Gli Stati Uniti celebrano i crimini commessi in Iraq

di José Reinaldo Carvalho, responsabile Comunicazione del Partito Comunista del Brasile (PCdoB)

da www.vermelho.org.br | Traduzione a cura di Marx21.it

 

torture iraqL’esercito degli Stati Uniti ha ufficialmente concluso, giovedì 15 dicembre, la guerra in Iraq, con l’abbassamento della sua bandiera militare durante una cerimonia svoltasi a Baghdad. Nel discorso alle truppe, il segretario di Stato alla Difesa nordamericano, Leon Panetta, ha elogiato i crimini commessi dagli assassini comandati principalmente da George W. Bush, dal 2003, e poi da Barack Obama, che ha prolungato la guerra fino ad ora. Il segretario di Stato alla Difesa ha stimato che il costo “è stato elevato sia per gli Stati Uniti e per l’Iraq”. Secondo costui, la guerra “ha portato a un paese libero e sovrano”. I quattromila soldati che restano in Iraq dovrebbero partire nei prossimi giorni, ma alcuni istruttori e mercenari travestiti da “intermediari per la sicurezza” resteranno nel paese. Mercoledì scorso (14 dicembre), in un discorso ai soldati tornati negli Stati Uniti, il presidente Barack Obama ha detto che il momento era “storico”. Obama ha aggiunto che durante la guerra di aggressione contro l’Iraq si sono verificate “cose straordinarie”.

 

Quasi 4.500 americani sono stati uccisi durante il conflitto, dal suo inizio nel 2003. ”Infine, tutto ciò che le truppe americane hanno fatto in Iraq – combattere e morire, sanguinare e costruire, addestrare e condividere – ci ha portato a questo momento di successo”, ha detto inoltre davanti ai tremila soldati riuniti nel capannone di una base militare nel Carolina del Nord. Ricordando il “costo elevato” della guerra, Obama ha citato i 4.500 soldati americani uccisi in Iraq. Ha poi aggiunto che il costo economico della guerra è stato superiore al miliardo di dollari. Ma il bilancio dell’occupazione è una vera tragedia, frutto del terrorismo statunitense: un milione di iracheni morti, quattro milioni di profughi, omicidi come quello del presidente Saddam Hussein, la rinascita del fondamentalismo religioso e la divisione etnica del paese.

 

La guerra USA contro l’Iraq è una vicenda che testimonia il pericolo rappresentato dalla politica dell’imperialismo statunitense per i popoli e le nazioni di tutto il mondo. È stata una guerra fatta in nome di falsi pretesti, per i quali Obama, se fosse un vero democratico, dovrebbe chiedere scusa al popolo iracheno, e per i quali gli Stati Uniti dovrebbe pagare in quanto paese criminale di guerra. Nel momento in cui, dopo nove anni, gli Stati Uniti danno per conclusa la guerra all’Iraq, lo stesso paese imperialista, con i suoi alleati dell’Unione Europea, perpetra nuovi crimini contro altri popoli e nazioni, come è avvenuto in Libia. I piani per dominare il Medio Oriente sono sempre più aggressivi e minacciosi. Gli Stati Uniti continuano a militarizzare la vita del pianeta, aumentando la loro spesa per fini bellici e alimentando una mostruosa macchina militare di armamenti convenzionali e nucleari, e una rete di oltre 800 basi in tutto il mondo.

 

Nel ritirarsi dall’Iraq celebrando come vittorie i crimini perpetrati, l’imperialismo statunitense manda, urbi et orbi, attraverso il suo capo e il suo segretario di Stato alla guerra, un nuovo messaggio minaccioso.

 

In relazione a ciò, come alla campagna militare la cui fine ora si annuncia, i popoli e le forze antimperialiste devono trarre insegnamenti importanti, senza alcuna illusione che gli interessi imperialisti degli Stati Uniti possano conciliarsi con la democrazia, la pace e la sovranità delle nazioni. Sempre più spesso, la lotta antimperialista entrerà a far parte dell’agenda politica come questione chiave da affrontare e risolvere al fine di aprire il cammino per la vera emancipazione dell’umanità.