Il bazooka di Draghi (e il pubblico impiego)

di Vladimiro Giacché | da pubblicogiornale.it

Mario-Draghi 2229367bAlla fine, Draghi il bazooka l’ha usato davvero. Dichiarando che la BCE è disposta a intervenire “illimitatamente” sul mercato secondario dei titoli di Stato (di durata sino a 3 anni), in modo da ridurne i rendimenti a livelli accettabili.

Il solo annuncio di questo intervento, il 6 settembre, ha fatto precipitare i rendimenti sui titoli di Stato italiani e spagnoli e infiammato le borse di tutta Europa. Tanto da indurre il quotidiano tedesco Die Welt a titolare mestamente: “I mercati finanziari festeggiano la morte della Bundesbank”. Parlare di morte è esagerato. Non è affatto sbagliato, invece, parlare di sonora sconfitta.

Di fatto, la linea oltranzistica della Bundesbank, che lasciava gli Stati in difficoltà dell’eurozona in balia dei mercati, è stata battuta. A quanto pare, con il consenso dello stesso governo tedesco. Probabilmente anche a motivo delle stime che hanno cominciato a circolare a Berlino sui costi della fine per l’euro per la Germania (su Pubblico ne abbiamo parlato oltre un mese fa).

In effetti, da quando nell’occhio del ciclone erano entrate Spagna e Italia lo scenario di una vera e propria disintegrazione dell’euro era diventato sempre più probabile. Non a caso, tra gli effetti dell’annuncio di Draghi c’è stato anche l’apprezzamento dell’euro sul dollaro. Che, tra parentesi, rappresenta un ulteriore smacco per la Bundesbank: evidentemente, infatti, i mercati non ritengono che la mossa di Draghi comporti fiammate inflazionistiche (in questo caso, infatti, l’euro avrebbe dovuto perdere valore).

Con l’annuncio di Draghi si è frenata la deriva dell’euro verso la disgregazione. E si è avviata la trasformazione della BCE in …banca centrale. In tutto il mondo, in effetti, le banche centrali rappresentano prestatori di ultima istanza anche nei confronti degli Stati, mentre la BCE sinora lo era solo nei confronti delle banche. Basti dire che dal 2008/9 il 60% dei nuovi titoli di Stato statunitensi e britannici è stato acquistato dalle rispettive banche centrali. Che in questo modo hanno ridotto moltissimo gli interessi pagati su quei titoli.

Tutto bene, quindi? Non proprio. E per diversi motivi. Proviamo a metterli in fila.

1)   L’annuncio di Draghi contiene anche la precisazione che gli acquisti di titoli di Stato saranno “sterilizzati” (con vendite da parte della BCE di titoli in misura equivalente o consentendo alle banche di effettuare depositi remunerati presso la BCE), ossia che la BCE non stamperà moneta. Questo potrebbe limitare l’efficacia degli acquisti della BCE se essi dovessero risultare particolarmente ingenti. E potrebbe indurre la speculazione a ‘testare’ questo limite.

2)   La riduzione dei rendimenti sui nostri titoli di Stato e dello spread tra essi e i titoli tedeschi di pari durata è sicuramente un fatto positivo, perché riduce il peso degli interessi sul nostro debito, e più in generale il costo di raccolta del capitale per le banche e le imprese italiane. Ma questo non risolve i problemi della nostra economia, che sono stati aggravati dalle manovre di correzione del bilancio pubblico effettuate dal luglio 2011 in poi. Secondo l’OCSE l’Italia finirà l’anno con un -2,4% di pil, e secondo alcune stime nel 2013 potrebbe andare anche peggio. Anche perché l’impatto delle manovre è progressivo: di 77 miliardi per il 2012, di 100 miliardi per il 2013 e addirittura di 114 per l’anno successivo. Una stretta del genere sulla finanza pubblica non può non comportare un calo marcato e prolungato della domanda interna e quindi dell’attività economica. Con il risultato, tra l’altro, di peggiorare il rapporto tra debito e pil.

3)   E a questo si collega un altro aspetto critico del programma di acquisto di titoli di Stato da parte della BCE: il fatto che esso è condizionato a una formale richiesta di aiuto dello Stato interessato al Fondo di stabilità (il nuovo nome del Fondo Salva-Stati), la sigla di un protocollo e la verifica da parte di Commissione Europea, BCE e Fondo Monetario Internazionale del rispetto delle condizioni definite nel protocollo. Qui ci sono due ordini di problemi. In primo luogo, non è chiaro cosa potrebbe succedere se i ricorsi contro il Fondo di stabilità pendenti davanti alla Corte costituzionale tedesca vincessero. Ma lo sapremo presto: la Corte deciderà il 12 settembre. Il problema più serio però è un altro. Cosa potrebbe succedere al paese che, avendo già in corso programmi di austerity, dovesse richiedere l’aiuto al Fondo di Stabilità e alla BCE? Ovviamente dovrebbe aggiungere alle misure già in atto ulteriori misure. Ma quali? Stando alle dichiarazioni degli ultimi mesi di qualche ministro particolarmente loquace, tra i candidati più probabili c’è la libertà di licenziamento nel pubblico impiego. Se così fosse, milioni di lavoratori italiani potrebbero scoprire presto che il bazooka di Draghi è puntato contro di loro.