La legittimità internazionale di Washington si erode mentre la guerra commerciale si intensifica

yuandollar voltidi Fabio Massimo Parenti*

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Pubblicato in inglese sul Global Times del 29 giugno 2018

Le tensioni commerciali internazionali coinvolgono non solo le relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti, ma anche tra questi ultimi e l’UE. Cina, UE, India, Canada, Messico, Brasile … l’elenco dei paesi colpiti dalle tariffe statunitensi è lungo e ogni paese reagisce con contro-tariffe. È il punto di partenza di una guerra commerciale globale? È solo uno stratagemma americano per aumentare il proprio potere negoziale? In che modo queste mosse influenzeranno le relazioni transatlantiche?

Mi concentrerò sull’ultima domanda. Acciaio, alluminio, lavatrici, pannelli solari, motori e forse auto; sono centinaia i prodotti inclusi tra le nuove tariffe emesse da entrambe le sponde dell’Atlantico. Ciò che è curioso in questa storia è il ruolo degli Stati Uniti – la fonte delle nuove tensioni commerciali. Gli Stati Uniti hanno vissuto un lungo periodo di deindustrializzazione, a causa dell’internazionalizzazione delle imprese americane sostenuta dallo stato. È il modello delle “free corporation”, promosso dalla globalizzazione a guida statunitense.

Guardando al lato negativo di quest’esito della globalizzazione a stelle e strisce, Trump ha promesso di sostenere la base industriale statunitense, ri-espandendola al fine di creare filiere produttive più integrate al territorio nazionale e meno dipendenti da fonti straniere. Questo non è completamente sbagliato, ma, poiché è un approccio diametralmente opposto alle politiche degli ultimi decenni, gli Stati Uniti dovrebbero agire con attenzione, gradualmente, e trovare soluzioni e compromessi con il resto del mondo. Rivolgersi ai fondamenti dell’economia statunitense richiede misure e strategie saggie, non rapide, né improvvise operazioni protezionistiche senza considerare le esigenze di altri paesi.

A mio parere, con queste manovre gli Stati Uniti stanno perdendo ulteriore legittimità internazionale. Se queste politiche saranno ulteriormente implementate, ci saranno enormi ripercussioni economiche e politiche. Tuttavia, se guardiamo alle recenti tariffe su acciaio e alluminio contro l’Europa (e altri paesi), l’impatto è minimo: rappresentano lo 0,3 per cento delle esportazioni europee. Inoltre, il principale mercato per le esportazioni di acciaio europeo non è negli Stati Uniti.

È certamente comprensibile che la Casa Bianca continui a trasmettere il messaggio agli elettori di Trump sull’idea di re-industrializzare il paese, tuttavia dal lato europeo la percezione è ben diversa: gli Usa infrangono le regole dell’OMC e danneggiano i rapporti storici con l’Europa. Come detto, le tensioni commerciali sono un sintomo della perdita di legittimità statunitense agli occhi dei suoi principali partner economici e geopolitici.

Ovviamente, dopo aver promosso un modello di globalizzazione basato sull’idea del “free trade-corporations” e sviluppato un’economia transnazionale reticolare, i partner degli Stati Uniti cercheranno alternative e stanno già studiando strade diverse. Prima di tutto con la Cina. Molte aziende e paesi considerano l’iniziativa Belt and Road un’alternativa al precedente modello di interconnessione internazionale. Germania e Italia stanno dunque sviluppando un nuovo approccio per relazionarsi con gli Stati Uniti.

Le tensioni commerciali sono anche un sintomo di un cambiamento radicale negli equilibri di potere a livello globale. Molti paesi sono alla ricerca di alternative, non necessariamente per sostituire gli Stati Uniti come un grande partner e un mercato in grado di assorbire una parte considerevole della domanda internazionale, ma di diversificare, oltre le tradizionali alleanze, le loro relazioni economiche e politiche.

Se guardiamo ai dati aggregati, è chiaro che anche la Cina sta diventando un mercato in grado di assorbire la domanda internazionale. Creare tensioni con Pechino e non essere in grado di trovare una soluzione o un compromesso impatterà negativamente Washington più della Cina, mentre l’Europa può essere colpita severamente se non ripenserà il proprio ruolo internazionale. Ciò che emerge da queste tensioni commerciali, che possono trasformarsi in una vera “guerra”, è un processo di indebolimento degli Stati Uniti come partner di riferimento del sistema internazionale.

L’amministrazione Trump dovrebbe trovare un equilibrio tra la sua nuova strategia, che può essere in parte ragionevole, all’interno di un mondo altamente interconnesso. Gli Stati Uniti dovrebbero capire che i paesi emergenti non possono più essere trattati come in passato.

L’autore è professore associato di studi internazionali presso l’Istituto Internazionale Lorenzo de ‘Medici, Firenze, membro del think tank CCERRI, Zhengzhou, e membro di EURISPES, Laboratorio BRICS, Roma. Il suo ultimo libro è Geofinance and Geopolitics.