La favola del “Genocidio” in Xinjiang

Xinjiangdi Maria Morigi

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite Il 9 dicembre 1948 adottò, con risoluzione 260 A (III), la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio. L’articolo II della Convenzione definisce esplicitamente il genocidio nell’ambito del diritto internazionale: «Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: 1- Uccisione di membri del gruppo; 2- Lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; 3- Imposizione di condizioni di vita intese a provocare distruzione fisica, totale o parziale del gruppo; 4- Misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; 5- Trasferimento forzato di minori da un gruppo ad un altro»

Questi 5 sono considerati “principi di individuazione”. É sufficiente che sia riscontrabile uno solo dei cinque punti per parlare di “genocidio”. Dunque rispetto a questa definizione, contando i campi profughi sparsi dai Balcani al Libano a Myanmar, lo sfruttamento sessuale di bambini thailandesi o cambogiani, la situazione al confine col Texas o in Palestina, gli eventi denunciati in case-famiglia italiane… si deve convenire che continui genocidi vengono compiuti nei confronti di minori, profughi ed intere etnie/gruppi nazionali. 

Una sorta di “globalizzazione del genocidio” per cui quasi quotidianamente siamo informati di tali crimini. Ma la frequenza e l’insistenza dell’informazione, che si avvale solitamente di interviste/testimonianze spacciate per “prove”, riguarda in modo peculiare la Regione Autonoma dello Xinjiang, laddove i denuncianti non hanno mai messo piede, neppure come turisti.

Prendo a caso una delle tante fonti di stampa nostrana ben inquadrabili quali “macchine del fango” o, più semplicemente come “divulgatrici di odio” e cito[1]: “Da 70 anni il governo centrale di Pechino porta avanti una politica di vessazione nei confronti delle minoranze – e in particolare degli Uiguri – che negli ultimi tempi si è tradotta in un vero e proprio fenomeno di deportazione di massa. La più grande, pare, dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Tra gli 1,8 ed i 3 milioni di Uiguri si trovano attualmente internati in campi di prigionia, costretti ai lavori forzati, rieducati, torturati in alcuni casi fino alla morte”.

L’articolo continua con la triste storia dei coniugi uyguri Albikim, residenti in Lazio come rifugiati dal 2016 con 3 dei loro 7 figli. Essi si rivolgono al Governo italiano chiedendo di portare in Italia i loro ragazzi, tramite il ricongiungimento familiare e dicono ai giornalisti: “Non potevamo più restare nello Xinjiang, era troppo pericoloso per noi, che avevamo molti più figli di quanto fosse consentito” (la politica del Figlio Unico in Cina è applicata in modo particolarmente rigido sulla minoranza uigura, n.d.r.)… “.

Tutte affermazioni non solo pagate, ma riscontrabili pari-pari presso altre agenzie e riportate da “giornalisti” che, al di là dell’effetto-scoop, neppure si prendono la briga di verificare come nella RPC – e nello specifico in Xinjiang- funzioni il sistema cinese. Mi riferisco a norme costituzionali, leggi relative a Lavoro, lavoratori migranti, migranti rurali (Musapir) non inclusi in una minoranza, status e rappresentanza delle Minoranze (13 in Xinjiang, Uyguri compresi), organizzazione delle Assemblee di base ad elezione democratica, sistema scolastico che prevede il bilinguismo fino alla scuola secondaria, Università, Istituti di ricerca, Istituti ad alta specializzazione, Istituti di formazione professionale. 

Pura disinformazione che rasenta il grottesco quando si avventura a chiosare la politica del Figlio Unico (abolita per Legge nel 2015 e alleggerita già nel 2013) che proprio nelle Regioni Autonome e presso le minoranze etniche non ha sortito effetti, essendo stata stringente solo per i funzionari statali di etnia Han, mentre nelle zone rurali e di minoranza era concessa libertà in rispetto alle usanze locali. (A tal proposito potrei fornire testimonianza diretta di come festosamente in Cina è stato vissuto  l’inizio dell’Anno del Drago 2012, quando sono stati concepiti più bambini che in qualsiasi altro luogo del mondo… alla faccia della Legge sul Figlio unico). Per cui, come afferma l’ex-Ambasciatore italiano a Hong Kong e Pechino Alberto Bradanini, parlare di genocidio è totalmente fuori luogo, visto che dal 1978 al 2018 la popolazione uigura è passata da 5,5 a 11,9 milioni[2].

Tuttavia non circola solo informazione-spazzatura, c’è anche informazione onesta. E meno male che ho fatto un estratto dal panel “Genocidio”, perché è stato rimosso da YouTube dopo aver circolato incensurato per qualche giorno. Quindi dovrete credermi sulla parola per le dichiarazioni di Daniel Dumbrill, blogger canadese (non cito la fonte, ma qualcuno ricorderà di avere visto il video in rete). 

Daniel si chiede perché lo Xinjiang interessi tanto ai governi occidentali, specialmente agli USA, e con ingenua onestà cerca di trovare risposte: “Recentemente il Parlamento canadese ha adottato una mozione contro il genocidio dello Xinjiang. Ho cercato di parlare con 80 membri del Parlamento per capire meglio le loro motivazioni e nessuno mi ha risposto. Simpatizzo con la loro preoccupazione, ma mi stupisco della convinzione con cui hanno votato una mozione che potrebbe nascondere una grande operazione di propaganda. Il Governo americano ha investito ingenti somme in questa campagna e ha buone ragioni per destabilizzare la Cina e le sue relazioni internazionali, visto che la potenza economica cinese sta per prevalere su quella americana prima del previsto. Lo Xinjiang è importante dal punto di vista petrolifero e per la prossimità alla Belt and Road. Quindi come potrebbero gli USA non interessarsi dello Xinjiang?”. 

A questo punto intervengono i dubbi e le perplessità di Daniel che si chiede perché una ONG canadese venga finanziata per destabilizzare i governi e come mai un perseguitato intervistato dalla CNN racconti versioni differenti, mostrando un passaporto con la data di rinnovo oscurata. Già sarebbe strano che la Cina rinnovasse il passaporto ad un perseguitato ma ancora più strano è che la Cina abbia rinnovato il passaporto durante la detenzione del perseguitato stesso – motivo per cui i giornalisti hanno oscurato la data- ragiona Daniel.

E continua: “Mio padre è un professore specializzato in pratiche anti-oppressive. Ha domandato in un convegno come aiutare i deboli senza correre il rischio di essere strumentalizzati per fini politici. Per questa semplice domanda è stato duramente accusato di negazionismo, perché, come disse George W. Bush, “siete con noi o contro di noi”, quindi in America non c’è spazio per un contraddittorio”.

Il blogger dimostra di essere informato sulla reale situazione in Xinjiang e infatti dice che gli Uyguri hanno molteplici agevolazioni, incluso l’accesso privilegiato alle migliori università, luoghi di preghiera costruiti per loro, etc. per cui è difficile pensare che siano perseguitati. Non c’è alcuna testimonianza di schiavizzazione degli Uyguri, al contrario chi cerca lavoro deve uscire dalla propria provincia perché i datori di lavoro locali, assumendoli, temono di essere accusati di sfruttamento. 

Conclusione di Daniel: “Gli USA ritengono di dover diventare più aggressivi nei confronti delle Cina. E’ tempo di preoccuparsi. Se vi bevete questa campagna di disinformazione, siete conniventi.”

Note:

1.  https://www.fanpage.it/esteri/i-nostri-figli-a-morire-in-un-campo-di-concentramento-in-cina-il-grido-di-due-genitori-uiguri/

2. “La Cina sanzionata perché sfida la pretesa di dominio universale Usa”. Parla l’ambasciatore Bradanini (intervista di G. Merlicco). https://www.farodiroma.it/