Gli economisti di Ballarò

di Maurizio Acerbo, www.maurizioacerbo.it

giovanni-floris-ballaro1Chi guarda la tv ha bisogno di strumenti di autodifesa soprattutto in questi tempi di grande coalizione. Un primo efficace strumento è il vostro computer e un qualsiasi motore di ricerca. Si tratta di un esercizio di ricerca sul campo che consigliamo soprattutto alle persone di sinistra che tendono ad abbassare pericolosamente il proprio tasso di criticità nei confronti di questo governo “tecnico”.

Una particolare accortezza va riservata a una trasmissione come Ballarò che non si sa perchè viene considerata da molti un esempio di informazione equilibrata.
 

Mentre nei confronti dei politici il telespettatore ha la possibilità di un giudizio autonomo perchè bene o male sa di chi si tratta, con i tecnici al governo e gli economisti che ne celebrano le gesta è ben più complicato.
 

L’analisi degli ospiti quindi è un esercizio assai utile. Veniamo alla puntata appena andata in onda di Ballarò.
 

Il sottosegretario Claudio De Vincenti si premura di informarci che lui è keynesiano e il telespettatore di sinistra a casa è indotto a pensare che è uno dei “nostri”. Non abbiamo il tempo di approfondire le opere di De Vincenti ma qualche indicazione sulle opinioni del sottosegretario ce la dà la sua posizione sul referendum sull’acqua. Il nostro era un sostenitore della privatizzazione della gestione dell’acqua e contrario al nostro referendum (vedi articolo). Dovrebbe bastare per farci capire che il “tecnico” non è dei “nostri”.
 

Poi c’è l’onnipresente economista in collegamento dagli Stati Uniti: Michele Boldrin celebra ovviamente il governo Monti. La scapigliatura, l’orecchino e il fatto che parli male di Tremonti e Berlusconi potrebbe indurre qualche telespettatore di sinistra a pensare che anche in tal caso abbiamo a che fare con uno dei “nostri”.
 

Inoltre il tipo si mette anche lui a spiegare Keynes a Diliberto. Uno potrebbe pensare che da un lato c’è un moderno economista democratico, liberal, riformista e dall’altro il solito comunista ideologico e obsoleto.
 

Per prendere le misure del personaggio forse può giovare al telespettatore di sinistra sapere  che il professor Michele Boldrin “Il 9 gennaio 2009 è stato uno dei firmatari (…insieme ai premi Nobel Vernon Smith, James M. Buchanan e Edward Prescott e a molti altri economisti) dell’appello, promosso dal Cato Institute, rivolto al Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, per esprimere la propria contrarietà alle politiche neo-keynesiane promosse dalla nuova amministrazione. L’appello è comparso nello spazio dedicato alle inserzioni a pagamento di diversi quotidiani amercani (New York Times, Washington Post, ecc.)”.
 

Per inquadrare ancor meglio il Cato Institute è un think thank “libertarian” posizione che è ben diversa da quelli che vengono definiti “liberal” (che sarebbero i progressisti) proprio per l’iperliberismo.
 

Il Cato Institute Nel marzo 2008 Cato Institute compra un’intera pagina del New York Times per pubblicare la lettera con la quale, 114 scienziati e Premi Nobel di 13 nazioni, accusano il presidente americano Barack Obama di avere lanciato un allarme sui cambiamenti climatici “grossolanamente esagerato”. Eccovi un bel ritratto di questo istituto e dei suoi finanziatori. Non credo che sia un caso che troviamo in prima fila i fratelli Koch che finanziano anche i Tea Parties e la destra ultraconservatrice repubblicana. Non posso che consigliarvi a proposito un bel reportage di Marco D’Eramo. Si sa che la borghesia ha bisogno di molte spalle per i suoi fucili e quindi vanno bene sia i libertarian che i fondamentalisti religiosi e i “nazisti dell’Illinois”.
 

Dopo questa breve rassegna sarà più chiaro che l’economista Boldrin che sproloquia dall’America celebrando Monti e che spiega Keynes a Diliberto non è certo un progressista ma un liberista sfegatato, uno che considera troppo di sinistra Obama mica solo Lenin!
 

Non si capisce perchè Boldrin sia onnipresente a Ballarò. Ma sinceramente non credo proprio che sia casuale la composizione dello studio che mi sembra piuttosto scientifica e con una linea politico-editoriale ben chiara.
 

Stasera c’era in studio anche l’ex-moglie di Padoa Schioppa, la prof. Fiorella Kostoris economista anche lei iperliberista e fan sfegatata di Marchionne.
 

Il giochetto è chiaro: i politici che criticano il governo sono demagoghi, invece i tecnici sono per motivi oggettivi estimatori delle scelte di Monti.
 

Gli economisti esercitano lo stesso ruolo propagandistico che nel primo assalto berlusconiano svolgevano le finte-interviste per strada ai cittadini sulle reti Mediaset. Allora il finto uomo della strada serviva a veicolare le campagne mediatiche di Berlusconi come opinione popolare contrapposta ai professionisti della politica. Se le finte interviste per strada (o l’abile montaggio e selezione di interviste autentiche) serviva a evocare il popolo come fonte della verità e della legittimazione, gli economisti in studio e ancor più quelli in collegamento dall’estero servono a evocare la dura realtà dei fatti, la competenza, la scienza di fronte alle quali i malcapitati telespetattori non possono che alla fine arrendersi e genuflettersi.
 

Presentare come indiscutibili, oggettive, necessarie le scelte politiche è un vecchio trucco per abbindolare la gente.
 

Che ci sia un esercito di economisti che la pensa diversamente è meglio non farlo sapere che poi il popolo si arrabbia.
 

Quella metà di italiani che ha coltivato negli ultimi 20 anni il proprio antiberlusconismo anche come orgogliosa manifestazione di intelligenza e autonomia di giudizio nonostante lo strapotere mediatico  del cavaliere farebbe bene a non abbassare la guardia.