Le sorti “progressive” dell’Unione Europea

bandieraeuropadi Fabio Scolari
da sinistra.ch

Riceviamo dal compagno Fabio Scolari e volentieri pubblichiamo

Anche Donald Trump sembra essersi accorto che uno dei problemi che mina alla base la struttura dell’Unione Europea è lo stratosferico surplus commerciale tedesco. In realtà sono decenni che economisti e studiosi marxisti mettono in luce questa grana, che di fatto impedisce un possibile riequilibrio dell’economie dell’area euro, ma se a rilevarlo sono esponenti politici borghesi non possiamo che rallegrarcene. Chiunque abbia anche qualche generica reminescenza dei suoi studi superiori, non potrà non accorgersi che la politica perseguita dalla classe dirigente tedesca pare proprio ispirarsi ai principi del vecchio mercantilismo: ossia che la potenza di una nazione dipende essenzialmente dalla prevalenza delle esportazioni sulle importazioni. Questo meccanismo però non può essere applicato da tutti gli stati contemporaneamente, dal momento che qualcuno deve importare le merci prodotte. Se ci trovassimo in un sistema di cambi flessibili, osserveremmo con ogni probabilità una rivalutazione del Marco e dunque una perdita di competitività dei prodotti tedeschi, ma, ovviamente, in un’unione monetaria questo non è possibile. In realtà e per correttezza di informazione, gli avanzi commerciali accumulati dalla Germania in questi anni risultano superiori perfino alle soglie stabilite dai trattati europei, ma nessuno zelante burocrate di Bruxelles sembra minacciare di sanzionare la potenza teutonica.

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