“Le aspettative russe su Trump si sono dimostrate infondate”

Trump address to joint session of Congress 2Intervista a Aleksey Plotnikov, della Scuola Superiore di Economia di Mosca

da kprf.ru

Traduzione dal russo di Mauro Gemma per Marx21.it

L’incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump avrebbe dovuto svolgersi almeno un anno fa, ma è stato bloccato da un conflitto aperto tra il neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump e la maggior parte dell’élite politica americana rappresentata nell’attuale Congresso e nel Senato degli Stati Uniti. È a causa di questo conflitto che una tale valutazione da parte dei media americani e dei politici americani è stata presente nel vertice di Helsinki, che si è svolto il 16 luglio di quest’anno.

Nelle attuali circostanze, il presidente degli Stati Uniti è in grado di concordare con Vladimir Putin la soluzione di almeno alcuni dei problemi geopolitici più acuti? Riuscirà a contenere i “falchi” che insistono sull’ulteriore deterioramento delle relazioni con la Russia, e quanto serie, in linea di principio, sono le intenzioni dichiarate di “costruire ponti” con la Russia? A queste e altre domande nell’intervista a NBJ ha risposto il professore della Scuola Superiore di Economia, membro del club Zinoviev Aleksey Plotnikov.

NBJ: Alexey, nonostante tutti gli ostacoli, trattative tra i leader degli Stati Uniti e della Russia hanno avuto luogo. Pensa che siano state all’altezza delle aspettative che avevano generato, almeno nel nostro paese?

A. PLOTNIKOV: A dirla in breve, le aspettative, nel caso si siano manifestate, non erano giustificate e non potevano essere giustificate. Se pensiamo al fatto stesso che gli incontri tra i leader della Federazione Russa e gli Stati Uniti sono avvenuti in un momento in cui i rapporti tra i due paesi hanno raggiunto un punto così basso che non si registrava, forse, dai tempi del padre della guerra fredda, Harry Truman.

Ad Helsinki, una città che da lungo tempo non ospitava un incontro di così alto livello internazionale, il presidente Trump ha agito come in molti altri precedenti summit al più alto livello, nel già sufficientemente lungo periodo del suo mandato.

NBJ: E esattamente?

A. PLOTNIKOV: Trump ha agito unicamente interessato a dare soluzione ai suoi compiti politici interni e a rafforzare la sua posizione nel paese. In questo caso, cercando di contare sull’utilizzo della “carta russa” (“fattore russo”) come ulteriore mezzo per rafforzare la sua posizione interna molto fragile e traballante nella lotta contro concorrenti e critici nel Congresso e nella società. E la “mappa russa” è stata utilizzata da lui con il segno più e quello meno.

L’instabilità della situazione interna e il desiderio di agire esclusivamente nel proprio interesse determinano le politiche del 45 ° Presidente degli Stati Uniti nei quasi due anni del suo primo mandato.

NBJ: Quanto è probabile che dopo questi colloqui la situazione geopolitica nel mondo cambi?

A. PLOTNIKOV: In considerazione di quanto detto prima, posso concludere che questo incontro non inciderà sulla situazione geopolitica, e innanzitutto perché si è trattato solo di un incontro di lavoro tecnico che fin dal principio non poteva essere finalizzato a raggiungere nessun risultato di grande significato. Il clamore attorno ad esso non è altro che il solito supporto propagandistico. Perché Trump, come già notato, lo considera esclusivamente dal punto di vista della risoluzione dei suoi problemi interni.

In generale, voglio sottolineare che un tale risultato dell’incontro, più precisamente l’assenza di un qualsiasi risultato, è in gran parte determinato da ciò che Trump rappresenta come politico.

Come politico ha avuto tutto il tempo di mettersi alla prova. E la conclusione che se ne trae è deludente. L’elezione di Trump ha generato troppe speranze, almeno da noi, che difficilmente trovano giustificazione.

NBJ: Ma Trump non è nemmeno arrivato a metà del suo mandato, e sarà presidente per altri due anni e mezzo. Non è troppo presto per metterci una croce sopra?

A. PLOTNIKOV: Penso che non sia troppo presto. Cercando di andare contro un sistema ha costruito la sua squadra elettorale e il suo successo finale, ma non avendo le dimensioni di un Roosevelt o persino di un Kennedy, presto ne è stato stritolato. Ed è stato messo, parlando semza peli sulla lingua, “sulla graticola”, cioè sotto la costante minaccia di impeachment. Il suo esempio ha dimostrato chiaramente che la politica e gli affari, in particolare quelli della speculazione avventurosa (che hanno permesso la scalata di Trump) anche in America, sono cose diverse,   “professioni” diverse. Essere un imprenditore di successo non significa essere un buon presidente.

Si può trarre, almeno fino ad oggi, la conclusione definitiva che la scelta del presidente degli Stati Uniti di Trump è stata estremamente sfortunata, forse la più sfortunata, almeno in tutta la storia del dopoguerra degli Stati Uniti. Non c’era ancora stato nella storia di questo paese un capo di Stato così poco “professionale” e imprevedibile che non sembra piacere a nessuno: dai paranoici democratici e ai “tradizionalisti” membri del partito repubblicano, dagli alleati dell’Europa occidentale alla Cina e alla Russia. Paradossalmente, a questo punto la rivale di Trump nelle elezioni, il candidato democratico Hillary Clinton, non sarebbe stata molto peggio.

NBJ: Anche questo? Ma non aveva posizioni estremamente ostili verso la Russia?

A. PLOTNIKOV: Clinton, ovviamente, era troppo odiosa per gli elettori americani, e questo ha predeterminato l’esito delle elezioni. E hai ragione quando dici che è radicalmente ostile al nostro paese. Ma Trump ha un’altra caratteristica estremamente negativa: è un partner di cui non ci si può fidare, che senza alcuna esitazione può abbandonare ciò che ha detto il giorno prima. Nei due anni incompleti della sua presidenza, è riuscito a scontentare tutti gli alleati, compresi quelli più vicini politicamente agli Stati Uniti: la Gran Bretagna e l’Europa occidentale nel suo complesso.

NBJ: Ciò significa che, secondo lei, non ha assolutamente nessuna qualità positiva come politico e statista?

A. PLOTNIKOV: Non ho detto questo. Alcune caratteristiche positive le ha anche lui. Trump è un uomo “anti-sistema”, almeno lui vuole apparire in questo modo e così si posiziona. Allo stesso tempo, se lo guardi da vicino, puoi essere sicuro che è una persona, ne sono certo, completamente “sistemica”. Non ama e viola, e sicuramente in modo consapevole, il “protocollo reale inglese”, al contrario di qualsiasi altro. E’ semplice nella comunicazione e comportandosi come un “cowboy” non è sempre troppo educato. Questo è il suo vantaggio. Tuttavia, su questo finiscono tutte le sue qualità positive come presidente e statista.

BJ: Quali sono, dal suo punto di vista, i momenti più interessanti rilevati nel corso dei colloqui (di Helsinki)?

A. PLOTNIKOV: È difficile rispondere a questa domanda in ragione del fatto che è necessario separare dichiarazioni e realtà. Nel corso della riunione di Helsinki Trump ha dimostrato ancora una volta la notevole instabilità del suo comportamento: prima ha dichiarato “lavoro buono e produttivo”, “il primo passo per migliorare le relazioni con la Russia”, ha accusato i suoi servizi di sicurezza si disinformare deliberatamente e il lavoro dei “falchi democratici” per poi immediatamente smentire quanto detto, affermando che egli “certamente crede ai servizi di sicurezza nazionale” ed è pronto a sostenere le sanzioni anti-russie relative al “Nord Stream 2”. Questo, forse, è il momento più interessante dell’incontro di Helsinki: la chiara discrepanza tra ciò che è stato dichiarato durante l’incontro stesso e ciò che è stato detto dopo il ritorno di Trump negli Stati Uniti.

NBJ: Quindi, pensa che non ci sia motivo di aspettarsi un ammorbidimento nelle relazioni tra Stati Uniti e Russia?

A. PLOTNIKOV: Considerando ciò che è stato detto, si può dire con un alto grado di certezza: non c’è da aspettarsi il miglioramento o persino la stabilizzazione delle relazioni russo-americane con Trump. Non ci sono i prerequisiti oggettivi e soggettivi per questo: quasi due anni di mandato come presidente è tempo sufficiente per capire il significato di questa presidenza e cosa aspettarsi da essa. Qualsiasi miglioramento nelle relazioni può essere previsto solo quando verrà scelto il prossimo presidente degli Stati Uniti, ma questa è un’altra questione.