Vorrei poter chiedere a Pasolini

pasolini fronteRiceviamo da Norberto Natali e volentieri pubblichiamo

La mancanza di Pasolini mi pesa sempre di più quando sento, per esempio, parlare Saviano. Due figure opposte.

Il grande poeta friulano sapeva farci misurare con i nostri punti di vista con l’abilità -direi da grande artista- di ricorrere alla provocazione graffiante, mai banale né fuorviante, con un sapiente uso del paradosso e dell’iperbole. Riusciva sempre a non lasciarci assopire sugli stereotipi accomodanti verso cui voleva indirizzarci il moderno potere borghese, riusciva a farci domandare cosa ci fosse veramente dietro le apparenze superficiali (e che futuro preparassero).

Come dimenticare l’imprevedibile difesa dei poliziotti figli dei contadini meridionali (quindi della disoccupazione e della povertà provocate dal fascismo e non risolte dalla DC) o certi discorsi “corsari” i quali, apparentemente, sembravano snobbare l’antifascismo ma in realtà servivano ad evitare che questo divenisse un comodo alibi per il potere.

Soprattutto non posso dimenticare la lezione di “Petrolio” e quando diceva (dovremmo ricordarcene tutti, oggi) di sapere che i criminali fossero al potere pur senza averne le prove.

Ovviamente, bisogna utilizzare questa sua eredità sapendo che si tratta degli interventi rapidi ed “educativi” di colui che era, in primo luogo, un grande poeta e come tale ci parlava della realtà. Sarebbe un errore interpretare alla lettera quelle sue incursioni morali, come fossero una posizione o, peggio, un programma politico: è evidente che egli fosse contro la repressione e la sua violenza, così come era un antifascista degno fratello di un partigiano ed un sostenitore convinto e fermo -lo è sempre stato- del PCI.

Lui scrisse una toccante cronaca -da par suo- dei funerali di Di Vittorio che era, in realtà, un tributo alla grande folla di lavoratori, di poveri ed emarginati che si erano radunati per l’ultimo saluto al “capo” della CGIL, in un certo senso un loro eroe.

Chissà se Pasolini confermerebbe (come vuole oggi parte importante della stampa e degli intellettuali, anche della politica) che la “capitana” tedesca protagonista delle cronache di queste settimane, là nella terra di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, può essere considerata una specie di eroina della causa dei poveri e degli oppressi, della lotta contro la prepotenza e la corruzione degli sfruttatori.

Non so se vedrebbe, invece, una ricca ed annoiata figlia della borghesia imperialista tedesca (quella frazione che più di altre, da anni, tiene sotto il suo tallone dell’austerità il nostro paese) alla quale domandare perché, per esempio, non ha mai combattuto e forzato la marina israeliana per difendere bambini (e donne e vecchi e malati) palestinesi che non vivono meglio delle povere e sfortunate persone che ha voluto sbarcare a Lampedusa. Certamente non lo ha fatto nell’interesse di questi, visto che li ha costretti (come ha sottolineato lei stessa) ad un supplemento di sofferenza e di rischio per condurre una propria (personale?) battaglia -non discuto ora se sia legittima o giusta- contro lo stato italiano: già, il suo reale bersaglio non è il governo (detestabile quanto vogliamo) ma la nostra Repubblica, a pensarci bene.

Posso sbagliare ma Pasolini andrebbe a Mazara Del Vallo (o in altri porti, argomento di moda attualmente) per informarsi direttamente su quanto costano le imbarcazioni grandi come quella della “capitana”, quanto costa la loro manutenzione e il carburante per girare settimane e settimane nonché mantenere permanentemente equipaggi di una quindicina di persone.

Può darsi che estenderebbe il suo sguardo ad alcuni tipi di ONG come quella in questione, per intuire un giro di affari di milioni (decine?) di euro e magari giungere provvisoriamente alla conclusione di non avere prove ma di sentire una gran puzza di marcio, di losco, di raggiro della gente onesta e per bene, di speculazione ignobile sugli ideali e i sentimenti più generosi e sulla sofferenza di persone indifese e disperate: da dove vengono, realmente, gli ingenti finanziamenti di cui dispongono evidentemente queste ONG e a cosa sono dovuti?

In ogni caso, il fratello partigiano di Pasolini, ai tedeschi che volevano con la forza entrare in Italia gli sparava.

Più paciosamente, potremmo chiedere a questa tedesca viziata -sono contento per lei che viva molto meglio di quanto capitava a me all’età sua- se ravvisa qualche grave lesione dei diritti umani, qualche stato di necessità, anche sulla sorte di sette poveri operai bruciati vivi alla Thyssenkrupp di Torino: in tal caso, il suo prossimo gesto da “eroina” potrebbe essere il tentativo di riportare in Italia i due criminali tedeschi che vivono liberi nel suo paese benchè siano stati riconosciuti (e condannati) come responsabili di quella strage.

Non è una novità: la Germania, a suo tempo la RFT “occidentale”, quella che oggi giudica e critica la nostra Repubblica (fingendo di contestare il governo in carica) ha ripetutamente protetto -in passato- criminali nazisti colpevoli di barbari delitti nel nostro paese.

Ancor di più, vorrei sentire un punto di vista originale su quelle piccole frange del nostro popolo che manifestano (godendo di una certa generosa ospitalità di molti media) a favore di questa “capitana” tedesca, a quanto sembra in modo del tutto acritico ed incondizionato.

Quello di cui ci si vuole convincere in modo perentorio, è che si può pensare di loro quel che si vuole ma nessuno può negare che si tratti di persone generose ed altruiste, le quali si battono -magari da idealisti sognatori- per chi soffre, contro le ingiustizie di cui sono vittime. In altri termini, si direbbe, si può considerare questa la parte (per quanto isolata e minoritaria) più all’avanguardia tra gli italiani, più attenta ad individuare e respingere le mire e le macchinazioni del potere, in definitiva il nucleo essenziale intorno al quale costruire un progetto di lotta per il cambiamento reale nel nostro paese.

Dovrei fare una parentesi: personalmente vorrei capire le “larghe intese” che si manifestano su queste posizioni. Dai sindacati di base a CGIL-CISL-UIL, da Cremaschi a Delrio passando per i più importanti giornali della borghesia imperialista e le gerarchie ecclesiastiche (senza contare certe potenze straniere che è meglio tacere per carità di patria, sarebbe il caso di dire) tutti uniti nel coro a favore della “capitana”.

Vorrei capirlo, per esempio, da forze e personalità molto serie, compagni di esperienza e degni di grande considerazione, i quali non si fanno nessuna domanda sui motivi di tante strane ma significative compagnie. Non mi basta la risposta che sono contro Salvini come non mi basterebbe fiancheggiare un clan della camorra, per esempio, per l’unica ragione che combatte contro una cosca dell’ndrangheta (pensando a Pasolini mi sono un po’ suggestionato, almeno nel linguaggio).

Riprendendo il discorso sulle persone che manifestano a favore della “capitana”, vorrei porre dei quesiti banali, i quali sono sotto gli occhi di tutti ma proprio per questo non riesco a spiegarmi perché vengono completamente ignorati.

In primo luogo, si parla di persone che fuggono dalla Libia. Come dimenticare che la situazione libica è stata coscientemente voluta, otto anni fa, con la guerra di aggressione ed il brutale omicidio di Gheddafi? Due settimane prima dell’inizio della guerra, il ministro Frattini aveva dichiarato che la Libia era “un modello di democrazia per tutta l’Africa”; nessuno gli aveva replicato, contestandolo. Quando la Francia volle scatenare quella guerra, il governo Berlusconi -per motivi suoi- era inizialmente riluttante: fu convinto da un’intensa campagna guerrafondaia del PD.

Come si può andare a braccetto con quelli che hanno voluto quella guerra, conoscendo le conseguenze che avrebbe provocato, e oggi vanno a fare i buffoni sulle nave delle ONG, prendendosi gioco sia della povera gente trasportata (la quale ha subito tutte quelle sofferenze proprio a causa loro), sia della gente degna e nobile che oggi manifesta a favore dell’immigrazione?

In secondo luogo, si tratta del cosiddetto terzo mondo, dell’aiuto a popolazioni colpite dalla guerra e dalla miseria. Chi manifesta oggi per la “capitana” cosa fa per il popolo yemenita, per i suoi bambini massacrati dalla guerra scatenata dall’Arabia Saudita? E per i bambini e le genti del Donbass, su cui incombe l’aggressione dei fascisti ucraini? Quante manifestazioni sono state fatte contro la guerra scatenata in Siria, da cui comprensibilmente provengono molti profughi allo scopo (fallito) di eliminare il suo legittimo governo?

Le domande potrebbero continuare ma non serve, anche perché si finirebbe inevitabilmente col parlare della Palestina e della vera e propria omertà che certi ammiratori della “capitana” mostrano nei confronti di tale questione. Non sono persone sfortunate, bisognose, in stato di necessità, vittime di ingiustizie e prepotenze anche i palestinesi, soprattutto i loro bambini?

In terzo luogo, queste manifestazioni avvengono in Italia ed in appoggio -o comunque in coincidenza- con le iniziative di Delrio e altri parlamentari del PD (o loro ancelle). Hanno mai chiesto, ai suddetti parlamentari, di andare qualche volta (oltre che sulle navi di qualche ONG) laddove soffrono nell’angoscia migliaia e migliaia di famiglie che hanno perso o stanno perdendo il posto di lavoro? Si sono mai interessati al fatto che -mediamente- il salario ha perso i due terzi del suo valore e le pensioni (di operai che hanno 41 anni di contributi) sono diminuite di circa 500 euro netti al mese? Gli interessa qualcosa di milioni di giovani che vivono in Italia (non scrivo di italiani perché non è una questione etnica e soprattutto molti di loro sono figli di lavoratori immigrati) abbandonati alla disoccupazione, alla precarietà, ragazze e ragazzi bravi non meno di quelli di altri continenti, molti dei quali costretti a intraprendere nuovamente la via dell’emigrazione per sfuggire a tale situazione?

Le condizioni di vita delle popolazioni dell’Italia centrale martoriata dal terremoto sono peggiori di quelle di tanti altri che le hanno precedute. Persino Berlusconi, dieci anni fa, riuscì a trattare i sinistrati dell’Abruzzo “meno peggio” di quanto è capitato a quelli che hanno avuto anche la disgrazia dei governi recenti. Quello che capita in quelle terre è una vergogna assoluta: eppure non mi risulta tanto interesse o indignazione da parte dei difensori della tanto popolare Carola.

Infine, mi viene da pensare (non so se a torto o a ragione) che Pasolini noterebbe come il sistema di potere, con una nave e sfruttando poche decine di persone realmente sfortunate e bisognose di aiuto, riesca a “gestire” mediamente un mese. Per esempio, la nave di cui si parla in questi giorni, è il principale argomento (nazionalpopolare, mi viene da dire) all’incirca dal 10 giugno scorso e continuerà ad esserlo probabilmente per una settimana ancora. E’ l’argomento dirimente, quello su cui, più di altri, si mobilita e si divide l’opinione pubblica.

Direi che la prima guerra tra poveri non è quella tra italiani ed immigrati, nei disegni del potere, bensì quella tra italiani ancora sensibili ai richiami ideali di fondo e quelli più colpiti dall’ingiustizia e dalla miseria in questi decenni, quelli lasciati soli di fronte ai licenziamenti, alla precarietà, al degrado e perfino ai terremoti.

Questi ultimi sono -per motivi, come si dice, storicamente determinati- più inclini a reagire con l’insofferenza a tanto squilibrio di attenzioni e sensibilità: tanta premura per la “capitana” e tanta indifferenza (se non insofferenza) per le loro angosce e i loro drammi, benchè meno gravi (ma non di molto) di quelli che affliggono i disperati che cercano di fuggire dalle coste libiche.

Soprattutto, Pasolini, magari con qualche espressione fulminante delle sue che non riesco neanche ad immaginare, noterebbe che in tutto il mese in cui si è parlato principalmente della “capitana” e della sua nave, in Italia sono morte sul lavoro più persone di quante erano trasportate sulla Sea Watch: ma nessuno se ne è accorto, perché tutti sono presi dalle avventure di questa nave e su ciò -più che su ogni altra cosa- si disputa.

Non sarebbe giusto imputare a quelli che vanno ad applaudire la ricca tedesca, o che manifestano per lei, la colpa delle ingiustizie e delle sofferenze che opprimono tanti lavoratori (in Italia, ma non solo italiani in senso etnico) oppure di violenze che avvengono nel mondo ma difficilmente si può ritenere che essi siano i più “svegli” nell’individuare le trappole dell’avversario e sottrarsi ad esse. Si tratta di forze che sarebbero certamente importanti in un disegno più complessivo di cambiamento della società italiana, tuttavia difficilmente esso potrebbe edificarsi sulla base delle iniziative pro-Rakete (e sulla noncuranza delle altre gravi ingiustizie che avvengono in Italia e nel mondo).

Affermo ciò perché credo che Pasolini, in conclusione, metterebbe in luce quello che riterrebbe il principale carattere delle manovre di Salvini o chi per lui (e soprattutto lui per chi). Aggiornando il principio che “si sparli purché si parli”, il suo primo obiettivo è che il tema dell’immigrazione assorba quasi completamente tutta l’attenzione, fino al punto da rendere tendenzialmente insignificanti (ai fini della capacità di far schierare e mobilitare le masse) tutte le altre più importanti questioni, sia interne che internazionali.

L’importante è che ci si divida, essenzialmente, in funzione di questo tema: essere pro o contro è secondario. In tal modo, egli impedisce che la maggioranza del popolo possa unirsi, invece, sul salario e le pensioni, contro la disoccupazione e la precarietà, per la salvaguardia dell’ambiente e dei servizi sociali, per la pace nel mondo e la libertà dei popoli. Ecco perché certi difensori della “capitana” -guarda caso responsabili (quanto meno politicamente e moralmente) della guerra in Libia e quindi delle sofferenze di chi fugge da lì- finiscono per fare proprio il gioco di Salvini.

Pasolini, invece, riderebbe di uno che si presenta come paladino della legalità contro l’imbarcazione di una ONG, mentre è a capo di un partito del quale era già dirigente quando questo trafficava diamanti con l’ndrangheta (stando alle accuse della magistratura) e che ha difeso pregiudizialmente (prima che venissero processati) due carabinieri accusati dall’autorità giudiziaria di aver stuprato due giovanissime statunitensi a Firenze.

Uno che si crede di essere Garibaldi nel tuonare in difesa dei sacri confini contro una marinaia di una ONG quando non ha detto nulla per la strage provocata da due caccia USA su una funivia trentina e finge che non ci siano almeno 70 ordigni nucleari depositati nel nostro paese, ma in basi USA sottratte alla giurisdizione italiana. Un alfiere della difesa dei confini che fino a pochi anni fa propugnava la secessione senza aver mai fatto autocritica per questo.

Non so se sbaglio, ma il grande poeta, invece, non direbbe una parola su Fratoianni. Ormai è chiaro che a lui del popolo italiano non interessa nulla tanto che, parallelamente, lui stesso non interessa minimamente al popolo italiano, come dimostra il disastro nel quale ha condotto il suo partito.

Per quale motivo, da oltre un anno a questa parte, Fratoianni si faccia vedere solo su navi come la Sea Watch; non si curi della disfatta del suo partito e della sinistra, non si domandi se egli ha qualche responsabilità per questo; non capisca che il suo atteggiamento (nella misura in cui egli viene identificato con la sinistra) sta provocando un fenomeno nuovo che non è indifferenza ma comincia ad essere insofferenza in strati sempre più ampi del popolo contro ciò che viene individuato come “sinistra”; per quale motivo non si curi minimamente del rinnovamento necessario per far riemergere la sinistra dalla considerazione zero del popolo nella quale è precipitata; tutto ciò rimane un mistero solo per me.