Il movimento politico di Gheddafi potrebbe fare il suo ritorno in Libia?

movimentoverde libiadi Vijay Prashad* | da alternet.org

Traduzione di Lorenzo Battisti per Marx21.it

Dopo la guerra di aggressione della NATO del 2011 difficilmente sono arrivate notizie attendibili sulla situazione in Libia e poco si sa su quello che realmente avviene nel profondo di questo paese vittima dell’attacco imperialista.  Il testo che segue, che porta la firma di un autorevole analista della situazione internazionale, ci informa su alcune vicende del martoriato paese nordafricano, poco conosciute dal pubblico del nostro paese, fornendo precisi dettagli in merito a quella che sembra essere la significativa ripresa di settori che si rifanno all’esperienza della “Rivoluzione Verde” guidata dal colonnello Gheddafi.

Durante il fine settimana (l’articolo è stato scritto il 28 dicembre 2016, NdT), un volo della Afriqiyah Airways tra la città del sud-ovest della Libia Sebha e la capitale Tripoli è stato dirottato a Malta. I negoziati con i due dirottatori sono terminati in tre ore. Gli uomini – Subah Mussa e Ahmed Ali – si sono arresi alle autorità maltesi. Quando sono sbarcati dall’aereo, Mussa teneva una piccola bandiera verde – il simbolo del Movimento Verde di Gheddafi. Ha detto che lui ed Ali avevano condotto l’operazione per promuovere il loro nuovo partito – al-Fateh al-Jadid. Il nome – il nuovo Fateh – è significativo perché riecheggia quella usato nella Libia di Gheddafi per indicare il mese di Settembre, quando guidò la sua popolare manovra nel 1969.

Poiché il dirottamento è stato così breve e poiché sembrava parte dell’anarchia che regna in Libia, in pochi vi hanno fatto attenzione. I due uomini hanno usato finte pistole e sembravano non interessati alla violenza. Hanno realizzato il proprio obiettivo politico e lì si sono fermati. I media occidentali hanno suggerito che i due hanno dirottato l’aereo per fuggire dalla Libia e diventare rifugiati in Europa. Non ci sono segni che questo fosse il movente dei due. La piccola bandiera verde mostrava altre ambizioni.

Sebha, la città dalla quale il dirottamento è iniziato, è un collegamento nel Sahara libico. Le strade dalle città del nord della Libia, dove vive la maggior parte della popolazione, si congiungono qui e partono verso l’Algeria e il Niger. Dopo il bombardamento della Libia da parte della Nato, la costa nord del paese è precipitata nel caos con milizie che controllano il territorio per il brigantaggio e l’oro. Il sud della Libia, in particolare la regione di Fezzan, è stato un bastione dei sostenitori di Gheddafi, molti dei quali sono fuggiti in Algeria e in Niger durante la guerra della Nato. I due principali capi – il generale Ali Kana e il generale Ali Sharif al-Rifi – hanno trovato riparo ad Agadez. Quando la situazione si è resa meno tesa, il generale Ali Kana è tornato a Sebha, da dove ha cominciato a consolidare la propria base di sostenitori.

Uno degli stanchi luoghi comuni della guerra della Nato del 2011 è quello secondo cui il popolo libico era unito nell’opposizione a un piccolissimo circolo di sostenitori di Gheddafi. In altre parole, una spinta da parte dei bombardieri della Nato avrebbe liberato la Libia e l’avrebbe restituita al popolo libico. Non si consideravano gli indizi del vasto supporto di cui godeva Gheddafi, certamente non tra tutta la popolazione, ma in importanti parti del paese. A Fezzan, di cui Sebha è la città principale, la popolazione esprimeva meno rimostranze contro il regime di Gheddafi. Gruppi di sostenitori di Gheddafi erano ben presenti anche nelle due città maggiormente ribelli – Bengasi e Misurata. Ma l’evidente forza del supporto della Nato alla sollevazione dimostrava che solo un pazzo avrebbe deciso di combattere fino alla fine. I combattenti di Gheddafi o fuggirono fuori dal paese, o entrarono in clandestinità. Quelli che provarono a nascondersi furono scovati dalle milizie vittoriose e, o sono stati uccisi in maniera sommaria, o gettati in prigione (ci sono circa 10’000 di queste persone che sono trattenute senza processo dal 2011).

Un sostenitore dei Gheddafi, Khuwaildi al-Hamidi, che è morto in un ospedale del Cairo nel 2015, aveva formato il Movimento Nazionale Popolare Libico in Egitto che intendeva presentare candidati alle elezioni del 2012, per provare la forza del Movimento Verde, il nome dato al campo filo Gheddafi. Ma nuove direttive – sostenute dall’Occidente e dai paesi arabi del Golfo – hanno vietato il movimento e vietato qualsiasi simbolo associato all’era di Gheddafi (Leggi 37 e 38). Il sentimento filo Gheddafi, in altre parole, ha dovuto combattere la propria battaglia politica in modo sommerso. Al-Hamidi e i suoi compagni hanno chiarito nel 2013 che il loro obiettivo non era la nostalgia. Durante il decennio precedente alla guerra della Nato, queste persone hanno combattuto contro la vendita di terre libiche e di risorse al capitale privato. Questa battaglia li portò in conflitto diretto con il figlio di Gheddafi, Saif al-Islam Qaddafi (ora libero, dopo anni di reclusione). Il loro patriottismo, ha detto al-Hamidi, dovrebbe essere misurato nella loro lealtà alla Rivoluzione del 1969 e ai suoi obiettivi.

La politica in clandestinità ha grossi limiti. Piccoli gruppi hanno cominciato a riemergere in tutto il paese, inclusa Sirte e Derna. In diverse occasioni, questi gruppi sono usciti allo scoperto e hanno sventolato bandiere verdi, intonando slogan pro Gheddafi. L’angoscia per la presa del paese da parte delle diverse milizie e da parte dei governi rivali, un paese devastato, ha portato la gente comune a guardare con rimpianto al passato dell’era Gheddafi. Nel 2015, nel quarto anniversario della morte di Gheddafi, i canti da Bani Walid a Bengasi sono stati rivelatori – inshallah ashra Saddam, ashra Muammar (possa Dio mandarci dieci Saddam, dieci Muammar). Slogan come Muammar è l’amore di milioni di libici sono cominciati ad apparire sui muri. A Sebha i manifestanti hanno portato le bandiere verdi nelle strade. Quando un aereo da combattimento è volato basso per intimidirli,  costoro hanno sparato verso il cielo.

Fezzan, la regione sudoccidentale, non è stata immune alle divisioni delle tribù e dei clan che hanno  caratterizzato la ribellione del 2011 e degli anni successivi. L’animosità di lungo periodo tra i Tebu e i Tuareg si è riversata a Fezzan. Attorno alla città di Awbari, verso il confine algerino, il conflitto è diventato guerra aperta nel 2014. I governi rivali di Tripoli e di Tobruk hanno accentuato le differenze presenti dove il petrolio riposa sotto la sabbia del deserto. Il governo algerino ha frettolosamente chiuso i confini, preoccupato che i Tuareg usassero i propri collegamenti regionali per allargare il conflitto nello stesso momento in cui Al Qaida nel Maghreb ha iniziato a colpire l’Algeria all’interno (dopo essere stati cacciati dal Mali). Una base militare francese presente in Niger, non lontano dalla Libia, una presenza americana nel paese e un onnipresente contrabbando nella regione hanno complicato ancora di più il conflitto Tuareg-Tebu. Nel novembre 2015 i rappresentanti delle due parti hanno firmato un accordo di pace, che – a parte qualche incrinatura in gennaio – ha retto.

Il consolidamento del Movimento Verde aveva bisogno di questo accordo di pace. La base dei sostenitori del generale Ali Kana è tra i Tuareg e il nuovo partito politico (al-Fateh al-Jadid), che è stato presentato con il dirottamento, ha le proprie radici tra i Tebu. Quando il primo ministro libico Fayez al-Serraj è andato nel Sud Ovest – al confine con l’Algeria – è stato accolto dalle proteste del  Movimento Verde. Questo una settimana prima del dirottamento. E mostra una fiducia maggiore tra i sostenitori di Gheddafi.

La corsa nel deserto da parte dell’Esercito Nazionale Libico – guidato dal generale Khalifa Haftar – ha portato le truppe dentro Sebha questa settimana. Sono state fermate, per il momento, dalla Terza Forza di Misurata che si è mossa a sud per fermare l’avanzata di Hafter. Haftar, che è sostenuto dall’Egitto, dagli Emirati Arabi Uniti e verosimilmente dalla Francia, è stato impegnato in una grande battaglia contro i gruppi estremisti di Bengasi e in altre parti dell’Est della Libia. Sostiene di essere il legittimo esercito libico, ma rifiuta di stare sotto comando civile, sia del debole governo sostenuto dalle Nazioni Uniti di al-Serraj, che dell’opposizione (che è basata largamente su partiti politici islamici). A complicare ulteriormente la situazione, Haftar, che era una volta uno strumento della Cia, si è recato a Mosca a fine novembre per cercare aiuto nella battaglia. Il riallineamento di uomini forti alla ricerca dell’aiuto russo per combattere il terrorismo ha fornito un’apertura ad Haftar e ha potenzialmente dato alla Russia il suo primo riferimento in Libia. Voci suggeriscono che l’esercito del sud di Ali Kana si sia ora riunito con Haftar e che altre forze filo-Gheddafi stiano valutando di seguirlo.

Ma Tahar Dehech, un alleato del movimento filo-Gheddafi, sostiene che il Movimento Verde ha costruito le proprie basi e che crescerà da solo. Quando gli è stato domandato di una sua alleanza con Haftar, Dehech è stato chiaro, “Haftar ha partecipato alla distruzione della Libia del 2011. È un americano. Ha la propria agenda. I Soldati Verdi che si sono uniti a lui possono aver pensato che in quel modo avrebbero salvato la Libia, ma non sarà così”. Dehech afferma che il Movimento Verde prevarrà nel 2017. Gli uomini che hanno dirottato l’aereo a Malta probabilmente sono d’accordo con lui. E lo saranno i soldati dell’esercito di Ali Kana. Ma è ancora difficile affermare se la loro apparizione aiuterà una Libia straziata dalla violenza.

*marxista indiano e professore al Trinity College di Londra