Elezioni europee: apriamo la riflessione

europa interrogativodi Marco Pondrelli

Le prossime elezioni europee devono essere fra i comunisti e la sinistra un momento per aprire una riflessione sull’Unione Europea ed i suoi limiti. Le politiche d’austerità sono connaturate alla natura della UE oppure sono una scelta degli attuali governi che potrebbe essere ribaltata in futuro?

Purtroppo le cause vanno ricercate non in politiche contingenti ma nella struttura stessa, l’Unione Europea poggia su trattati e su di una moneta che ha sostituito la svalutazione monetaria con quella del lavoro, non è possibile dentro questi parametri trovare spazi per politiche anche solo moderatamente redistributive. L’austerità non è quindi un dato congiunturale ed i salari sempre più bassi rendono impossibile rilanciare l’economia.

Non siamo in presenza di un contenitore neutrale, le cui politiche possono mutare a seconda del voto popolare, siamo in presenza di un’unione strutturalmente liberista.

Da un punto di vista istituzionale la UE è ciò che di meno democratico si possa concepire, con decisioni che hanno grande rilevanza per i cittadini, ad esempio la politica monetaria, prese da burocrati che rispondo alla grande finanza e non all’elettorato.

La debolezza economica rende impossibile ritagliarsi un ruolo autonomo nel mondo, che la renda partecipe del nuovo ordine multipolare. È difficile ipotizzare scenari diversi per chi ha delegato la propria difesa agli Stai Uniti. Dopo il referendum del Regno Unito che sancì la ‘Brexit’ molti fra politici ed opinionisti si affrettarono a chiarire che, per quanto concerneva il ruolo dell’alleanza atlantica, nulla sarebbe mutato. L’allargamento dell’Unione europea di fine anni ’90 fu possibile solo perché legato all’allargamento della NATO in chiave anti-russa. UE e NATO non sono scindibili.

Oltre al liberalismo, alla mancanza di democrazia è il militarismo la terza caratteristica che definisce la UE.

Il limite di questa Europa viene dalla sua nascita, l’Unione Europea non è l’Europa, né in termini geografici né in termini geo-politici. L’esclusione della Russia, che per alcuni stati è il nemico principale, non può che produrre divisioni e conflitti, con la NATO che porta le sue basi ai confini russi e con la guerra che Stati Uniti e Unione Europea hanno scatenato in Ucraina.

Criticare questo progetto d’Europa non vuole dire rifugiarsi nel nazionalismo o peggio prefigurare scenari di guerra. C’è chi paventa un ritorno al 1914 con i lavoratori che si cambattevano sui campi di battaglia. Questo scontro è realtà oggi, a causa di un sistema costruito sulla deflazione che porta i proletariati nazionali gli uni contro gli altri. Non c’è la possibilità di costruire politiche redistributive, di riavviare la domanda interna, la classe operaia italiana ha come nemico quella tedesca e viceversa.

Vanno messe in campo battaglie nazionali che mettano in crisi i vincoli europei e che ridiano un senso all’articolo 1 della Costituzione ‘la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione’. Individuare lo Stato Nazionale quale terreno dell’agire politico e del conflitto non vuole dire non avere una visione internazionalista. I comunisti non dovrebbero mai disgiungere il patriottismo dall’internazionalismo. Pensiamo ad un’Europa dall’Atlantico agli Urali, composta da stati sovrani che sappia essere protagonista del nuovo mondo multipolare guardando verso Oriente, verso la nuova via della seta cinese. Oggi l’Unione europea, a differenza del governo italiano, ha assunto una posizione assolutamente non condivisibile sulla via della seta, un’ulteriore prova dell’appiattimento ai desiderata dei nostri alleati di oltre oceano.

La risposta deve essere un’Europa che riscopra i valori della pace e del diritto internazionale, la sinistra proverà ad imboccare questa strada o seguiterò a lavorare per il Re di Prussia continuando a sognare un’Europa dei popoli e non dei capitali?