La caduta pilota dei giallo-verdi nello scacchiere internazionale

scacchi cadutaRiceviamo e pubblichiamo

di Simone Lombardini
da mysterionweb.wordpress.com

Siamo a un bivio, a una svolta epocale dai contorni incerti, indefiniti. Sono persuaso che la crisi in cui ci troviamo sia solo l’inizio di qualcosa di straordinariamente nuovo. Ciò che abbiamo di fronte è un futuro che ha tutta l’aria di manifestare la volontà di potenza umana e perciò di stravolgere ciò che l’Uomo è stato fino ad ora. In questo quadro caotico e drammatico, che è la configurazione attuale dell’Occidente, in cui il gruppo è unito finché vincente e poi diviso di fronte a un avversario temibile e fortissimo, si inserisce la recente crisi di governo italiana.


Se l’interpretazione di Simone Lombardini è corretta, allora significa che ormai l’élite occidentale è profondamente solcata da divisioni interne sempre più forti che spingono i vari potentati economici a remare da soli, a portare acqua al loro mulino a ogni costo. Perché accade questo? Chi ha spaccato l’aristocrazia capitalista: essa stessa o l’avvento di nuove potenze come la Cina? Stiamo assistendo alla fine definitiva della supremazia USA? Ebbene i recenti avvenimenti nostrani e il prossimo futuro dell’Italia potrebbero fornire una importantissima chiave di lettura rispondente a queste domande. Buona lettura. 

La crisi del governo giallo-verde, va letta all’interno di uno scontro molto più grande che supera di misura l’irrisorio potere delle marionette che affollano il nostro Parlamento. Non è possibile comprendere la crisi di governo senza partire dal contesto geopolitico delicatissimo e inedito in cui ci troviamo. Continuare a chiedersi se Salvini ha fatto bene o male a staccare la spina al governo, se Di Maio è stato scaltro o meno nel fare un accordo col PD, francamente poco mi appassiona perché parte dal presupposto implicito che i nostri politici facciano quello che fanno in ragione delle proprie convinzioni personali e delle proprie strategie politiche. Tuttavia questo presupposto implicito di partenza, ci relega inevitabilmente all’interno del ristretto recinto del politically correct, dentro il quale è impossibile pervenire a un’analisi realistica degli eventi. L’assunto non dichiarato secondo cui i parlamentari siano liberi, che l’Italia sia libera e quindi prenda le decisioni indipendentemente da quello che accade fuori dai suoi confini, è paradossalmente accettato da tutti i protagonisti della scena politica e mediatica. L’Italia invece, è bene ricordarlo, è una colonia americana con 113 basi militari straniere sul proprio territorio; è priva di sovranità monetaria, demandata a una Banca Centrale privata con poteri assoluti di sede a Bruxelles e ha un Parlamento esautorato dei propri poteri legislativi consegnati direttamente in mano alla Commissione Europea dai Trattati di Maastricht e di Lisbona. Questa è la situazione; le decisioni vengono prese altrove, non nei parlamenti.

Siamo alla vigilia di uno scontro militare devastante tra due opposte visioni e due opposte forze: quella del mondo unipolare a guida americana e quella multipolare supportata dai BRICS e altri paesi in via di sviluppo. Sino a ieri il blocco Occidentale era unito e fronteggiava i principali avversari al mondo unipolare (Cina, Russia, Iran) in modo granitico. Negli ultimissimi anni invece sono emersi ulteriori elementi di complessità. Nel 2016 vince le elezioni americane a sorpresa Donald Trump, inviso a tutto il Deep State, a tutti i media, con una linea politica diversa dai neo-con: limitare l’ingerenza americana nel mondo, recuperare l’industria manifatturiera delocalizzata, aprirsi alla Russia e fermare l’avanzata cinese, senza tuttavia entrare direttamente in un conflitto bellico con Cina e Russia. A gennaio 2019 Francia e Germania firmano il trattato di Acquisgrana, un impegno reciproco che riscrive la Storia della futura Europa: si parla di fortissime convergenze economiche tra i due paesi, rappresentanza congiunta nelle sedi ufficiali, ma soprattutto la costituzione degli Stati Uniti d’Europa con un proprio esercito autonomo dalla NATO, con una propria dottrina militare indipendente da Washington. Il trattato di Acquisgrana riconfigura l’Europa come nuovo polo del mondo multipolare, nuova potenza imperiale, aperta verso le terre d’Africa, tesa a normalizzare le relazioni con la Russia e favorevole alla nuova Via della Seta cinese. Per la prima volta dalla Prima Guerra Mondiale, le élite capitalistiche Occidentali non hanno più una linea comune sul futuro ordine mondiale. Anzi, ci sono almeno tre linee confliggenti. Riassumendo:

1) C’è chi vuole lo scontro militare totale con la Russia e la Cina per ripristinare l’unipolarismo americano (i neo-con clintoniani, il Deep State, avversari di Trump) come confermato nel “Providing for the Commond Defense” del novembre 2018;

2) C’è chi vuole frenare la crescita cinese ma senza mai arrivare allo scontro militare e per far questo, punta a riaprire le relazioni con Mosca per smarcarla da Pechino, conquistare Venezuela e Iran per tagliare i rifornimenti di petrolio alla Cina e adottare pesantissimi dazi commerciali per strozzare il mercato di sbocco delle sue merci (l’ala Trumpiana del Capitale americano);

3) Ci sono i paesi di Acquisgrana, la nuova Europa dell’asse capitalistico franco-tedesco che vorrebbe autonomizzarsi da Washington con un proprio esercito indipendente, e per farlo deve riaprire alla Russia, esattamente come ha fatto quest’estate Macron all’incontro con Putin dove ha dichiarato che per lui l’Europa va da “Lisbona a Vladivostock”. L’asse franco-tedesco è stato pesantemente svantaggiato dalle sanzioni alla Russia prima e dai dazi alla Cina poi, facendo finire addirittura la Germania in recessione che quest’anno registrerà un calo della produzione industriale di oltre il 5%. Per queste ragioni l’asse franco-tedesco si vuole smarcare dalla NATO e aprirsi al progetto della Nuova Via della Seta cinese da cui avrebbero solo da guadagnarci.

Questi gli interessi in campo in Occidente; ciascuno dei tre ha dei punti collimanti con gli altri due ma al contempo altri punti sono mutualmente esclusivi. Molto più unito appare invece il fronte degli interessi in Oriente: il capitale sino-russo è convergente attorno ad un ordine mondiale multipolare.

Soltanto avendo chiaro questo schema degli eventi e degli interessi è possibile interpretare la caduta del governo giallo-verde. In questo conflitto internazionale di interessi e tra potenze che sovrastano il nostro paese e i nostri politici, ciascuno dei partiti in parlamento è il riflesso di uno dei tre poli di interesse capitalistico appena tracciati. La Lega è sempre stata fortemente atlantista, come ha peraltro ribadito Salvini durante la sua ultima convocazione negli Stati Uniti quando ha confermato il supporto logistico italiano alle operazioni militari americane, ha riconosciuto Gerusalemme capitale di Israele, ha confermato l’appoggio a Guaidò in Venezuela, le sanzioni all’Iran, e soprattutto ha confermato il suo impegno a fermare la Nuova Via della Seta. Tra l’ala clintoniana e quella trumpiana la Lega è schierata con Trump e infatti sono noti i suoi legami con la Russia. Fratelli d’Italia, come la Lega, aderisce alla linea trumpiana. Forza Italia è più ambigua e oscilla tra la linea trumpiana e quella neo-con. Il M5S è invece “acquisgraniano”: ricorderemo tutti la celebre frase di Di Maio quando disse che si tatuerebbe il simbolo dell’euro sul braccio, oppure quando negli scontri con Bruxelles durante l’approvazione della legge di bilancio dell’anno scorso, il 5 stelle era sempre molto morbido con l’Europa e si presentava alla burocrazia europea come interfaccia del sistema, infine è stato lo sponsor principale del memorandum d’intesa firmato dall’Italia con la Cina sulla Nuova via della Seta. Da ultimo, anche il Partito Democratico è acquisgraniano: da sempre la forza europeista più intransigente del parlamento, è al contempo favorevole alla Via della Seta. Due anni fa, Gentiloni fu l’unico capo di governo del G7 a partecipare al forum mondiale sulla nuova Via della Seta dove dichiarò che “L’Italia può essere protagonista in questa grande operazione a cui la Cina tiene molto: per noi è una grande occasione e la mia presenza qui significa quanto la riteniamo importante”.

Il governo giallo-verde aveva allora la peculiarità di mettere assieme due forze politiche che sono il riflesso di due diverse linee del capitalismo Occidentale: l’ala trumpiana aperta alla Russia, chiusa alla Cina e contro la guerra mondiale e l’ala acquisgraniana aperta alla Russia, aperta alla Cina, contro la guerra mondiale ma per un’Europa unita, forte e indipendente dalla NATO. Alcune posizioni collimavano ma molte altre no, e quindi non poteva reggere a lungo. I fatti salienti del governo giallo-verde che hanno riflesso il conflitto tra le élite che controllano i nostri burattini in Parlamento, sono stati tre:

1) La delegazione guidata da Xi jimping con oltre 500 uomini ha presentato in pompa magna il progetto della nuova Via della Seta alle tre principali economie dell’Europa continentale: Italia, Francia e Germania, e tutte e tre hanno firmato documenti che esprimono favore nei confronti di questo progetto. In quell’occasione i giornali americani hanno attaccato l’Italia e la Lega si è vistosamente smarcata dal memorandum poi firmato da Conte.

2) Durante la crisi innescata da Trump (e in quel caso sostenuto anche dall’ala clintoniana) in Venezuela per prendere controllo sulle risorse petrolifere del paese e sottrarle a Pechino, il movimento 5 stelle voleva votare per il riconoscimento del governo legittimo di Maduro mentre la Lega avrebbe riconosciuto il golpista Guaidò; alla fine la mediazione vinse ma comunque l’Italia fu l’unico big europeo a restare neutrale sul caso Venezuela.

3) Il decreto Golden Power che accordava le concessioni sul 5G alle società Occidentali escludendo di fatto l’unico competitor orientale (la cinese Huaweii) in fase di approvazione viene respinto dal M5S che vuole modificarlo per permettere anche ad operatori extraeuropei di partecipare alle gare di appalto (ergo Huaweii). Di nuovo il governo si spacca in due opposte posizioni.

A questo punto le incompatibilità tra gli interessi del capitale trumpiano e di quello acquisgraniano riflessi nel governo italiano raggiungono un limite invalicabile, e la componente trumpiana (su questo caso allineata con quella clintoniana) manda a Salvini l’ordine di far cadere il governo. Probabilmente, già durante la convocazione di Salvini a Washington a inizio estate, gli Stati Uniti avevano chiesto a Salvini di spegnere l’interruttore al governo non appena avessero dato l’ordine, con la promessa che lo avrebbero sostenuto nel sicuro nuovo esecutivo Salvini-Meloni. Le due élite capitalistiche americane non erano l’unico attore in campo però; c’era anche Acquisgrana che coglie la palla al balzo e inizia a fare pressione sul PD affinché non sfiduci il governo ma formi un nuovo esecutivo ultra-europeista, ordoliberista, in via di autonomizzazione da Washington e aperto alla Cina. In questa lotta tra bande, l’interesse dei neo-con e dei trumpiani non ce l’ha fatta; hanno prevalso, almeno in questa battaglia (ma la guerra non è finita!), gli interessi del capitale Franco-tedesco.

Adesso in Europa, le tre economie più grandi, Francia, Germania e Italia, sono tutte allineate su un europeismo intransigente, ultra-capitalista, liberal-progressista e in progressiva autonomizzazione da Washington e in fase di apertura alla Cina. Questo schiude una fase storica inedita, che vede un crescente allontanamento tra Europa e USA; che cosa faranno le altre due parti per ribaltare il risultato? Non ho prove definitive, ma non mi stupirebbe se si aprisse una nuova stagione di attentati terroristici in Europa operata dai servizi segreti americani per riportare dietro i ranghi gli europei. Ricordiamoci che il progetto della Grande Albania come primo grande stato islamico in Europa è già in cantiere da tempo, mentre in questi mesi sono stati fatti arrivare a Durazzo 5000 terroristi del MEK che possono essere utilizzati in qualsiasi momento dai servizi segreti americani-israeliani per colpire la nuova Europa di Acquisgrana.

Che cosa mi aspetto invece da questo nuovo governo?

Le cose andranno peggio, e chi si ostina a vedere il governo giallo-fucisa come migliore del governo giallo-verde, ignora i rapporti di forza che sovrastano l’Italia. Nel governo giallo-verde, essendo riflesse sia le tendenze eurocentriche sia quelle atlantiste, era necessario trovare continuamente un equilibrio da cui i ceti proletari potevano trarre qualche beneficio (pur se molto modesti e del tutto insufficienti): si pensi a quota 100 e reddito di cittadinanza che per la prima volta dopo trent’anni di liberismo distribuiscono qualcosa alle classi popolari invece che alle solite banche. Ma poi chi preferisce il governo giallo-fucsia non vuol riconoscere l’alto valore ideologico per la politica dell’avvenire che ha significato il governo giallo-verde: per la prima volta abbiamo assistito all’unione dell’istanza identitaria con quella sociale, una forma politica oltre gli schemi liberali della destra e della sinistra, che il sistema non riusciva a catalogare proprio perché era un corpo estraneo. Una forma ancora molto embrionale, se vogliamo, del nazional-comunismo di Duginiana memoria. E non è un caso che tutti i giornali abbiano plaudito al nuovo governo, tutti a ripetere “finalmente è la fine di quella unione innaturale”. Innaturale, appunto, perché fuori dagli schemi liberali.

Per capire che le cose andranno peggio poi, basta guardare la composizione della squadra di governo: la posizione più emblematica è quella di Roberto Gualtieri al ministero dell’economia. Christine Lagarde, alfiere del globalismo più intransigente, ex capo di un’organizzazione che affama il terzo mondo con i suoi debiti e le sue agende di austerità, il FMI, la stessa che benediceva il franco CFA, ha benedetto addirittura in anteprima la nomina di Gualtieri dichiarando che la sua presenza al ministero dell’economia: “sarebbe un bene per l’Europa e per l’Italia”. Non centra nulla che Gualtieri provenga da un’organizzazione che porta il nome di Gramsci, il suo passato lo descrive: è un generale dell’economia di mercato e dell’eurocrazia. Ricordiamo che la rivista americana lo ha dichiarato uno dei deputati europei con maggiore influenza. È stato relatore per la modifica dell’art. 136 del trattato di Lisbona che ha costituito il MES. Ha monitorato il financial assistent working group che ha assistito alla distruzione dell’economia greca in cambio di quei prestiti assassini. Ma non c’è solo Gualtieri.

Conte, alla caduta del governo, ha fatto riferimento a un “nuovo umanesimo”, formula che tanto assomiglia ai progetti del Grande Oriente d’Italia, la loggia massonica italiana, un chiaro segno che questo governo è appoggiato dai massoni. Il ministro delle pari opportunità poi è Elena Bonetti amicissima di tutta la galassia LGBT; Lorenzo Spadafora invece, ministro delle politiche giovanili, si batte da tempo per una legge contro l’omofobia che sancirebbe la fine della libertà di parola sull’argomento. Speranza ha già fatto capire che la legge Lorenzin sui vaccini non si tocca. La legge sulle autonomie è nel programma di governo e quindi verrà portata avanti minando ulteriormente l’integrità del Sistema Sanitario Nazionale, allargando le diseguaglianze inter-regionali sino a mettere a repentaglio l’unità territoriale stessa del paese. È prevista poi la riforma costituzionale per la riduzione del numero di parlamentari che ridurrà ulteriormente la rappresentatività delle camere (ammesso che nelle condizioni di servitù in cui versa il nostro paese abbia ancora un senso) e infine si farà una legge elettorale fortemente proporzionale che ricorderà molto la legge Acerbo, a proposito di fascismo (eppure son giallo-“rossi”!).

Infine, sempre Conte, ha annunciato a più riprese che sarà il governo del green new deal, un governo dal volto amazzonico, per riprendere il discutibile Sinodo di ottobre in Amazzonia, il cui modello ecologico, sappiamo bene, è quello del New Climate Economy presentato dalle Nazioni Unite. Un progetto per rilanciare l’economia mondiale agonizzante a causa della persistente stagnazione dei salari, con 90 trilioni di investimenti in 15 anni pronti per essere investiti in progetti come lo stoccaggio e la cattura del carbonio (CCS, ergo raccogliere CO2 dall’atmosfera e metterla sotto gli oceani), il recupero avanzato del petrolio (EOR), la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio (BECCS), la decarbonizzazione totale rapida, i pagamenti per i servizi ecosistemici (denominati “capitale naturale”), energia nucleare a fissione e una miriade di altre “soluzioni” ostili a un pianeta già devastato. Tutti progetti che pagheranno i cittadini e le imprese in nuove tasse. Nessun riferimento invece alla riduzione dell’impronta ecologica, ovvero, ad esempio, della conversione dell’economia al 100% a energie rinnovabili, del riciclo del 100% dei materiali riciclabili, di regolamentazioni sullo sfruttamento dei bacini di pesca e del terreno. Conte ventila addirittura modifiche nella Costituzione a sostegno di queste scellerate politiche “verdi”. Ma prima ancora di essere un modello economico, il great new deal sarà un modello filosofico, che intenderà l’ecologia come uguaglianza radicale di tutto il creato: l’uomo non vale più degli animali e delle rocce; il suo rapporto di interdipendenza dall’ambiente esclude ogni forma di gerarchia. Infine, a marzo dell’anno prossimo ci sarà la nomina di circa 400 alti dirigenti delle società pubbliche e il sistema vuole essere sicuro di nominare burocrati di sua fiducia alla guida delle stesse, affinché remino contro verso qualsiasi governo populista che in futuro dovesse riprendere il controllo del parlamento. Per farlo durare i mesi necessari senza far scoppiare la rivoluzione, probabilmente l’Europa concederà a Gualtieri qualche deroga sul deficit (probabilmente permettendo di scorporare dal calcolo del 3% gli investimenti) per regalare qualche contentino ma nella sostanza la morsa dell’Europa si rafforzerà perché il progetto mitteleuropeo ora ha tutti i numeri per andare avanti, sia in Italia che al parlamento europeo.

La democrazia non esiste, molti sono ancora qui a crederlo, ma questo non è che un inganno. La geopolitica dei capitali ha già deciso tutto. Solo un partito che si definisca sin da principio contro la NATO, contro Acquisgrana e contro il capitalismo, che ricostruisca in modo innovativo una grande Narrazione facendo tesoro degli errori del passato, potrebbe portarci fuori dalle numerose gabbie che ci strozzano, ma ancora non si vede all’orizzonte.

Simone Lombardini, dottore in Economia, è esperto di relazioni internazionali e geopolitica. Ha studiato all’Università di Genova conseguendo la Laurea Magistrale in Economia e Istituzioni Finanziarie. Attualmente lavora presso l’Università di Genova anche se di recente ha soggiornato a Oslo per motivi di studio presso l’Università di Oslo. È membro della Segreteria dell’associazione Alterlab fondata da Giulietto Chiesa. È ospite periodico della tv online “Il vaso di Pandora” in cui tratta, nello spazio “osservatorio di geopolitica internazionale”, come ospite speciale, i più importanti retroscena degli sviluppi della politica e dell’economia mondiali.