Il concetto di sviluppo di un progetto di sovranità nazionale nella prospettiva di una globalizzazione negoziata

mundomultipolardi Samir Amin*
da samiramin1931.blogspot.it

Traduzione di Lorenzo Battisti per Marx21.it

1) Un progetto di sovranità nazionale implica il concetto e l’implementazione di un insieme coerente di politiche nazionali miranti a “camminare su due gambe”, cioè i) costruire un sistema produttivo industriale integrato e autocentrato ii) avviarsi verso politiche di rivitalizzazione e modernizzazione dell’agricoltura contadina; e iii) articolare i due obiettivi in un piano di azione coerente e complessivo.

a) Costruire un sistema produttivo industriale complessivo e integrato implica che ciascuna industria sia concepita in modo da diventare il principale fornitore e/o il maggiore sbocco per le altre industrie. Questo concetto entra in conflitto con il dogma neo liberale che è basato sul criterio esaustivo di profittabilità per ciascun singolo comparto industriale considerato separatamente dagli altri. Questo concetto porta allo smantellamento del sistema industriale costruito precedentemente (nell’ex Unione Sovietica, nell’Europa dell’Est e in alcuni stati del Sud) e a subordinare ciò che rimane allo stato di subfornitori sottoposti all’ulteriore espansione dei principali imprese giganti transnazionali (gestite dal capitale finanziario degli Usa, alcune dall’Europa Occidentale e dal Giappone).

Il nostro concetto alternativo implica l’intervento statale, cioè la pianificazione statale, con la gestione di un sistema finanziario nazionale indipendente con l’obiettivo di finanziare prioritariamente la costruzione di industrie, nello schema di vincoli di bilancio che impediscano l’inflazione e un largo e crescente debito estero. Il sistema di tassazione dovrebbe essere concepito in modo da supportare lo sviluppo di questo progetto. Eventuali investimenti diretti esteri associati dovrebbero essere sottoposti a condizioni negoziate che rafforzino il progetto nazionale, non che lo annichiliscano.

b) definire politiche che mirino a ravvivare l’agricoltura contadina, con l’obiettivo di ridurre la migrazione dalle aree rurali a un tasso tale che esso non possa essere assorbito dallo sviluppo industriale urbano. L’obiettivo implica che la terra non sia considerata una “merce”, ma come un bene comune nazionale a disposizione di tutti i contadini. Ciò pertanto implica percorsi di possesso che proteggano l’accesso alla terra per tutte le famiglie contadine, su basi quanto più eque possibile. L’obiettivo è anche assicurare una sovranità alimentare nazionale. Questa visione confligge ancora una volta con i dogmi neo liberali e con le politiche cosiddette di sviluppo agricolo basate sull’esproprio di massa dei contadini a beneficio dell’agribusiness, sui grandi proprietari terrieri e su una minoranza di contadini ricchi. Dovrebbero essere costruite un certo numero di industrie prioritarie in modo da supportare la modernizzazione dell’agricoltura contadina, fornendo a quest’ultima i necessari input e offrendo loro beni di consumo. Questo piano di rivitalizzazione della vita rurale dovrebbe essere concepito per una grande maggioranza di paesi dell’Asia e dell’Africa, così come dell’America Latina, in ogni caso in cui la popolazione rurale rappresenti ancora una fetta significativa della popolazione totale (il 30% o più) e dovrebbe essere adattata alle specificità di ciascun caso nazionale.

A) Questo progetto dovrebbe fornire basi efficienti per:

i) raggiungere obiettivi che assicurino il progresso sociale per una vasta maggioranza di classe lavoratrice: ridurre le ineguaglianze. Il concetto di legge neolibeale di un mercato non regolato che si suppone generare giustizia sociale attraverso gli effetti di eccezionali profitti a cascata di un’espansione dei mercati è negato nei fatti dall’attuale continua ineguaglianza oggi imperante.

ii) creare condizioni oggettive favorevoli per avanzamenti democratici partecipativi.

La democrazia elettorale partecipativa (multipartitismo ed elezioni) associate al disastro sociale come è il caso oggi, ha già perso molta credibilità in vasti segmenti della società.

iii) creare il terreno per negoziazioni globali che offrano agli stati del Sud (e dell’ex Est) le possibilità di diventare un partner uguale ed attivo nella ricostruzione di percorsi di globalizzazione senza egemonie.

B) Raccomandazioni:

potremmo riassumere nelle due frasi seguenti

i) aprire canali di dibattito con i cittadini, i sindacati e altre organizzazioni della società civile popolare autentica, che porti a un piano di supporto statale a un progetto di generale di industrializzazione.

ii) aprire canali con le organizzazioni contadine di massa con l’obiettivo di definire un piano di azione per la rivitalizzazione dell’agricoltura contadina.

* Filosofo ed economista, direttore del Forum del Terzo mondo