Giorni che rischiarano decenni. I “sovranisti” della NATO e della UE.

salvini savoini1di Norberto Natali

(Seconda parte, qui la prima)

Dalla sua crisi generale, dunque, scaturisce anche la contraddizione del potere borghese con la sua sovrastruttura mediatica e le illusioni circa la “neutralità” e la “libertà” di quest’ultima.

Tanto che -intrecciandosi questa crisi con la ossessiva mercificazione di tutta la società e della vita di ciascuno- si generano fenomeni che sarebbero apparsi fantascientifici solo qualche tempo fa.

Per esempio gli “influencer”: persone senza meriti o competenze, le quali -in modo che a me pare eticamente discutibile- sfruttano perfino i propri bambini allo scopo di far vendere delle merci ricavandoci un lauto guadagno personale. Basterebbe solo questo per dire che la questione della propaganda, dell’informazione o del “controllo” dell’orientamento pubblico è entrata in una fase storicamente nuova e sarà meglio approfondire questo tema in altra sede.

Tuttavia, è necessario insistere sulla coscienza -che tutte e tutti dobbiamo cercare di acquisire- della “forza di gravità” mediatica (se così si può dire) che preme su ciascuno per condizionarne scelte ed idee. Così come, camminando su un pendio, ci sembra frutto di una nostra libera e spontanea volontà la tendenza ad andare in discesa, mentre invece questa è provocata da molti chili di aria (i fisici mi perdoneranno) che premono sulla nostra testa, allo stesso modo le nostre posizioni politiche (o di altro genere) e le questioni cui diamo la priorità, ci sembrano espressione di nostri liberi e spontanei orientamenti, fondati su criteri oggettivi, mentre invece non è così. C’è tutto un apparato, generato dalla potenza dell’imperialismo, che “lavora” per condizionarci.

Mi limito ad un solo esempio di due settimane fa. Per ben tre giorni, tutta l’informazione ha dato ampio ed eclatante rilievo alla notizia che una dozzina di dipendenti dell’ospedale di Molfetta usciva dal lavoro durante l’orario di servizio: uno di loro andava a comprare il pesce fresco e lo conservava nel frigorifero del proprio reparto. Un fatto grave, da condannare senza se e senza ma. Peccato che tale scandalo abbia contribuito a oscurare al massimo un’altra vicenda emersa in quei giorni, una storia da romanzo dell’orrore che supera perfino certi racconti che ci propinano sullo “stalinismo” o sulla Corea del Nord. Nel reggiano, un agghiacciante sistema truffaldino e speculativo, toglieva i bambini alle proprie famiglie, per destinarli ad una vita triste e a volte di maltrattamenti, accusando falsamente i genitori di violenze ripugnanti. Sono decine di casi, con genitori che si sono suicidati (è morto persino un parroco, anche lui ingiustamente coinvolto) altri marciscono da anni nelle galere e tutti hanno avuto la propria esistenza rovinata. Tuttavia, in quei giorni, molti hanno commentato il pessimo lavoratore che comprava il pesce e quasi nessuno questa vicenda che fa spavento.

Mi permetto di dubitare che ciò sia frutto di una libera e spontanea scelta dei vari cittadini che se ne sono interessati. Una domanda è sin troppo facile: cosa avrebbe fatto la nostra informazione se una tragedia simile fosse accaduta in Russia o a Pyongyang? Indubbiamente, avrebbe trovato il modo -oltretutto- di dare la colpa direttamente a Putin o a Kim Jong Un.

Personalmente, ormai, ricorro ad un sistema da sempliciotto il quale, spesso, ha mostrato di essere valido come i vecchi consigli della nonna: cerco di prendere coscienza di quando i media, nel loro complesso, vogliono spingermi a pensare una determinata cosa o ad occuparmene prioritariamente e cerco di domandarmi sempre dov’è la fregatura.

Consiglio di fare lo stesso alle donne e agli uomini, specialmente ai giovani, che vogliono lottare per essere liberi: la libertà è la lotta stessa ed entrambe cominciano dall’indipendenza della propria coscienza (di classe).

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La “notizia” del mese è l’incontro di un leghista con imprecisati funzionari (non si sa se governativi, di enti pubblici o di società private) russi. La prima cosa da notare, in mezzo a tante dispute che sono sorte e a considerazioni che sono fiorite, è che sembra essere scontato un presupposto che nessuno ha mai dichiarato e che non ha precedenti storici: la Russia è un nemico dell’Italia, anzi, è un pericolo e -in un certo senso- è una sorta di male assoluto, ossia avere a che fare con la Russia è negativo e pericoloso di per sé.

Abbiamo involontariamente metabolizzato questo presupposto, altrimenti tutte le vicende e le discussioni di questi giorni avrebbero, quanto meno, i piedi di argilla.

Prima di continuare, diciamo subito che prendiamo atto dei commenti “garantisti”: considerando l’importanza, la gravità, data alla vicenda, considerando che siamo a luglio mentre essa è avvenuta l’ottobre scorso ed era nota (pubblicata da L’Espresso) già a febbraio, non esiste alcuna base giornalistica (tanto meno giuridica) per giustificare tanto clamore e tanta insistenza su quel fatto.

Tuttavia -a mio modesto parere- non può essere solo questa la posizione dei comunisti. La “nostra” questione morale è tale perché ci sono dei fatti i quali, pur essendo legali, vanno condannati e combattuti politicamente e moralmente. Se il leghista Savoini, quindi, ha commesso degli illeciti va perseguito e condannato e noi non mettiamo la sordina a questo fatto, magari con la ragione che “così fan tutti”, benchè ciò sia vero.

Sostengo questo da comunista, in primo luogo perché noi non diamo particolare importanza a commerci, contrabbandi, pagamenti di questo genere. Per lo stesso motivo per cui siamo contrari al terrorismo.

Il marxismo-leninismo concepisce il processo rivoluzionario come la maturazione di premesse oggettive con le quali deve interagire l’avanguardia della rivoluzione (il Partito Comunista). In altri termini, se in un determinato paese la situazione storica non è “pronta”, essa non può essere accelerata o sostituita né da finanziamenti (o interventi) stranieri, né dal ricorso ad attentati o ad omicidi politici. Tutte le rivoluzioni, quelle vittoriose cioè condotte dai Partiti Comunisti o fondate sul marxismo, si sono sviluppate essenzialmente contando sulle proprie forze e facendo leva sulle situazioni e le condizioni concrete da cui muovevano; aiuti “esterni” hanno avuto una funzione marginale o aggiuntiva, quasi sempre solo per bilanciare altri interventi esteri che modificavano artificiosamente i rapporti di forza.

Così è stato anche per la nostra Lotta Partigiana: essa si è giovata di aiuti internazionali (per esempio i lanci di armi degli angloamericani per i Partigiani); tuttavia questi non hanno avuto una funzione determinante, la Resistenza ci sarebbe stata comunque e con tutta probabilità avrebbe comunque vinto, anche senza di essi.

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In secondo luogo, non potevano mancare le solite chiacchiere, allusioni, insinuazioni sui finanziamenti sovietici al PCI (attaccarlo è un’ossessione maniacale, incessante per i media imperialisti).

È ovvio che questi (ammesso che ci siano stati) non c’entrano nulla con la vicenda attuale di Savoini. Semmai, sarebbero stati aiuti della potenza proletaria a un partito proletario, di cui si è giovata la causa del proletariato e certo non la borghesia. In ogni caso, gli anticomunisti dovrebbero spiegare perché il PCI è stato l’unico partito che ha reso noti sempre i dati del suo tesseramento e soprattutto i propri bilanci. Gli altri partiti (di cui non si è mai avuto il piacere di conoscere i dati del tesseramento) hanno pubblicato i bilanci solo dopo che ciò è stato reso obbligatorio dalla legge sul finanziamento pubblico (fine anni ‘70).

Come mai nessuno -malgrado venissero sempre resi noti- ha mai obiettato nulla su quei dati forniti dal PCI? Eppure c’è stata anche una apposita indagine, sia pure dopo lo scioglimento del Partito, condotta dal procuratore Nordio di Venezia, la quale è finita ben presto con un’archiviazione, come era prevedibile.

Del resto, anche la famosa inchiesta “mani pulite”, la quale ha indagato a lungo e a fondo (a 360 gradi) sui finanziamenti illeciti ai partiti, non è mai giunta ad imputare alcunchè a qualsiasi dirigente del PCI.

http://www.proletaricomunistitaliani.it/savoini_e_i_rubli_al_pci.html

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Di conseguenza, i comunisti non devono avere remore ad appoggiare, per esempio, la proibizione di qualsiasi finanziamento estero a forze politiche e sociali italiane; avrebbe una sua logica, come vietare il sovvenzionamento dei calciatori di una squadra da parte di altre squadre.

Sarebbero veramente tutti d’accordo su questo principio?

Inoltre, tale proibizione dovrebbe riguardare tutte le forze, le organizzazioni che incidono sulla determinazione della politica nazionale e della volontà popolare e che, in tal modo, si connettono all’attività dei partiti politici, influenzandone la rappresentatività. Sarebbe più “democratico” se finanziamenti esteri -proibiti ai partiti- andassero invece a singoli sindacati oppure ONG o anche fondazioni ed associazioni quali Lombardia-Russia? È molto interessante chiedere a quanti parlano oggi del nostrano Russiagate cosa ne pensano.

Sempre sul piano di principio, si dovrebbero mettere in discussione i finanziamenti esteri pubblicamente ostentati o, al massimo, astutamente mimetizzati, ma non segreti. Per esempio, il losco miliardario Soros, padrino della finanza internazionale, sovvenziona apertamente diverse organizzazioni (anche di sinistra), alcune ONG e movimenti “antirazzisti” nonché, con la sua “open society”, risulta in contatto (diciamo così, non si può parlare di corruzione) con oltre 200 parlamentari europei della legislatura appena terminata, di tutti i gruppi politici.

Abbiamo il diritto di sapere dai media, oltre alle merende moscovite di Savoini, in cosa consistono questi rapporti tra parlamentari europei (e probabilmente altri partiti o movimenti di tutta Europa) e la fondazione di Soros? Così potremmo anche ragionare sui motivi per cui questo pescecane finanzia l’immigrazione selvaggia in Italia.

Trattando di finanziamenti stranieri, tuttavia, sorge un problema dovuto alle moderne caratteristiche dei monopoli finanziari: le elargizioni dei capitalisti ai vari partiti e movimenti, sono per propria natura, di carattere “estero”. È facilmente presumibile -per esempio- che la FIAT abbia sempre finanziato diversi partiti; ora, però, è una società USA, con sede fiscale a Londra e legale ad Amsterdam, quotata alla borsa di New York: un finanziamento politico della FCA (ancorchè legittimo) non sarebbe straniero?

Lo stesso quesito vale per la gran parte delle imprese che operano in Italia, considerando le “holding”, le “joint-ventures” e i tanti legami internazionali di ogni grande azienda capitalistica attuale.

Ci sarebbe anche il problema inverso. È molto significativo che una delle firme più importanti de La Stampa (quotidiano che in questi giorni si è distinto nel sollevare lo scandalo Savoini), Guido Ruotolo -il quale, a suo tempo, diffamò lo scrivente ed Iniziativa Comunista- abbia protestato contro la magistratura italiana, alcuni anni fa, poiché procedette contro l’ENI (a norma di legge) in quanto aveva corrotto delle autorità di altri paesi. Sarebbero tutti d’accordo anche ad una effettiva proibizione di sovvenzionamenti di aziende e imprese (più o meno) italiane a forze e personalità straniere?

A questo punto -se si vuole considerare illecito qualsiasi finanziamento estero (da qualunque paese provenga)- si dovrebbe definire quali finanziamenti sarebbero legittimi per i partiti o se devono esservi.

L’eventuale dibattito che ne seguirebbe, metterebbe in luce -tra l’altro- la più eclatante contraddizione della stampa e dei partiti borghesi. Proprio loro che hanno inventato il cosiddetto conflitto di interessi, nascondono (o consentono, dipende dai punti di vista) il più importante e gravido di conseguenze di questi: quello tra proletariato e borghesia o tra le masse lavoratrici e gli sfruttatori che vivono di profitti, rendite ed interessi finanziari.

Per loro, esso è solo un regolamento di affari interni alla propria classe, un modo per evitare tra di loro la “concorrenza sleale”: un capitalista non dovrebbe approfittare di proprie influenze politiche ed amministrative per danneggiarne altri. Non si tratta, quindi, di una battaglia per la trasparenza, la legalità e la democrazia ma -semmai- il contrario o, per lo meno, la sostituzione del conflitto di classe con la garanzia degli interessi privati dei ricchi.

Quest’ultima è stata la funzione del “conflitto di interessi” usato come una bandiera, nei decenni scorsi, dal centrosinistra: ha ingannato tanti lavoratori onesti per soggiogarli al regime bipolare e per imporre loro politiche contrarie agli interessi proletari. Hanno finto di combattere Berlusconi e alla fine ci hanno governato insieme e poi -nell’interesse della classe di Berlusconi- hanno fatto le politiche che avrebbe voluto lui.

Per decenni il centrosinistra ha prosperato (prendendosi gioco dei sinceri sentimenti democratici di tanta parte delle masse popolari) con “l’antiberlusconismo”. Nel febbraio scorso è morta, in circostanze misteriose, una delle ragazze che partecipava alle “cene” di Berlusconi e che aveva deciso ultimamente di testimoniare contro di lui: essa stessa aveva detto di temere per la sua vita per questo, ma non è successo nulla, non se ne è parlato per niente, al contrario di quanto sarebbe accaduto fino a pochi anni fa. Il grande pubblico non si è accorto di questa grave distrazione dei media proprio a conferma della tesi suesposta circa la “forza di gravità” mediatica.

I governi di centrosinistra hanno contribuito al massacro dei diritti del proletariato, nell’interesse della borghesia imperialista ma nel pieno rispetto… delle norme sul “conflitto di interessi”!

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La “notizia” su Savoini, ne cela altre due.

Una -che si deduce logicamente- è che servizi o apparati potenti (rimane molto difficile credere che tutto sia dovuto solo alla diligenza e alla fortuna di due giornalisti italiani a Mosca) hanno voluto che scoppiasse questo scandalo e -in particolare- che avvenisse ora: per esempio, alla vigilia dell’elezione del nuovo “governo” europeo (quando bisogna decidere anche quale commissario italiano nominare e per quale incarico) e subito dopo che la maggioranza ha proposto i cosiddetti minibot, cosa che ha fatto infuriare ambienti politici e finanziari internazionali e riacceso il sospetto che l’attuale governo prepari l’uscita dell’Italia dall’euro.

L’altra, quella su cui vorrei soffermarmi, è che l’informazione e la politica borghesi italiane -con un’inconsueta genuinità- hanno lasciato capire che dei finanziamenti, dell’eventuale corruzione, di come la Lega si procuri i soldi non gli importa un granché. La questione vera è la Russia e l’affidabilità di Savoini (cioè del suo partito o del suo “capo”) per il potere imperialista e le sue articolazioni sovranazionali.

Il TG1, l’ANSA, l’AGI e altre fonti, appena data la notizia, hanno riferito così -virgolettata- la prima reazione del segretario PD: “hanno tradito l’Italia e la NATO”.

Il direttore de La Stampa, Molinari, a lungo corrispondente dagli USA, è uno che sa bene cosa si pensa in quel paese: il 14 luglio ha scritto che il problema non è tanto come cerca i soldi la Lega ma che deve garantire a “USA, NATO e UE” se è ancora “affidabile” per loro.

Lo stesso giorno, il direttore de Il Giornale Sallusti, ha scritto, confermando il disinteresse per la questione dei finanziamenti della Lega, un articolo confezionato in modo fazioso che accusa Salvini di volersela fare con tutti: la Cina, la Russia, la UE, gli USA, ecc. Furbescamente, il giornalista berlusconiano confonde la natura di voltagabbana di Salvini (fatto vero) con l’ispirazione della politica estera di un governo.

La pace e la cooperazione tra i popoli, una politica di collaborazione e di distensione su un piano di parità con tutti gli stati, una strategia di pacifica coesistenza anche tra governi e sistemi sociali diversi, è sempre stata la linea direttrice del programma e delle proposte dei comunisti di tutto il mondo, in particolare del PCI. Un governo che facesse ciò, ossia una costruttiva collaborazione con i paesi nominati da Sallusti ed altri (a prescindere da quel che si pensa dei loro singoli governi) dovrebbe essere, caso mai, lodato.

Invece quel che viene condannato e combattuto è proprio questo e per farlo Sallusti omette che Salvini sul Venezuela o su Israele -per esempio- non è affatto privo di una “linea”.

Tutti gli altri commenti (compreso il nuovo pupillo dei media imperialisti, Fratoianni) sono più o meno compatibili con tale impostazione: che la Lega rimedi i suoi soldi come gli pare, il problema sono la Russia e Putin. Forse sarebbe meglio scrivere, invece, che il problema sono la NATO, gli USA e la UE, nel senso che non è lecito agire al di fuori della disciplina e degli interessi di questi soggetti.

C’era già stato un precedente, un paio di mesi fa, quando un eurodeputato del PD (storicamente proveniente dall’Autonomia) ha condannato il ministro fascistoide austriaco Strache perché -stando ad uno scandalo scoppiato allora e simile a quello di nostro interesse- aveva avuto rapporti (supposti) con emissari di Putin. Non si critica il presidente russo perché se la fa con i fascisti ma avviene esattamente il contrario! Lo stesso succede ora da noi: non si contestano a Putin eventuali rapporti con Salvini ma a quest’ultimo quelli con i dirigenti russi. Tanto che tali suoi detrattori gli hanno fatto l’ennesimo favore, consentendogli di lamentarsi di essere attaccato “solo perché vorrei normali rapporti con la Russia” senza potergli replicare nulla.

Dovrebbero riflettere su questo tutte quelle compagne e compagni, quei democratici sinceri che sono caduti nel nuovo tranello che vede Salvini sostituire Berlusconi e la giustificata avversione che suscita assumere la funzione che fu “dell’antiberlusconismo”. All’epoca, per seguire la presunta causa di contrastare Berlusconi, in tanti hanno accettato il nuovo regime elettorale maggioritario, le forche caudine dell’euro, la guerra in Jugoslavia e altre aggressioni della NATO (il PD vigila che non venga “tradita”), una politica antioperaia sulle pensioni, la precarietà, la limitazione delle libertà sindacali…. e anche Mastella.

Oggi, partiti sedicenti di sinistra o centrosinistra, i quali già condividono quasi tutta la politica di Salvini, in particolare sul terreno economico-sociale e anche su molti nodi internazionali, tentano ancora di ingannare l’elettorato sostituendo Berlusconi con Salvini.

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La frase di Zingaretti “tradita l’Italia e la NATO” è come un faro sulla storia reale dell’ultimo quarto di secolo. Secondo il PD, la NATO è equiparata ad una “patria”, all’Italia: siccome il nostro paese è gerarchicamente inquadrato nella NATO e dipendente da essa, non viceversa, significa anche dire che la “sovranità” principale è quella della NATO.

Nel senso che non si agisce nell’interesse dell’Italia (“la patria”) per cui, per fare un esempio, si potrebbe sostenere di aderire al Patto Atlantico appunto perché funzionale agli interessi nazionali, ma è proprio il contrario: è l’Italia che deve essere funzionale agli interessi della NATO (secondo alcuni, come abbiamo visto, anche della UE e perfino degli USA) per cui è questa la sede o la fonte della sovranità, come fosse -in un certo senso- la “vera” patria (per il PD e non solo).

Insomma, le relazioni internazionali dell’Italia -o delle sue principali forze- starebbero alla NATO come (si poteva pensare fino a qualche tempo fa) le stesse relazioni dell’Umbria o della Liguria dovrebbero stare alla repubblica italiana.

Questa situazione permette di rievocare un tema che ripropongo da circa un decennio, ossia l’Italia è diventata una specie di colonia di tipo nuovo, di potenze di natura diversa da quelle coloniali tradizionali: per esempio, per l’appunto, la UE e la NATO (o gli USA per interposta articolazione sovranazionale). Soprattutto, ricordando (volendo essere limitati e parziali nell’elencare) che l’Italia ha dovuto cedere alla NATO diverse basi e anche agli USA (in quanto tali): esse sono sottratte alla giurisdizione nazionale e alla Costituzione e vedono istallate -in contrasto con le nostre leggi- almeno 70 bombe atomiche.

Al PD che si erge come guardiano della NATO, in aspra concorrenza con parecchi altri partiti, bisogna ricordare che la contrastata decisione parlamentare di adesione alla NATO era fondata su un presupposto principale: mai l’Italia gli avrebbe concesso basi militari (figuriamoci agli USA).

Nel marzo del 1949, alla Camera si svolse un’aspra battaglia di tutte le sinistre contro la DC e le destre (chi vuole la NATO è sempre stato di destra).

Il capo democristiano De Gasperi, intervenne contro un ordine del giorno di Togliatti affermando testualmente: “nessuno ci ha mai chiesto basi militari, e d’altra parte non è nello spirito dei patti di mutua assistenza tra stati liberi e sovrani, come il Patto Atlantico, di chiederne o concederne”.

Anche De Gasperi esaltava la sovranità degli stati liberi: i “democratici” odierni lo definirebbero, sprezzantemente, un “sovranista”.

Tanto sembrava scontata l’esclusione della concessione di basi a chicchessia, che il duro intervento del segretario del PSI, Pietro Nenni, fu incentrato sulla critica del fatto che le basi e le forze italiane sarebbero state (pur rimanendo completamente italiane) assoggettate alle direttive NATO.

Infatti, nel suo intervento in quel dibattito, disse: “accusiamo il governo di voler mettere le nostre basi navali ed aeree a disposizione dell’America e del Blocco Occidentale per una politica di accerchiamento dell’Unione Sovietica (…) non ha giustificazione o spiegazione, se ci si pone dal punto di vista dei nostri interessi nazionali. Accusiamo il governo di promuovere un’organizzazione militare che fa degli stranieri i padroni di casa nostra e chiama la guerra alle nostre frontiere invece di allontanarla. Accusiamo il governo di legarsi a un sistema che automaticamente ci impegna nella terza guerra mondiale (…)”.

Alla luce della situazione odierna, non c’è dubbio che tutta la sinistra italiana, storicamente, considererebbe il PD una forza di destra, nemica della pace e della sovranità nazionale. Non potrei dire se giungerebbe ad accusare tale partito non di sovranismo bensì di “nazionalismo”, un nazionalismo straniero, di tipo nuovo, per esempio “dell’America e del Blocco Occidentale”, come Nenni definì la NATO.

Su questo tema, forse, può soccorrerci lo storico Paolo Alatri (fu anche deputato comunista), il quale nel 1956 scrisse un’opera molto importante: “Le origini del fascismo”, molto valido da leggere anche oggi.

A pagina 13 si legge che il nazionalismo “si fa vanto di superare in favore dell’intera nazione qualunque atteggiamento di classe, qualunque interesse di parte. In realtà, esso rappresenta invece precisi interessi di classe, è l’espressione politico-letteraria degli interessi non solo economici ma anche psicologici della borghesia”. Ancora a pagina 16 scrive che il nazionalismo “implica, come conseguenza, la sostituzione del concetto di lotta tra le nazioni a quello di lotta di classi, e la distinzione tra nazioni ricche e nazioni povere, tra nazioni capitalistiche e nazioni proletarie, al posto dell’analoga distinzione socialista riportata alle classi. E, naturalmente, la teorizzazione del più intransigente imperialismo”.

Consideriamo non solo la lotta alla Russia e l’intransigente difesa (sembra una “guardiania”) della NATO, della UE -e pure degli USA- ma anche una più ampia visuale sulle caratteristiche programmatiche del PD: non solo esse sembrano corrispondere alle descrizioni di Alatri ma accomunano molti aspetti della politica di questo partito e della stessa Lega (nonché di altre forze). Sarà il caso di approfondire quanto emerge per farsi un giudizio originale e indipendente della reale situazione e prendere un indirizzo che non sia già nel copione del “Truman show” dei media imperialisti.