Gli Stati Uniti, la NATO e la guerra perpetua

missioni internazionali allesterodi Marco Pondrelli, Comitato No Guerra No NATO

Intervento all’iniziativa “Per una critica radicale all’Unione Europea, all’esercito europeo e alla NATO”, Modena, 3 marzo 2017

Inizio con un ringraziamento per l’invito, ringraziamento che non vuole essere formale. È importante un’iniziativa, come quella di questa sera, che discute, fra le altre cose, dell’uscita dalla NATO, tema totalmente censurato dai principali mezzi di comunicazione e che sembra interessare poco anche alla cosiddetta sinistra radicale. Il tema è invece centrale, la guerra tocca le nostre vite da vicino anche quando, almeno per ora, è combattuta lontano, non lontanissimo, dalle nostre case.

Tanti giovani che oggi fanno politica hanno conosciuto sempre e solo un mondo in guerra. Da quando l’allora presidente americano Bush lanciò, nel 2001, la ‘guerra infinita’ la nostra società è peggiorata e gli spazi di democrazia si sono ridotti.

Prima di affrontare questi argomenti vorrei però soffermarmi sui costi della guerra, nell’epoca dei tagli, ‘dell’abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità’, della ‘razionalizzazione’ della spesa e via dicendo.

Nessuno, fra politica e mondo dell’informazione, mette in discussione i 50-70 milioni di spese militari! Uscendo dalla NATO economizzeremmo in un giorno più di quello che Renzi ci aveva promesso che avremmo risparmiato in un anno grazie alle sue strampalate riforme.

Gli Stati Uniti ci chiedono di aumentare le nostre spese militari per arrivare al 2% del PIL nello stesso momento in cui molti italiani rinunciano a curarsi per mancanza di soldi. Probabilmente chi pensa al modello americano pensa ad un paese che, già quando era governato dal premio Nobel per la pace, spendeva circa 600 miliardi all’anno per l’apparato militare (cifra a cui vanno aggiunti gli stanziamenti per le guerre che sono extra-budget). I grandi ‘nemici’, il vero pericolo contro cui dovremmo armarci sarebbero invece la Russia, che spende 70 miliardi, e la Cina, che ne spende 200.

I 2/3 della spesa militare mondiale è dei paesi NATO ed ora il presidente Trump ha promesso un aumento della spesa americana ed ha, come detto, chiesto all’Europa di fare altrettanto per raggiungere il famoso 2% che oggi è raggiunto solo da 3 paesi europei, di cui uno è la Grecia! Esattamente il paese che, governato da quella sinistra a cui qualcuno in Italia guarda con simpatia, vede aumentare la mortalità infantile e la denutrizione infantile, ma che non ha problemi a spendere soldi per difendersi da una improbabile invasione russa!

Da alcuni anni il mondo si sta avvitando in una nuova e pericolosa corsa al riarmo. Nel suo ultimo libro (ordine mondiale) Henry Kissinger sostiene che ci troviamo davanti ad un bivio, e due sono le possibilità: si possono costruire aree regionali fra loro omogenee che possano coordinarsi non tanto per prefigurare un governo mondiale ma per evitare di cadere nella seconda possibilità ovverosia quella di una guerra. Kissinger non rappresenta l’intero establishment statunitense, vi è certamente un blocco contrario ad una guerra ma ve ne è un altro, purtroppo molto forte, che non esclude uno scontro militare con Russia e Cina. Ovviamente la posizione di Kissinger non è una posizione ‘buonista’: egli rimane convinto della necessità di perseguire il primato americano, ma crede che la guerra non sia la strada giusta per raggiungere questo obiettivo.

È paradossale che il responsabile delle pagine più scure della politica estera americana degli anni passati, dall’intensificazione della guerra in Vietnam alla sua estensione in Cambogia, dal colpo di Stato in Cile all’operazione Condor, interpreti oggi la parte della ‘colomba’, rispetto alle posizioni oltranziste portate avanti da Obama e dall’idolo della sinistra radical chic italiana Hillary Clinton.

La guerra di cui parla Kissinger è la stessa di cui ha parlato anche Papa Bergoglio: ‘la terza guerra mondiale combattuta a pezzetti’, una guerra che rischia di aumentare di intensità anche con il ricorso alle armi atomiche. La guerra nucleare non è più impossibile e ciò per due motivi:

1) a differenza di quello che successe nel passato, ad esempio con la crisi dei missili a Cuba, le cose sono cambiate. Nel ’62 l’Unione Sovietica era uno stato che vedeva crescere la propria influenza internazionale, mentre la vittoria nella seconda guerra mondiale e la decolonizzazione contribuivano ad aumentare il prestigio dell’URSS nel mondo. Dall’altra parte gli Stati Uniti garantivano un importante benessere al proprio interno non solo alla parte più ricca della popolazione ma anche alla classe operaia. In quel momento la guerra non conveniva a nessuno. Oggi non è più così, perché gli USA stanno vivendo una crisi dalla quale non riescono ad uscire con una povertà che continua a crescere.

2) le armi atomiche sono oggi molto più sofisticate e gli Stati Uniti si muovono per rompere l’equilibrio, ovverosia per garantirsi il primo colpo in grado, magari attraverso lo scudo stellare, di mettere in ginocchio il proprio nemico. Gli Stati Uniti mettono così in conto gravi distruzioni al proprio interno ma non la mutua distruzione assicurata.

Esiste oggi, comunque, un’importante garanzia contro la guerra: l’alleanza fra Russia e Cina. Gli Stati Uniti non inizieranno mai una guerra contro entrambi questi paesi, il loro obiettivo è dividerli, incunearsi in questa alleanza come fece Nixon all’inizio degli anni ’70. Questo obiettivo è molto lontano dall’essere raggiunto, i rapporti fra Russia e Cina sono molto stretti. Da un punto di vista economico vi è un’intesa perfetta fra chi esporta materie prime ed importa manufatti e chi ha fame di energia e produce beni. Le due economie sono complementari. Inoltre fra i due paesi c’è una forte intesa politica e possiamo dire che essi rappresentino il nucleo più avanzato dei cinque paesi Brics, basti pensare ai voti espressi in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad esempio sulla Siria.

Proprio il tema Siria assieme a quello dell’Ucraina è fondamentale per capire la politica guerrafondaia seguita dall’amministrazione Obama (tanto ammirato dalla sinistra italiana, la quale per bocca di uno dei sui personaggi più mediatici è arrivata ad auspicare un Obama italiano). Mi limito, per quanto riguarda questi due ‘casi’, ad alcune veloci considerazioni.

La signora Victoria Nuland, passata alla storia per avere mandato a quel paese l’Unione Europea, disse anche, ma questo stranamente interessò meno la stampa italiana, che gli Stati Uniti avevano investito in Ucraina 5 miliardi di dollari perché quest’ultima si potesse dare il futuro che meritava. Gli Stati Uniti che vaneggiano di fantomatici attacchi hacker russi i quali avrebbero condizionato le ultime elezioni presidenziali non hanno problema a dichiarare il sostegno finanziario dato all’Ucraina il cui governo, nel cuore dell’Europea, è oggi pervaso da elementi nazifascisti. Si è voluto non solo cambiare il governo in un paese (che non era per nulla filorusso) ma si è voluto anche provocare la Russia. Se l’obiettivo fosse stato solo quello di cambiare un governo c’erano molti modi per farlo, non necessariamente serviva un colpo di Stato, e se è stato fatto è perché si voleva costringere Putin a rispondere per dare il via all’escalation.

In Siria l’ipocrisia occidentale ha toccato vette non raggiunte nemmeno durante la crisi dei Sudeti, si sono sprecati fiumi di inchiostro e di parole per le vicende di Aleppo. Ho personalmente sentito persino Fratoianni dare credito alla versione del massacro perpetrato dall’esercito siriano protetto dall’aviazione russa. Peccato che tutti questi Catonirussofobi non abbiamo dedicato un briciolo della loro indignazione per l’assedio a cui la popolazione civile è stata sottoposta dai tagliagole, i quali si sono resi responsabili di uccisioni indiscriminate comprovate dalle fosse comuni che sono state trovate dopo la liberazione di Aleppo ed ovviamente ‘dimenticate’ dalla stampa italiana. La liberazione della città (festeggiata dalla popolazione civile) ha inoltre messo in grave imbarazzo molti paesi stranieri, essendo stati catturati agenti di servizi segreti stranieri provenienti fra l’altro da: Arabia Saudita, Stati Uniti ed Israele (notizia ovviamente anche in questo caso ‘dimenticata’ dalla stampa italiana troppo impegnata ad indagare sugli hacker russi).

Per i motivi che ho tentato, seppur velocemente e parzialmente, di indicare, l’uscita dell’Italia dalla NATO è il primo passo per costruire un mondo di pace che possa regalare ai nostri figli ed ai nostri nipoti un mondo di pace.