più persone come Rossella, avremmo già fatto la rivoluzione!

Subito sotto, un’altra voce di dignità operaia. Davide Iannuzzo rifiuta i regali di Natale che la FIAT gli manda, umiliando ancora una volta chi è già stato licenziato. La dignità non ha prezzo: ed è questo l’insegnamento migliore da dare al proprio figlio. “Grazie Fiat, ma i tuoi doni non li voglio. Quello che desideravo era lavorare, crescere mio figlio con uno stipendio sudato senza dover da oggi in poi pensare come crescerlo. Dopo le sorprese, i ricatti, i sotterfugi, questo schiaffo alla dignità di padre non lo posso accettare”.

 

di seguito le due lettere:

 



CHI MI POTRÀ RISARCIRE?

di Rossella Iacobucci (da facebook)

 

Il dado è tratto: la “signorina Fiat” chiude lo stabilimento Irisbus di Valle Ufita con il consenso e l’accordo del sindacato, questa volta si unito.
Tutti a Roma a firmare , tutti insieme a gestire, Fiom, Fim, Uilm, Ugl metalmeccanici, Failms e Fismic: tutti insieme appassionatamente!!!
Ed io? E noi?
Noi che avevamo creduto che non tutti al mondo erano della stessa pasta ? Noi che avevamo pensato che, in questa disumana società, qualcuno ci avrebbe aiutato a credere ancora nel futuro?
Noi che desideravamo solo giustizia per i lavoratori ,sognando che qualcuno ci avrebbe dato una mano a smascherare l’ indole matrigna e non madre della Fiat stessa?
Noi a chi dobbiamo chiedere il risarcimento?
Chi potrà restituire i miei sogni traditi?
Chi mi ridarà la  passione viscerale per la vita e per il prossimo?
Chi mi renderà la fiducia e la speranza in un mondo diverso, più giusto, più equo, più nostro?
All’inizio della vertenza un amico parlando di me in un articolo cercò di avvertirmi :” la Fiat ti cambia la vita” , scrisse…non mi avevi detto, caro Peppino, che anche gli accordi sindacali possono cambiarti la vita !!!
Ora potrete anche parlare male di me ,in fabbrica, come si usa davanti alle macchinette del caffè o in quelle improvvisate assemblee che gli operai chiamano “capannelle”, si potrete anche farlo perché tanto non avete idea di quanto mi sia costato in termini di sentimenti, di emozioni e di speranza credere in questa disperata lotta e non avrete mai nemmeno la minima possibilità di capire quanto siete responsabili e quanto avete pesato sui miei sogni infranti!
Sogni di una intera generazione che non riuscirà a trovare pace e serenità perché con questo accordo viene spazzato via tutto l’orizzonte e restano solo frantumi di vite e fulmini e tuoni e tanta, tanta amarezza!
Amarezza infinita per una Terra sempre più arida che ha sete di giustizia, una Terra abbandonata dove è impossibile ormai trovare asilo ad una speranza ormai strozzata e sepolta ancora viva.
La mia rabbia è così profonda che se potessi aprirei la bocca e vi ingoierei ,se potessi vi sprofonderei…
Ma tanto chi se ne fotte?
Io non lavoro neppure alla Irisbus , direte…non avete capito niente!
Il senso di appartenenza non ha confini conoscibili né giustificazioni circoscritte dalla ragione e dalla logica umana : l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé !!!
Che conta questo per voi detentori del potere di decidere anche per chi non vi appartiene?
Al mondo siamo numeri e un numero ci seppellirà!
Non è per tutti così.
Io mi sentivo di appartenere a questa classe operaia, si proprio così: Classe Operaia.
Non sconvolgetevi perché uso un termine così desueto e da qualcuno bandito, la classe operaia esiste ancora perché io l’ho dentro di me, è morta invece per chi non ce l’ha e per chi se la vende e spesso anche in saldo .
Non capirete mai cosa vuol dire sentirsi di appartenere a tal punto a qualcosa o a qualcuno da desiderarne con tutte le forze, come un istinto di sopravvivenza, l’emancipazione, la libertà, il rispetto, il diritto.
Questo è lotta per la dignità, una parola grossa e pericolosa, una parola che non può stare in mano ad usurpatori, perché la dignità non è una merce e non potrete mai comprarla!
120 giorni di lotta consegnati nelle mani sbagliate…
120 giorni di lotta che non dimenticherò mai per tutta la vita…
Come potrei dimenticare gli occhi che voi non avete saputo custodire ?
Come potrei dimenticare i debiti bancari, i mutui per la casa e lo sforzo disumano di padri e madri per cercare di nascondere il dramma alle spensierate corse dei loro bambini? Come potrei dimenticare quegli aquiloni che volavano fino al cielo per chiedere che l’Irisbus non venisse chiusa? Come non potrò ricordare l’orgoglio ferito di genitori instancabili che volevano solo poter dire ai loro figli  “ti consegno un mondo migliore”?
Come potrò dimenticare i vostri schifosi “accordi romani” e questa immensa solitudine che cancella il tempo e lo spazio?
Chiedo scusa di queste mie parole  un po’ rudi solo ai miei amici operai e ai veri compagni di lotta  ,  quelli che mi hanno insegnato che la vita serve solo se impiegata per un fine nobile,  chiedo scusa per queste poche e amare righe che non sono di rassegnazione,ma sono un semplice sfogo che nessuno ascolterà e che pochi capiranno…
Agli altri, a chi ha permesso che l’Irisbus chiudesse nel peggiore dei modi,ai sindacati uniti, ai governi (Berlusconi e Monti) e ai governanti ,alla Fiat, e a tutti coloro che non hanno mai creduto in questa lotta ,voglio solo  urlare  la mia rabbia enorme di cittadina offesa e derubata, di figlia(una vostra figlia) abbandonata, di giovane donna delusa dalla vostra insana  politica: stasera non ho parole d’amore da consegnarvi, nessuna parola di pace,ma solo parole di disprezzo, di guerra e tormento, quelle parole che voi ci state insegnando e che un giorno vi sprofonderanno negli abissi più neri e più tetri…

 


 

IRISBUS-DAVIDE: “CARA FIAT, NON ACCETTO IL TUO PACCO DI NATALE PER MIO FIGLIO”

di Davide Iannuzzo (da corriereirpinia.it)

 

«Dopo che lo scorso 7 luglio, il colosso di nome Fiat ha messo alla porta dalla sera alla mattina 700 lavoratori, compreso le loro famiglie, con un licenziamento collettivo spostando altrove la produzione dove può riempirsi ancora di più le tasche, invece di cercare una soluzione continua ad umiliarci.
Ha regalato un orologio d’oro a chi per trenta anni in fabbrica è stato sfruttato e anche umiliato, così forse, secondo l’azienda, è più facile ingoiare il boccone amaro. Non si rendono conto, invece, che alla soglia dei sessanta anni è mortificante vedersi recapitare la lettera di licenziamento, dopo aver passata buona parte della vita in fabbrica considerando il Lingotto come una seconda famiglia. (continua)