La proposta di legge di stabilità non va bene: è iniqua e dannosa!

pcdi mandiamoloacasadi Mauro Alboresi, segreteria nazionale PCdI

Il governo Renzi, attraverso la proposta di legge di stabilità, trasmessa al parlamento con il consueto antidemocratico approccio del prendere o lasciare, con l’ennesimo voto di fiducia dietro l’angolo, prosegue nella sua  politica dichiarata di sinistra ma nei fatti di destra.

La riduzione delle tasse non è di per sé di destra o di sinistra, ma lo diventa in relazione al perché ed al come, e la scelta del governo di abolire la tassa sulla prima casa indistintamente per tutti  (180 euro di risparmio medio per la maggioranza degli interessati, 2500 per i più abbienti) non ha nulla a che vedere con il necessario criterio di progressività costituzionalmente previsto, è una scelta iniqua, che toglie risorse alla necessaria lotta alle disuguaglianze.

La tanto sbandierata tutela e  valorizzazione del lavoro, che si è infranta sullo scoglio del jobs act riducendo diritti e tutele,  prosegue attraverso la messa in campo di risorse per il rinnovo dei contratti di lavoro del pubblico impiego, imposti dalla sentenza della Corte Costituzionale, pari ad un aumento pro capite di 5 (cinque) euro mensili e, sullo sfondo, dal superamento dei contratti nazionali di lavoro,  ed è accompagnata da una ulteriore  riduzione “a pioggia” degli oneri a carico delle imprese.

Delle annunciate  modifiche alla legge Fornero, la cui paternità anche il PD cerca di nascondere, non vi è traccia, la possibilità della trasformazione a part time del rapporto di lavoro in essere all’approssimarsi della pensione è una scelta sbagliata e penalizzante: per lo Stato, chiamato a corrispondere una parte dei contributi in tal modo mancanti, e per gli interessati, che vedrebbero ridotta la loro rendita.

La lotta all’evasione fiscale è e resta propaganda, come dimostra il balletto sulle cifre massime per l’acquisto con contante, eppure è su tale terreno  che le scelte del governo dovrebbero andare, ad esempio introducendo il principio del contrasto d’interessi.

La questione del debito pubblico continua ad essere usata  per coprire politiche non selettive,  tagli lineari, come ancora una volta dimostra il venire meno di ulteriori 600 milioni ai comuni, che si tradurranno ancora una volta in riduzione della quantità e qualità dei servizi offerti ai cittadini.

E intanto il sistema di welfare del nostro paese continua ad impoverirsi, le politiche sanitarie e sociali sono sempre meno ricondotte alla nozione di diritto, sempre più  riferite alla condizione economica dei singoli, come dimostrano le ultime scelte dei ministeri preposti.

La tanto sbandierata revisione della spesa, al di la del merito, comunque decisivo, è assai lontana dall’essere in termini quantitativi ciò che lo stesso governo prospettava soltanto qualche mese fa.  Infatti,  ad oggi, si tratta di  5,8 miliardi, di cui 2 sono mancati aumenti alla sanità.

E intanto il governo  apre ulteriormente a quel gioco d’azzardo contro il quale dichiara di battersi.

Che Renzi minacci di ripresentare alla commissione europea la proposta di legge di stabilità tale e quale (una proposta giocata sui margini di flessibilità del rapporto deficit pil, rinviando il pareggio di bilancio) qualora essa non ne condividesse il merito, non è uno scatto di orgoglio, il rifiuto di un diktat, è semplicemente l’ennesimo gioco delle tre carte da parte di un presidente del consiglio che a parole vuole cambiare verso all’Europa, ma nei fatti ne segue pedissequamente le politiche, come dimostrano tutte le riforme dallo stesso imposte al paese.

Noi diciamo no ad una  legge di stabilità iniqua, che premia i soliti noti.

Servono nuove e diverse politiche, serve un nuovo governo, serve ridare voce agli elettori.