Quale futuro per le relazioni tra la Cina e l’UE?

eu cina stelledi Xulio Ríos, direttore dell’Osservatorio di Politica Cinese

da https://politica-china.org

Traduzione di Marx21.it

Proponiamo l’autorevole giudizio di Xulio Rios come contributo alla discussione 

Le relazioni tra la Cina e l’UE affrontano un anno decisivo. Il 1 ° luglio, la Germania assumerà la presidenza di turno. Negli ultimi mesi, il dialogo ai massimi livelli tra Berlino e Pechino si è intensificato. Altrettanto frequenti sono stati i contatti con il presidente francese Emmanuel Macron. È stato inoltre organizzato un nuovo ciclo di dialogo bilaterale strategico. Ciò è servito ancora una volta a fissare posizioni, inventariare coincidenze e divergenze. Vi è vicinanza nel rifiuto dell’unilateralismo americano e nella visione di molti affari internazionali. E c’è distanza su altre questioni rilevanti, sia sull’ordine sistemico cinese che nel quadro delle relazioni reciproche.


Di recente, la Camera di Commercio Europea in Cina ha chiesto una maggiore apertura economica e misure di liberalizzazione. Il commissario Josep Borrell ha sostenuto queste richieste e quella della reciprocità del trattamento senza per altro trascurare un rimprovero per il “sufficientemente comprovato” coinvolgimento cinese nelle strategie di disinformazione relative a Covid-19. Sulle strategie di disinformazione degli Stati Uniti non sembra che siano state sollevate denunce.

Nel mezzo delle crescenti tensioni sino-americane, l’UE è combattuta tra il sostenere l’atteggiamento del suo ormai imprevedibile alleato o rendere esplicita la sua autonomia prendendo le distanze da Washington. Alcuni paesi europei, specialmente ad Est, come nel caso della Romania (che pone il veto alla costruzione di due reattori nucleari da parte di una società cinese) o della Repubblica Ceca (il suo presidente del Senato visiterà Taiwan alla fine di agosto) sembrano essere lontani da Pechino. Al polo opposto vi sono paesi come la Grecia e anche il Portogallo che sottolineano la convergenza su questioni di grande importanza, dalla difesa del multilateralismo alla ripresa economica, senza smettere di condividere con i loro partner della comunità l’assunto che la Cina è un “rivale sistemico ” per quanto riguarda il modello di governance. La NATO, da parte sua, assicura che la Cina rappresenti un cambiamento nel panorama geopolitico e che “sarà vigile”.

La misura della capacità della Cina e dell’UE di dare la priorità alla cooperazione e alla volontà di creare consenso a scapito dello scontro si rifletterà nella firma o meno quest’anno del Trattato sugli Investimenti Bilaterali. I negoziati sono iniziati nel 2013. In caso di successo, non solo la strategia suicida di Donald Trump subirebbe un rovescio, ma, nel contesto della prossima recessione, si offrirebbe una spinta alla fiducia negli sforzi congiunti per superare rapidamente la crisi economica.

Entrambe le parti devono compiere uno sforzo significativo per trovare uno spazio comune per la comprensione. La Cina dovrebbe fare un gesto per riconoscere le richieste europee, migliorando le condizioni di accesso al proprio mercato sia per le società che per gli investitori, e l’UE, da parte sua, dovrebbe riconoscere il pieno diritto della Cina di scegliere il suo modello di sviluppo. L’UE è stata in grado di stabilire specifiche misure di protezione contro le operazioni di alcune società cinesi sul territorio europeo per proteggere i propri settori strategici; potrebbe anche rafforzare il suo settore pubblico per competere con le società pubbliche cinesi invece di richiedere a Pechino di privatizzarle. Per la Cina, al di là di ciò che il PCC rappresenta ideologicamente, avere un forte settore pubblico è una condizione essenziale per affrontare il potere delle grandi multinazionali occidentali e preservare la propria sovranità economica. Senza di essa, la Cina si troverebbe ad affrontare la concorrenza in condizioni di inferiorità.

Potremmo dire lo stesso sul piano diplomatico. La Cina è ora accusata di essere più aggressiva nella sua politica estera. Ma se parliamo di aggressività, non abbiamo ancora sentito, ad esempio, una sola autocritica in merito al comportamento dell’UE come forza trainante dell’operazione alleata che ha portato alla distruzione della Libia. Era il 2011. Come valutare il comportamento dei paesi europei? Qualcuno ricorda il ruolo disastroso di Nicolás Sarkozy in questo dramma, sostanzialmente scatenato per riguadagnare popolarità nel suo paese? L’UE non è certo il modello indiscutibile della decenza. Si dice che la Cina sia più assertiva. Forse è perché eravamo abituati a un silenzio che, per uno stato-continente che ospita quasi il 20 percento della popolazione mondiale, aveva necessariamente un periodo di scadenza. La Cina è senza dubbio più consapevole ora delle sue capacità di difendere i propri interessi rispetto ai tempi passati quando poteva solo abbassare la testa. E ciò fa parte della vecchia normalità.