Deliveroo cede alle proteste dei riders: introdotta l’assicurazione infortuni e danni

riders sfruttamentoda infoaut.org

Deliveroo, una delle più importanti multinazionali di food-delivery, negli ultimi mesi è stata al centro delle mobilitazioni dei riders-i fattorini della gig economy-che attraverso scioperi organizzati e presidi, hanno messo alle strette la dirigenza dell’azienda.

L’azienda ha comunicato ieri a tutti i fattorini, attraverso una email, che nelle prossime settimane sarà attivata una copertura assicurativa. I dettagli di tale assicurazione non sono ancora stati comunicati ai diretti interessati, ma invece diffusi per mezzo delle testate giornalistiche nazionali. La copertura è inerente a infortuni e danni durante i turni lavorativi e l’ora successiva alla loro conclusione, poiché capita spesso che, per portare a termine le consegne, i riders sforino oltre la fine del turno.

In caso di incidente viene riconosciuta la retribuzione del 75% delle entrate medie giornaliere fino a un massimo di 30 giorni, una copertura delle spese mediche fino a un massimo di 7500 euro , comprensiva del pagamento di 50 euro per ogni notte trascorsa in ospedale fino a un massimo di 60 giorni, saranno garantiti sia danni provvisori che permanenti e spese dentistiche fino a 2000 euro. Riguardo a eventuali danni a terzi viene riconosciuta una copertura fino a 5 milioni di euro con l’introduzione della responsabilità civile per tutti i ciclisti e i lavoratori in moto non alla guida.

La scelta di Deliveroo di introdurre un’assicurazione per i propri riders giunge dopo mesi in cui la piattaforma è salita alla ribalta delle cronache a causa di una strategia di deregolamentazione del lavoro che non conosce vergogna. Prima, la multinazionale era infatti una delle poche del settore che aveva contratti che retribuivano non solo in base al numero di consegne fatte ma anche sulla base di uno stipendio minimo all’ora; a partire da febbraio ha invece introdotto il cottimo, allineandosi ad altre multinazionali quali Foodora, Glovo e UberEats. L’azienda inglese, spinta da un lato dalle mobilitazioni dei riders, che negli ultimi mesi affinando le pratiche di sciopero e sono riusciti in più di un’occasione a bloccare il servizio di consegne, e dall’altro dalle forti pressioni dell’opinione pubblica, per non rischiare di rovinare la propria reputazione e immagine, è stata costretta a cedere a una delle diverse richieste che le venivano fatte. 

La vicenda mette in luce una volta di più che la lotta paga e che anche i giganti della gig economy hanno i piedi d’argilla: si basano su algoritmi, certo, ma ciò che fa funzionare le aziende sono lavoratori che materialmente mettono a disposizione la loro forza e fatica per permettere all’azienda di fare profitti. Altro punto debole è l’ipocrisia della propaganda aziendale fatta di belle grafiche e slogan entusiasti che cercano di coprire e rendere accettabile lo sfruttamento lavorativo, che permette di raggiungere livelli di guadagni dell’ordine di miliardi di euro, solo Deliveroo nell’ultimo anno ha avuto ricavi per un miliardo di euro. L’identificazione di questi elementi, per mezzo dell’attivazione politica dei riders, ha permesso di raggiungere il risultato di oggi. 

Le aziende di food-delivery non sono solo Deliveroo e Foodora, ma anche JustEat, Glovo e UberEats. Queste ultime due si stanno rapidamente espandendo e nonostante non siano ancora state oggetto di attenzione mediatica, hanno come pilastri fondanti la competizione tra riders, per accaparrarsi le consegne e i turni, e il totale annullamento del rapporto datore di lavoro-lavoratore.

I rider in lotta, dal canto loro, sottolineano la vacuità di alcune promesse, in particolare sulla base di calcolo del montante della copertura assicurativa in un lavoro dove spesso l’attività è intermittente e frazionata, senza contare che quella dell’assicurazione è solo una delle varie rivendicazioni presentate dai lavoratori. La lotta, insomma, continua…