Pulizia etnica a Gerusalemme

gaza soldati israeledi Vincenzo Brandi

Da vari giorni giungono notizie di scontri a Gerusalemme tra la popolazione palestinese che protesta e polizia israeliana. L’avvenimento che ha innescato la protesta e gli incidenti è l’ennesimo tentativo delle autorità israeliane di cacciare dalle loro case famiglie palestinesi che vi abitavano da secoli. Chi scrive queste note ha assistito personalmente ad episodi di questo genere a Gerusalemme ed altre città della Palestina, come Hebron, dove coloni israeliani arroganti occupano case palestinesi protetti dalla polizia, esponendo poi bandiere israeliane e striscioni provocatori. Tutto ciò avviene nel quadro di una politica di pulizia etnica che dura da 70 anni e che ha già causato la cacciata di almeno la metà della popolazione palestinese, ridotta allo stato di profughi cui si vieta di tornare alle proprie case. Anche i contadini di intere zone, come la Valle del Giordano, sono cacciati sequestrando i loro pozzi d’acqua, tagliando milioni di ulivi, che sono la produzione più importante dell’agricoltura palestinese, o occupando terre con la scusa di “necessità militari”.  Sorgono dappertutto colonie israeliane nei territori ancora abitati da Palestinesi, e le zone palestinesi sono chiuse da reticolati e muri di cemento alti 9 metri.


Tutto questo avviene nella completa indifferenza dei governi occidentali che si voltano dall’altra parte e fingono di non vedere, come lo stesso governo italiano. L’unica cosa che fa notizia è il lancio , essenzialmente dimostrativo, di razzi dalla striscia dei Gaza da parte dell’organizzazione Hamas, cui l’esercito israeliano risponde con pesanti bombardamenti che fanno decine di morti.

La situazione drammatica della Palestina rischia di diventare insostenibile ed incontrollabile. Sarebbe necessaria una soluzione che permettesse la coabitazione dell’antica popolazione palestinese che abita nel paese da millenni ed i cittadini israeliani ebrei che vi si sono trasferiti nel corso degli ultimi 120 anni (e che nessuno ha mai detto di voler cacciare). La soluzione più razionale sarebbe la formazione di un unico stato democratico con piena parità di diritti tra le due popolazioni; ma anche una soluzione provvisoria, che riconoscesse il diritto dei Palestinesi ad avere un loro stato indipendente con capitale nella parete araba di Gerusalemme, sarebbe auspicabile. Purtroppo gran parte della popolazione israeliana, che ha dimenticato di essere stata essa stessa in passato oggetto di persecuzioni e stermini, assume posizioni sempre più nazionaliste, estremiste e razziste che si traducono in una pulizia etnica continua ed in politiche ingiuste di apartheid nei confronti dei Palestinesi. La comunità internazionale di stampo occidentale tace e la situazione si incancrenisce facendo prevedere sviluppi drammatici.