Sovranisti e comunisti

rinaldi spreadRiceviamo e volentieri pubblichiamo

da Aginform.org

Nella grande confusione che caratterizza la situazione a ‘sinistra’ dopo la nascita del governo gialloverde e per evitare di essere coinvolti in valutazioni poco chiare nel loro significato, occorre affrontare da un punto di vista comunista la questione del cosiddetto sovranismo, del suo significato e di come rapportarsi ad esso.

Se andiamo ai dati oggettivi bisogna tener conto che, in Italia come in Europa e poi anche negli Stati Uniti con Trump, in contrapposizione alla tendenza globalista sviluppata in tandem da democratici americani e liberalimperialisti europei sul piano economico come su quello strategico-militare, i settori schiacciati dal rullo compressore della mondializzazione hanno iniziato a reagire con forza crescente.

Ha cominciato la Francia col Front National, poi via via altri paesi europei hanno seguito la stessa strada, dalla Germania, alla Spagna, ai paesi dell’Europa orientale. I settori di cui parliamo sono settori di piccola e media borghesia, ma anche operatori economici che vivono ai margini dell’economia globalizzata e, assieme a questi, ampi strati popolari che subiscono gli effetti della crisi economica che investe parti sempre più rilevanti del sistema produttivo.

A dire il vero nella contestazione alla logica di Bruxelles c’è anche una tendenza di ‘sinistra’ come si è visto prima in Grecia, poi in Spagna con Podemos e ancora in Francia con Mélanchon, mentre in Germania la prospettiva antieuropeista di sinistra sembra essersi rapidamente dissolta. Queste forze di tendenza neosocialdemocratica hanno subito però in breve tempo il richiamo delle case madri e si sono rivelate subalterne all’area popolar-socialista che governa l’Europa.

In Italia il sovranismo si è espresso in termini analoghi al resto d’Europa, con la differenza però che la tendenza di destra populista (Lega) e quella neogiacobina (5Stelle) sono riuscite a stipulare un patto di governo e a mandare all’opposizione i liberalimperialisti del PD e i loro alleati. Nonostante poi la feroce controffensiva interna e internazionale e le tante inevitabili contraddizioni del patto gialloverde, la tendenza non si è invertita e la battaglia tra sovranisti e liberisti è ancora in corso.

La stampa e le istituzioni asservite all’UE non hanno cessato di presentare in modo positivo quelle che invece sono le sconfitte subite dai liberalimperialisti, ma poi, almeno a livello europeo, sono state costrette ad accettare il compromesso anche se momentaneo ed obtorto collo. Di tutto questo siamo stati spettatori e commentatori puntuali, anche se non passando il tempo a mangiare pop-corn. Soprattutto, abbiamo aperto una discussione coi compagni per denunciare le operazioni ‘arancioni’ contro il governo gialloverde prodotte dalla deriva della sinistra ‘radicale’ ed evitare di esserne coinvolti.

Ora però si tratta di andare oltre questo livello, di uscire dalle nicchie in cui molti si sono autorelegati, andare in campo aperto e affrontare una battaglia politica che riqualifichi il ruolo dei comunisti, uscendo dalla situazione attuale di sostanziale impotenza e isolamento.

Intanto, come i comunisti hanno sempre cercato di fare nella loro storia, dobbiamo indicare chiaramente il nemico principale contro cui combattere. E il nemico principale oggi sono i liberalimperialisti legati mani e piedi a Bruxelles. Questa scelta è preliminare a un posizionamento che ci consenta – anche se non è automatico – di definire un’azione politica all’altezza della situazione (il che non significa affatto schiacciarci sui gialloverdi o, addirittura, rappresentarne la terza gamba).

Al contrario, l’operazione che da comunisti (non talmudisti) dobbiamo saper fare è quella di enucleare dalle contraddizioni che si sono aperte, i punti su cui svolgere dialetticamente la nostra azione data la loro valenza. Cerchiamo di mettere a fuoco questi punti (per una discussione senza pretesa di perentorietà) e di ricavarne un programma di lavoro.

L’Europa. E’ chiaro che quando si parla di Europa si parla di UE e del suo ruolo. Nell’ultimo anno ci siamo trovati di fronte a uno scontro durissimo, a partire dal diktat di Mattarella contro Savona. Risulta forse che settori della sinistra ‘radicale’, compresi queli che si proclamano anti-Euro e anti-UE, siano scesi in campo per sostenere in questa occasione l’indipendenza dell’Italia e contro la linea di Bruxelles?

La cosa si è poi ripetuta in più occasioni e anche recentemente con i mini-BOT e con la minaccia di sanzioni per lo sforamento del debito. Anche qui nessuna azione concreta da parte di quelli che si definiscono comunisti e anti UE. Ma allora, quando comincia questa battaglia contro l’UE? O lasciamo al presidente Conte il compito di rappresentare in concreto la posizione dell’Italia mentre noi ci riserviamo quella cartacea e velleitariamente eurostoppista? Questi interrogativi fanno capire che sarebbe il caso di misurarsi concretamente con la situazione in corso ed essere capaci, non solo nelle ristrette nicchie, di farci capire da settori importanti degli italiani e dei lavoratori indicando non in modo velleitario i passaggi per cambiare le cose nel contesto dei rapporti di forza attuali. Anche questa è una prerogativa che ha sempre caratterizzato i comunisti: dare concretezza alle prospettive.

La posizione internazionale dell’Italia. L’antisalvinismo demenziale dei liberalimperialisti e dei radicali in veste arancione, stile occupy ports, ci ha fatto dimenticare che l’Italia, col governo attuale, sta giocando partite molto importanti sul piano delle relazioni con paesi come la Cina e la Russia, essenziali se vogliamo sganciarci dall’economia dello spread e dei mercati finanziari. Putin è venuto recentemente in Italia e ha parlato di embarghi. Dov’è il movimento italiano contro le sanzioni che faccia superare le incertezze attuali del nostro governo e spinga l’Italia a collocarsi diversamente nelle relazioni economiche e politiche? E sulla Libia, perchè siamo inchiodati sull’antisalvinismo invece di mettere sul piatto della bilancia la guerra contro Gheddafi e la criminale responsabilità dei liberalimperialisti su quello che sta avvenendo? Che la ‘sinistra’ e gli arancioni guardino altrove è naturale. Meno naturale che la scuola leninista a cui i comunisti dovrebbero far riferimento non riesca a farci decifrare la logica imperialista e combatterla politicamente, contrastandone l’influenza camuffata da solidarismo tra la gente, a partire dai giovani.

Le questioni sociali. Il governo gialloverde, su iniziativa soprattutto dei 5 Stelle, ha aperto la strada a provvedimenti antiliberisti come il reddito di cittadinanza, quota 100 per le pensioni, la pensione di cittadinanza, il salario minimo, il ‘decreto dignità’ che limita il precariato, la sanità e la giustizia. Tutto questo è avvenuto sotto il fuoco della Confindustria, dell’UE, delle forze liberalimperialiste che dominano i media e le istituzioni ‘indipendenti’ di vario genere. Qual è stato il contributo dei comunisti in queste battaglie? Silenzio imbarazzato o timido consenso alle tesi dell’opposizione di ‘sinistra’ e allo sviluppismo alla Landini.

Post scriptum.

A fronte della situazione che abbiamo finora descritto, negli ultimi tempi, ci sono stati a sinistra anche timidi tentativi di parlare di sovranità e indipendenza, ma per lo più si è trattato di imitazioni di esperienze europee (Mélanchon, Podemos ecc) senza radici reali e nella illusione di agganciarsi al carro elettorale della neosocialdemocrazia europea. E’ il caso di Fassina e di Rinascita con una miscela di ambiguità e velleitarismo. Ci sono però anche espressioni politiche di una tendenza che cerca, da sinistra, di agganciarsi alla nuova situazione in termini non solo tattici, ma proponendo la nascita di un movimento di più largo respiro contro la logica imperialista dell’UE e su un programma sociale avanzato. A Firenze il 23 giugno si è discusso di questo. Se son rose fioriranno, intanto impariamo a lavorare con metodo su una prospettiva giusta.