I comunisti algerini (PADS) chiedono la costituzione di un fronte popolare antimperialista per contrastare le pericolose conseguenze della vittoria militare delle potenze imperialiste in Libia

Dichiarazione del Partito algerino per la democrazia e il socialismo (PADS) | da Solidarité Internationale

 

Traduzione dal francese di Massimo Marcori per Marx21.it


Questo documento, di grandissimo interesse, che contiene l’analisi del partito comunista di un importante paese nordafricano come l’Algeria, confinante con la Libia e possibile nuovo obiettivo dei piani aggressivi delle potenze imperialiste per le sue immense risorse energetiche, è stato diffuso nei giorni in cui i “ribelli” libici del CNT, sostenuti dal gigantesco sforzo bellico della NATO, assumevano il controllo di Tripoli.


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Le potenze imperialiste hanno finito per abbattere il regime libico dopo 5 mesi di barbari bombardamenti e l’ausilio degli ordigni di morte più sofisticati. 20.000 raids aerei e lanci di missili omicidi sono stati effettuati contro la Libia! La NATO, ancora una volta ha rivelato la sua vera natura: un’organizzazione di brigantaggio creata, mantenuta e rafforzata per saccheggiare il mondo e dominare i popoli, schiacciare i tentativi di rovesciamento del capitalismo, conservare ed estendere con la forza più brutale le zone d’influenza vitali all’espansione degli interessi delle oligarchie finanziarie e militari-industriali che governano i paesi capitalisti. Tutto l’arsenale militare riunito da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna è stato mobilitato per distruggere il potenziale difensivo libico, le infrastrutture economiche vitali, privare di acqua, elettricità, cibo e medicinali le popolazioni favorevoli al regime. Assetare, affamare i popoli, paralizzare il funzionamento degli ospedali o decisamente distruggerli, uccidere senza rischi dal cielo migliaia di civili, spingere ad un nuovo esodo centinaia di migliaia di africani venuti per guadagnare da vivere in Libia dopo essere fuggiti dai loro paesi d’origine impoveriti dal saccheggio imperialista, francese in particolare: è questo il vero crimine contro l’umanità che è stato commesso dalle potenze imperialiste in Libia.

La dirigenza politica dello stato e della società opposta all’aggressione è stata decimata dagli attacchi ininterrotti dei droni americani e degli elicotteri inviati da Sarkozy, guidati sul posto da centinaia di agenti speciali aiutati da traditori della Libia.

 

L’intervento delle potenze imperialiste nel conflitto interno non è altro che una spedizione coloniale che legalizza il diritto d’ingerenza sotto un qualsiasi pretesto.

 

Esso è stato camuffato sotto il pretesto ipocrita e grossolanamente falso della difesa delle popolazioni civili in rivolta contro il potere di Gheddafi.

Gli scopi di questa operazione sono evidenti: impadronirsi del petrolio libico, trasformare la Libia in base militare per controllare l’intera Africa del Nord e i paesi del Sahel, preparare la conquista del controllo delle ricchezze petrolifere algerine, intervenire in un modo o nell’altro in Algeria per porre al suo vertice le forze politiche più antinazionali, sfruttando per i propri interessi le contraddizioni interne, il malcontento sociale e le lotte per le libertà democratiche.

Lo scopo è di tenere a bada i popoli tunisino ed egiziano per impedire di trasformare le loro rivolte contro i tiranni decaduti, tiranni sostenuti per decenni da queste medesime potenze che pretendono oggi di sostenere i processi democratici, in autentiche rivoluzioni democratiche popolari che assicurino la giustizia sociale e affranchino i paesi arabi dal dominio imperialista diretto o indiretto. Ciò che li intimorisce è la formazione di un regime egiziano autenticamente rivoluzionario che respinga gli accordi di Camp David, sostenga la lotta del popolo palestinese per il suo Stato liberato dall’occupazione sionista, e quella del popolo siriano per la liberazione del Golan in un momento in cui esso è esposto ai complotti concertati dell’imperialismo, delle monarchie del Golfo, degli integralisti.

Tra gli obiettivi c’è anche quello di rafforzare le posizioni mondiali globali delle potenze imperialiste dominanti al fine di troncare i conflitti aperti o latenti che le oppongono alla Cina e alla Russia, di rompere ogni tentativo di ridefinizione in senso progressista dei rapporti economici internazionali. Nella corsa al saccheggio delle ricchezze petrolifere della Libia e dei paesi che resistono ancora al loro diktat, ogni grande potenza imperialista spera di raccogliere il massimo dei vantaggi a discapito dei rivali.

Questi autentici scopi non hanno nulla a che vedere con qualsiasi sostegno alla legittima aspirazione dei popoli arabi di porre fine all’arbitrio e al dispotismo dei loro dirigenti, ancor meno di sbarazzarsi della dittatura dei regimi burocratico-compradori al servizio delle multinazionali e dei loro Stati imperialisti, a scegliere liberamente dirigenti fermamente decisi a promuovere uno sviluppo economico indipendente in grado di assicurare il progresso dei loro popoli.

Nulla è più lontano dalla verità che affermare che gli aggressori non hanno fatto che sostenere gli “insorti” di Bengasi. Sono le potenze imperialiste che sono state “spalleggiate” nel corso della loro aggressione contro la Libia da una coalizione di forze sociali le più reazionarie e antinazionali. La punta di lancia di tale coalizione sono i nostalgici della monarchia rovesciata nel 1969, gli islamisti integralisti fanatici, sostenitori di uno Stato teocratico che il regime libico ha combattuto a ragion veduta, i segmenti burocratico-compradori corrotti del regime libico, tutti raccolti sotto l’imperialismo. Questi ultimi settori hanno, in effetti, organizzato un colpo di Stato provocando i tumulti armati di Bengasi con l’appoggio assicurato delle potenze imperialiste nel quadro di un’azione coordinata e preparata in comune da lungo tempo. Essi hanno sfruttato il malcontento popolare causato dalle misure socio economiche antipopolari e antinazionali che essi stessi hanno imposto dopo il 2003 e di cui hanno largamente beneficiato senza che la loro bramosia di arricchimento si sia estinta.

Questi settori erano in conflitto sempre più violento con l’ala patriottica e con la posizione più o meno antimperialista di Gheddafi, a causa del suo rifiuto di soddisfare il loro tentativo di appropriazione diretta delle ricchezze nazionali attraverso le privatizzazioni, la liberalizzazione del commercio estero, la messa in discussione radicale delle leggi che regolano lo sfruttamento degli idrocarburi. Costoro non si sono sollevati contro Gheddafi per “democratizzare “ la Libia ma per assumere il controllo totale e assoluto dello Stato, instaurare la dittatura di un’oligarchia alleata dell’imperialismo e delle monarchie del Golfo.

E’ anche possibile l’instaurazione di uno Stato islamico libico che adotti una politica economica ultra liberale santificata dalla religione. I monarchi retrogradi del Golfo hanno giocato un ruolo importante nel coordinare e preparare l’insurrezione di gruppi integralisti armati infiltrati dall’Egitto con l’assistenza logistica dei Fratelli Musulmani di questo paese e di agenti speciali delle potenze imperialiste. Tali gruppi si sono impadroniti fin dai primi giorni di caserme e depositi di munizioni ed equipaggiamenti militari.

Una propaganda mediatica di menzogne riversate a fiumi dalle emittenti Al Jazeera ed Al Arabiya, catene satellitari nelle mani degli emiri protetti dagli USA, ha fatto credere che l’aviazione libica avesse attaccato la popolazione civile. Questa campagna di propaganda ha superato ampiamente le menzogne sui “massacri” di Timisoara in Romania, o sul preteso stupro di 30.000 bosniache da parte dei serbi, o ancora sulla “scomparsa” di 500.000 kosovari stimate da tutte le catene televisive del mondo e riportate dal portavoce della NATO durante i bombardamenti sulla Serbia. Queste menzogne fabbricate in ogni modo sono state largamente utilizzate per preparare nell’opinione pubblica, anche in Algeria, l’accettazione dell’intervento straniero.

 

La sovversione imperialista è stata molto agevolata dal carattere antidemocratico del sistema politico di gestione e direzione della Libia

 

Questo sistema ha impedito che lavoratori, giovani, donne si organizzassero in sindacati indipendenti. Contraddizioni sempre maggiori minavano il regime. Prigioniera di concezioni populiste piccolo-borghesi che negano l’esistenza delle classi e delle loro lotte, la corrente rappresentata da Gheddafi non è stata capace di rompere con le pratiche egemoniche e di fare ricorso alla mobilitazione democratica delle masse per risolvere la questione di decidere se le ricchezze libiche dovevano andare all’insieme degli strati produttivi del paese o solo ad una minoranza di loschi affaristi e alle multinazionali.

Riteneva che le inconciliabili divergenze attorno a tale fondamentale questione potessero essere regolate nei corridoi, senza dibattiti democratici aperti, sulla schiena delle masse popolari, attraverso zoppicanti compromessi nei circoli chiusi del regime, con l’astuzia o con la forza per imporre soluzioni “consensuali” utopiche, incompatibili con la realtà di una società attraversata da conflitti di classe sempre più stridenti. Credeva di poter ottenere la pace, grazie alle misure di liberalizzazione economica del 2003 con i paesi imperialisti e l’appoggio dei grandi commercianti speculatori libici, sempre più numerosi. Ha gravemente sottovalutato la doppiezza delle potenze imperialiste che non potevano accontentarsi solo di queste concessioni.

Esse non hanno smesso di complottare per ottenere di più, in particolare la confisca pura e semplice dei giacimenti di petrolio. Esse sono riuscite a stabilire stretti legami con gli strati che hanno beneficiato di questa apertura economica. Sono questi strati sociali che hanno formato la base più disposta ad aiutarle nelle loro manovre sovversive. Gli strati sociali compradori nati da questa brutale evoluzione non aspiravano che a patteggiare con le potenze imperialiste per difendere la loro porzione di torta contro ogni velleità di espropriazione popolare. Il gruppo di Gheddafi, la sua linea anticolonialista e antimperialista ufficiale sono stati respinti da questa minoranza sempre più influente politicamente, poiché essi erano divenuti un ostacolo al soddisfacimento dei suoi desideri di arricchimento senza intoppi.

D’altra parte, questa nuova politica economica ha avuto come risultato di scontentare le classi lavoratrici. Ha provocato la caduta del loro potere d’acquisto in seguito alla soppressione del sovvenzionamento dei prodotti di base, la disoccupazione in conseguenza della chiusura o della privatizzazione di imprese pubbliche, l’impoverimento delle masse e dei giovani. Arricchimento di una minoranza di privilegiati e impoverimento della maggioranza, questo è stato il risultato del compromesso raggiunto con l’imperialismo e le classi compradore per tentare di ottenere la rimozione del blocco criminale imposto dagli stati imperialisti. Il regime si è di conseguenza trovato slegato dal popolo.

La resistenza dopo 5 mesi di bombardamenti della NATO è stata eroica. Essa avrebbe potuto essere maggiore se il regime di Gheddafi avesse troncato in tempo con l’ala burocratico-compradora, se avesse rinunciato alle pratiche egemoniche passate, se si fosse appoggiato sulla mobilitazione democratica delle masse e la democratizzazione del sistema statale per isolare ed emarginare questa corrente reazionaria e antinazionale, se non si fosse fatto illusione sulle intenzioni degli stati imperialisti.

Il regime incarnato da Gheddafi è stato un regime fondamentalmente antimonarchico, antintegralista e antimperialista. Per 40 anni egli ha indubbiamente condotto una battaglia ininterrotta contro il neocolonialismo in Africa e combattuto senza tregua la tendenza a scendere a compromessi con i sionisti israeliani. L’Algeria non può dimenticare di essere stata aiutata finanziariamente in un momento cruciale dopo la nazionalizzazione degli idrocarburi del 24 febbraio 1971 per rompere il boicottaggio del petrolio algerino che il governo francese aveva tentato di organizzare come rappresaglia di questa decisione storica. Ma questo regime è stato incongruente e si è caratterizzato per posizioni instabili. E’ difficile dimenticare che è Gheddafi, accecato da un anticomunismo primitivo, che ha permesso al generale Numeyri di instaurare nel 1970 una sanguinosa dittatura in Sudan consegnandogli gli ufficiali progressisti che avevano tentato di rovesciarlo. Le sue incongruenze, la sua instabilità, le sue iniziative internazionali o regionali spesso immature e avventuriste, o ancora nocive come il progetto dello Stato dei Tuareg lo hanno isolato dalle forze progressiste mondiali. Ciò spiega il motivo per cui queste non gli hanno testimoniato una solidarietà incondizionata senza tuttavia considerarlo come un nemico da abbattere.

In ogni caso spetta al popolo libico e ad esso soltanto decidere del proprio sistema politico, senza interventi stranieri. Mai e da nessuna parte l’imperialismo ha portato la democrazia e il progresso sociale ad un popolo. Ovunque dov’è intervenuto militarmente non ha seminato che morte, desolazione, divisioni, conflitti confessionali ed etnici. Gli obiettivi degli imperialisti sono sempre di portare dei fantocci alla testa degli stati asserviti. Non c’è alcun dubbio che quelli che saranno posti al comando della Libia dalla NATO non saranno che marionette servili che gli antimperialisti dovranno combattere in modo risoluto.

 

I dirigenti algerini portano una pesante responsabilità sulle conseguenze degli avvenimenti di Libia per il futuro del nostro paese, per il loro silenzio di fronte a questa aggressione senza precedenti alle porte delle nostre frontiere

 

Per il suo rifiuto di condannarla dietro il pretesto di rispettare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, una risoluzione illegale che traduce soltanto la legge del più forte, per il suo atteggiamento indegno di fronte al ministro degli Esteri francese arrivato a giugno in Algeria per chiedere conto del suo atteggiamento sulla Libia, il governo algerino ha indirettamente incoraggiato l’imperialismo ad intensificare i suoi raids aerei sulla Libia. In termini generali, la politica del potere, conforme alla sua natura di classe come rappresentante e difensore degli interessi della borghesia compradora, sfruttatrice, affarista e parassitaria, come espressione dei settori sociali più antidemocratici, conduce al compromesso oggettivo con l’imperialismo, alla confusione e alla smobilitazione nella società. La probabile esistenza in seno al regime di correnti ancora attaccate alla difesa degli interessi del paese e più o meno indipendenti dagli strati affaristi e parassitari non ne modifica tale caratteristica essenzialmente di classe. Queste correnti non potrebbero contribuire a modificare la situazione se non schierandosi risolutamente al fianco delle classi e strati sociali dei lavoratori agendo per rompere in primo luogo con gli orientamenti economici e sociali che hanno minato il paese per 30 anni e favorendo la mobilitazione democratica delle masse nella lotta contro l’ingiustizia, la corruzione, le disuguaglianze sociali, l’oscurantismo, il vassallaggio alle potenze imperialiste.

Tutte le forze politiche algerine come la grande stampa “democratica”, che non hanno mai condannato l’intervento imperialista o che se ne sono rallegrate, assumeranno anche loro la propria responsabilità nelle pericolose conseguenze per la stabilità, l’unità del territorio e l’indipendenza del nostro paese. Questa grande stampa (El Watan, Le Soir d’Algérie, Liberté, El Khabar, Ech Chourouk) ha giocato un ruolo nefasto di ripetitore nella diffusione della propaganda menzognera dei grandi media dei paesi imperialisti e delle monarchie del Golfo per giustificare l’intervento della NATO e il sostegno alla ribellione. Tutte queste forze, aiutate dal silenzio del potere, hanno contribuito fortemente a disorientare le masse, a paralizzarne la mobilitazione, ad impedire lo sviluppo di una corrente d’opinione per denunciare e condannare i bombardamenti della NATO.

Alcuni scribacchini sono anche giunti al punto di giustificare apertamente i bombardamenti in nome del sostegno ad una “rivolta pacifica e democratica”. Dirigenti di partiti politici come quelli del RCD si augurano pubblicamente nei loro incontri l’intervento delle potenze straniere per aiutarli ad ottenere l’instaurazione di un regime “democratico” in Algeria!

E’ diffondere coscientemente una menzogna sfrontata o far prova di grande imperdonabile ingenuità far credere che l’intervento in Libia ha, nonostante tutto, come risultato far vacillare i “tiranni”, favorire le lotte per la democrazia e che condannarlo significa schierarsi al fianco dei despoti.

Possiamo capire che larghi strati della popolazione ne hanno abbastanza dell’arbitrio dei dirigenti dei paesi arabi. Credere che l’imperialismo sia giunto in aiuto dei libici per sostenerli nel raggiungimento della democrazia è disconoscere la sua natura socio-economica e le lezioni della storia.

L’imperialismo non ha cambiato natura anche se i suoi propagandisti sono riusciti ad incantare con i loro discorsi sulle nuove realtà internazionali e i pretesi benefici della “mondializzazione” i sognatori piccolo-borghesi o ad infettare correnti codardamente inerti di fronte alla sua aggressività. Esso ha bisogno di tiranni per proteggere i suoi interessi e reprimere i popoli. Non si decide a sbarazzarsene fino a quando non sono screditati. Si affretta allora a rimpiazzarli con altri in nome del sostegno ipocrita all’aspirazione alla libertà e per impedire preventivamente che la loro caduta costituisca l’inizio di una rivoluzione popolare antimperialista. Occorre non chiudere gli occhi per vedere che i regimi che hanno sostenuto con maggior accanimento la crociata imperialista e che le hanno fornito la giustificazione tanto attesa, attraverso la posizione della Lega araba, sono le retrograde monarchie teocratiche del Golfo. In base a quale miracolo, un intervento imperialista sostenuto da questi regimi potrebbe servire la democrazia, il progresso e l’indipendenza nei paesi arabi?

Nessuno potrà un giorno dire, quando le conseguenze di questa aggressione si manifesteranno in modo nefasto per gli interessi vitali del nostro paese, che si era semplicemente sbagliato lasciandosi guidare dal solo odio naturale e spontaneo del dispotismo.

Tra coloro che hanno taciuto di fronte all’aggressione, alcuni pensano forse che bisogna evitare di attirare il fulmine delle grandi potenze, che non serve a nulla tentare di resistere all’onnipotenza dell’imperialismo, che occorre piegarsi ai nuovi rapporti di forza internazionali, abbandonare “lo spirito degli anni 1970” e che è meglio eseguire in anticipo le sue volontà per non subire la sorte del popolo libico e, prima ancora, quello del popolo iracheno. Questo spirito disfattista e vigliacco che il capo di Stato aveva pubblicamente espresso il 23 febbraio 2005 per giustificare la denazionalizzazione degli idrocarburi, deve essere combattuto fermamente. Favorisce la tendenza alla sua espansione nella società. Incoraggia l’imperialismo nella sua offensiva dominatrice. Prepara il terreno alla riabilitazione della legge Khelil dell’aprile 2005.

Coloro che hanno lasciato esplodere la loro gioia sulla prima pagina dei loro giornali alla vista degli insorti sulla Piazza Verde di Tripoli devastata dalle bombe della NATO non sono tutti degli ingenui disinformati da una campagna di bugie senza precedenti. Molti tra loro hanno deciso il proprio arruolamento nei complotti imperialisti contro il nostro paese. Per il loro sostegno incondizionato e grossolano alla campagna anti-Gheddafi, essi hanno semplicemente manifestato la disponibilità alla collaborazione antinazionale, in cambio di compensi materiali che essi sperano di conseguire nella nuova configurazione politica che le forze più antinazionali preparano febbrilmente in concertazione con gli Stati imperialisti.

 

Seri pericoli gravano ora sulla stabilità alle frontiere orientali del paese e sulla sua sovranità sulle sue ricchezze petrolifere

 

Ormai il nostro paese rischia di veder sollevarsi sugli 800 km di frontiera del sud-est sahariano forze militari ostili che non indietreggiano di fronte ad alcun pretesto per mettere le mani sulle sue ricchezze petrolifere e del gas. I burattini del CNT di Bengasi, spinti dai neocolonialisti revanscisti francesi, non si lasciano sfuggire alcuna occasione per manifestare il proprio odio contro l’Algeria. Essi si adoperano per giustificare in anticipo gli atti belligeranti programmati dagli imperialisti.

Obama, Sarkozy, Cameron, gioiscono davanti alle telecamere. Essi incarnano il ritorno del colonialismo, questa volta sotto la bandiera della “democrazia”. Prendono tre piccioni con una fava: mascherano il loro intervento militare nel mondo, controllano la Libia e i giacimenti di Hassi Messaoud si trovano ormai ad un battito d’ali di Mirage senza che vi sia bisogno di sorvolare o di bombardare Algeri. Non mancano avventurieri assetati di guadagno che si lasciano tentare dalle promesse dei briganti imperialisti.

La NATO non nasconde la sua intenzione di installare, di fatto, il suo centro dell’Africom in Libia. Il CNT ha promesso egualmente ad Israele di concedergli basi in prossimità delle frontiere algerine. L’Unione Europea ha già posto una ventina di condizioni ai fantocci del CNT di Bengasi. Essa non chiede solo di privatizzare tutto. Ma essa intende notificare la propria decisione unilaterale di occuparsi dell’organizzazione delle nuove forze di sicurezza libiche, soprattutto e in particolare alle frontiere.

L’accaparramento dei pozzi di petrolio libici da parte delle multinazionali avrà gravi conseguenze. Esse affonderanno il popolo libico in una miseria così spaventosa come quella del popolo iracheno dopo che il suo territorio è occupato dagli USA e diretto dalle loro marionette. Esse incideranno sulle condizioni di vita dell’insieme dei paesi esportatori di petrolio. Le capacità di manovra dell’OPEC si ridurranno. Non occorre essere saggi economisti per predire le negative conseguenze che deriveranno da questa situazione sugli introiti petroliferi dell’Algeria.

 

La vittoria degli imperialisti in Libia non è definitiva

 

Malgrado la loro incommensurabile superiorità militare, le potenze imperialiste dovranno far fronte ad una resistenza popolare che non mancherà di organizzarsi su basi nuove e di infliggere loro una disfatta ineluttabile.

Il compito di ogni autentico democratico patriota algerino è di dire no! a questo intervento e alle sue conseguenze, di sostenere i patrioti libici che combattono il dominio imperialista sul loro paese, qualunque siano state le loro posizioni nel passato e le fratture secondarie ereditate da un regime che non è stato capace di rispondere alle necessità della mobilitazione popolare democratica. Il dovere del patriota democratico e progressista algerino è quindi di operare la formazione di un fronte antimperialista solido all’interno del suo paese, di sostenere la costituzione di questo fronte in ogni paese minacciato dalle ingerenze imperialiste, di incoraggiare la concertazione e il coordinamento delle forze antimperialiste nei paesi arabi e a livello internazionale. Il sistema capitalistico internazionale è minato da contraddizioni insormontabili. La crisi economica li acuisce di giorno in giorno. C’è uno stretto legame tra la sua aggressività all’esterno contro i popoli dei paesi economicamente subalterni e i raddoppiati sforzi all’interno contro le conquiste sociali dei lavoratori sottoposti a politiche di rigore senza precedenti.

Le conseguenze di questa crisi rinfocolano l’aggressività imperialista ma allo stesso tempo la indeboliscono creando le basi e le condizioni di un largo fronte mondiale antimperialista e anticapitalista capace di vincere le resistenze delle oligarchie reazionarie belliciste che comandano le grandi potenze imperialiste.

 

I popoli dei paesi dominati ed i lavoratori dei paesi imperialisti devono unire i loro sforzi e lotte su tutti i fronti contro la grande borghesia imperialista. Ai discorsi dei disfattisti opponiamo la nostra certezza che esistono ampie forze in Algeria, nei paesi arabi, in Africa, in Europa, in America, in Asia, ovunque nel mondo, in grado di opporre un fronte mondiale unito per sradicare la macchina imperialista di dominio e di morte.

 

Costruire un solido fronte interno

 

La sua solidità in Algeria dipenderà dal tipo di decisioni economiche adottate per lottare contro i privilegi di una minoranza di trafficanti arricchiti dal feroce sfruttamento dei lavoratori e il furto dei beni nazionali. Essa dipenderà dalle misure da adottare per rompere le posizioni economiche delle classi compradore e, quindi, i loro legami politici nello Stato e in seno alla società.

La neutralizzazione delle manovre delle potenze imperialiste non può essere ottenuta da nuove concessioni unilaterali alle multinazionali, né con la conclusione di succosi contratti con le grandi multinazionali francesi, ancor meno con gli scandalosi favori accordati agli emiri predatori del Golfo, come il porto di Algeri e il denaro gentilmente messo a disposizione dalle banche pubbliche per realizzare affari speculativi sulla pelle del paese.

Contrariamente a ciò che vogliono far credere i disfattisti vigliacchi, l’alternativa all’offensiva capitalista esiste e le forze capaci di portala avanti rappresentano l’immensa maggioranza della popolazione.

Questa alternativa è il fronte per un autentico Stato democratico popolare che realizza il progresso sociale più radicale e garantisce l’indipendenza del paese, la difesa delle sue ricchezze petrolifere e l’unità del suo territorio e solidarizza con le lotte antimperialiste mondiali.

Essa sarà il frutto della messa in opera di misure economiche e sociali che soddisfino le rivendicazioni delle masse, introducono la giustizia sociale, mettano fine ad una suddivisione ingiusta e scandalosa del reddito nazionale. Essa è condizionata dalla rimozione degli ostacoli di ogni genere alla mobilitazione democratica necessaria per imporre ed applicare tali misure.

Tutto ciò passa attraverso cambiamenti radicali che danno il potere ad una larga alleanza tra la classe operaia, i salariati, i contadini laboriosi, le classi intermedie che vivono del proprio lavoro manuale ed intellettuale, i quadri patrioti e onesti dello Stato e dei settori economici.

Il fronte interno sarà tuttavia solido e duraturo nella lotta contro il pericolo imperialista a patto che siano intensificati gli sforzi per costruire nelle lotte economiche, sociali e ideologiche quotidiane il partito comunista radicato all’interno della classe operaia, dei contadini, dei giovani, degli intellettuali che aspirano al rovesciamento del capitalismo. Un partito che non nasconde la volontà di accumulare le forze indispensabili alla preparazione della controffensiva di massa per abbattere il capitalismo, matrice economica dell’imperialismo, e instaurare un’autentica repubblica democratica popolare che apre la prospettiva ad una rivoluzione socialista.

 

Mobilitiamoci affinché si faccia tesoro degli insegnamenti della liquidazione del regime di Gheddafi da parte degli interventisti imperialisti!

Non lasciamoci ingannare o intimidire dalla propaganda dell’imperialismo e dei suoi alleati interni!

Combattiamo il disfattismo, il fatalismo e lo spirito di rassegnazione!

Smascheriamo, isoliamo e neutralizziamo le forze che si alleano all’imperialismo, che siano al potere o all’opposizione formale ad esso!

Sconfiggiamo l’autoritarismo del regime, i suoi nuovi progetti antidemocratici che fanno il gioco dell’imperialismo!

Uniamoci nelle lotte sociali e politiche per un’autentica alternativa di progresso!