Le cause della vittoria del Front national alle regionali francesi

regionali francia2015di Lorenzo Battisti* per Marx21.it

Il Fronte Nazionale vince il primo turno delle elezioni regionali. Ma non per l’immigrazione o per gli attentati terroristici. Sono Hollande e le politiche dell’Unione Europea che l’hanno spinto al successo.

Alla fine, l’onda nera è arrivata. Le carte che vi proponiamo, prese dai maggiori giornali francesi, mostrano in maniera inequivocabile l’avanzata del Front National. Un’avanzata che non è iniziata domenica scorsa, ma che continua da anni. La sinistra francese è sotto shock e non è ancora riuscita a fare un’analisi della situazione: le uniche esternazioni mirano a limitare il successo del Fn al secondo turno, rischiando però di ottenere l’effetto contrario. La nostra sinistra si limita o a ripetere qualcosa origliato oltr’alpe o, nel peggiore dei casi, a leggere le vicende francesi in chiave italiana. Cerchiamo di capire cosa è successo, quali ne sono le cause, e come potrà evolvere la situazione.

Elezioni regionali, voto nazionale

Il primo elemento che va sottolineato è la limitata importanza delle regioni nel sistema politico francese. Al contrario di quello che avviene in Italia, la maggior parte del potere è detenuto o dallo Stato, o dalle amministrazioni locali. Le regioni non hanno capacità impositiva (salvo decidere in maniera limitata sulle accise della benzina) e le competenze si limitano alla scuola, ai trasporti e al territorio, dove gestiscono i fondi provenienti dallo stato centrale o dall’Unione Europea. Anche per la loro limitata importanza, sono l’unico ente che elegge i propri rappresentanti con uno scrutinio proporzionale con premio di maggioranza del 25%: passano al secondo turno tutte le liste che superano il 10% e hanno diritto a una rappresentanza le liste che al secondo turno ricevono almeno il 5% (con la possibilità di fondere liste del primo turno).

Nonostante la loro limitata importanza, queste elezioni sono diventate centrali, poiché sono le ultime elezioni prima delle legislative e delle presidenziali del 2017. Il Fn e il nuovo partito di Sarkozy, i Repubblicani [1], volevano utilizzare queste elezioni come primo passo verso l’Eliseo; i socialisti al contrario cercavano di limitare i danni per mostrare che c’erano ancora speranze di vittoria per le presidenziali. In ogni caso, nessuno si attendeva che questi ultimi mantenessero le regioni vinte nel 2010 con la “vague rose”, quando lasciarono alla destra solo una regione su 22. L’onda blu era sicuramente attesa e preparata da tempo; quella nera, ad ascoltare i media francesi, invece lo era molto meno. Per queste ragioni il voto regionale è stato “nazionalizzato” dai due campi e i risultati vanno quindi letti come dati nazionali e con uno scarso legame con i problemi delle varie regioni.

La vittoria dell’astensionismo, l’onda nera

Un secondo elemento da tenere presente è che le regioni sono state riformate, facendo diminuire il loro numero da 22 a 13: a causa di questa trasformazione diventa difficoltoso un confronto preciso tra le precedenti elezioni (regionali 2010 o europee 2014): per questo mi atterrò ai calcoli fatti dai giornali francesi.

Il primo dato, occultato poiché dato per scontato, è quello dell’astensionismo. Poco più di un francese su 2 non è andato a votare. Una percentuale sicuramente alta, ma al contempo inferiore alle attese: le ultime settimane, quando i sondaggi davano un Fn in crescita e vincente in diverse regioni, molti francesi hanno optato per il voto: alcuni per fermare questa avanzata, altri per contribuirvi. Nonostante questo, la maggioranza degli elettori francesi ha deciso di non votare: una decisione che non può essere attribuita alla pigrizia o al voto invernale, ma che va letta come una scelta esplicita.

Il secondo dato evidente è l’ennesima sconfitta del Partito Socialista di Hollande, che non ottiene un solo risultato positivo dalle elezioni presidenziali in poi. Delle 21 regioni conquistate nel 2010 (tutte tranne l’Alsazia) oggi ne avrebbe mantenute 4 più la Corsica (che ha però le sue specificità) [2] e oggi ha qualche possibilità di vittoria in 3 su 13. Il Ps diventa il terzo partito francese con appena il 23%. In quattro regioni perde un terzo degli elettori e in altre 3 ne perde un quarto [3]. Questa sconfitta è ancora più pericolosa per il Ps poiché Hollande aveva costruito il successo nazionale su oltre 10 anni di radicamento amministrativo. Sicuramente alle prossime elezioni partirà da una base più solida del previsto, ma di certo il Partito Socialista non uscirà indenne dal suo quinquennato. La cosa più probabile che avvenga è che l’ala destra del partito, tutt’ora largamente maggioritaria utilizzi, dal 2017 in poi, le sconfitte del partito per seguire la strada italiana: un Partito Democratico francese, atlantista ed europeista, finalmente slegato da un termine che ne richiama troppo insistentemente l’égalité e gli antichi legami di classe e che lo limita nell’applicazione delle politiche liberiste.

Le cose non vanno meglio in casa dei Repubblicani. Questi infatti erano pronti a festeggiare la vittoria, aspettandosi una “vague bleu” che avrebbe portato loro la grandissima maggioranza delle regioni. Il partito, ancora diviso al proprio interno e con una guida di Sarkozy ancora contestata, si trova invece ad essere ancora il secondo partito e ad essere in testa solo in 4 regioni su 13 e con distacchi limitati, che rendono l’esito incerto. In 4 regioni i Repubblicani perdono un quinto dei loro voti rispetto alle europee di un anno fa [4] e diventano così il secondo partito francese con il 27%. Già prima delle elezioni Sarkozy aveva annunciato che non avrebbe ritirato la lista in caso di potenziale vittoria del Fn e che non l’avrebbe fusa con quella dei socialisti: nessun fronte repubblicano contro il Fronte Nazionale, e i Repubblicani come sola alternativa all’estrema destra. Questo ha scaricato sui soli socialisti la responsabilità di ritirare le proprie liste dalla competizione, con la conseguenza che, in quelle regioni, non avranno alcun seggio per i prossimi 6 anni.

Quello che invece trionfa è il Front National. Nonostante fosse chiaro l’aumento dell’influenza di questo partito, nessuno dei suoi avversari si attendeva un successo simile. Alcuni numeri possono chiarire quanto è successo domenica. Il Fn è il primo partito di Francia (tra i votanti), con 27,72%. E’ risultato il primo partito in 6 delle 13 regioni e in 20’000 comuni su 36’000 (sono 10’000 per i Repubblicani e 6’500 per i socialisti). Questo risulta ancora più importante per un partito che fino a pochi anni fa era esclusivamente nazionale, con forti difficoltà nelle competizioni amministrative. In 2 regioni il Fn è arrivato oltre il 40% e in altre 3 oltre il 35% e in quasi tutte le regioni raddoppia o triplica i voti rispetto al 2010, aumentando anche rispetto alle europee dell’anno scorso. A fronte di questo, e di anni di avanzata elettorale, va notato che la base militante resta piuttosto ristretta, segno che, come in Italia, buona parte del boom è dovuta all’attenzione dei media: il Fn rivendica appena 50’000 tessere, un numero senza dubbio gonfiato. Nelle settimane prima del voto sono usciti diversi appelli contro la vittoria del Fn: due giornali locali si sono posizionati esplicitamente contro il Fn; l’attuale presidente del Medef (la Confindustria francese) e l’ex presidente hanno denunciato il programma economico del Fn come dannoso per la Francia e contrario a quanto servirebbe [5]; il sindacato degli artisti ha pubblicato un appello contro il voto all’estrema destra. Questo mostra quanto poco servano questi appelli contro un partito che si posiziona come “anti élite”.

La sinistra francese non ha saputo approfittare della debolezza dei socialisti e dell’opposizione alle loro politiche, finendo per fare anch’essa dei passi indietro. I Verdi, che proprio alle regionali del 2010 erano diventati il terzo partito di Francia, si trovano oggi al loro più basso livello, avendo perso da un terzo alla metà dei loro voti. Il partito, inizialmente alleato di Hollande, si è poi diviso sul sostegno alle politiche sempre più liberiste del governo: una parte, minoritaria, continua a sostenere l’alleanza con i socialisti; una parte è uscita verso il Front de Gauche; infine la maggioranza del partito ha deciso di togliere il sostegno al governo e ha cercato alleanze locali con il FdG o liste indipendenti. I Verdi pensavano di beneficiare della Conferenza sul Clima di Parigi, che però è passata in secondo piano dopo gli attentati. Ma più di tutto ha sofferto una linea non chiara e le tanti divisioni interne degli ultimi mesi.

Il Front de Gauche si è presentato nelle varie regioni con configurazioni molto diverse. In nessuna di esse è stato alleato con i socialisti, ma le alleanze elettorali sono state molto diverse. In alcune vi è stata una lista del Front de Gauche, in altre questa era presentata insieme ai Verdi, in altre i componenti del Front de Gauche si sono presentati in liste diverse e contrapposte. Nel Nord-Pas-de-Calais-Picardie, nella regione Centro-Val-de-Loire, nella Loira e nella regione Auvergne-Rhone-Alps (la regione di Lione) sono state presentate liste Pcf sostenute da altri movimenti. Il risultato ottenuto mostra una resistenza del FdG (intorno al 5%), ma lontano dai risultati delle presidenziali. La difficoltà del FdG sono legate alla scomparsa (di fatto) del partito di Mélenchon e al ritiro di quest’ultimo verso un ruolo di secondo piano. Inoltre pesano lo scarso radicamento di alcune sue componenti: la grande maggioranza della forza militante viene fornita dal Partito Comunista, mentre gli altri partiti contano pochi iscritti. A questo si è aggiunta una difficoltà nell’emergere come chiara alternativa di sinistra al fallimento dei socialisti. Il risultato è che in 8 regioni su 13 il FdG non sarà rappresentato, poiché il suo risultato è inferiore al 5% (o i socialisti hanno ritirato la lista, per cui non c’è possibilità di fusione): perderà quindi almeno 42 dei 127 consiglieri regionali che aveva, i tre quarti dei quali erano comunisti [6]. Ci sono risultati significativi, sui cui bisogna riflettere. In Ile de France (la regione di Parigi) la lista del Fdg, guidata dal Pierre Laurent (segretario del Pcf) ottiene il 6,63%, mentre in Normandia arriva al 7%. Dove il Pcf si presenta da solo ottiene buoni risultati:

Nord-Pas-de-Calais-Picardie 5,32%
Centro-Val-de-Loire 4,59%
Auvergne-Rhone-Alps 5,39%
Pays de la Loire 3,33%

In totale i candidati del Pcf risultato essere primi in 48 comuni (mentre il Fdg lo è in 47 [7] ).

Infine non va dimenticato il risultato di Debout la France (Alzati Francia) che ottiene il 3,8% a livello nazionale (800’000 voti, 100’000 in più di un anno fa) e che avrà rappresentanti in due regioni (primo in 48 comuni). DLF è un partito sovranista di destra, anti atlantico e anti europeista, uscito dall’Ump di Sarkozy quasi 10 anni fa e che si rifà all’eredità gollista. Il suo risultato, spesso dimenticato, si aggiunge a quello del Fn e dei Repubblicani e mostra quanto sia stato forte lo spostamento a destra della Francia.

Immigrati, terrorismo o disoccupazione?

La sinistra italiana ha dato il peggio nel commento ai risultati francesi, basandosi non sui fatti, ma sulle necessità del momento e sulle proprie prospettive elettorali a breve o medio termine [8].

A sentire molti commentatori poco informati la causa del successo della Le Pen sarebbe sostanzialmente un colpo di fortuna: da una parte lo tsunami migratorio verso l’Europa e dall’altra il secondo attacco terroristico, avrebbero favorito le paure e le soluzioni di estrema destra. Un’analisi sbagliata quanto pericolosa. La conseguenza è che si è portati a pensare in maniera consolatoria che non possa essere sempre così e che in mancanza di questi eventi straordinari il Fn tornerebbe a livelli “normali”, lasciando quindi il campo ai partiti repubblicani. Questa posizione è però smentita da due fatti. Il primo è che l’attacco terroristico ha risollevato la popolarità del governo ai livelli dell’elezione del 2012 e ha forse impedito che una sconfitta diventasse una disfatta [9]. Il secondo è che ormai è dimostrato che il voto al Fronte Nazionale è più forte dove è più bassa la percentuale di stranieri [10].

Le vere cause di questa esplosione quindi vanno cercate altrove. Marine Le Pen è riuscita, grazie anche al supporto duraturo dei media, a far diventare il Front National un partito “normale” (a farlo “dediaboliser”), nascondendo teste rasate e nostalgici e arrivando a espellere il padre e fondatore dal suo stesso partito. E’ significativo, anche in questo caso, che nessuno abbia notato che nel suo messaggio di vittoria la Le Pen si sia riferita alla Francia della “Liberté, Égalité, Fraternité et Laicité”, utilizzando agevolmente un tema fino a pochi anni fa bandiera della sinistra. A conferma di questo cambiamento del partito c’è anche il fatto che questa volta, al contrario di quello che avvenne nel 2002, non ci sono enormi cortei e manifestazioni contro il Fn per frenarne la vittoria la secondo turno. Ma appunto quello era il Fn che negava l’esistenza dei forni crematori e li definiva un particolare della storia.

Questa trasformazione del partito è però solo una precondizione per la vittoria, necessaria ma non sufficiente. La vera forza del Fronte nazionale viene dagli effetti delle politiche socialiste e dell’Unione Europea. E in questo la colpa è esclusivamente di Hollande e del Ps. Lui porta la responsabilità del proprio passo indietro: dopo essersi presentato come il presidente anti-Merkel e nemico della finanza, è diventato fin dal giorno seguente il più ligio esecutore delle politiche europee di pareggio di bilancio e di deflazione salariale. Nello stesso tempo ha regalato 40 Miliardi di euro alle imprese senza alcuna contropartita su investimenti o impiego. Come scrivevamo qui su Marx 21 oltre un anno e mezzo fa:

“È un gioco pericoloso quello che i socialisti stanno giocando. È lo stesso gioco che portò nel 2002 i francesi a scegliere tra la destra di Chirac e quella di Jean-Marie Le Pen, quando le politiche del pareggio di bilancio per il rispetto dei trattati della Gauche Plurielle furono sonoramente bocciate dagli elettori. Nella mente di alcuni socialisti c’è forse l’idea di arrivare, tra tre anni, a vivere la stessa esperienza al contrario: un ballottaggio tra Hollande e la Le Pen che costringa tutti i francesi a un fronte repubblicano per fermare l’estrema destra. In questo modo si potrebbero imporre le misure le europee, senza pagarne un prezzo elettorale. Ma è appunto un gioco estremamente pericoloso. [11]

La disoccupazione spiega molto chiaramente i risultati di domenica. Invece di creare occupazione, le politiche di Hollande e dell’Unione Europea hanno creato ulteriore disoccupazione. Mentre la correlazione tra il tasso di immigrazione e voto al Fn è debole e negativa (-0,17), è altissima e positiva quella tra quest’ultimo e la disoccupazione (+0,80) : più è alto il tasso di disoccupazione, maggiore è il voto al partito della Le Pen [12]. Un voto che risulta sempre più diversificato anche dal punto di vista religioso: la crisi occupazionale ha radicalizzato sia i musulmani che i cristiani e gli ebrei, che non trovano niente di male nel sostenere la Le Pen. Una radicalizzazione delle tre maggiori religioni che si era mostrata nella loro unione contro la legalizzazione dei matrimoni omosessuali.

La disoccupazione spiega anche l’ostilità verso i due principali partiti, i socialisti e i repubblicani. Durante la presidenza di Sarkozy la disoccupazione è aumentata di un milione di persone [13] e di altre 700’000 è aumentata nei 3 anni di presidenza Hollande [14]. Difficile pensare quindi che gli elettori francesi potessero scegliere nuovamente i Repubblicani come conseguenza dei fallimenti socialisti.

Un presidente frontista?

Per quanto riguarda il secondo turno delle regionali, l’esito è quanto mai incerto [15], ma allo stesso tempo anche di scarso interesse. Che il Fn guadagni 2 regioni o più, il dato politico non cambia in maniera significativa. Ci saranno quasi ovunque dei triangolari, tra Repubblicani, socialisti e Front National: i repubblicani hanno deciso di non ritirare né di unire le liste [16], i socialisti hanno dichiarato di ritirare la propria lista in tre regioni, anche se il consenso non è unanime ed alcuni potrebbero decidere di non seguire l’indicazione che viene da Parigi [17]. Il Pcf ha dichiarato di unire le proprie liste a quelle dei socialisti, affermando però che questa unione non sarà programmatica e che gli eletti continueranno a fare opposizione ai socialisti e a seguire il programma alternativo presentato agli elettori [18]. Al contrario, Mélenchon ha deciso di non dare indicazioni per il secondo turno [19]. Stessa strategia per Nicolas Dupont-Aignan segretario di Debout la France [20].

Ma a parte queste ultime strategie elettorali, cosa succederà ora?

Il primo dato chiaro è la debolezza di chi si sentiva già presidente in pectore, di Sarkozy. Ma la sua debolezza non deriva solamente dal piano elettorale. La sua guida è quanto mai contestata e non è scontato che sia lui il candidato nel 2017. L’opposizione viene dai settori gollisti interni ed esterni al partito, quelli stessi che lui ha prima sconfitto e poi umiliato. C’è sicuramente il partito Debout la France che guadagna 100’000 voti rispetto all’anno scorso, ma c’è soprattutto l’avversione dei tanti che fanno ancora parte dell’establishment francese e che non condividono la sua linea atlantica e liberista. Una voce che continua a opporsi è quella dell’ex primo ministro Raffarin, che non condivide la rincorsa a destra del Fn. Ma c’è anche Villepin, l’ex ministro degli esteri che si rifiutò di partecipare alla guerra in Iraq, ora senza tessera che usa il proprio peso politico per contrastare le scelte di Sarkozy: dopo l’attentato di Parigi ha fortemente criticato la scelta militare di Hollande (tanto in Siria quanto in Mali) per farsi intendere dal suo ex partito. Ma soprattutto c’è l’avversione di tutto il mondo gollista che è ancora importante dentro lo stato francese. Un po’ come è avvenuto per gli azionisti italiani, questi non hanno più un partito (dopo la svolta filo americana di Sarkozy), ma sono ovunque e controllano molto: nei giornali (Le Monde), in molti ambiente dell’alta burocrazia francese (vengono tutti dalle Grands Écoles, dall’Ena, da Science Po), nel corpo diplomatico, nei centri studi, nei servizi segreti e nei militari [21].

Come detto, queste elezioni regionali potrebbero essere l’ennesimo passo verso la definitiva trasformazione del Ps in un Pd alla francese. La reazione di Hollande è stata quella di ignorare i vincoli di bilancio europei per finanziare l’intervento illegale in Siria (“Il patto per la sicurezza prevale sul patto di stabilità” [22]), ottenendo l’effetto politico opposto a quello desiderato. Come sottolinea Keynes Blog:

““Circostanze straordinarie” che evidentemente non valgono per scopi produttivi in tempo di pace: non si può sforare il 3% se si tratta di riportare al lavoro i disoccupati, neanche se sono un quarto della forza lavoro come in alcuni paesi europei; non si può sforare il 3% se si tratta di ammodernare le strade, investire nell’istruzione, assumere medici e infermieri.”

Forse è un tentativo di rompere in extremis con i patti europei, chiedendo mano libera sul bilancio per contrastare l’estrema destra e per partecipare alla guerra in Siria. Ma sembra troppo poco e troppo tardi.

Infine il Pcf e il Fdg devono affrontare problemi simili a quelli dei comunisti in Italia. Come mai davanti alla crisi dei socialisti, è l’estrema destra che cresce? Come in Italia, anche in Francia operai e giovani scelgono tra il non voto e il voto per le destre estreme e movimenti populisti (il blocco nero verde o i grillini in Italia, il Front National in Francia). I buoni risultati ottenuti, in particolare quelli dove il Pcf si presentava da solo, possono aiutare a trovare una via di uscita a questo problema, mentre il risultato di Pierre Laurent potrebbe essere la base per il ritorno di un comunista come candidato alle presidenziali nel 2017. Quello che è certo è che il FdG è in evidente crisi e probabilmente vedremo dei cambiamenti da qui alle prossime elezioni presidenziali. Era nato come unione della forza militante del Pcf e della capacità comunicativa e mediatica di Mélenchon: un polo di attrazione per la sinistra socialista e per i militanti in uscita dalla crisi dell’Npa. A questi si sono aggiunti negli ultimi mesi una parte dei Verdi e di altre parti della sinistra. Ora è evidente però la debolezza del progetto: il Fdg è stato l’unico a non fare di fatto una campagna nazionale, e a presentarsi in maniera davvero difforme nelle varie regioni.

Quello che ha indebolito la sinistra francese, a partire dal Front de Gauche, è l’assenza di mobilitazioni di massa da parte dei sindacati. Nei primi anni della presidenza Hollande ci sono state grandi manifestazioni per il diritto al matrimonio omosessuale, di cui però, come detto, hanno beneficiato politicamente più gli oppositori che i sostenitori. Il mondo del lavoro ha sofferto il sostegno di 4 dei 5 sindacati al governo socialista (o di una flebile opposizione), mentre la Cgt (il sindacato vicino al Pcf) è stato frenato da divisioni e scandali interni.

Per il 2017 ci sono quindi prospettive fosche, se non addirittura decisamente nere. Ormai appare evidente che i socialisti non hanno alcuna possibilità di arrivare al secondo turno e la Francia si troverà nuovamente a dover decidere tra la destra e il Fronte Nazionale. Ma tutto sarà diverso dal 2002: la destra di Sarkozy, atlantica e radicale, non è quella di Chirac; il Fronte nazionale di Marine Le Pen ha ormai poco a che fare con quello del babbo (almeno dal punto di vista dell’immagine). Non penso che la Le Pen sia in grado di vincere, ma di certo il risultato finale non sarà così distante da quello dei Repubblicani.

Come sempre, questo futuro non è scritto. Le mobilitazioni dei lavoratori francesi e il lavoro militante dei comunisti possono rovinare i piani del padronato francese e dei grandi monopoli europei.

*Comitato Centrale del Pcdi e Dipartimento Esteri

esplosione fn 2004 2015

NOTE

1 Il partito di Sarkozy, dopo aver risolto la guerra interna durata oltre due anni, ha cambiato nome ne “I Repubblicani”, con un chiaro riferimento al partito americano, e forse anticipando così un futuro cambio dei socialisti in Partito Democratico. Questo mostra una volta di più i legami atlantici di Sarkozy.
2 Quel aurait été le résultat de régionales à 22 régions et non pas 13 ? http://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2015/12/08/quel-aurait-ete-le-resultat-de-regionales-a-22-regions-et-non-pas-13_4827331_4355770.html
3 Régionales : analyse du tsunami http://www.regards.fr/web/article/regionales-le-tsunami
4 ibidem
5 É stata una mossa esclusivamente politica, forse addirittura per rafforzare il Fn. In realtà il programma economico del Fn raccoglie da anni i desideri dei monopoli francesi: forte riduzione dei lavoratori pubblici, riduzione della tassazione, fine delle 35 ore, privatizzazioni.
6 ibidem
7 Elections régionales 2015 : commune par commune, la liste qui est arrivée en tête  http://www.lemonde.fr/les-decodeurs/visuel/2015/12/07/regionales-2015-commune-par-commune-la-liste-qui-est-arrivee-en-tete_4826510_4355770.html
8 Tra le analisi errate condotte a fini elettorali non va dimenticato l’appello dei sindaci di Milano, Genova e Cagliari.  L’appello dei tre sindaci: “Imparate dalla Francia, non lasciamo il campo a destra populista” http://www.repubblica.it/politica/2015/12/09/news/_imparate_dalla_francia_non_lasciamo_il_campo_alla_destra_populista_-129070211/
9 Explosion de la popularité de François Hollande dans les sondages  http://www.lemonde.fr/politique/article/2015/12/01/hollande-conquiert-desormais-la-moitie-des-francais_4821824_823448.html
10 Immigration et vote FN  http://www.lemonde.fr/les-decodeurs/breve/2014/05/26/immigration-et-vote-fn_4426256_4355770.html
11 La crescita della destra estrema in Francia. Le responsabilità dei socialisti  https://www.marx21.it/index.php/internazionale/europa/23853-la-crescita-della-destra-estrema-in-francia-le-responsabilita-dei-socialisti
12 Bloomberg View: Marine Le Pen Ha Vinto per L’Economia, Non per la Xenofobia http://vocidallestero.it/2015/12/07/bloomberg-view-marine-le-pen-ha-vinto-per-leconomia-non-per-la-xenofobia/
13 Chômage : qui dit vrai de Sarkozy ou du PS ?  http://www.lemonde.fr/election-presidentielle-2012/article/2012/03/08/desaccord-entre-sarkozy-et-fabius-sur-le-nombre-de-chomeurs-qui-dit-vrai_1653745_1471069.html
14 Elections régionales : comment en est-on arrivé là ?  http://www.lemonde.fr/idees/article/2015/12/07/comment-en-est-on-arrive-la_4826209_3232.html
15 Al secondo turno ci saranno 2 duelli (Fn, rep, grazie al ritiro delle liste socialiste) 10 triangolari (Ps, Rep, Fn) e un quadrangolare (in Corsica). I risultati sono quindi assolutamente incerti, anche a causa della limitata distanza tra le varie coalizioni. 
16 Elections régionales : Les Républicains s’en tiennent à une ligne « ni retrait, ni fusion » http://www.lemonde.fr/elections-regionales-2015/article/2015/12/07/regionales-2015-la-ligne-ni-retrait-ni-fusion-avec-les-socialistes-divise-la-droite_4826176_4640869.html
17 Elections régionales : Jean-Pierre Masseret dépose sa liste pour le second tour dans le Grand Est, malgré les consignes du PS  http://www.lemonde.fr/elections-regionales-2015/article/2015/12/07/regionales-le-socialiste-jean-pierre-masseret-refuse-de-se-retirer-dans-le-grand-est_4826057_4640869.html
18 Premier tour des élections régionales 2015 – Déclaration de Pierre Laurent  http://www.pcf.fr/79508
19 Régionales: Jean-Luc Mélenchon ne donne pas de consigne de vote dans les régions où la gauche est absente  http://www.humanite.fr/regionales-jean-luc-melenchon-ne-donne-pas-de-consigne-de-vote-dans-les-regions-ou-la-gauche-est
20 Debout la France ne donnera aucune consigne de vote à l’occasion du 2nd tour des élections régionales  http://www.debout-la-france.fr/actualite/debout-la-france-ne-donnera-aucune-consigne-de-vote-loccasion-du-2nd-tour-des-elections
21 Questi ultimi in particolare non perdonano a Sarkozy il reintegro della Francia nel comando Nato. Oltre a ragioni ideologiche e strategiche, questa decisione avrà un forte impatto sulle loro carriere.
22 Il ritorno del Keynesismo militare  http://keynesblog.com/2015/11/24/il-ritorno-del-keynesismo-militare/