Laboratorio greco

di Manuela Palermi, Segreteria nazionale PdCI

grecia polizia donnaRiceviamo e volentieri pubblichiamo come contributo alla discussione

Non sono un’esperta in politica internazionale pur seguendola con passione. E sovente la passione ha la meglio sul ragionamento e io mi danno a leggere in che condizioni vive il popolo greco: non esistono precedenti se non la fine dell’occupazione tedesca del ’44. 

La Grecia di oggi è fatta di crollo di salari e pensioni, di disoccupazione giovanile al 50%, di fallimenti di imprese, di negozi e di giornali, di aumento d’imposte stravaganti ed arbitrarie, di privatizzazioni in serie, di smantellamento di servizi pubblici, ad iniziare dalla sanità e dalla scuola, di depressione di massa e di una catena di suicidi.

Poi c’è un’altra Grecia. Quella delle banche e dei ricchi armatori. Quella della Chiesa che, pur essendo il maggior proprietario di terre, non paga imposte. E mentre viene affamato un intero popolo e brutalmente tagliata ogni spesa sociale, la Grecia è costretta a pagare migliaia di milioni di euro di spese militari a fornitori europei che sono gli stessi che vogliono il pagamento del debito, e cioè Germania e Francia.

Cos’è oggi la Grecia? Alexis Tsipras, leader di Syriza, parla di un laboratorio di cavie umane in cui vengono sperimentate le politiche da attuare poi in Portogallo, in Spagna, in Irlanda, in Italia… 

Quelle cavie si sono ribellate, eccome. E l’hanno fatto malgrado una repressione poliziesca feroce. Scioperi generali, occupazioni di piazze, manifestazioni e proteste che non si fermano da più di un anno. Alle ultime elezioni, poi, le cavie hanno quadruplicato i consensi a Syriza riducendo della metà i partiti (la destra e il centrosinistra schierati con la troika) che hanno fatto dell’arbitrarietà, del cinismo e della paura un vero e proprio metodo di governo. 

Tra la gente greca hanno preso il sopravvento l’angoscia e la collera. Una parte di quella collera se n’è andata incontro ad Alba Dorata, una forza nazista e xenofoba. Ma molti, moltissimi, per la prima volta dal 1958 hanno dato il loro appoggio alla sinistra. A Syriza. E questa sinistra è europea. Non ha intenzione di abbandonare l’euro, ma rifiuta categoricamente la politica imposta dalla Ue, dalla Bce e dal Fmi. Non vuole il default, che significherebbe inflazione e svalutazione alle stelle, fuga di capitali, un mercato nero del cambio di proporzioni gigantesche. Non paragonabile, come molti fanno, all’Argentina, perché lì si verificò una specifica congiuntura: una crescita straordinaria delle esportazioni di mais e di grano verso la Cina, quattro miliardi di dollari in più all’anno. L’Argentina poté acquistare beni essenziali all’estero con valuta pregiata e contemporaneamente far ripartire la spesa pubblica e l’economia locale con i pesos. 

Syriza è europeista, ma propone a Ue, Bce ed Fmi alternative credibili ed immediatamente attuabili: una moratoria del debito e contemporaneamente un’assise internazionale per verificarne la legittimità; la nazionalizzazione delle banche; l’immediata soppressione delle misure antisociali prese dai precedenti governi. 

Alla manifestazione della Federazione della Sinistra del 12 maggio un compagno tra la folla imprecava contro l’intervento dell’ospite francese, esponente del partito comunista, per le critiche al Kke, il partito comunista greco, che aveva rifiutato, come una provocazione, la proposta di Syriza di un governo di sinistra considerandola “un salvagente bucato per un popolo che sta affogando”. Ha detto Aleka Papariga del Kke: “L’unico governo che può affrontare le sfide della crisi e i bisogni del popolo è quello che cancellerà unilateralmente il debito, denuncerà e rovescerà il Memorandum e l’accordo del prestito, tirerà fuori la Grecia dalla UE e renderà il popolo unico proprietario della ricchezza che produce e che esiste in Grecia” . 

Sembra proprio che la Grecia sia un laboratorio, come dice Tsipras, e non solo per la troika. E’ difficile per me capire l’atteggiamento del Kke. So che tra i compagni vi sono posizioni dissimili. E per questo credo che non vadano taciute.

Quando il Kke dice di considerare le proposte di Syriza “false speranze” per il popolo, mi chiedo se onestamente può credere che le sue proposte rappresentino qualcosa di più di una “falsa speranza”. Di fronte a quella desertificazione umana che sta diventando la Grecia, non esistono “cose possibili” che non siano difficilissime, ma proprie perché difficilissime non conosco nulla di più forte per affrontarle se non uno schieramento di sinistra e comunista, unitario, che almeno momentaneamente accantoni identità, convinzioni, divisioni disastrose. La storia è un processo lungo e ad ostacoli dentro cui camminare senza il soccorso di verità rivelate.

Oggi attorno a Syriza, una coalizione nata nel 2004 dall’alleanza col Synaspimos, si sono radunate molte forze della sinistra democratica, dai movimenti sociali agli indignados, da quelli di difesa degli immigrati ai lavoratori in lotta, dai gruppi femministi ai gay agli ecologisti. I comunisti sono rimasti fuori ed io – comunista – non capisco. A giugno si terranno nuove elezioni e secondo i sondaggi di un po’ di giorni fa si dava per certo che Syriza sarebbe diventata la prima forza politica del Paese. Ora sembra che stiano di nuovo risalendo le forze legate alla Troika, quasi che i greci s’illudano così – in mancanza di vere o false speranze – di diventare più graditi alla signora Merkel. 

Che fa il governo “tecnico” italiano, così fortemente voluto dal presidente Napolitano e sostenuto dal Partito Democratico? Che fa il governo francese, accolto come l’alternativa alla politica tedesca del rigore e dell’austerità, che sorprendentemente, con l’elezione di Hollande, sembra avere reso ancor più irreversibile l’Unione Europea? Scuotono le teste, si rammaricano per l’incoscienza dei greci, ammoniscono le popolazioni a non fare come la Grecia se non vogliono finire come la Grecia. Non c’è un governo in Europa che consideri giuste e difenda le decisioni di un popolo, quel popolo. Soprattutto non c’è un governo che rifiuti la sua esclusione dall’Europa e dalla zona euro. 

Il Guardian ha chiesto a Christine Lagarde che ne pensava delle condizioni dei bambini greci. Il potente direttore del Fmi ha risposto: “Penso di più ai bambini di un piccolo villaggio del Niger che usufruiscono della scuola per non più di due ore al giorno, si dividono una sedia in tre e fanno del tutto per imparare a leggere e scrivere. Penso a loro. Perché a loro si deve dare più aiuto che ai bambini greci”.