Stagnazione secolare, o forse peggio?

stagnazione secolaredi Immanuel Wallerstein
da iwallerstein.com

Traduzione di Lorenzo Battisti per Marx21.it

Gli economisti mondiali stanno lottando con qualcosa che trovano difficile da spiegare. Com’è che i prezzi delle azioni hanno continuato ad aumentare nonostante il fatto che quella cosa chiamata crescita sembri stagnante? Nella teoria economica mainstream, non dovrebbe funzionare così. Se non c’è crescita, i prezzi di mercato dovrebbero declinare, stimolando di conseguenza la crescita. E quando la crescita torna, allora i prezzi di mercato dovrebbero salire di nuovo.

I fedeli di questa teoria dicono che l’anomalia è un’aberrazione momentanea. Alcuni negano addirittura che sia vera. Ma ci sono altri che considerano l’anomalia una sfida importante alle teorie mainstream. Questi cercano di rivisitare le teorie perché tengano conto di quella che molti ora chiamano “stagnazione secolare”. I critici includono varie persone importanti, tra i quali alcuni premi Nobel. Ci sono tra loro pensatori tra loro molto differenti, come Amartya Sen, Joseph Stiglitz, Paul Krugman, e Stephen Roach.

Mentre ciascuna di queste persone ha una linea argomentativa diversa, condivide le stesse convinzioni. Tutti credono che quello che fanno gli stati ha un grosso impatto su quello che succede. Tutti pensano che l’attuale situazione è insana per tutta l’economia e che questo ha contribuito a un significativo aumento della polarizzazione dei redditi reali. Tutti loro pensano che si dovrebbe mobilitare l’opinione pubblica perché faccia pressione sulle autorità governative per agire in modo specifico. E tutti loro pensano che, se l’attuale insana e anomala situazione potesse continuare ancora per qualche tempo, esistono appropriate politiche statali che rendono possibile un’economia meno polarizzata e meno malsana.

In breve, e questo è il mio punto principale, nessuno dei critici è pronto ad andare oltre e ad accettare il fatto che il sistema capitalistico in sé è entrato in una fase di inevitabile declino. Questo significa che non esiste alcuna politica governativa che possa ristabilire il funzionamento del capitalismo come sistema possibile.

Non molto tempo fa, la stagnazione secolare era un termine utilizzato da molti analisti innanzitutto per descrivere lo stato dell’economia giapponese a partire dagli anni ’90. Ma dal 2008 l’uso del concetto è stato applicato a diverse aree – i membri della zona Euro come Grecia, Italia e Irlanda; gli stati ricchi di petrolio, come la Russia, il Venezuela e il Brasile; recentemente anche gli Stati Uniti; e potenzialmente forti attori economici come Cina e Germania.

Uno dei problemi per quelli che cercano di capire cosa stia accadendo è che analisti diversi usano geografie differenti e calendari differenti. Alcuni parlano della situazione stato per stato e alcuni stanno cercando di valutare la situazione nell’economia mondiale in toto. Alcuni vedono la stagnazione secolare cominciare nel 2008, altri negli anni ’90, altri ancora alla fine dei ’60 e alcuni ancora prima.

Lasciatemi proporre ancora una volta un altro modo di vedere la stagnazione secolare. L’economia mondo capitalistica è esistita in parti del globo a partire dal 16° secolo. Chiamo questo il sistema mondo moderno. Si è velocemente esteso geograficamente, abbracciando alla fine il mondo intero a partire dalla metà del 18° secolo. È stato un sistema di grande successo nel suo principio guida, l’infinita accumulazione di capitale. Cioè accumulare capitale per accumulare più capitale.

Il sistema mondo moderno, come tutti i sistemi, oscilla. Ha anche meccanismi che limitano le fluttuazioni e spingono il sistema verso l’equilibrio. Questo somiglia a cicli in su e in giù. Il solo problema è che i “giù” non ritornano mai al precedente punto minimo, ma piuttosto a uno un po’ più alto. Questo perché, in complessi sistemi istituzionali, c’è resistenza ad andare sempre in giù. La vera forma dei ritmi ciclici è quella di due passi in su, e un passo in giù. Il punto di equilibrio è quindi mobile. In aggiunta al ritmo ciclico, ci sono tendenze secolari.

Se si misura l’ascissa delle tendenze, queste si muovono verso l’asintoto del 100%, che ovviamente non può mai essere passato. Un po’ prima di quel punto (diciamo verso l’80%), le curve cominciano a fluttuare in maniera selvaggia. Questo è il segno che siamo entrati in una crisi strutturale del sistema. Si biforca, cioè ci sono due, quasi opposti, modi differenti di scegliere il successore del sistema. La sola cosa che non è possibile è fare funzionare il sistema attuale nel suo modo normale precedente.

Mentre prima di quel punto, grandi sforzi di trasformare il sistema finiscono in piccoli cambiamenti, ora è vero il contrario. Tutti i piccoli sforzi di cambiare il sistema hanno grandi impatti. La mia tesi è che il sistema mondo moderno sia entrato nella sua crisi strutturale all’incirca nel 1970 e vi rimarrà per altri 20-40 anni. Se vogliamo valutare azioni utili, dobbiamo tenere a mente due diversi orizzonti temporali, il breve termine (al massimo 3 anni) e il medio termine.

Nel breve periodo, quello che possiamo fare è di minimizzare il dolore per quelli che sono colpiti più duramente dall’aumento della polarizzazione in atto. Le persone reali vivono nel breve termine e hanno bisogno di soccorso immediato. Questo soccorso, però non cambierà il sistema. Il cambiamento può avvenire nel medio periodo a seconda che i sostenitori di questo o di quel successore del sistema ottengano sufficiente forza per piegare la biforcazione in quella direzione.

Qui sta il pericolo di non spingersi abbastanza avanti nell’analisi critica del sistema. Solo se si vede chiaramente che non c’è via d’uscita dall’attuale stagnazione si può diventare forti abbastanza per vincere la lotta morale e politica. Una punta della biforcazione si dirige verso la sostituzione del capitalismo con un altro sistema che sarà altrettanto terribile o forse ancora peggio, mantenendo le caratteristiche cruciali della gerarchia, dello sfruttamento e della polarizzazione. L’altra punta va verso un nuovo sistema che è relativamente egualitario e relativamente democratico.

Negli anni a venire potranno esserci rialzi che sembreranno indicare che il sistema funziona di nuovo. Anche il livello di disoccupazione del sistema intero, la misura chiave dello stato del sistema, può aumentare. Ma questi rialzi non dureranno a lungo perché la situazione globale è troppo caotica. E il caos paralizza la prontezza sia dei potenti imprenditori che delle persone semplici di utilizzare il capitale rimanente in modi da rischiare perdite e quindi da mettere a rischio la propria sopravvivenza.

Stiamo facendo una corsa pazza, una corsa davvero spiacevole. Se vogliamo comportarci in maniera ragionevole, la chiarezza dell’analisi è il primo requisito, seguito dalla scelta morale e dal giudizio politico. La linea di fondo è che abbiamo abbondantemente passato il punto in cui c’è un qualsiasi modo in cui il capitalismo come sistema storico possa sopravvivere.

(Tradotto con il permesso dell’autore)