La nuova “crociata”. Contro la Cina

china ngodi Pedro Guerreiro, Segreteria del Partito Comunista Portoghese

da http://avante.pt

Traduzione di Mauro Gemma per Marx21.it

Consapevoli della crisi strutturale del capitalismo, tra lamenti, accorati appelli e atti di fede, i sostenitori dell’imperialismo si uniscono in coro, sotto la direzione dell’amministrazione Trump, in un’autentica “crociata” contro la Repubblica Popolare Cinese.


Sono lontani I tempi in cui le grandi potenze capitaliste – con gli Stati Uniti alla testa -, dettavano unilateralmente i termini della globalizzazione capitalista, le regole della liberalizzazione del commercio mondiale, il trasferimento della produzione con l’intento di imporre in tutto e per sempre e a livello globale – compresa la Cina – le basi del loro dominio economico.

Va ricordato che, alla luce dell’andamento del relativo declino degli Stati Uniti e dell’emergere della Cina a livello globale, l’amministrazione Obama si era già gettata nella cosiddetta politica di “contenimento” di questo paese asiatico, con iniziative come la Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) – descritta come la “NATO economica” da Hillary Clinton – e la Trans-Pacific Partnership (TPP), con la loro corrispondente dimensione militare, il cosiddetto “pivot to Asia”. Una politica con cui l’amministrazione Trump sta portando a un confronto aperto e crescente, di fronte all’emergere di una nuova e annunciata crisi economica – che lo scoppio di COVID-19 farebbe precipitare e peggiorare.

Per quanto possa costare agli araldi del capitalismo, la situazione creata dallo scoppio della crisi pone in netto contrasto la capacità di risposta e la solidarietà e la cooperazione mostrate dalla Cina – così come da altri paesi – con l’incapacità di rispondere e l’atteggiamento da “si salvi chi può”, dimostrati dagli Stati Uniti, dalle potenze dell’UE e dalle istituzioni che dominano.

Per quanto grandi siano le campagne per nascondere la realtà, la verità è che quanto sta manifestandosi ha ulteriormente rivelato la natura sfruttatrice, disumana e parassitaria di un capitalismo in profonda crisi, che non solo non risponde ai problemi e ai flagelli che colpiscono l’umanità, ma utilizza la situazione attuale per imporre una concentrazione e centralizzazione del capitale ancora maggiori e più accelerate, accompagnate da uno sfruttamento sempre più violento e da maggiori attacchi ai diritti, alle libertà, alla democrazia, alla sovranità e all’indipendenza degli Stati.

È in questo contesto che le potenze imperialiste – in particolare gli Stati Uniti – considerano i progressi fatti dalla Cina e il suo ruolo crescente a livello internazionale come un ostacolo all’imposizione del loro dominio egemonico nel mondo. Per questo motivo, sviluppano una strategia di confronto con la Cina, cercando di condizionare, arrestare e, se possibile, prevenire il suo sviluppo economico, tecnologico e sociale e contrastare le tendenze che possono aprire prospettive positive nell’evoluzione della situazione internazionale.

Dalla promozione di operazioni provocatorie e destabilizzanti – come ad Hong Kong o nello Xinjiang – all’applicazione di misure e sanzioni extraterritoriali, al ricatto basato sul dominio del dollaro e del sistema finanziario, alla minaccia del mancato rispetto degli obblighi e impegni internazionali, dalla più evidente disinformazione e manipolazione, alla promozione e all’appello all’anticomunismo più primitivo, gli Stati Uniti non risparmiano i mezzi per aumentare e imporre la loro politica aggressiva contro la Cina – una posizione che più che della forza, è un segno della disperazione degli Stati Uniti.