Stato del mondo e rapporti di forza

geopoliticsdi Bruno Drweski
da collectif-communiste-polex.org

23/05/2018

Traduzione di Lorenzo Battisti per Marx21.it

L’articolo dell’autorevole studioso francese è stato pubblicato nel maggio scorso, ma mantiene una stringente attualità. Lo proponiamo come stimolante contributo alla discussione.

Se sintetizziamo lo stato del mondo e le attuali relazioni di forza, vediamo quanto segue:

– la retorica bellica tra USA e Corea (Nord) sembrerebbe in fase di attenuazione om ragione della fermezza flessibile di Pyong Yang e le audaci manovre patriottiche del governo della nuova Corea (Sud) che mira a realizzare un riavvicinamento nazionale tenendo conto della volontà di indipendenza e cooperazione del popolo coreano, nonché dell’attraente livello tecnico, scientifico, educativo e atomico raggiunto dal Nord. Gli USA sembrano dover accettare il fatto che la capacità atomica raggiunta da Pyong Yang sia irreversibile, anche se la promessa di una denuclearizzazione delle sole armi sarà indubbiamente intrapresa, … a condizione di una “diminuzione-riduzione-evacuazione” delle basi militari di occupazione statunitensi nel sud del paese nel processo di confederazione con i suoi compatrioti del nord.

– Gli Stati Uniti hanno bisogno che l’Iran rimanga il nemico degli Stati petromonarchici del Golfo Arabo e del Golfo Persico per poter vendere sempre più armi statunitensi, una delle loro rare produzioni nazionali non delocalizzate.

– Gli Stati Uniti vogliono quindi imporre una guerra economica globale contro l’Iran per indebolire le imprese europee che operano in Iran

– Le imprese dell’UE sono pertanto impegnate in un braccio di ferro con Washington per ottenere la possibilità di conquistare il mercato iraniano delle vendite e degli investimenti, in un momento in cui la tendenza al ribasso dei tassi di profitto minaccia di soffocarle.

– I paesi europei, invece, sono divisi sul loro atteggiamento nei confronti della nuova via della seta che parte dalla Cina, con un’accoglienza favorevole agli investimenti cinesi, e con l’accelerazione del progresso tecnologico cinese che minaccia la supremazia mondiale delle restanti imprese produttive europee, in particolare quelle tedesche. I paesi dell’Europa orientale e meridionale che prestano servizi e subforniscono contratti sono attratti dai progetti cinesi, ma molto meno della Germania, paese ancora industrializzato, che costituisce il nucleo politico ed economico dell’UE; la Francia, con il suo vecchio “partito straniero” chiaramente al centro del potere Sarko-Hollando-Microniano, che fa la danza del ventre senza saperla interpretare bene, e senza sapere dove stare sulla pista da ballo dato il numero di contendenti che cominciano a ignorarla per corteggiare i paesi più attraenti e più intraprendenti

– Si sta quindi sviluppando una contraddizione verso la Cina tra i paesi periferici dell’UE e il suo nucleo centrale intorno alla Germania

– D’altro canto, la Germania e altre imprese dell’Europa occidentale hanno interesse a sviluppare i loro investimenti nel principale partner della Cina, la Russia, mentre gli Stati Uniti hanno interesse ad interrompere le relazioni economiche tra l’UE e la Russia, da cui il ripetersi della crisi provocata in Ucraina e Siria per indurre gli europei a bloccare di conseguenza le loro relazioni economiche con la Russia e con l’intera Eurasia

– La credibilità internazionale degli Stati Uniti è stata seriamente scossa dal fallimento dell’accordo nucleare con l’Iran

– Gli Stati Uniti hanno tolto il guanto di velluto in Iran, mentre la loro mano d’acciaio è impotente in Afghanistan, Iraq e Siria

– Cina e Russia sono diventate i protettori dell’Iran, tutti e tre a un livello militare indistruttibile, come la Corea del Nord

– Il conflitto strategico USA-Cina tende logicamente verso uno scontro armato, ma il realismo “atomico” e militare spinge Washington ad accettare di mantenere l’attuale status quo militare mentre, sul piano economico, la Cina può progredire solo se l’ambiente rimane pacifico

– L’Iran ha registrato progressi ovunque in Medio Oriente, contro Israele e l’Arabia Saudita

– Le guerre in Iraq, Siria e Yemen hanno tutte rafforzato la posizione dell’Iran, anche se non direttamente impegnato, limitando i suoi interventi a consiglieri militari, a qualche centro di osservazione e a interventi diplomatici in Siria e Iraq, e ha avuto la prudenza di non impegnarsi in Yemen, dove il saccheggio petromonarchico finisce per sconfessare i fondamenti della legittimità di tutti questi regimi autocratici che pretendono di essere teocratici a geometria ideologica variabile…

– La campagna militare e petromonarchica saudita nello Yemen è diventata un disastro

– Le ricorrenti tensioni sociali in Arabia Saudita tra forze religiose, regioni, classi sociali, generazioni, tribù, sono ora integrate da contraddizioni all’interno della famiglia reale saudita e da crescenti malintesi tra il pilastro ideologico della famiglia wahhabita del regime e il pilastro politico-economico della famiglia saudita. Le recenti elezioni in Libano hanno visto il rafforzamento dei sostenitori dell'”asse di resistenza”, Hezbollah che ha eletto i candidati del suo movimento tra la popolazione sciita ma è anche riuscito ad eleggere i candidati ad esso associati in circoli nazionalisti arabi sunniti, cristiani, drusi, nasseriani e altri laici.

– La deconfessionalizzazione e la declanizzazione dell’unica democrazia pluralista araba funzionante sembra attualmente essere iniziata da un partito con una base religiosa “aperta”, che costituisce il maggiore fallimento della logica strettamente “islamista” dei promotori d’oltremare della “primavera araba”.

– Le prossime elezioni in Iraq dovrebbero rafforzare il peso delle forze favorevoli a liberarsi dal protettorato americano, che oggettivamente favorisce l’Iran.

– L’esercito siriano sta vincendo la guerra per procura contro Daesh, Al Nousra e mercenari ora condannati ad essere sempre meno sostenuti da Qatar e Turchia

– Un movimento di opposizione arabo sostenuto da Damasco si manifesta nelle zone occupate della Jazira siriana dagli eserciti statunitense e francese sotto la copertura di un’alleanza di circostanza curdo-araba.

– I curdi dell’Iraq e della Siria, molto diversi tra loro, sono ora divisi in orientamenti divergenti, data la mancanza di costanza dell’alleanza statunitense.

– Secondo gli ultimi sondaggi, l’opinione pubblica turca si sta orientando nella maggioranza dei casi verso un’alleanza con la Russia e l’Eurasia, che a lungo termine la allontanerà dalla NATO e dall’UE, e dovrebbe quindi tendere a riconsiderare le sue posizioni nel conflitto siriano

– La posizione degli Stati Uniti e dei loro delegati in Afghanistan sembra senza speranza, in quanto Cina e Russia tornano ad essere intermediari più affidabili tra le fazioni afghane in un paese che non gradisce la presenza di eserciti stranieri sul suo territorio.

– L’Arabia Saudita litiga con gli Emirati Arabi Uniti e anche con il Sudan per la guerra in stallo contro lo Yemen

– Si consuma la rottura tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti e Qatar, cosa che spinge Doha verso l’Iran

– Kuwait e Oman continuano ad allontanarsi dall’Arabia Saudita, che sembra in ultima analisi condannare l’esistenza del Consiglio di cooperazione del Golfo, con l’aumento delle tensioni tra l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti nello Yemen

– Qualsiasi guerra e persino qualsiasi grande tensione tra l’Iran e le petromonarchie metterebbe in ginocchio le loro capacità produttive e provocherebbe una distruzione catastrofica

– Israele sta facendo del teatro contro Siria e Iran per distogliere l’attenzione dalle sue repressioni contro i palestinesi, ma non può impegnarsi in una vera e propria guerra contro Siria, Iran o Hezbollah e ancor di più contro Gaza, perché tutti questi avversari hanno i mezzi per dare fuoco a Tel Aviv e attaccare la base nucleare di Dimona

– La mobilitazione palestinese non si indebolisce e il progetto di emigrazione per finalizzare il progetto di pulizia etnica diventa illusorio.

– Gaza rimane un’innegabile fonte di resistenza, passiva o attiva a seconda dei momenti, situata non lontano dai principali centri israeliani (Dimona, Ashkelon, Ashdod, Tel Aviv, Gerusalemme Ovest, ecc.)

– Il radicamento palestinese e la cessione delle isole Tirane all’Arabia Saudita hanno contribuito alla delegittimazione araba del regime egiziano, che era stato finanziariamente stremato e logorato dai sauditi, a loro volta indeboliti dalla caduta del prezzo del petrolio e dalle sontuose spese militari sostenute

– La soluzione negoziata dei due Stati per la Palestina è diventata impossibile da raggiungere nel quadro di un sistema demo-teocratico di etnia israeliana, dato il numero di coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme est

– La politica israeliana di apartheid de facto (segregazione e discriminazione) sta diventando sempre più costosa e impossibile da mantenere nel lungo periodo, rendendo “la soluzione ad uno Stato” a lungo termine inimmaginabile

– Le campagne razziste contro i neri in Israele hanno offuscato gli effetti della propaganda di questo Stato nell’Africa subsahariana e ora anche negli Stati Uniti.

E, per finire, i risultati delle elezioni malesi hanno visto la sconfitta a sorpresa di Muhammad Mahatir, ex mentore del Primo Ministro, e il ritorno di colui che è stato il fondatore di un’analisi economica e finanziaria, politica e morale anti-imperialiste islamiche e il cofondatore dei principi asiatici comuni battezzati dai loro autori “valori asiatici” (tenendo conto del confucianesimo come morale sociale, delle religioni tradizionali come progetto etico – buddismo, taoismo, islam – e delle conquiste politiche ed economiche dei comunisti cinesi).

Gli Stati Uniti si trovano quindi in una posizione strategica peggiore di quando hanno scelto di invadere l’Iraq nel 2003, per non parlare della loro situazione finanziaria e del loro potere sovraindebitato, che vivono solo di esportazioni di armi e della fede religiosa nella forza della divinità neo-pagana del dollaro, coronata dalla divinità suprema proclamata di un mercato che “richiede sacrifici per meritare la loro fiducia” (religione post-moderna, quindi, e allo stesso tempo neo-arcaica! …New Age?). L’asse principale del conflitto si è così spostato verso l’interno dello Stato, verso il centro dell’impero, con da un lato, nello “Stato profondo”, gli avventurieri che non vogliono capire che il “secolo americano” sta volgendo al termine e che devono accettare di abbassare la cortina e negoziare un multilateralismo che prepari il “secolo cinese”, quella di un “socialismo di mercato” de facto (un mercato sotto il pianificato controllo dello Stato industrializzatore), con una base ideologica che legittima in modo diverso a seconda del paese, avventurieri che si trovano in opposizione a coloro che negli ambienti più sensibili di Washington vedono che il cataclisma atomico non risolverebbe nulla e significherebbe anche la fine del “secolo americano”. Insomma, tra neocon, neoliberisti, interventisti neoliberisti, individualisti animalisti transgender, neo-evangelisti neo-protestanti, sionisti, sionisti cristiani, sionisti wahabiti, tutte queste sterili ideologie della destra “hard soft” o della “sinistra morale” si completano a vicenda in un integrismo globalizzato del mercato dove ognuno è incitato a fare il suo shopping ideologico con i dollari “in God we trust” in una fase di svalutazione usuraria.

La flessibilità del modello politico-economico cinese come contrappeso può quindi, in questo contesto di irrigidimento dell’impero incapace di essere un impero fecondo, sposarsi con l’ideologia di fatto socializzante, e quindi transitoria, che si proclami marxista-leninista, islamica, tradizionalista cristiana o altro, secondo i gusti delle diverse nazioni, in quanto lo sviluppo ha una base autocentrata e organizzata da uno Stato che ha una base sociale nazionale popolare e borghese locale con una visione produttiva e commerciale a lungo termine “win-win”. In questo contesto, la Russia svolge il ruolo di scudo e spada della Cina e di tutta l’Eurasia nella fase di integrazione, la Cina funge da base per idee politiche alternative che possono essere adattate ai diversi popoli e come impulso economico e scientifico, l’Iran nel lungo periodo come forza stabilizzante in Asia occidentale, la Siria come punta avanzata dall’Eurasia verso il Mediterraneo in attesa di una Turchia costretta a procedere al ripristino della sua facciata, e l’Europa come stazione di arrivo del processo di internazionalizzazione all’Eurasiatica per contrastare la globalizzazione americana. Allo stesso tempo, il Cremlino sembra sostenere nel suo paese la ricostruzione ideologica dei suoi diversi patrimoni ereditati, con una visione planetaria, i cristiani tradizionalisti orientali spinti verso la creatività ideologica anti-globalizzazione, i musulmani tradizionalisti spinti verso la creatività anti-sahabita, i rinnovati marxisti-leninisti, gli ebrei gradualmente desionizzati e i buddisti della nuova ondata. Mentre l’America Latina si interroga su una possibile rinascita di un “socialismo del XXI secolo” a seguito degli insuccessi della politica morbida puramente redistributiva Kirchner/Lula e del terrorismo gringo contro gli Stati resistenti, il Venezuela, il Nicaragua, la Bolivia e l’Ecuador, nonché, naturalmente, Cuba, l’Africa subsahariana sta vivendo tassi di crescita elevati ma ignorati dai media occidentali post-neo coloniali, nel contesto di una rassegna dei risultati di vent’anni di politica “arcobaleno” in Sudafrica, quando, sulla scia del moralismo “mandelista”, si è dimenticata la questione fondamentale dei rapporti di proprietà.

La partita a cui stiamo assistendo è dunque quella che, per il momento, le borghesie imperialiste + compradore stanno giocando contro le borghesie nazionali post-periferiche in primo piano, contro le masse popolari e i “piccoli Stati” in secondo piano.

“Lavoratori, popoli, nazioni, paesi, pensatori, ideologi, credenti oppressi del mondo, unitevi!” …contro gli stracci traforati e le false apparenze ideologiche, laiche o religiose, di destra e di “sinistra” del matador imperialista, senza fiato, morbose e sterili.